06/09/16

#MyTesyTelling | L'influenza virale dell'informazione

"Un uomo con una convinzione è un uomo difficile da cambiare. Digli che non sei d'accordo con lui e se ne andrà. Mostragli fatti e numeri e metterà in discussione le tue fonti. Fai appello alla logica e non saprà adeguarsi al tuo punto di vista." [Leon Festinger]

Il mese di settembre si sta rivelando un osso duro. Diciamo pure che è il momento della verità. 
Da una parte c'è la tesi sul rapporto tra Giornalismo e Storytelling che ha finalmente uno scheletro su cui sta iniziando una prima (per niente facile) stesura. Partire però è più difficile di quanto pensassi. Dall'altra invece c'è quella che dovrebbe essere la mia ultima sessione d'esami. E dico così perché ci sono due appelli mancanti e un paio di test di lingua (il primo, quello di spagnolo, è andato evvvvvai!!!) che se per caso fallissi mi porterebbero simpaticamente a diventare dottore del buso del cul l'anno prossimo e non più a novembre. Tensione? Potete scommetterci! Ma restiamo positivi, suvvia!

Ad ogni modo, oggi torno con #MyTesyTelling per parlarvi di bufale, web, debunking e viralità, argomenti tutti racchiusi in un ottimo libro intitolato Bugie, bugie virali e giornalismo del giornalista Craig Silverman
La citazione con cui si apre il post è dello psicologo e sociologo Leon Festinger, e in effetti è molto indicativa rispetto a una parte della tesi che non può assolutamente mancare, e che tende a puntare il dito sul dilagante fenomeno della bufala, vera e propria piaga dell'informazione di qualità via web.

01/09/16

La pazza gioia

Beatrice è una gran signora e passeggia per Villa Biondi riparandosi dal sole con un ombrellino. Lì attorno c'è un gran daffare e lei, spigliata ed energica, dispensa preziosi consigli coordinando il lavoro di tutti. Sospinta da una certa aria di superiorità morale e sociale, nonostante soggiorni in una comunità terapeutica, è convinta di esserci per errore, per uno stupido complotto giudiziario. E costretta in quel luogo abitato da matti si adopera comunque per dare una mano (più che altro a chiacchiere) tirandosi virtualmente fuori da un contesto che ritiene non possa e non debba appartenerle.
Donatella d'altro canto, è una ragazza taciturna e smunta, e non appena giunge nella comunità entra immediatamente nelle grazie di Beatrice. Nasconde un dolore immenso che però condivide con molta naturalezza alla compagna, tanto schietta e genuina questa, da riuscire diventarle amica e complice.
Nasce allora un'intesa che le porterà a prendersi un giorno libero da tutto e da tutti, in una fuga rocambolesca alla ricerca di un po' di gioia che magari faccia ordine alle loro vite in totale confusione.

L'ultimo film di Paolo Virzì, che già avevo molto apprezzato con l'ottimo Il capitale umano (ne ho parlato qui), regala un piccolo scorcio sul tema ambiguo e delicato della pazzia, quella di due donne considerate a tutti gli effetti matte e che si scontrano con un mondo che non riesce ad esserle amico. 
Quello che più mi ha colpito, oltre all'incredibile bravura nello sceneggiare un argomento tanto difficile, sono state in particolare l'alchimia delle due protagoniste e ovviamente la grande prova attoriale di Valeria Bruni Tedeschi, una Beatrice tanto complicata e instabile quanto spiritosa e imprevedibile. Personaggio che grazie alla leggerezza con cui affronta gli eventi riesce persino a dare nuova linfa vitale all'amica, tramutandola in un'ancora di salvezza contro la disillusione che la vita le riserva.

30/08/16

Once Upon a Time e il gioco della narrazione

C'ero una volta io, che volevo liberamente costringere la morosa a guardare Game of Thrones, e c'era una volta lei, che mi proponeva in cambio di vedere Once Upon a Time, che a suo dire mi sarebbe sicuramente piaciuta anche se è una roba ambientata nelle fiabe e c'è la storia d'ammmore tra Biancaneve e il Principe Azzurro. C'era una volta allora lo scambio avvenuto, con ognuno dei due eroi a consumare la serie dell'altro e... beh, c'era una volta CervelloBacato che ve ne parlava qui sul blog!

