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23/11/23

Il Temporale di Arquà Petrarca

Ha smesso di piovere e l’aria è fresca, ma Elvira non se ne accorge.
Deve correre, arrivare dall’altro lato di Arquà Petrarca. Deve dirlo agli altri e allora scivola tra i vicoli in salita senza fermarsi, col cuore e i polmoni che esplodono.
Ha smesso di piovere e l’aria è fresca, ma Elvira non se ne accorge perché sta bruciando.

Giulio si stiracchia al sole, sbadiglia e annusa i ricordi che il temporale gli ha portato.
Se la passa bene, davvero bene, e quasi quasi farebbe una pisciatina sulla siepe, se non fosse per la pazza che corre su e giù per il suo vicolo, si appoggia al cancello, lo fissa e poi... riparte.
Giulio sarà pure speciale, uno che vede lontano e capisce al volo, ma è anche un gatto irritatabile, perché con la vescica timida, a volte, anche un’occhiata storta ti manda al manicomio.

15/11/23

Il giardino segreto

C'era un giardino segreto dove certi pensieri danzavano riflessi leggeri sull'acqua.
Di primo mattino potevi incrociare forme incantante tra la bruma e i vapori.
Nel mezzo del giorno, sovrastata dal sole, l'immaginazione era così limpida che potevi scambiarla per una vita vera.
E poi, come quei sogni che si dimenticano tanto più li realizzi, la luce celava, tra note di sera, i più bei desideri agli occhi indiscreti.




10/11/23

Aggiornamento scrittura

Oggi post veloce, pratico, buono (quasi come i Ritter Sport) per fare il punto su racconti e su quel progetto più impegnativo che citavo giorni fa qui.

Partiamo dai racconti brevi.
Mi sono accorto che il recap di storie horror per Halloween l'avete trovato utile e la cosa mi fa molto piacere. In effetti più volte ho ragionato su come dar visibilità ai miei scritti, passati i giorni di pubblicazione. Vista la struttura del blog, finiscono in fretta nel dimenticatoio...

Motivo per cui ho aggiornato tutta la pagina racconti, che a menu si chiama "Scrivo Storie".
Seguendo l'idea del post di Halloween ho riordinato i titoli in ordine di pubblicazione, scrivendo per ognuno: il genere, se è breve o brevissimo (così vi gestite pure col tempo) e una piccola sinossi.

Tipo:

Pulp - Drammatico | Racconto brevissimo scritto nel 2016 ]
Una storia di vendetta (da leggere e ascoltare) che sperimenta un testo sempre più esagitato seguendo il ritmo crescente della musica. 

Pulp - Splatter - Assurdo | Racconto brevissimo scritto nel 2016 ]
George R.R. Martin, scrittore e sceneggiatore di Game of Thrones, subisce una sorte peggiore di quella riservata ai suoi personaggi.

Assurdo - Umoristico - Psicologico | Racconto brevissimo scritto nel 2016 ]
Che fare se l'apocalisse zombie mostra aspetti alquanto... allettanti?!

Inoltre, rispolverando vecchi appunti, è saltata fuori almeno una trentina inedita (qui sul blog) tra racconti e poesie, quindi per il prossimo futuro, ho un bel po' di roba fresca da pubblicare potendomi concentrare sull'altro progetto.

Ecco: circa il progetto più corposo, uno dei motivi per cui ero bloccato era dato dalla struttura.
La parte finale non mi era del tutto chiara, c'era solo un'idea più o meno vaga di come sarebbe dovuta essere e perciò niente... ho scritto e schematizzato tutto ciò che prima era nebuloso, e ora che esiste nero su bianco, andare avanti è più facile. Basta solo sapete cosa?! La COSTANZA!

E per oggi è tutto!
Ve l'avevo detto che era un post velocepraticobuono.
Vi lascio solo ricordandovi che se mai doveste leggere qualcuno dei racconti, un commento per sapere che ne pensate mi è sempre molto utile. 

Alla prossima cervelli!

