27/06/14

Un sorso di vita, il mio racconto finito su un libro.

Il 3 febbraio, un giorno prima del mio compleanno, ho provato a partecipare a un concorso di scrittura su consiglio del mio vicino di casa Riccardo Sartori. Inviato il lavoro il mio racconto breve è stato scelto in un baleno per essere inserito nell'antaologia 365 Racconti d'estate, che raccoglie appunto 365 racconti brevi, uno per ogni giorno dell'anno, e tutti con l'estate come tema comune. Praticamente mi sono fatto un auto regalo di compleanno più che gradito!
La cosa bella è che quest'antologia la potete trovare in libreria, e questo mi gasa abbastanza, e insomma io oggi vi piazzo qui il mio racconto ''Un sorso di vita'' così lo potete leggere pure voi. Oltre al mio comunque, altri due amici blogger sono riusciti a farsi inserire in questo libro, e sono il sopracitato Riccardo Sartori e il prezzemolino Miki Moz.

E nulla, se vi piace, fatemelo sapere. Se non vi piace, uguale. Ma sappiate una cosa: ora, nel secondo caso, potete pure dargli fuoco nel vero senso della parola. Non è stupendo? :)

Se non ci vedete, cliccate che diventa più grande... credo.

P.s non si deve dare fuoco ai libri, stavo a scherzavo.

24/06/14

Il Don Jon che alle commedie romantiche gli fa na pippa!

Don Jon è una commedia romantica che prende per il culo le commedie romantiche, e Joseph Gordon-Lewitt qui attore, regista e sceneggiatore mette in scena la frizzante e semi porno storia di un ragazzo che col porno ha un rapporto di assoluta venerazione e dipendenza.

Ci sono poche cose nella vita che mi interessano veramente:
il mio corpo, la mia tana, il mio bolide, la mia famiglia, la mia chiesa, i miei amici, le mie ragazze ed il mio PORNO!

Quel nostro conquistadores di  tuberi  che è il protagonista quindi, oltre alle sopracitate passioni, ha in particolare il pallino per il sesso, sì beh, come tutti gli uomini, chiaro! Il punto è che lui se ne riesce spupazzare una diversa a sera, e questo non è come tutti gli uomini, chiaro!, ma probabilmente se sei Joseph Gordon-Lewitt ce la puoi fare, e non perché sei lo sceneggiatore del tuo stesso film, ma perché sei (a quanto dice la vaginosfera tutta) un figone irresistibile.
Il suo allegro strombazzare va avanti ripetitivamente e tranquillamente senza problemi finché non entra in scena Scarlett Johansson, qui una Barbara davvero gnocchissima, una tipa da 10, che fa innamorare il nostro protagonista. Rullo di canguri e... inizia la classica commedia romantica?
Ebbene no! O meglio, lei vuole cambiare lui, lui si fa cambiare da lei, che sapete, il potere della gnocca è più forte del nucleare, per dire!, ma lui ha questa cosa che preferisce il porno alla donna vera e che rende il classico canovaccio commedioromanticheggiante un po' diverso dal solito. Jon ne è dipendente, lo idealizza, crede mostri qualcosa di reale, e non trova soddisfazione e corrispondenza tra ciò che è il porno e ciò che è l'amplesso vero e proprio. Si arriva quindi a... PROBLEMI!

Il film mostra allora le crisi della coppia giovane, causati dell'aspetto porno dipendenza e aspettative da una parte, e dall'altra dal lavaggio del cervello che la società coi suoi mille tentacoli compie sulla donna, che grazie anche alle commedie romantiche ad esempio, le inculca nella testa uno stereotipo di uomo benestante, regola tempistiche di coppia e promuove il modello casa-famiglia-matrimonio e caro mio ciccio t'ho fregato e ora sei come ti voglio io!
Uomo e donna quindi hanno preconcetti che li schiavizzano e li rendono... piatti, un po' stupidi se inconsapevoli di questo, e un po' delle merde se ne sono consci (tubero's power).

