27/09/23

L'insopportabile paura di non avermi più

Vorrei potermi svegliare in uno di quei momenti buoni, e poi restarci. Vorrei guardarmi intorno, e gustarmi lentamente persone, parole, posti, come quando dopo un inverno intero assapori il primo cucchiaino del tuo gelato preferito. Con tutta calma perché hai appena pagato e ce n'è ancora. 
Eppure non te ne accorgi mai. Mai di quanto sia facile perdere l'equilibrio e cadere, appena oltre il velo dell'indifferenza, e infine smarrirsi nella nebbia.
La prima volta che ho capito che qualcosa, in me, non funzionasse, è stata quando il medico, fuori da camera mia, si mise a parlare con mia madre spiegandole che stesse succedendo. Difficile che la sua voce catturasse la mia attenzione, ma poi, alla parola depressione, un frammento di vetro mi finì dritto in un timpano, pungendomi la coscienza fino a quel momento ignara. Non fu risolutivo, ma è così che cominciò.

Ora vivo in bilico tra l'esserci e il non esserci. Tanti episodi. Tanti periodi più o meno lunghi.
Avevo sedici anni quando ci fu il primo. Oggi ne ho quarantasette, ho una famiglia mia, due figlie, una moglie, un gatto e un buon lavoro. Sono una persona nella media, con piccole ambizioni, come la competizione al mio circolo di padel o la buona organizzazione della sagra di paese. E credo di essere un tipo corretto. Qualche vizio, come il fumo e il buon cibo, e una tendenza forse non troppo sana a preferire il divano rispetto all'attività fisica. Escluso, certo, le giornate con la racchetta in mano.
Questo sono io. Ma anche il resto. A volte troppo, il resto. Si è scoperto poi la questione era più complessa, ma così, per dirla facile, potrei ridurla a un principio basico: ci sono i momenti top e ci sono i momenti down.
Succede sul serio che mi pare che il mondo s'inclini proprio sotto ai miei piedi. Mi aiuta a prendere la rincorsa, certo, solo dritta lungo un pendio pericoloso. In quegli istanti, velocissimi, mi sento perdere, e un'insopportabile paura di non avermi più mi fa tremare tutte le ossa. Poi, scesi in fondo, il tremore passa e i muscoli colano. Non dico i muscoli del corpo, ma proprio quelli del ragionamento e della volontà: non esserci.
Laggiù non si sta male. Laggiù non si sta bene. Difficile dare un parere se non hai il senso dei significati. Per questo vorrei smarrirmi ma solo tra i giorni buoni. La riemersione, l'ossigeno nei polmoni, la luce negli occhi e la voce che dice Sentiti, ascoltati, oggi ci sei! Come sarebbe bello restare. Sapere che rimarrai lì. Il primo gelato dopo un lungo inverno, col sole caldo di aprile, e tu, che hai tutto il tempo del mondo.


Vi ricordo che questo racconto, assieme a tutti gli altri, lo potete trovare nella sezione Racconti del blog!

5 commenti:

  1. Quando la vita mi offre una situazione di serenità vorrei sempre che il tempo si fermasse. Purtroppo non si può scappare alla continua altalena che la nostra esistenza ci riserva.

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  2. Purtroppo è così. Ma forse questa altalena è una delle cose che dà senso e gusto alla vita. Io, per ora, cerco più che posso di tenere a mente il suggerimento dello scrittore Kurt Vonnegut: Quando siete felici, fateci caso! Troppo spesso siamo così tanto presi da "altro" che ci scordiamo di goderci la felicità.

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  3. Molte persone trovano grande giovamento avlivello mentale, di spirito, di psicologia, dall'attività fisica.
    Allearci al corpi e renderlo complice del nostro ben-essere.

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    1. Non ti preoccupare, anch'io faccio diversi errorini, specie se rispondo da telefono.
      Ad ogni modo l'alleanza corpo mente è sempre una buona cosa. Si parlano e uno condiziona l'altro. Nel male ma anche nel bene, così che possiamo sfruttare questo legame anche consapevolmente.

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