07/11/23

Qui e ora

Il Caffè si affacciava su uno dei tanti canali investiti dai turisti. Era da poco iniziato novembre e, anche se il weekend si avvicinava, il via vai di gente, a quell'ora del pomeriggio, sembrava tranquillo. 
Stefano, seduto a un tavolino, osservava là fuori i colori riflessi sulla superficie dell'acqua: gli scafi delle imbarcazioni color nero, verde e azzurro pastello, i rossi accesi e gli ori luminosi delle foglie degli alberi, le facciate così particolari degli edifici, che lo guardavano dalla sponda opposta. 
D'istinto prese il telefono per immortalare il momento. Lo avrebbe condiviso su una storia Instagram. Era anche meglio della foto del locale di poco prima. Forse ci sarebbe stata bene anche una frase d'accompagnamento, ma poi pensò No, non ne vale la pena. La scena si presentava tanto equilibrata e pulita che aggiungerci una scritta avrebbe rovinato l'incanto. Aveva appena deciso come ridimensionare e posizionare il tag di Amsterdam, ovvero appena sopra il ponte, che senza darsi una spiegazione ci si ritrovò sopra. 
Non capiva.
Mise il telefono nella tasca del giubbotto, che stranamente indossava, e fissò in lontananza la vetrina dietro la quale, fino a pochi istanti prima, stava bevendo il suo té. Ma com'è possibile? Pensò a un effetto collaterale dei funghi che aveva mangiato due giorni prima. Era l'unica spiegazione logica per un evento percettivo così singolare.
Ero lì un secondo fa e ora sono qui fuori. Non ho finito il té, non mi sono alzato, pagato nemmeno e uscito proprio no. 
Si toccò la testa esclamando Oh merda... poi, preoccupato, ragionò sull'eventualità di parlarne con un amico. Anche Hans li ha presi, avrà buchi di memoria come questo?
Si incamminò perciò verso la sponda su cui stava il Caffè di prima ma, Di nuovo?! eccolo al centro esatto del ponte. Un passante gli diede una spallata per sbaglio. Lo avrebbe volentieri fermato e preso a pugni tanto era il nervoso. Si appoggiò quindi al parapetto. Respira. Le mani sbiancate da quanto stringeva la ringhiera.
Stavolta, esclamò tra sé, mi sono fuso il cervello! 

31/10/23

I miei racconti horror per Halloween

Ho pensato, visto che questo blog è stato fermo per tanto tempo e che ci sono molti cervelli nuovi a leggerlo, di approfittare di Halloween per riproporvi qualcuno dei miei racconti più... tetri!
Anche perché dai, sarebbe un peccato lasciarli lì nel dimenticatoio.

Quindi facciamo che ve li elenco qui di seguito con un micro cenno di trama e distinguendoli, come faccio anche nella sezione Racconti, tra brevissimi e brevi. Scegliete voi a seconda di quel che vi sentite e Buon Halloween a tutti!

Racconti brevissimi
che proprio guarda in due o tre minuti li finisci

All'Isola che non c'è (2016)
La notte in cui Wendy e i suoi fratelli incontrarono Peter Pan accadde qualcosa che non tutti sanno.

L'ottantacinquesimo passaggio (2015)
La scienza, a quanto sembra, ce l'ha fatta: il teletrasporto esiste! Durante gli esperimenti però, qualcosa pare non andare per il verso giusto.

I racconti delle tre V. (2015)
1) Viola
2) Vanesia
3) Veleno
Tre micro storie dalle tinte oscure collegate tra loro da sentimenti di violenza, passione e vendetta!

L'occhio di Emily (2014)
Una bambina nella sua stanza e qualcosa che la osserva...

Un sorso di vita (2014)
Un racconto che, nel lontano 2014, pubblicai per un'antologia intitolata 365 racconti d'estate. Ci troverete una festa in spiaggia, sguardi infuocati e ovviamente le onde del mare.

Alexander Sawney Bean
 (2013)
Uno dei primissimi esperimenti col genere horror. La storia prende spunto da un personaggio realmente esistito, tal Alexander Sawney Bean, serial killer del XVI secolo vissuto in Scozia e condannato per omicidio e cannibalismo.

12/10/23

Bulbo umido

Tornò con la mente a quando rimasero al buio che era inverno. Sarà stato nel '98 o '99. Avevano cenato al lume di candela. Era stato magico. Faceva freddo, ma a parte un pizzicore al naso, non ne soffriva particolarmente, imbacuccata com'era dalla coperta in pile del divano. L'interruzione era durata fino a metà mattina del giorno dopo, poi l'Enel, tra mille scuse per l'errore, aveva riallacciato la corrente. Suo padre si era infuriato come un pazzo. E chissà che avrebbe pensato ora, vedendoli così, più di sessant'anni dopo.


Era gennaio inoltrato e tutto il vicinato, per la quinta volta da quando era iniziato il nuovo anno, si trovava alle prese con l'ennesima interruzione di energia. Le notizie dicevano che i blackout sarebbero durati, a intermittenza, per tutto il resto del mese, ma che non c'era da preoccuparsi: i lavori di efficientamento stavano per essere terminati. Vero o falso che fosse, ormai la gente pareva non preoccuparsene e questo la faceva arrabbiare. Sì, aveva ereditato il carattere del padre. Si domandava se avessero la memoria corta, o se fossero semplicemente incoscienti. Certo, era inverno ed era sera, le temperature, l'indomani, non avrebbero superato i 25 gradi, tutto sommato accettabile. Eppure non capiva come la preoccupazione per i mesi caldi non li sfiorasse nemmeno per sbaglio.
Lei, come tutti loro, non poteva permettersi un generatore d'emergenza, e se l'anno precedente i blackout erano stati solamente tre, e molti avevano potuto approfittare del centro commerciale, foraggiato da un fondo speciale dal governo, questo non garantiva che i problemi fossero risolti.