L'aspetto piacevole che il nostro Josephino riesce a trovare però, sta tutto nel fatto che qui non c'è il solito rincorrersi, il solito sentimentalismo, la solita sdolcinosità. Ci si riesce pure a distanziare dal classico tema del vero amore, qui scartato in favore dell'intesa, mentale ma non per questo priva dell'attrazione fisica, che è il vero nocciolo della questione sia qui nella finzione tanto quanto nella realtà, punto che viene generalmente scordato e ignorato perché tutti e tutto vanno in una certa direzione e così si deve fare.
Jon allora questa intesa non sa bene descriverla, non sa se è amore, parola di cui si abusa e di cui anche lui si riempie facilmente la bocca, ma sa coglierla al volo e ciò lo fa sentire bene.

Don Jon! Un film ironico, frizzante, pieno di gnocca, con buonissimi spunti sulle differenza tra uomo e donna e con una visione satirica sulle coppie finte e costruite che vanno avanti di inerzia e per convenzioni sociali. Un film che parla anche di qualcosa di più serio e profondo, e che riesce a mettertelo lì tra una sorriso e l'altro, tra una pippa e un fazzoletto sporco, tra due chiappe di marmo della Scarlett, e tra una cantata a squarcia gola in macchina che ti fa sentire felice come un bambino, libero, pieno di qualcosa che sì, è amore forse, è star bene di sicuro: buone vibrazioni che investono tutti.

20/06/14

Open Minded | Mal d'Africa (di Federica Zeppetelli)

Benvenuti, cari lettori, al primo articolo di #OpenMinded, la rubrica che vi apre il cervello! In questo appuntamento l'ospite che si è offerta di aprire le danze è... l'infermierina Federica Zappetelli!
Come vi anticipavo ogni articolo qui presente avrà forma e struttura diversa a seconda delle esigenze di chi si racconta. Qui si è optato per un'intervista faccia a faccia, in cui si parla di lei, del suo lavoro e del mal d'Africa davanti a un paio di bicchieri di prosecco.

Davide:
Ciao Federica, spero ti vada tutto bene, anche se non comprendo perché schifi lo spritz. Allora, parlaci un po' di te, presentati ai nostri lettori e capiamo un po' chi sei.

Federica:
E' che l'aperol mi è andato un po' in disgrazia, o il campari insomma, ma non proprio quello, sai, quello del Prix per intenderci. E' stato alla festa di laurea, mi avevano rifilato questo bibitone osceno e... ecco. 
Mi presento! Ma devo essere precisa?

Davide:
Certo, ci teniamo alla precisione!

Federica:
Allora sono nata il 27 maggio del '90, mi sono laureata il 19 novembre 2013... alle 10.30 più o meno, scusa se non sono precisissima, e sono dottoressa in infermieristica, e sto cercando lavoro.

Davide:
Molto bene. Sì insomma, si fa per dire. A quanto ho potuto notare dal tuo profilo faccialibro sei stata in Africa dopo la laurea. Questa in effetti è la parte che m'interessa parecchio mostrare in quest'intervista. Come ti è venuta l'idea? Cosa ti ha spinto?

Federica:
Tutto è partito dal fratello di una mia compagna di corso, amica che chiameremo V. Il fratello di V era stato in missione in Africa per 40 giorni e, una volta tornato, durante una cena organizzata coi suoi compagni d'avventura a casa sua, ha presentato il prete missionario alla sorella. Questo le ha proposto di venire in Tanzania, che di infermieri ce n'è sempre bisogno.


17/06/14

Quelli del palazzone

Inizio con un giugno 1999. Suona Mambo n. 5 di Lou Bega, compleanno di una nostra amichetta, una dolce e carissima ragazzina che fa parte dei Quelli del palazzone. Io avevo otto anni, la canzone mi piaceva da pazzi, e ricordo vagamente di quel compleanno nel mitico palazzone, dove abitavamo noi, dove ne abbiamo trascorse altre mille di quelle feste, dove ho passato tutta l'infanzia con i Quelli del palazzone.