Se questa serie non mi fosse piaciuta non sarei certo qui a parlarvene, anche perché altrettanto sicuramente mi sarei bloccato dopo qualche puntata.
Negli ultimi tempi, dovete sapere, sono un po' allergico alle storie a episodi, specie se vanno oltre le dieci puntate, e per questo motivo le uniche cose viste da qui a un paio d'anni sono state Game of Thrones e la sorprendente Stranger Things, di cui volevo pure scrivere qualcosa ma perdonatemi... me ne sono scordato. Gli appuntamenti con C'era una volta però hanno fatto meritatamente eccezione, trascinandomi sempre più in fretta verso la conclusione della prima stagione senza farmi sentire il peso di ben ventidue puntate. Capite bene quindi che dovevo proprio scriverci su qualcosa.

22/08/16

#MyTesyTelling | Facciamo il punto. "Facciamo" chi?

Da quando ho trovato argomento della tesi e relatore sono passati alcuni mesi. Ci sono stati, e non ve li cito in ordine perché ho una memoria notoriamente pessima: caldo, studio, sudore, giri a Verona, esami, treni, treni in sciopero, treni senza biglietto e anche, fortunatamente, vacanze! E oggi sono qui con voi in questo quinto episodio di #MyTesyTelling a parlare un po' in generale di come sta andando tutta la baracca.

Iniziamo facendo il punto della situazione. Ecco sì. A che punto sono? A quello che ho appena finito di studiare tutta la bibliografia scovata (che anche grazie a voi è parecchia e una parte la potete vedere in foto) e ora sto cercando di riordinarla creando uno schema logico del discorso che andrò a fare. Un bel casino!
La consegna della tesi bella e finita dovrebbe essere per i primi di novembre, quindi, considerando che a scrivere una quarantina di pagine non ci dovrei mettere chissà quanto, forse posso tirare un certo sospiro di sollievo. Anzi no. Forse posso non agitarmi, ma di sicuro niente sospiri da giovincelli innamorati. Adesso s'ha da lavorare! E qui arrivano i casini...

17/08/16

Suicide Squad non è un suicidio

Alla fine, con Suicide Squad, siamo di fronte a uno dei molti casi in cui il trailer è superiore al film stesso. E non tanto perché il risultato sia deludente, ma forse più perché gli spot promettevano molta carne al fuoco e ben cotta, e una volta arrivati a mangiare ci si è trovati con: qualcosa di molto buono, alcune parti totalmente insipide o bruciate, e un luogo scelto per cenare che in foto sembrava meglio.
Abbandonando però questo paragone culinario anche piuttosto mal riuscito, vi racconto un po' che ne penso del nuovo film DC Comics.
La prima impressione è quella di essere di fronte a un fumetto ma su pellicola, e la si ha per la scelta di presentare i personaggi in un certo modo, per il ritmo sempre incalzante aiutato benissimo dalle musiche, e per il tono scanzonato di buona parte del film, che rimane spesso sopra le righe salvo poi afflosciarsi nei momenti in cui non sarebbe davvero auspicabile. Proprio per il carattere fumettoso, l'introduzione ai vari protagonisti tramite i flashback e le scaramucce improbabili della prigione funzionano, anche se non a tutti sono concessi lo stesso spazio e la stessa importanza.

14/08/16

Rio e la favola del Gigante di Tandil

Quella del Gigante di Tandil (o anche Torre di Tandil) è una storia in corso d'opera che merita già ora di essere raccontata. Sto parlando, per i profani, di un certo Juan Martìn del Potro, tennista che ieri sera era impegnato nell'impresa di regalare alla sua Argentina l'oro olimpico. 
La sua è una storia fatta di talento, risultati e sacrifici enormi, e pare inserita in un dramma che per forza di cose non può che appassionare. L'happy ending, uno dei tanti (si spera), è già una certezza e pare promettere un nuovo inizio ai vertici del ranking mondiale.

Nel tennis di questi anni, dovete sapere, c'è un quartetto di prodigi che ha dominato e sta dominando quasi incontrastato. Loro vengono chiamati i Fab Four per risultati, bravura e l'incredibile immaginario che si lasceranno alle spalle una volta appesa la racchetta la chiodo, e sono: Federer, Nadal, Djokovic e Murray. Nomi simbolo di una supremazia che è sempre parsa indiscutibile, almeno fino all'arrivo del potente Del Potro, quinto membro per diritto e surclassato troppo spesso da nient'altro che un'immancabile... iella!