04/10/23

Il diavolo nell'orecchio

Il diavolo gli scivolò dentro all'orecchio e da lì non si schiodò più.
Gli sussurrava come comportarsi, dove andare, cosa dire, e questo gli garantì un rapidissimo successo in ogni genere di affari. Il patto tra loro era abbastanza semplice: il diavolo aveva potere sulle sue principali azioni, e in cambio gli restituiva la garanzia di riuscita in qualunque impresa avesse voluto cimentarsi. Iniziò togliendosi piccole soddisfazioni, come le vittorie sul campo da tennis o la ragione nei futili conflitti di ogni giorno, passando presto alle promozioni lavorative e a quelle scommesse tanto azzardate che in precedenza anche il solo tentarle sarebbe stato difficile. E ancora: se desiderava una donna si comportava sempre nel modo più appropriato, se voleva sovrastare mentalmente o anche fisicamente qualcuno, trovava sempre la maniera di dominarlo.
A un certo punto gli aveva chiesto come tutto questo fosse possibile e il diavolo rispose che era proprio la sua essenza diabolica a trasformare le intenzioni in realtà. Al che lui domandò come riuscisse a indirizzare le azioni altrui proprio dove intendeva, e cioè a suo favore, e il diavolo gli spiegò di come il trucco stesse tutto nella fragilità della volontà della gente.
Gli raccontò che nel corso della storia, le persone, avevano gradatamente perduto il potere dell'intenzione. Non credevano più davvero al senso e allo scopo profondo di ciò che le muoveva ogni giorno, e questa epidemia di sfiducia, verso sé e verso il mondo, le rendeva prede perfette di chi invece aveva le idee chiare. Erano persuasione e chiarezza, disse il diavolo, niente di più. Ma l'uomo, dubbioso, azzardò che forse quella era piuttosto violenza. Violenza per un'intenzionale volontà di prevaricazione, aggravata dalla consapevolezza di una riuscita garantita. Il diavolo allora sorrise e svelò il suo trucco. La garanzia, disse, è il potere stesso dell'intenzione: lo senti e quindi esiste, ma non è davvero assicurato, e infatti quando te ne accorgi, eccolo sfumare assieme all'intenzionalità.
Colpa dell'incertezza dunque, ragionò lui.  E il diavolo precisò che non era tanto dell'incertezza, ma della tranquillità, perché è la tranquillità di chi non vuole sobbarcarsi il peso dei propri desideri ad assicurargli un biglietto per la sottomissione dell'animo. Ed era lì che la le loro azioni si concretizzavano.

27/09/23

L'insopportabile paura di non avermi più

Vorrei potermi svegliare in uno di quei momenti buoni, e poi restarci. Vorrei guardarmi intorno, e gustarmi lentamente persone, parole, posti, come quando dopo un inverno intero assapori il primo cucchiaino del tuo gelato preferito. Con tutta calma perché hai appena pagato e ce n'è ancora. 
Eppure non te ne accorgi mai. Mai di quanto sia facile perdere l'equilibrio e cadere, appena oltre il velo dell'indifferenza, e infine smarrirsi nella nebbia.
La prima volta che ho capito che qualcosa, in me, non funzionasse, è stata quando il medico, fuori da camera mia, si mise a parlare con mia madre spiegandole che stesse succedendo. Difficile che la sua voce catturasse la mia attenzione, ma poi, alla parola depressione, un frammento di vetro mi finì dritto in un timpano, pungendomi la coscienza fino a quel momento ignara. Non fu risolutivo, ma è così che cominciò.