Quelli del palazzone passavano i primi giorni dopo la scuola a giocare fino a sera inoltrata, quando il sole tramontava e il cielo era ancora rosa. Correvano in bici su e giù per gli scivoli per le macchine, con le mollette e un paio di carte dei pokemon attaccate ai raggi delle ruote per far finta che fossero moto rombanti. Giocavano a nascondino, Quelli del palazzone, sfruttando ogni stramaledetto buco dell'immenso casermone per nascondersi, mentre il povero disgraziato di turno contava a occhi chiusi sul lampione. Magari questo riusciva pure a trovarli tutti eh, ma poi l'ultimo stronzetto di turno faceva ''Un due trè libera tutti!'' e si doveva contare dall'inizio.

Quelli del palazzone non facevano giochi d'acqua, ma combattevano vere e proprie guerre nucleari con super liquidator, canne dell'acqua, secchi e gavettoni che la maggior parte delle volte esplodevano in mano ancor prima di lanciarli tanto erano gonfi. Quelli del palazzone, sempre verso sera, s'improvvisavano cacciatori e partivano a catturare maggiolini, quegli insetti simili a mosconi o api che volavano nel parco di fronte casa e sembravano goderci pure loro nel farsi prendere. Si sfidavano a tedesca poi, sulle porte troppo grandi per dei bambini, col portiere che rimaneva lì un'eternità prima di riuscire a parare qualcosa, e facevano ''moto cross'' con le bici, nella cava dove anni dopo sarebbero nati i campi da basket e pallavolo. D'inverno ci si nascondevano pure lì dentro, tirando palle di neve alle macchine in strada, scappando quando qualcuno si fermava e scendeva per urlargli dietro.

Scoprivano l'evoluzione dei videogiochi i Quelli del palazzone, da un Sega Mega Drive a uno Snes tarocco, allo Snes vero e proprio alla Playstation, con quella demo di Tekken 3 che aveva due personaggi in croce con cui si passavano i pomeriggi a scazzotarsi, guardando i video dei protagonisti iper muscolosi e dicendo ''Da grande anch'io diventerò muscoloso come quello!''. E si scambiavano le carte dei Pokemon, giocavano coi pupazzetti dei Pokemon, e poi con quelli di Dragonball, e con le moto, e con le Mini 4WD, con qualcuno che convinceva qualcun'altro che il tubetto del grasso poteva essere usato anche come dentifricio, mentre dall'altro lato un Quello del palazzone scambiava un Charizard 120pv per un Caterpie 40pv grazie a chissà quali giochetti mentali Jedi.

Quelli del palazzone si rincorrevano con Ciapaciapa e Rialzo, tiravano pallonate prendendosi i richiami da chi stava negli appartamenti perché non si doveva far casino, pestavano mostri invisibili nei giardinetti, scappavano dal Babau cercandolo nel cesso o in qualche armadio. Si sfidavano con gli skateboard nelle discese, e coi pattini e pure con i monopattini (la moda cambia, si sa), poi baciavano le belle ragazze alla tv prendendo la scossa, registravano la propria voce in cassetta e la riascoltavano, cercavano i calendari con le donnine nude nei garage degli altri, festeggiavano ancora i compleanni, litigavano e poi facevano pace. Pian piano, Quelli del palazzone crescevano.

Ad alcuni di crescere capitava prima, tutto all'improvviso, mentre ad altri invece, la vita riservava la fortuna di restare senza pensieri per molto più tempo. Qualcuno poi andava via, qualcun altro di nuovo arrivava, qualcuno tutt'oggi è ancora lì, tra il parco e il piazzale, vicino al Montecio, la collinetta boscosa a cui ogni anno si dedica una sagra proprio di fronte a i Quelli del palazzone. Con le musiche da ballo (roba da vecchiii), coi canti dei bambini, con i tavoli sotto agli alberi e il profumo d'estate che sta arrivando.

A settembre poi, Quelli del palazzone guardavano i fuochi d'artificio dall'alto, lo spettacolo che segnava la fine dell'estate, ogni estate. E poi ricominciavano scuola ancora una volta, di anno in anno, con nuove amicizie, nuove canzoni, nuovi sogni, finché non passava il tempo e si cresceva, e i giorni spensierati e felici dell'infanzia andavano via senza nemmeno accorgersene.
Di tutto questo allora restano i ricordi, e immutabile e immenso sempre lui: il palazzone. E chissà, per questo, quanti altri ne verrano di Quelli del palazzone.