09/08/16

Il ritorno dal Salentu e la mia carriera da Jekobusters

E quanto si stava bene nellu Salentu che ve lo dico a fare? Lu sule lu mare lu ientu, spiagge mozza fiato, casetta affittata con airbnb a un prezzo ridicolo, gelato con la panna, brioches col gelato, burrata, granita al caffè con la panna, le pittule con la nutella ahhhh! E poi il ritorno alla quotidianità, dopo un viaggio di ben 2505km e un'estate che non è ancora finita ma che per me, purtroppo, s'è incasinata di impegni. Ma di questo, ve ne parlerò di sicuro più avanti. Anche se a voi, poi, che ve ne potrà mai fregare non lo so proprio, ma comunque... due parole per riambientarci qui!

Sì lo so. Non molto furbo riprendere a bloggare proprio con l'avvicinarsi di Ferragosto, che tutti sono in ferie, ma tant'è. Dovrò pur passare il tempo libero in qualche modo, no?

Per consolarci in questa triste, grigia e semi deserta città di Vicenza, io e la mia bella ci siamo fiondati al cinema a vedere Ghostbusters, quello nuovo con le femmine, che non è che sia brutto perché ci sono le femmine, ci mancherebbe altro, ma è brutto proprio perché è brutto di suo. Battutine, troppe, che sono molto molto sciocche, e una trama che non porta a nulla di originale. Tutto per "regalarci" un film stupidino con gli effetti speziali che ci piacciono tanto e che si lascia guardare un po' a cervello spento, perfetto per non pensare al mare, le spiagge mozza fiato, la casetta, il gelato con... ok, finiamola. 

25/07/16

OpenMinded | La creatività dietro ai miei romanzi (di Simona Fruzzetti)

Buongiorno cervelli e bentornati a #OpenMinded, la rubrica dedicata ai guest post che raccoglie esperienze, passioni, lavori e stili di vita ritenuti dai più un po' sopra le righe.
Tutti i romanzi di Simo li potete
trovare cliccando QUI
Oggi è ospite su CervelloBacato l'autrice di romanzi Simona Fruzzetti del blog A casa di Simo, che ha gentilmente accettato il mio invito a raccontarci della sua avventura con la scrittura e di come si approcci alla propria creatività. Pronti a scoprire che ha in serbo per voi? Tre, due uno... Aprite le vostre Menti!

Quando Davide mi ha chiesto quale fosse il mio approccio alla creatività per quanto riguarda la scrittura, non ho avuto dubbi sulla risposta: la mia creatività è il caos. Un caos organizzato, ovvio. Avete presente quelle scrivanie incasinate che fanno esclamare “Ma come fai a lavorare così?” Bene, il mio cervello è esattamente come quella scrivania: piena di appunti, frasi, citazioni, scene, nomi, luoghi e tutto quello che può servire per buttare giù una storia. Il problema non è avere questo casino in testa, il problema è cercare di trasferirlo su carta, dargli corpo, dargli spessore.

Vivo tutto questo perché principalmente sono una persona poco metodica e molto istintiva, in poche parole scrivo di pancia. Ci sono giorni in cui, bensì abbia la giornata libera, non sono capace di buttare giù nemmeno un punto e virgola; altri invece, piena di ispirazione, non riesco a staccarmi dal computer e dai miei personaggi. Mi basta poco: una frase, un profumo, una parola, per far scattare la molla e inchiodarmi alla sedia con le dita che corrono sulla tastiera.
Capite bene che un metodo come il mio (cioè scrivere senza metodo) è una fatica immane soprattutto se si hanno delle scadenze. Ciononostante sono sempre riuscita a consegnare per tempo i miei lavori, perché se è vero che vivo di ispirazione, è anche vero che basta poco per riprendere in mano i fili del discorso e buttarmi a capofitto nella storia.

20/07/16

Isis, un brand per il tuo terrore

Faccio parte di quella generazione la cui infanzia è stata in qualche modo segnata dall'attentato alle Torri Gemelle. Guardavo i cartoni alla tv e tutto d'un tratto ogni canale mostrava soltanto questo grattacielo fumante appena colpito da un aereo. Poco dopo, ecco il secondo. Distruzione, fiamme, colonne di fumo nero, morte. E impresso nella mia mente di bambino il nome del cattivo che aveva fatto tutto questo: Osama Bin Laden, un volto che in realtà avevo pure confuso con quello di chissà che altro criminale, ma che nonostante questo infestava i miei pensieri nel momento di andare a letto, conscio che quello era l'uomo più cattivo del mondo e che era lì fuori da qualche parte. E mi voleva male!