Ora vivo in bilico tra l'esserci e il non esserci. Tanti episodi. Tanti periodi più o meno lunghi.
Avevo sedici anni quando ci fu il primo. Oggi ne ho quarantasette, ho una famiglia mia, due figlie, una moglie, un gatto e un buon lavoro. Sono una persona nella media, con piccole ambizioni, come la competizione al mio circolo di padel o la buona organizzazione della sagra di paese. E credo di essere un tipo corretto. Qualche vizio, come il fumo e il buon cibo, e una tendenza forse non troppo sana a preferire il divano rispetto all'attività fisica. Escluso, certo, le giornate con la racchetta in mano.
Questo sono io. Ma anche il resto. A volte troppo, il resto. Si è scoperto poi la questione era più complessa, ma così, per dirla facile, potrei ridurla a un principio basico: ci sono i momenti top e ci sono i momenti down.
Succede sul serio che mi pare che il mondo s'inclini proprio sotto ai miei piedi. Mi aiuta a prendere la rincorsa, certo, solo dritta lungo un pendio pericoloso. In quegli istanti, velocissimi, mi sento perdere, e un'insopportabile paura di non avermi più mi fa tremare tutte le ossa. Poi, scesi in fondo, il tremore passa e i muscoli colano. Non dico i muscoli del corpo, ma proprio quelli del ragionamento e della volontà: non esserci.
Laggiù non si sta male. Laggiù non si sta bene. Difficile dare un parere se non hai il senso dei significati. Per questo vorrei smarrirmi ma solo tra i giorni buoni. La riemersione, l'ossigeno nei polmoni, la luce negli occhi e la voce che dice Sentiti, ascoltati, oggi ci sei! Come sarebbe bello restare. Sapere che rimarrai lì. Il primo gelato dopo un lungo inverno, col sole caldo di aprile, e tu, che hai tutto il tempo del mondo.


Vi ricordo che questo racconto, assieme a tutti gli altri, lo potete trovare nella sezione Racconti del blog!

19/09/23

Se Bellissima di Annalisa fosse un racconto

Idea: perché non prendere le canzoni che ci martellano il cervello passando per radio un gozzilione di volte e usarle per scriverci un racconto?

Detto fatto! Comincio col tormentone più molesto dello scorso anno: Bellissima di Annalisa.

Bellissima

Tante volte ho immaginato che potesse dirmi che ci saremmo stati solo noi. L'ho sperato mentre mi baciava davanti casa, all'improvviso in piena notte, chiedendomi di entrare perché non sopportava di starmi lontano un minuto di più. L'ho voluto quando ridavamo aggrovigliati sul divano, prendendoci in giro mentre un film andava per conto proprio, un'altra storia vista a metà. E l'ho sognato quando mi confessava che per lei, ormai, non provava più niente.
Intanto l'ennesimo pianto. L'ennesima stupida me con i muscoli in fiamme dopo un allenamento furioso, piegata in due dal male dei muscoli e del cuore, piena di rabbia, piena delle sue promesse nelle orecchie, con la testa affondata tra le coperte per non sentirle mai più.
È triste essere abbastanza per le sue follie d'amore, ma mai sufficiente per un impegno vero. Quante notti ho passato sentendomi sbagliata. Eppure, mi dicevo, non potevo pretendere oltre. C'erano i figli piccoli, la famiglia. E quanto è squallido distruggere l'infanzia di qualcuno per uno stupido capriccio. Dovevo essere più adulta ed elastica. Una donna contemporanea, capace di vivere e godere la spontaneità di tanta passione senza rovinare tutto con le mie pretese antiquate. Perché lo sapevo fin dall'inizio in cosa mi stavo cacciando. L'avevo scelto, cercato e accettato io stessa. Allora perché pretendere una relazione alla luce del sole? Perché avvelenarsi di un'ideale ereditato dai canoni imposti dalla società? Non era forse vero che quando stavamo insieme era tutto perfetto così?
Ma che cosa vuoi? Fattelo bastare, stupida! Non tormentarlo.
Intanto ancora un'altra notte. L'ennesima fuga dalla sua famiglia e io che aspetto fissando il citofono. Dio, quanto lo voglio. Se tutto questo cercarsi non è amore, allora cos'è? Non il grigiore del suo matrimonio. Non una moglie che non si fa toccare. Non la quotidianità soffocante in attesa di un respiro di pace. Il telefono vibra. Mi alzo per aprirgli il portone. Sarà come essere spiata quando, fermo sull'uscio, sorpreso da ciò che non indosso, mi regalerà ancora qualche secondo prima di ritrovarmi. Assaporo il momento. Immagino le sue mani lungo la schiena. Il suono caldo della sua voce. Aspetto. Aspetto. Ma poi... sblocco lo schermo. Un suo messaggio. No. Non è più serata. Un'emergenza a casa. 
Te ne vai via. Via da me. È la storia di un'amante raccontata mille e più volte. Una storia che tocca a me, che me ne sto in piedi, bellissima per nessuno, col telefono in mano.


E questo, era Bellissima di Annalisa.
Se avete commenti o altre canzoni da suggerire, sparate!

Vi ricordo che questo racconto, assieme a tutti gli altri, lo potete trovare nella sezione Racconti del blog!


