Forse avrete sentito in questi giorni della
storia di Sara, la ragazza
bruciata viva dal suo ex fidanzato, quella che oggi potrebbe essere ancora qui se gli automobilisti a cui aveva chiesto aiuto si fossero fermati o avessero anche solo chiamato il 113. Probabilmente avrete anche letto (e magari dato dei giudizi) proprio di questi ultimi, che comportandosi come degli ignavi o persino degli
assassini, si sono fatti bellamente i fatti propri lasciandola sola.
Ma quante altre volte sono accaduti fatti simili? Possibile che la società in cui siamo abbia creato dei mostri incapaci di agire persino in situazioni tanto gravi?
Il molto discuterne mi ha fatto tornare alla mente alcuni studi fatti durante le lezioni di psicologia sociale, in particolare di quando si era trattato dell'enorme potere che hanno su di noi le situazioni, capaci di innescare in persone perfettamente sane ed equilibrate comportamenti violenti al limite dell'assurdo, ma anche inazione, incapacità di agire di fronte a casi come quello di Sara.
E' chiaro che davanti a esempi tanto inumani sia facile stupirsi e dare giudizi che cercano di svelare il perché di tali comportamenti. C'è anche però chi non si accontenta e vuole vederci chiaro, e tra questi, per esempio, i due psicologi sociali di cui sto per raccontarvi, tali John Darley e Bibb Latané, che già nel 1968 simularono in laboratorio situazioni analoghe.
Scelsero alcuni ragazzi che presso il dipartimento di Psicologia della New York University si sottoposero al test. Dopo aver compilato alcuni questionari, ognuno di loro fu condotto in una stanza differente e collegato a cuffie e microfono. In realtà, sotto osservazione da parte degli scienziati, vi era soltanto una tra tutti i soggetti: Sabina, poiché gli altri prestavano parte a una messa in scena ben costruita e concordata con gli sperimentatori.
Il gioco consisteva nel parlare a turno raccontando dei propri problemi legati al mondo universitario. Tra queste persone, una era designata come vittima, e infatti, dopo il secondo giro di ascolto/racconto, Sabina la sente lamentarsi sempre più intensamente, esprimendo dapprima disagio, e poi vero e proprio malessere, accompagnandosi da imploranti richieste d'aiuto. E' in pericolo di vita.
Il test è per Sabina. Gli altri, ovviamente, non prestano alcun soccorso. E lei però mostra chiaramente un disagio. Si tormenta le cuffie, muove il microfono, si guarda attorno, suda, ha le palpitazioni, si alza dalla sedia, si risiede. Alla fine, però, non interviene.