13/06/14

Apologia delle ciabatte non infradito

Qualche giorno fa ero fuori con gli amyketty in un paesino qui vicino, che c'erano dei gruppi di giovini che suonavano. Era una serata piuttosto fredda pur essendo giugno, che ormai lo sappiamo che al tempo piace fare gli scherzoni e un giorno sole che spacca i culi e il giorno dopo ''sole neve pioggia di pisciazzi cacate e stronzi''(cit).
Tenendo conto di questi dettagli meteorologici comunque, è successo che noi eravamo giustamente tutti piuttosto vestiti, però c'era pure un tizio in ciabatte. Cioè, un tipo, lì in mezzo alla gente, girava con estrema nonchalance in ciabatte. Il sabato sera! E nemmeno con le infradito, che magari sono un po' più alla moda. Sfoggiava proprio quelle old style, quelle che se le usi d'estate in piscina o al mare le tipe scappano via, praticamente l'equivalente dei sandali coi calzini bianchi sotto. 

Un amico mi si avvicina e mi fa la domanda che poi ispira tutto questo discorso che sto scrivendo. Mi dice che ha leggiucchiato il blog e che gli piace (non ricordo le esatte parole). La cosa mi fa sentire un po' a disagio perchè io non sono abituato agli apprezzamenti e poi sono piuttosto sfigato e sì esatto ecco insomma.
Dopo l'apprezzamento comunque, mi fa notare il tipo in ciabatte. Mi chiede ''Ma perché secondo te quello gira in ciabatte? Potresti scriverci su qualcosa tu che sai scrivere (sìccerto). Cioè, che senso ha che quello sia in ciabatte in questa situazione?''.

Lì per lì la domanda mi stupisce, ma più che la domanda mi stupisce il fatto che anche lui abbia fatto questo pensiero, che io qualche minuto prima mi ero posto lo stesso quesito scorgendo questo sciabattaiolo completamente fuori contesto che gironzolava in mezzo alla gente normalmente vestita. Inizio a rifletterci su allora, cerco di scorgere il senso delle ciabatte. Voglio dire, fa pure freddino, ma chi glielo fa fare di andare in giro così? Non ha freddo ai piedi? Si sarà ricordato di tagliarsi le unghie? E se ha i peli da hobbit? Non starebbe meglio con le calze? Insomma, non pensa alla tipe che lo guardano? Che le tipe guardano sempre, giudicano, te li danno pure in faccia i loro giudizi, acidi e velenosi ma nascosti dietro un sorriso che le rende ugualmente gnocche o quantomeno desiderabili. Che stronze le donne odio le donne.
Arriva poco dopo un altro amico, interrompendo le mie pare mentali, durate in effetti circa due secondi, anche se voi c'avete messo qualche tempo di più per leggerle e magari siete fuggiti, ma questo è lo svantaggio di non essere nella mia testa, mi dispiace tanto, e insomma l'amico riflette assieme a me alle ciabatte, al perché di questa annosa situazione, e poi...

10/06/14

Arriva Open Minded, la rubrica che vi apre il cervello.

La prossima settimana uscirà finalmente #OpenMinded, la rubrica che vi apre il cervello. Ma che cos'è Open Minded in pratica?

Ve ne avevo accennato prima della minivacanza romana e ora vi spiego il tutto un pochino meglio.
Open Minded avrà una sezione tutta per sè all'interno del blog e sarà un contenitore esclusivo di guest post. Con Open Minded infatti ho l'obiettivo di dare spazio (e visibilità, dato che un po' di numeri ora li ho) a chiunque abbia qualcosa di particolare da raccontare, così da poter condividere con gli altri stili di vita, idee, viaggi ed esperienze che in qualche modo possono aprire la mente a chi partecipa leggendo. Ed è proprio l'apertura mentale a cose nuove che mi ha spinto a ideare questo contenitore di guest post, perché io personalmente mi ritengo piuttosto ignorante in certi ambiti, spesso limitato (anche e soprattutto da me stesso) e quindi curioso. Se allora spesso non posso soddisfare personalmente la mia curiosità su molti argomenti, quale modo migliore per farlo se non dando spazio a chi ha voglia di raccontarsi?