Sono passati anni dall'11 settembre, sono cresciuto, e ho capito che il mondo non è poi così chiaro come può apparire agli occhi di un bambino. Non ci sono buoni e cattivi. Non è tutto bianco e nero. E le cose non succedono per caso o per la semplice esistenza di persone malvagie perché sì. Eppure all'ennesimo attentato, parola che rimanda sempre e comunque a quel primo nemico, non posso che osservare con quanta facilità alcune persone giudichino gli eventi semplificandoli all'estremo. A volte perché in preda al panico. Molto più spesso, perché condizionate dal brand del terrore più di tendenza degli ultimi tempi: ISIS.

18/07/16

#MyTesyTelling | Che cos'è lo Storytelling?

I repubblicani dicono: "Vi proteggeremo dai terroristi di Teheran e dagli omosessuali di Hollywood". Noi diciamo: "Siamo per l'aria pura, scuole migliori, più assistenza sanitaria". Loro raccontano una storia, noi recitiamo una litania". 
[James Carville]

A #MyTesyTelling vi parlo finalmente del saggio con cui ho iniziato la mia ricerca per la tesi di laurea. Come dicevo, l'argomento centrale verterà su il rapporto tra storytelling e giornalismo, e per forza di cose il primo passo per capire che cosa scrivere non poteva che essere verso questo benedetto storytelling.

La scorsa volta raccontavo di come grazie al vostro aiuto avessi scovato il saggio di Christian Salmon intitolato Storytelling, la fabbrica delle storie, motivo per cui oggi vi mostro quel che ho scoperto, facendo un po' di chiarezza su questa misteriosa parola con cui sempre più spesso sedicenti guru, esperti di marketing, comunicazione e laqualunque si riempono la bocca.

Iniziamo quindi con una definizione molto molto semplice. Lo Storytelling è l'arte di raccontare storie, né più né meno, e non è qualcosa di inventato solo di recente, un oggetto innovativo calato improvvisamente dal cielo, ma un bisogno innato dell'uomo, addirittura già presente quando abitavamo nelle caverne e riscontrabile per esempio nelle pitture rupestri. Ma il perché qualcosa di tanto antico oggi si mostri con un appeal rinnovato è presto detto: il racconto è uno strumento preziosissimo perché appassiona e cattura, e qualcuno se n'è accorto e lo ha utilizzato per coinvolgere, persuadere, vendere e confondere.

08/07/16

Nomi di blog e crisi d'intentità

Periodicamente succede che leggo il titolo del mio blog e che mi fa schifo e mi chiedo ma perché, perché ho scelto proprio questo come nome, che poi più che un nome è paragonabile per importanza alla copertina di una rivista o alla prima pagina di un libro o alla custodia di un dvd o alla vetrina di un negozio, insomma è quel che dovrebbe catturare l'attenzione di chi passa e casomai, se tutto va bene, ma poi sappiamo già che le cose qui sull'internet vanno spesso l'esatto contrario di quanto si premedita, fargli venire la voglia di tornarci altre volte ancora e ancora e ancora sospinto dal melodioso, frizzantino, originale, orecchiabile ed efficace gioco di parole che è CervelloBacato...

Ditemi che capita anche a voi. Vi prego. Ditemi che non sono il solo a trovarsi in crisi d'identità!
A me piace questo posto. Ci ho dedicato tempo e passione, ho sempre cercato una certo tipo di qualità nei contenuti e ci ho lavorato varie volte per donargli un aspetto più incline ai miei cambiamenti. Però puntualmente torna la questione del nome. CervelloBacato. Volete sapere perché l'ho scelto? Credo di non averlo mai detto in effetti. Ebbene...

05/07/16

Dare le perle ai porci

Ogni anno almeno un giovanotto del quale curiamo gli interessi viene in ufficio e vuole dar via il suo denaro. [...] E' confuso, piagnucoloso, indignato! Esige di sapere , cupamente, quanto vale. Noi glielo diciamo. Lui arrossisce dalla vergogna, anche se la sua fortuna si basa su una cosa onesta e utile [...]
La storia ci dice questo, signor Buntiline, mio caro giovanotto, se non ci dice altro: regalare una fortuna è una cosa futile e distruttiva. Trasforma i poveri in piagnoni, senza arricchirli o metter loro l'animo in pace. E il donatore e i suoi discendenti entrano a far parte della schiera di quei poveri piagnoni.