25/03/22

Bambola

Ballavano, ridevano, si muovevano bene, a ritmo. E lui era fuori tempo. Era a disagio. Senza ossigeno.
Gli spettri dell'adolescenza, capitolo ormai passato, sfogliavano con facilità i suoi caratteri peggiori.
Nessuno balla, si diceva. Nessuno ride. Non sei al liceo. E non sei ridicolo, debole, al centro della vergogna. Non farti fregare. Sei un uomo, ora. Una persona per bene, seria, che ha studiato, che lavora, che porta risultati utili a una vita indipendente. Non sei sbagliato, si ripeteva, ma intanto non poteva uscire in nessun modo dalla sua auto, perché mettere la mano sulla maniglia e aprire la portiera, anche se l'aveva fatto ogni mattina per più di due anni filati, era un gesto rivoluzionario, inaspettatamente scomodo come i sovvertimenti più riusciti.
Che ti succede? si domandava, mentre il cuore scalciava in gola e le gambe si incollavano al sedile. Ma la sapeva la risposta, si conosceva benissimo. E invece di respirare, piuttosto che notare la solidità del parcheggio o l'imponenza della sede aziendale di cui era un prestigioso manager, sentiva i bassi nel petto, assieme ai corpi e le mani e i respiri e il sudore di centinaia di sconosciuti che gli rubavano spazio. Le luci si spegnevano. Il sole brilla, non vedi? La musica gli assordava i timpani. Una mattina silenziosa, silenziosa, silenziosa! E gli sguardi superiori di chi sapeva quanto fosse ridicolo erano riflettori accessi sulla sua inadeguatezza, segreti alla portata di tutti.
No. Solo due colleghi. Ti conoscono ma... non farti vedere. Salutali. Ignorali. Scappa. Nasconditi.
Era come una bambola di plastica a cui premi la pancia con le mani. Spingi in dentro e l'aria esce. Allenti la presa e l'aria entra. Ma la bambola è vuota, non respira mai davvero, e così i suoi polmoni. Esci dall'auto, tenta il sé manager, Organizza l'impulso che sposterà il braccio verso sinistra, team building con le dita e stringi, tira verso di te, obiettivo portiera aperta, muovi prima una e poi l'altra gamba, ruota il bacino, chiedi aiuto ai piedi e all'altro braccio, poi la testa, fai uscire la testa, cerca l'aria, trova l'aria, respira l'aria. Ma ogni muscolo è ormai infiammato, paralizzato dopo il più intenso degli sforzi, fiammante di acido lattico, contorto dai crampi della sua mente che lo imprigionano dentro a una scatola di lamiere.
Cade a terra in mezzo alla pista. Cade a terra tra le gambe perfette delle ragazze e le camicie stirate dei ragazzi. Cadono a terra i suoi occhi, bianchi dello spavento di chi vorrebbe solo ballare e di chi vorrebbe andare a lavorare. Di chi soccorre un collega, un leader, un uomo tutto d'un pezzo, che ora cade a pezzi e non risponde più a nessuno.

18/06/21

Meladizione!

 Scatta la mela, scatta in avanti in un flash e...⁣

"Andata!"⁣⁣

Sbatto il mento sul tavolo e cado a terra privo di sensi. ⁣⁣
Credo.⁣⁣
Non posso parlare. ⁣⁣
Non mi riesce proprio. ⁣⁣
⁣La sensazione è di osservare a  360° come certe fotocamere.⁣
Devo aver battuto forte perché vedo tutto, tutto... ⁣

Non so spiegarmelo ma vedo il tavolo, vedo me, vedo me che mi rialzo, me da fuori. DA FUORI! E barcollo, centro in pieno la colonna portante qui di fronte prima di urlare "Ci sono, ci sono riuscito, ci sono riuscito sul serio!"⁣

⁣Il mio corpo, la mia faccia, mi fissa e se la ride. Se la ride di gusto. La mia mano mi afferra, mi solleva dal tavolo e i miei denti mi staccano un pezzo con un morso netto.⁣

⁣Un brivido di follia mi percorre tutto il torsolo facendomi venire la grinze alla buccia. Riesco solo a pensare "MELADIZIONE!!!"



17/03/21

Jack Sock, personaggio difficile

Jack Sock? Personaggio difficile. Americano del Texas, altezza uno e ottantasette, capello biondo sbiadito e stempiatura avanzata, è il classico statunitense sulla cinquantina che un italiano si immagina seduto al pub, in un tardo pomeriggio domenicale, a bere birra in bottiglia mentre lui guarda il vuoto e tutti gli altri la partita. Non è importante sapere di che partita si tratti, né tantomeno di quale sport. Conta solo l'immaginario, lo stereotipo, quella scena vista e rivista in decine di film che indugiano anche solo per un momento sul padre ruvido e superficiale, impegnato a evitare i classici impegni del padre decente.