L'intenzione per ora è quella di pubblicare un articolo al mese, al massimo un paio. Chiaramente tutto sarà basato sulla vostra voglia di partecipare e su quanti effettivamente scriveranno perché, come già detto, questo spazio sarà più vostro che mio. La rubrica sarà strutturata in sei sottocategorie: Esperienze, Stili di vita, Lavoro, Musica, Passioni, Religione. Quel che desidero far emergere è la varietà di punti di vista che (spero) verranno esposti, magari alcuni molto diversi dai miei e dai vostri, altri forse addirittura impopolari o moralmente criticabili. Ma sapete che c'è? C'è che non me ne importa! C'è che qui, su Open Minded, spero ci si possa confrontare soprattutto sugli elementi più contraddittori, quelli che ci definiscono come persone uniche e diverse le une dalle altre. E se c'è una cosa che ho imparato in questi due anni di blogging, è che questa piattaforma ha la capacità di far discutere, divertire e riflettere.

Quindi che altro dire? 
Vi dico che ci vediamo venerdì 20 giugno col lancio della nuova sezione del blog tutta dedicada ad Open Minded e, chiaramente, col primo articolo. Stay tuned, mi raccomando. E per chiunque fosse interessato al progetto e avesse voglia di scrivere, beh, sa dove trovarmi. #OpenMinded sta arrivando!

03/06/14

Romanzaa... (giorno 3 e 4)

Seconda e (già?) ultima parte della mini vacanza romana. Se vi siete persi i primi due giorni (ci sta Ana Ivanovic la bonazza, io uno sguardo ce lo darei) li trovate QUI. Viaaa...

Giorno 3: Incontri un po' così un po' colà
E il terzo giorno i nostri prodi resuscitano, più rincoglioniti, ustionati e maldischienati che mai! La sveglia suona presto ma non troppo, che c'era bisogno di risposarsi un attimo di più, e noi non si fa colazione nel college ma si va fuori che c'è appuntamento con una mia carissssima cugina, in cui le ''s'' di carissssima stanno a simboleggiare i minuti di conoscenza che io e lei abbiamo vissuto in passato. Praticamente siamo quasi sconosciuti, esatto. Abitando lei a Roma però, ci si è messi d'accordo per trovarci e girare un po' durante la mattina. E quindi SBAM...

Acquedotti romani, che lei ci abita a un tiro di schioppo e ci porta a visitarli in una soleggiata e spensierata passeggiata nel verde. Il posto è davvero bello, un angolo verde in periferia di Roma che non mi aspettavo, e lei, la cugina, è simpatica forte, ride, scherza e ha una parlantina piacevolissima.

30/05/14

Di quando gli inciuci amorosi erano 'cciuci inciorno a noi!

Io il cellulare ce l'ho avuto in terza media, dopo aver rotto insistentemente le palle ai miei genitori che ''Ma alla tua età, ma a che cazz ti serve il cellulare?''. Che oggi mentre mi guardo intorno vedo i bambini poveri noto regazzini delle elementari smanettare sugli smartphone scrivendo a non si sa bene chi e facendo su internet non si sa bene cosa. ''Chi devi chiamare, Peppa Pig?'' dice pure un meme su facebook. Comunque sia arriviamo al MusicalMente...
Il mio mirabolante telefono.

Il maggio 2005 lo ricordo perché, appunto, smanettavo col cellulare. Dovessi rispondere sinceramente ai miei (e a tutti gli altri) genitori che si chiedevano che ce ne facessimo di sti telefoni, abitando tutti in un paesino minuscolo e andando a scuola a due passi da casa, risponderei che ci serviva per approcciare, chiaro! La terza media, specie con la primavera, era l'anno della tempesta ormonale per noi maschietti. Si era cresciuti tutto su un colpo, si stava cambiando voce, brufoli dappertutto, baffetti orripilanti sotto al naso e sudore ascellare come si fosse corsa una maratona di 40km usando le braccia. Uno spettacolo sensazionale, nel senso che facevamo davvero senso... Le donzelle invece iniziavano ad esporre sotto i nostri occhi sognanti la prima mercanzia di stagione. Ecco, quello era un bel vedere in effetti!
Nel mentre, la pubblicità vodafone ciuccia inciorno a ce, da marzo, sparava Lift me Up di Moby a palla, canzone che io tenevo nell'ipod nell'mp3 nel lettore cd e che m'ascoltavo pure a maggio. Ed è proprio per questo che me lo ricordo sto mese 2005. 