Potete trovare Perle ai porci cliccando proprio QUI ;)
Ormai mi è chiaro: io voglio molto bene a Kurt Vonnegut, e oggi vorrei spendere due parole per un romanzo che ho trovato veramente eccezionale.
Parlo di Perle ai porci, chiamato anche Dio la benedica, Mr. Rosewater, che narra le vicende di un ubriacone milionario, Eliot, che è anche un ex capitano di fanteria e vecchia conoscenza del viaggiatore nel tempo Billy Pilgrim. Sì, proprio il protagonista del Mattatoio n.5 di cui vi ho raccontato Qui.

Anche in questo caso, quel che mi ha colpito è stato lo svolgersi della narrazione, che non è del tutto lineare ma preferisce saltellare qua e là da un personaggio all'altro rimandando spesso e volentieri ad episodi passati. E assieme a questo, si inserisce ovviamente l'enorme varietà di temi che Vonnegut riesce a trattare, mantenendo sempre un tono leggero e fuori dalle righe capace però d'arrivarti dritto alla pancia, facendoti provare cose in cui non puoi non rispecchiarti.

30/06/16

A spasso su The Floating Piers

Martedì, complice il tanto atteso arrivo dell'estate, ci siamo presi una bella pausa dagli esami e dopo due ore di macchina siamo arrivati di buon mattino al lago d'Iseo per andare a visitare The Floating Piers, la passerella di Christo che ormai è rimbalzata su ogni possibile e immaginabile social.
Prima di raccontarvela però vi faccio una domanda: perché questa passerella galleggiante è arte e non una semplice opera d'ingegneria? Cosa la distingue da una qualsiasi altra costruzione? 
E' perché è arancione? Perché galleggia? Perché il lago d'Iseo è un ottimo sfondo? Perché ha un'aura particolare? Perché è gratis? 

Incalzato da questa domanda mi sono svegliato molto (ma molto) presto per prendere morosa, amici e poi via, verso l'avventura! In un paio d'ore siamo al lago e cominciano le bestemmie preghiere per riuscire a trovare parcheggio. Una volta individuato scopriamo la furbata assoluta: gran parte dei parking sono (ovviamente) a pagamento e non permettono di sostare l'intera giornata ma soltanto per un massimo di 5 ore alla volta, e questo vale dalle 8 alle 23. Ciò significa che se uno vuole stare lì tutto il giorno ogni 5 ore deve tornare all'auto per pagare un secondo e un terzo biglietto. A che servirà mai questo stratagemma? Probabilmente, pensiamo, per non affollare la passerella e far sbrigare le persone. Il che ha senso, sì, ma ne hanno pure le nostre parolacce.
Se sentite di posteggi giornalieri a 15 euro da prenotare da casa dunque, fatelo senza pensieri!

22/06/16

Non scrivo come parlo

Sono di fronte al mio avversario. Ci è stato dato un tema da sostenere. Casualmente. 
Lui dovrà convincere il pubblico che educare con la violenza è qualcosa di positivo. Io, viceversa, dovrò persuaderlo che è necessario far crescere i nostri figli liberi e con un atteggiamento morbido. 
Non importa quale sia la nostra reale posizione. Dobbiamo immedesimarci, discutere, argomentare e affascinare. E non importa come. Ogni mezzo è lecito. Basta non menarsi, sì.
Questo accadeva non molto tempo fa durante un'attività di sfida argomentativa, e partendo da qui oggi vi parlo di due aspetti del nostro modo di comunicare su cui credo valga la pena di spendere qualche parola. 

Sempre più spesso mi accorgo di sentire una netta differenza tra il mio modo di esprimermi scrivendo e quello di quando parlo. La noto soprattutto durante discussioni impegnative come quella appena citata, quando c'è da avere prontezza nel ragionare e formulare risposte adeguate ed efficaci, e di pari passo devi tenere a bada tutte le emozioni che possono emergere e disturbarti, così da sfruttarle invece a tuo favore. Sapete: palpitazioni, agitazione, gestualità incontrollata, sudore alle ascelle o gambe che fanno giacomo giacomo...

