Eh sì!
Non solo torno ad aggiornare il blog, ma lo faccio rispolverando una rubrica a cui tengo particolarmente, ovvero: #OpenMinded!
Per chi non lo ricordasse (o nel malaugurato caso capitasse qui per la prima volta) #OpenMinded è composta da guest post e vuole far conoscere esperienze, abitudini, passioni e credenze che di solito sono ritenute lontane dalla rassicurante quotidianità.
Oggi allora eccoci in compagnia di Luca Salvadore che ci racconterà di un viaggio speciale tra le periferie di Giacarta! Pronti a viaggiare con lui?
Allora tre, due uno... Aprite le vostre Menti!
Indonesia, più di quindicimila isole, centinaia di idiomi ed etnie. Quasi 14.000 km di distanza a piedi, nel caso qualcuno pensasse di affrontare un viaggetto sulle proprie gambe.
Il piano è chiaro, perlomeno in parte, visto che sappiamo che la prima settimana è a Bintaro (sobborgo di Giacarta), la seconda a Sumatra (a grandi linee tra Pekanbaru e Padang, seguendo l’Equatore, tagliando l’isola a metà da est ad ovest), la terza di nuovo nella capitale.
L’attesa è di quelle importanti, essendo per ambedue il primo viaggio in un Paese extraeuropeo oltre le sei ore di volo. Ventiquattr’ore di viaggio, contando le otto ore di scalo a Doha. Scalo avvenuto in condizioni climatiche estreme, forse quindici gradi. Raccomandiamo, pertanto, di preservare la copertina della Qatar Airways, onde evitare raffreddori di stampo desertico.
Undici mesi prima abbiamo aderito al progetto “Insieme per la Missione”, organizzato dai Padri Saveriani di Vicenza. Un incontro al mese per nove mesi, ed esperienza lontani dal nido di casa, solitamente tre-quattro settimane.
Il mio compare di viaggio, amico da anni in realtà, ambiva da principio all’Asia, paese noto per meditazione, sovrappopolazione, consumi di riso pari a quelli di birra in Germania, arti marziali. Tipico esempio di pregiudizio che portiamo in dote noi europei: difatti, l’Asia è grande, non a caso la meditazione non è una caratteristica particolarmente indonesiana, come non tutti i tedeschi bevono tre litri di birra al giorno, e non tutti gli italiani suonano il mandolino mangiando tranci di pizza.
Siamo preparati, consci di cosa poter mangiare e cosa no, vaccinati in ogni dove (febbre tifoide, epatite A, meningite, questa aggiunta causa la mole di viaggi di lavoro che vivo ogni anno).