Faceva caldo, c'erano le ultime lezioni dell'ultimo anno, e il gioco dell'ammore era magicamente nel suo momento de fuego all'interno della mitica, vecchia, ormai agli sgoccioli, 3 A musicale. Preparavamo a giorni alterni il concerto di fine anno, così come i pezzi da suonare durante l'esame (che oltre alle materie normali dovevamo pure suonare qualcosa ai professori). Definivamo inoltre i lavori per Tecnica, che ricordo c'era la scelta disegno tecnico o lavoro di gruppo, fate voi! Noi si era scelto di fare una diga in polistirolo, con l'acqua e tutto quanto, una cosa non dico brutta, ma piuttosto... particolare nel suo genere, ecco. Però ci si divertiva a farla, ritrovandoci i pomeriggi e le ultime mattine di giugno prima degli esami a tentare di capire come far fluire l'acqua senza sbrodolare tutto (il fatidico giorno bagnai accidentalmente la professoressa di arte, che bel momento!).

Gioco primavera 2014: trova CervelloPelato ;)
E insomma... nulla di che. Non ho un solo ricordo preciso da raccontarvi, ma piuttosto ho queste quattro righette che parlano in generale di maggio. Un mese pieno di emozioni, di voglia di farla finita con quei cazzo di esami, di ansia e curiosità per il futuro, di dispiacere per i compagni di classe che non sarebbero più stati al nostro fianco ogni giorno. Un mese, così come tutto un periodo, pieno di risate, litigi, strambe teorie di conquista amorosa, e appunti tanti, infiniti, improbabili Sms sparati a palla sfruttando christmas card, summer card, infinity chennesò card e altre mitiche offerte telefoniche. Era proprio ciuccia inciorno a noi quella vodafone, come diceva quella bonazza di Megan Gale!

27/05/14

X-men: Giorni di un futuro passato: la strada della discriminazione.

Dopo sei pellicole dedicate agli x-men, tra saga ''originale'', spin-off e prequel, X-men: Giorni di un futuro passato è la ciliegina sulla torta di un universo cinematografico che, tra alti e bassi, ci ha portato in un mondo in cui i super eroi non sono osannati e idolatrati dall'umanità, ma temuti e discriminati. Un mondo duro, violento e spietato, che ora viene portato alla sua più tragica conclusione mostrandoci scorci di un futuro distopico devastante.

Proprio riuscendo a rapportare futuro e passato, questo nuovo capitolo riesce nell'impresa di collegare due filoni narrativi altrimenti distanti tra loro, divisi non solo dalle logiche di trama, ma anche e soprattutto da quelle puramente cinematografiche. Due cast diversi, quello classico e quello tutto nuovo del prequel cominciato con X-men l'inizio, vengono qui riuniti con l'espediente del viaggio nel tempo, dando la preziosa occasione di uniformare tutto ciò che di questi mutanti s'era visto fin'ora sul grande schermo.
La cosa incredibile poi è che ci si riesce davvero a sfruttarla quest'occasione, e pure in maniera convincente.
La trama, in breve, racconta di un ultimo gruppo di mutanti che riuscendo ancora a resistere agli attacchi delle sentinelle, enormi macchine umanoidi ideate per estirpare la loro razza, tenta  in un ultimo atto conclusivo di risolvere la questione alla radice, ovvero sfruttando il viaggio nel tempo per impedire la costruzione stessa di quest'arma micidiale. Grazie a Wolverine e al suo potere rigenerante che lo rende immortale, diventa perciò possibile il ritorno al passato proprio verso quelle versioni giovani di Xavier e Magneto che ora, nel futuro, lo stanno incoraggiando a trovarli e a riunirli.