Di questa disparità ne ho sempre avuto un sentore fin da quando a scuola dovevo fare verifiche scritte o interrogazioni a voce, preferendo le prime, che mi permettevano di non dover imparare una cantilena (quasi) a memoria da recitare davanti ai prof, ma di spiegare con calma e strutturare il discorso al meglio. Senza tirare in ballo per forza la scuola, la vedo anche giorno per giorno nel parlare quotidiano, attività che diamo molto per scontata ma che richiede una certa attenzione dato che oltre alle parole utilizziamo anche e soprattutto il linguaggio non verbale
Eh vabbè e che sarà mai direte voi? Beh, se sapeste che sveliamo molto più di quanto non vogliamo proprio con questo ''canale nascosto'' credo che qualche pensiero vi possa far venire. Di questo però ve ne racconta bene il Baol in questo suo post.

17/06/16

Fiamme Turchesi | Il mio racconto per il concorso europeo e-Darts

Buongiorno cervelli!
Oggi un post molto breve per segnalarvi qualcosa di bello che mi è capitato durante questa prima parte dell'anno. E sì, anche per chiedervi di votarmi (cliccando Qui e mettendo da 1 a 5 stelline)

Iniziamo da e-Darts, che è un concorso a livello europeo a cui ho preso parte scrivendo Fiamme Turchesi, una storia attorno ai 40mila caratteri che nel mese di febbraio è stata selezionata da una giuria assieme a un'altra decina di lavori per il primo step di valutazioni. Ne è seguita la traduzione in lingua inglese e una pubblicazione certa su un ebook che credo sarà disponibile tra non molto.
Il secondo passo sarebbe stato quello di nominare i tre vincitori da questa decina di racconti e... niente, sfortunatamente non sono stato scelto. Così va la vita! Ma... non tutto è finito, perché c'è un secondo premio in palio per il racconto che otterrà più voti dal pubblico dell'internet. Che sareste voi.

Questa cosa dei vincitori nominati dalla rete in realtà non mi è mai piaciuta un granché. Solitamente la vittoria va a chi ha la possibilità di smuovere il maggior numero di persone, non tanto a il migliore in gara. Però, dato che siamo in ballo, allora balliamo, e visto che non si vota completamente alla cieca, vi invito ovviamente a leggere gratuitamente Fiamme Turchesi (se vi va anche in inglese) andando a questo link, in cui poi potrete anche votare direttamente mettendo una o più stelline.

15/06/16

OpenMinded | Vivendo Ramadan, un mese tra festa e spiritualità (di Wafaa El Antari)

Nuovo appuntamento con #OpenMinded, la rubrica di guest post che vi dà un approfondimento su questioni importanti a cui solitamente dedichiamo poco spazio e tempo. Oggi torna un'ospite che già tempo fa ci ha parlato di terrorismo e Islam, e che ora, durante il Ramadan, vuole approfondire con noi questo importante momento per ogni musulmano.
Siete pronti? Tre, due, uno... Aprite le vostre Menti!

Ho sempre aspettato questo mese con gioia e anche con un po' di timore, quel timore che rendeva speciale il tutto. Ogni volta mi sento pervadere da un senso di responsabilità e mi chiedo Ce la farò a digiunare? Sarà in grado di affrontare la sfida? E' sempre emozionante sapere che questo mese è una sorta di ponte a ciò che verrà dopo, che ti cambia ogni volta in meglio.

6 giugno 2016, data importate per tutti i musulmani, è il giorno in cui comincia Ramadan, anno 14371. E' il momento più atteso e la gente si prepara molto prima della sua data per viverlo al meglio. Stando un momento sul significato, Ramadan è per eccellenza il mese in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini e come prova chiara di retta direzione e salvezza; è l'ascesa del Corano al profeta Muhamad (saws) tramite l'arcangelo Gabriele. Caratteristica di questo periodo è il digiuno (si adempie a uno dei cinque pilastri dell'islam) oltre all'astensione dal fumare, bere alcool, fare attività sessuale e compiere brutte azioni.

Il digiuno è obbligatorio per tutti i musulmani. Regole e consuetudini dicono che ne sono esenti i minorenni non ancora entrati in pubertà, gli anziani che hanno perso la facoltà e la possibilità di adempiere a questo compito, i malati di mente, i malati cronici e le donne in stato di gravidanza o che allattano, che possono quindi nuocere alla propria salute e quella del bambino. Per le donne durante il ciclo invece, è possibile non digiunare nei giorni del loro periodo.
Per chi invece non riesce a rispettare il digiuno, durante l'anno vi è un recupero dei giorni per poterlo fare.