Questo Jack Sock ora smette di bere e si rende conto di qualcosa. Realizza, non si sa come, di essere nient'altro che una successione di istanti. Sì. Capisce di essere una serie di momenti presenti, di adesso, di adesso, di adesso, che si perdono in un passato che fatica a ricordare. C'è così poco, di ciò che è, che quasi gli sembra di non essere una persona vera. Quindi riprende a bere, Jack Sock, coi fischi e gli insulti del pub rivolti all'arbitro incorniciato alla tv. Le imprecazioni gli rimbalzano in testa, ora cadente e appesantita dall'alcol. Quindi giunge a una consapevolezza: questo momento, questo mio momento, non esiste perché nemmeno io esisto. Non sul serio.
Jack Sock ne è devastato.

25/10/20

Inisieme soli

Invecchiare insieme fa schifo, è una palude in cui affoghi sempre. Preferirei⁣ essere al suo posto. A volte mi chiama Scheggia. Lo sai da quanto non mi chiamava così? Non⁣ l’hai nemmeno sentito, tu. Era il ‘63, il tempo di nascere e come una ladra ti sei rubata il suo⁣ affetto, così, e io sparita. Senti questa. A un certo punto mi chiama Scheggia e dice di amarmi,⁣ come quel giorno, sulla panchina al Kensington Park.⁣⁣Quel vecchio babbeo passa il tempo a sbavare senza ricordarsi come tenere in mano il⁣ cucchiaio, e poi d’un tratto si fa serio, mi prende le mani e dice Schieggia, ecco io, vedi, c’è una cosa che⁣ vorrei dirti da un po’ e… e si sistema la cravatta e si ingella i capelli che non ha, e io intanto ho⁣ come una locomotiva sparata a mille per tutte le vene, il cuore in testa che esplode e lui che dice⁣ Mi vuoi sposare. ⁣⁣Capito? Mi vuoi sposare, mi dice, con quel suo stupido, stupido sorriso di⁣ vecchio senza denti e la mela frullata che gli sporca il mento. Dio. E poi niente. Se ne torna via.⁣ Sparisce per sempre lasciandomi sola con lui, sola sulla nostra panchina, sola per il resto della⁣ nostra vita insieme.⁣



24/10/20

Farsi sentire

Trascinato sull'asfalto da scarpe da ginnastica e stivali di gomma, nei bagliori rosso fumogeno di una città che vuole gridare. Due ore prima sul sedile di un auto, sul feed di Instagram, la testa tra le foto della tipa che gli piace. Ora il manganello sulla tempia, craniata sul cemento, fischi come ai concerti e adrenalina che dice corri. Avanza faccia a terra prima di chiudere gli occhi. E chi ci pensa a come finisce? Era solo casino, di quelli che a volte servono a farti capire che non va più bene così come sta andando. Luca, poi? Magari Andrea? Corrono via. Ciro li passa a muso duro, controcorrente, mazza in mano. Farsi sentire, urla. Con noi. E Non va bene è una marea rovente sui lampeggianti che vagano incerti.
E il corpo è sempre in mezzo alla strada, sui titoli di domani, nome comune di martire pronto a gridare nelle bocche degli altri. Lui che lì c'era quasi per caso, come i suoi amici, e voleva cambiare, capire, scappare.



01/06/17

Ti prego

Era freddo là sotto. Tremendamente. Non fosse stato per il buio avrebbe visto la condensa del proprio respiro. Era seduto, immobile, braccia strette attorno alle ginocchia, bocca nascosta sotto ai vestiti, soffiando aria calda per trovare un po' di sollievo. Da che cosa, poi, non lo sapeva. Il tempo si era perso e così la fame che tanto gli aveva morso lo stomaco. Due giorni? Tre? Quante volte il sole era sorto e calato? Ma soprattutto: esisteva ancora, là fuori, il sole?
Un rombo sordo. Nuova scossa. Si coprì la testa. Si fece piccolo. Voleva scomparire nell'angolo della parete. Annullarsi. Non sentire. Durò poco. Alcuni secondi. E furono silenziosi e immensi e spessi, aggrappati a un attimo che non arrivò, un attimo in cui un blocco di cemento grande quanto un auto lo avrebbe ridotto a un niente nel buio.
Tossì per l'aria carica di polveri finché la sporcizia non si depositò a terra. L'altro si mosse un poco, lamentandosi. Poi tornò muto. Era vivo. Per ora. Almeno, non era solo.