23/05/14

Romanzaa... (giorno 1 e 2)

Calda, piovosa, splendida, tennistica, confusionaria e dispensatrice di vesciche ai piedi. Che altro potrei dirvi di Roma? Lo so che magari non vi frega niente della mia mini vacanza ma io ve la racconto lo stesso (veloce, rapida e indolore) così, per sport! Dato che non sono più anonimo però vi beccate un bottanaio di foto, almeno vi passa in fretta e dovete leggere meno.

Giorno 1: turisti della democrazia
Toglietegli tutto ma non il fazzoletto.
Sveglia alle 4, si arriva in stazione a Vicenza con F, si piglia il treno per Padova e da lì si arriva nella capitale alle 9: ad accoglierci un cielo grigio piombo... evvai! La missione numero 1 è fare colazione e tentare di arrivare al Foro Italico e prendere i bliglietti per vedere Federer il giorno successivo, vero (e quasi unico) motivo per cui sono qui in Roma. Segue quindi colazione potente e si arriva, non senza qualche difficoltà, al Foro. Incrocio le dita, sento il tizio davanti a me che chiede se ci sono posti per il campo centrale, e l'altro gli dice che no. Inizio a piangere, mi strappo i capelli, arrivo semi calvo dall'omina dei biglietti e invece sì, c'è ancora posto, che culo, domani vedo Federer, lo vedo, lo ggiuro, oddio domani muoro.
Felice come una Pasqua mi incammino con F verso una metro per iniziare il nostro tour della città. Lui ha il raffreddore, forse è allergico alla calca esagerata che abbiamo notato esserci su qualsiasi mezzo pubblico.

20/05/14

Godzilla: chiamate uno jeager che mi son rotto l'cazzo.

Di Godzilla c'è che visivamente non è malaccio, anzi, ma di quelle scene potenti che ti aspetteresti te ne mostra davvero pochine, trasformando un film di botte e botti coi mostri megaggiganti in un film di soldatini americani che scelgono di intervenire con una strategia più stupida dell'altra. In mezzo a queste ridicole scelte quindi, ci sta lui: Godzilla, lì bellino sullo sfondo. 

Probabilmente nessuno si aspetta chissà quale profondità da una storia del genere, ma il solo fatto che avessero promesso un approccio molto più realistico rispetto a tutte le precedenti pellicole sul kaiju faceva ben sperare, complice un trailer davvero evocativo. Sono proprio le scene da ''trailer'' quelle migliori infatti, ovvero quelle che giocano sul classico vedo non vedo, che ti piazzano un mostro grande quanto un grattacielo semi nascosto dall'onnipresente fumo, dalla nebbia, dalle esplosioni dei missili, dalla pioggia e dalli mortacci sua.
Assieme al vedo non vedo giocano forte anche i richiami alle tragedie naturali avvenute in anni recenti, prime tra tutte, chiaramente, i terremoti del sud est asiatico e di Fukushima. Entrambi gli episodi vengono infatti messi in scena sfruttando le conseguenze dei titanici cazzi dei mostri, che o cercando nutrimento o cercando di fare a botte, provocano il disastro in una centrale atomica prima, e uno tsunami post-bagnetto nel mare poi. Della serie ''Ti piace vincere facile ficcandoci sequenze impressionanti per la loro terrificante attitudine con la realtà?'' Zak! E ti mettono sti due disastri.

13/05/14

Pausa e anticipazioni gagliarde.

Al momento che leggete dovrei da poco essere giunto a Roma con l'amico F. Oggi vi scrivo quindi molto molto rapidamente per dirvi che non aggiornerò il blog questa settimana (esultanza con detonazione di petardi) e per darvi l'arrivederci a martedì prossimo. 
Volevo però anticiparvi qualcosa sulla nuova gagliardissima rubrica che inizierà a fine mese o giù di lì. Ebbene si chiamerà Open Minded e sarà principalmente costituita da guest post un po' particolari, sia perché avranno ogni volta forma diversa a seconda delle esigenze, sia perché tratteranno temi leggermente al di fuori dalla solita routine. Se qualcuno comunque avesse voglia di saperne di più (e partecipare anche e soprattutto non possedendo un blog) può contattarmi 'ndo cazzo je pare, che tanto sono socialmente raggiungibile quasi ovunque.