13/06/16

La democrazia da tastiera

A me non piace l'idea di una giustizia fai da te, quella che ha tanto l'aria del vecchio (e a quanto pare per molti ancora buono) occhio per occhio dente per dente. La giustizia oggi è (o dovrebbe essere) giusta perché imparziale e non condizionata dai sentimenti che ci ribollono in pancia, da quella voglia impellente di dar libero sfogo a ciò che noi riteniamo sia una punizione equilibrata a un torto subito. E lo dico perché noto che molti, soprattutto sui social, hanno la possibilità di esprimere e mostrare quale sia il proprio concetto di giustizia, di punizione a un atto criminale, e si leggono cose che, almeno per me, sono raccapriccianti. 

Un uomo violenta una donna? La soluzione nella maggior parte dei casi è la castrazione chimica. 
Un ragazzo annega dei cuccioli? Quello stesso ragazzo meriterebbe di essere ucciso per annegamento a sua volta. 
Un ladro ti deruba della tv? Deve morire male, soprattutto se vive in uno di quei campi rom che coltivano delinquenti.

E' indubbio che ci sia un problema col funzionamento del nostro sistema di punizione, reclusione e rieducazione. Quest'ultima parola poi immagino a tanti nemmeno passi per la testa. Rieducare? I criminali devono marcire al buio dietro le sbarre. 
O che quantomeno si abbia una forte percezione del fatto che qualcosa non vada per il verso giusto. Però trovo shockante notare come la democrazia da tastiera, se applicabile al mondo reale, si comporterebbe nell'amministrare un po' di giusta giustizia.

09/06/16

Ho il garage invaso dai vermi

In questi primi giorni di giugno piove spesso. Persino ora, nel momento in cui vi scrivo, sta piovendo. E cadeva la pioggia anche quando ho iniziato, continuato e terminato la mia avventura con i vermi. Sì avete capito bene: vermi! Valanghe di schifosi e viscidi lombrichi che strisciavano su tutto il pavimento del garage e poi anche in giardino, appena fuori la veranda. Roba da accapponare la pelle anche solo a pensarci. Ma fossero stati solo loro il problema... 
Erano bianchi, mollicci, pregni di bava appiccicosa e grossi quanto una mano o un pallone da basket o un cane. Creature enormi, anzi no, che dico, bestie assolutamente colossali, dei fottuti giganti dalla stazza pari a un autobus che se ne stavano lì a strisciare sotto terra, tra la nebbia e la pioggia, invisibili.

Ok, spero l'avrete capito, non mi sto riferendo certo al giardino di casa mia (altrimenti l'avrei abbandonata da un pezzo), ma vi sto raccontando de I vermi conquistatori, romanzo di Brian Keene inquadrabile tra i generi horror e post apocalittico; che poi non mi piace etichettare le storie, però capisco per molti ci sia la necessità di sapere in anticipo che atmosfere si andranno a toccare prima di leggere, ed è infatti proprie da queste che partirò per parlarvene.
De I vermi conquistatori ne avevo sentito discutere qualche tempo fa in giro per blog e le impressioni che ne erano uscite erano davvero molto buone. Qualcuno aveva provato addirittura paura leggendolo, o quantomeno un senso di ribrezzo costante, cosa che, quest'ultima, anch'io ho percepito in più scene, proprio grazie al modo da brivido in cui sono narrati gli incontri con le creature.

06/06/16

#MyTesyTelling | Sampei, pescatore che parla in pubblico

Erano i primi di maggio e galleggiavo sperduto in un mare di materiale da cui dovevo pescare un che di utile. E all'improvviso, nella casella messaggi della mia pagina Facebook, ecco qualcosa che mi lascia per un secondo a bocca aperta...