31/10/16

I colori di un padre

"Ma non possiamo provarci lo stesso?"
"Io ho visto le maschere. Erano fantasmi! Quelli là di prima, là sul ponte lo facevano eh! Daaaiii papàaaa..."
Bruce iniziava a non poterne più di quei mocciosi fastidiosi che si era trovato fra i piedi. E non sopportava di essere chiamato papà. Certo non ci si poteva aspettare altrimenti dal piccolo Jack. Era un po' complicato a dire di molti, ma per lui, più semplicemente, era ritardato, perché non ascoltava e non capiva. Ed era brutto, sì, un bambino proprio brutto!
"Facciamo così." spiegò acidamente. "Io entro a dare un'occhiata e intanto voi potete provare in quelle case là dietro."
"Yeeeh!"
"Ou ou ouu!" i ragazzini si zittirono un istante. "Non più lontano di dove ho detto, capito? Fate il giro e tornate." Annuirono e presero a correre verso il ponte. "E chissà che vostro padre sia dia una cazzo di mossa... sennò cazzo se non gli prosciugo il conto!"

17/06/16

Fiamme Turchesi | Il mio racconto per il concorso europeo e-Darts

Buongiorno cervelli!
Oggi un post molto breve per segnalarvi qualcosa di bello che mi è capitato durante questa prima parte dell'anno. E sì, anche per chiedervi di votarmi (cliccando Qui e mettendo da 1 a 5 stelline)

Iniziamo da e-Darts, che è un concorso a livello europeo a cui ho preso parte scrivendo Fiamme Turchesi, una storia attorno ai 40mila caratteri che nel mese di febbraio è stata selezionata da una giuria assieme a un'altra decina di lavori per il primo step di valutazioni. Ne è seguita la traduzione in lingua inglese e una pubblicazione certa su un ebook che credo sarà disponibile tra non molto.
Il secondo passo sarebbe stato quello di nominare i tre vincitori da questa decina di racconti e... niente, sfortunatamente non sono stato scelto. Così va la vita! Ma... non tutto è finito, perché c'è un secondo premio in palio per il racconto che otterrà più voti dal pubblico dell'internet. Che sareste voi.

Questa cosa dei vincitori nominati dalla rete in realtà non mi è mai piaciuta un granché. Solitamente la vittoria va a chi ha la possibilità di smuovere il maggior numero di persone, non tanto a il migliore in gara. Però, dato che siamo in ballo, allora balliamo, e visto che non si vota completamente alla cieca, vi invito ovviamente a leggere gratuitamente Fiamme Turchesi (se vi va anche in inglese) andando a questo link, in cui poi potrete anche votare direttamente mettendo una o più stelline.

25/05/16

Tieni la porta

Sento profumo di cose buone, selvaggina, maialini allo spiedo trasudanti di salse calde, carré d'agnello con patate di rape gialle e burro, montone con carote, pesche al miele, tocchi di formaggio speziato alle erbe e forme di pane al burro appena sfornato, aromi che mi urlano in pancia e Dio, Dio mio, sto crepando come una bestia. Era una giornata gelida, come ora, ma ero coperto ed ero più grasso. Sicuramente poi, l'avere tutti i miei arti rendeva meno problematico inforcare le posate. Non che ora ne abbia gran necessità in effetti. C'era la neve. Una tormenta. Ci aveva investiti mentre giravamo un pezzo per il prossimo documentario sulle ambientazioni della serie. Il rifugio non era troppo lontano ma un guasto alla jeep ci aveva costretti a rimanere lì in attesa di aiuti, o in alternativa a fare una buona ora di faticaccia tra metri e metri di neve, vento e ghiaccio.
Illustrazione di MarcSimonetti che trovate qui
Restammo in due: io e il mio ex compagno di cella. Gli altri proseguirono promettendo di tornare di lì a poco coi soccorsi. Niente campo per i telefonini, chiaro. E chi arrivò infine, almeno mezza giornata più tardi, furono degli uomini in carrozza imbacuccati neanche fossero a un revival medievale, caricandoci sgraziatamente a bordo e dandoci una magra ospitalità tra le mura di un maniero in piedi per miracolo.
Questo fu un mese fa. Alla seconda settimana di prigionia il fonico fu scuoiato e dato in pasto ai cani e un po' anche a me. Dicono che i tripponi sopravvivono a lungo con tutte le riserve di grasso che hanno. I miei amici, almeno, dicevano che io potevo star sicuro che di fame c'avrei messo del buon tempo per schiattare. Più probabile un infarto invece. Finisci i tuoi libri ciccione di merda, prima che ci lasci le penne e una fottuta serie incompleta tirata avanti per i capelli da un serial tv che pare sempre più Cento Vetrine!