''Bada a come parli, se no ti strappo le labbra e te le appiccico agli occhi, così vedi quello che devi dire!'' [Robin Williams]

A ripensarci mi viene proprio in mente un pescatore. Uno però che va per prendersi una trota e poi finisce a fare surf come Sampei sopra a un dinosauro con l'amo alla bocca che ti fa fare il giro turistico del lago.
L'intenzione era quella di farmi notare da una professoressa esperta di storytelling in modo da coinvolgerla e poterle chiedere più informazioni per il mio progetto. L'idea fu allora di sfruttare l'evento sociale UniVr in a Day e tramite Instagram promuovere l'hashtag #MyTesyTelling sperando che il suono così affine alla sua materia le mettesse un po' di curiosità e infatti, beh, ecco, insomma... la preda ha dapprima tirato uno strattone con un cuoricino, poi un secondo con un MiPiace su Facebook, finché non ha ceduto con l'iscrizione alla mia FanPage.
Infine però ecco il fatidico messaggio, che pressapoco diceva così:

Ciao! Insegno al corso di laurea magistrale di Editoria e Giornalismo e il tuo progetto ha attirato la mia attenzione
Maccerto mia cara, era tutto calcolato dal sommo maestro degli inganni! Per questo ora il tuo sapere storytellinghesco sarà mio muahahahaha...
Ti andrebbe di venire a parlarne la prossima settimana in classe da me a Verona? Saremmo molto curiosi di conoscerlo meglio. Fammi sapere eh!
...hahahahahaha ah ah ahah ah ah a a... CHE COSA? Parlare in pubblico io??? Ma che significa?

E qui insomma parte la scena di Sampei convinto di prendere il pesce ma che in realtà si fa prendere dallo stesso. Sì perché arrivata così, io 'sta proposta non me la sarei mai aspettata. Ché voglio dire: chi sono io per venire a parlare davanti a dei laureati? Poi però ho fatto un po' scemare l'ansia da folla che mi fissa in silenzio, e ho pensato che in effetti sarebbe stata una bella occasione per pubblicizzare il progetto e per chiedere direttamente a degli studiosi di storytelling quelle dritte che stavo appunto cercando.

01/06/16

L'indifferenza che ti uccide

Forse avrete sentito in questi giorni della storia di Sara, la ragazza bruciata viva dal suo ex fidanzato, quella che oggi potrebbe essere ancora qui se gli automobilisti a cui aveva chiesto aiuto si fossero fermati o avessero anche solo chiamato il 113. Probabilmente avrete anche letto (e magari dato dei giudizi) proprio di questi ultimi, che comportandosi come degli ignavi o persino degli assassini, si sono fatti bellamente i fatti propri lasciandola sola. 
Ma quante altre volte sono accaduti fatti simili? Possibile che la società in cui siamo abbia creato dei mostri incapaci di agire persino in situazioni tanto gravi?

Il molto discuterne mi ha fatto tornare alla mente alcuni studi fatti durante le lezioni di psicologia sociale, in particolare di quando si era trattato dell'enorme potere che hanno su di noi le situazioni, capaci di innescare in persone perfettamente sane ed equilibrate comportamenti violenti al limite dell'assurdo, ma anche inazione, incapacità di agire di fronte a casi come quello di Sara.
E' chiaro che davanti a esempi tanto inumani sia facile stupirsi e dare giudizi che cercano di svelare il perché di tali comportamenti. C'è anche però chi non si accontenta e vuole vederci chiaro, e tra questi, per esempio, i due psicologi sociali di cui sto per raccontarvi, tali John Darley e Bibb Latané, che già nel 1968 simularono in laboratorio situazioni analoghe.

Scelsero alcuni ragazzi che presso il dipartimento di Psicologia della New York University si sottoposero al test. Dopo aver compilato alcuni questionari, ognuno di loro fu condotto in una stanza differente e collegato a cuffie e microfono. In realtà, sotto osservazione da parte degli scienziati, vi era soltanto una tra tutti i soggetti: Sabina, poiché gli altri prestavano parte a una messa in scena ben costruita e concordata con gli sperimentatori.
Il gioco consisteva nel parlare a turno raccontando dei propri problemi legati al mondo universitario. Tra queste persone, una era designata come vittima, e infatti, dopo il secondo giro di ascolto/racconto, Sabina la sente lamentarsi sempre più intensamente, esprimendo dapprima disagio, e poi vero e proprio malessere, accompagnandosi da imploranti richieste d'aiuto. E' in pericolo di vita.
Il test è per Sabina. Gli altri, ovviamente, non prestano alcun soccorso. E lei però mostra chiaramente un disagio. Si tormenta le cuffie, muove il microfono, si guarda attorno, suda, ha le palpitazioni, si alza dalla sedia, si risiede. Alla fine, però, non interviene.