13/05/16

Tutto questo brutto sangue

Avanti. Vediamo se trovi il coraggio. Se hai le palle di sintonizzarti con me, mettere play e starmi a sentire per una buona, fottuta volta. Sì, sto parlando proprio a te che stai leggendo queste parole. Ascolta la musica che c'è qui all'inferno e prova a sentire quel che sento io. Non l'hai ancora premuto vero? Schiaccia su questo dannato play! Fammi vedere, mostrami di che sei capace, perché io lo so che tu non hai la più pallida idea di quanto sia una merda essere un uomo, intrappolati in questo schifo, e allora, Dio, adesso te ne stai muto e vivi sul serio, per una volta.
Prova cosa significa spingere l'acceleratore con l'aria gelida che ti spacca la faccia e lo stereo che grida, guarda come scivola via l'asfalto arancione dei neon della notte, in questa città di coscienze malate terminali. Riesci a sentirlo? La vedi la paura ad ogni sorpasso, il brivido che ti tiene in bilico tra una lamiera insanguinata e la folle corsa di un povero cane bastonato, stufo di tutto questo?  Oh, tu non lo sai, ma capirai presto, capirai senz'altro. Perché capisci, ho deciso di venire a dirtelo in faccia e sfilarti dalle mani il mio ultimo istante di vita, mentre la strada è investita dagli pneumatici e dal temporale, e tutto quel che ho fatto di buono per costruire qualcosa se n'è andato a fanculo per l'arroganza del tizio che ora è qui con me, nel bagagliaio, a pezzi e chiuso in un sacco come la peggio monnezza del tuo fottuto mondo.

21/03/16

Reverenziale timore di morte

Disteso sotto un ombrellone a pois osservava i cadaveri che affollavano la spiaggia, resti di persone aggrappati a scheletri scarnati dai vermi. Strano a dirsi, ma così coperto appena da un asciugamano non riuscivano a notarlo nemmeno per sbaglio. Erano creature assolutamente temibili ma certamente non troppo sveglie, che ora inscenavano, quasi a omaggiarli, un tripudio di cliché rubato da pagine e pagine di letteratura sugli zombie. 
Sulla sabbia infuocata dal sole di agosto emergevano o s'inabissavano nel fondale marino, tanto lenti, instabili e privi d'istinto rabbioso che c'era da chiedersi se fosse davvero il caso di averne paura. Certo Marco conosceva bene la risposta da darsi, visto che era lì a girovagare sul bagnasciuga con faccia ebete e testa esplosa. Immaginatevi un brillante ricercatore del politecnico di Milano a regalare la propria conoscenza facendosela uscire dal cranio sfondato a fucilate. Già... così stavano le cose adesso: al suo compagno mancava mezzo capo eppure brancolava sereno. E a questo punto potreste chiedervi come fosse ancora possibile deambulare tanto pacatamente e se non sapesse invece che senza cervello gli zombie morivano per davvero. Si era scordato che i fondamenti di tanta orrorifica tradizione non prevedevano assolutamente un simile comportamento? 
Lo stupore aveva subito sconvolto anche Giacomo, quando appena tre settimane prima aveva premuto il grilletto facendo fuoco dalla cima del letto a castello. Marco l'aveva assalito dopo due notti d'inferno lottando le febbri terribili del virus. Lui, per prendersene cura e rispettare la promessa che li aveva legati, lo aveva ammazzato se pur con qualche esitazione, in cuor suo confidando in una liberazione purificatrice, non certo nel risentimento da non morto non morto! Un deficiente e reverenziale timore di morte che pareva possedere gli zombie aggrediti spingendoli via, lontano dagli umani ''cattivi'' che volevano ma non potevano ucciderli. Quei cosi avevano paura dell'uomo più di quanto l'uomo ne avesse di quei cosi. E in un simile scenario di degrado e devastazione gli toccava attendere che i cadaveri finissero di farsi il bagno a mare per migrare poi da qualche altra parte.
Immobile sotto l'ombrellone a pois, coperto da un asciugamano di Willy Coyote, Giacomo studiava l'abbozzarsi di una società di asociali, intento a non turbarne l'instabile quiete. Non vi stupirà più sapere a questo punto che anche un'altra ventina di sopravvissuti lì con lui era appostata ormai da parecchie ore, attenta sotto il sole cocente a non spaventare i corpi inconsapevoli. Ciò che volevano scoprire osservandoli minuziosamente rispondeva all'idea sempre più pop che il virus in realtà fosse una manna dal cielo, vero autentico dono divino che esaudiva millenni di preghiere ignorate. Per intenderci: come reagireste voi lettori se vi dicessi che esiste il modo di vivere tutti insieme, in armonia e per sempre? Cosa fareste se il paradiso promesso non fosse nell'aldilà ma invece qui e ora, proprio sulla Terra?