Con la speranza di riuscire a beccare Federer (potrei morire felice), che m'ha personalmente confermato la sua presenza al master di Roma, di incontrare qualcuno di voialtri bloggerss là fuori e sì, di vedere anche e soprattuttamente la grande bellezza, vi saluto affettuosamente e mi preparo ad ammorbarvi con un sacco di foto in diretta dal twitter! E se vi steste chiedendo (steste è una parola che mi piace tantissimo) quale sia il mio uccello blu, vi basterà guardare la colonna di destra del blog, ecco sì così bravi, e cliccare sull'icona ;)


09/05/14

Ma vuoi che quello guardi proprio me?

Sono fermo in mezzo alla strada, circondato da automobili scassate e pezzi di cemento e vetro che piombano dall'alto. I grattacieli sono sfondati, accasciati l'uno all'altro, e la poca gente corre in cerca di riparo, sono delle ombre urlanti perse nel fumo grigio. Ho il cuore a mille e sento di nuovo la terra che trema... un ruggito mostruoso in lontananza, pelle d'oca. Corri Davide, corri cazzo, corri corri corri corri...

Benvenuti al secondo appuntamento con I sogni distorti.
Ora, non è che tutti i sogni che faccio sono piacevoli e idioti. Alcuni capita siano piuttosto spaventosi, ma raramente mi sveglio di soprassalto col cuore in gola. Altri invece, fortunatamente aggiungerei, sono un misto tra i due, ovvero sono sia idioti sia seri. Quello che sto per raccontarvi ne è un esempio, quindi no, chi s'era già immaginato qualcosa di terrificante resterà (forse) deluso, anche perché il sogno in questione inizia in maniera piuttosto stupida.

Sono nella palestra del mio liceo, stiamo facendo educazione fisica, la professoressa continua a blaterare che ''La corsa è vita'. Ok grazie prof! Sto correndo assieme agli altri, una rottura di palle, e penso che sarebbe proprio divertente correre a testa in giù. Quindi? Quindi salto e mi incollo al soffitto. Bene, vedo tutti capovolti. Gattono un po' per testare la mia presa e poi provo ad alzarmi e correre. Non è che sia proprio semplice rimanere appiccicato là sopra con le suole delle scarpe, deve fare una gran fatica Spiderman...
Ora le pareti della palestra non ci sono più. Sono sempre a testa in giù, ma appeso a un ponte. Sotto di me un fiume enorme, tutt'attorno una città esagerata. Mi stacco dal ponte e lanciando ragnatele lo percorro tutto dirigendomi verso il ''centro'': esatto, sono l'uomoragno, praticamente gli stessi sogni che fanno i regazzini!
Mi dondolo di qua e di là sparando le mie liane appiccicose, volteggiando per aria, osservando il riflesso della mia figura sui vetri delle finestre. Che gran figo! Poi sento le urla, e l'edificio che ho davanti si sgretola come un castello di sabbia pestato da un bambino un po' troppo stronzo. Una figura colossale mi passa rapidamente davanti, sgattaiolando per la città, devastando tutto, rapida e terribile: è Godzilla.

06/05/14

13/16 maggio blogger tutti a Roma?

Cari regazzi e regazze, come v'avevo accennato dal 13 al 16 maggio sarò a Roma per la prima volta in vita. Sì, lo so che è una vergogna non averla mai vista, ma che vi devo dire? Cose che capitano, suvvia. Se però credete io vada per visitarla da semplice turistadellademocrazia, verità vera fino a un certo punto, vi sbagliate. Io vado a Roma per cacciare una particolare preda di nome Roger e di cognome Federer!
I giorni non li ho scelti a caso infatti. Per chi di voi non mastica di tennis deve sapere che durante quella settimana si terrà un torneo molto importante nella nostra capitale, e Federer, essendo il tennista più forte di tutti i tempi ed essendo il mio idolo indiscusso di tutti i tempi (che razza di frase è?) merita d'esser visto  dal sottoscritto, che tenterà di farsi come minimo un selfie con lui e come massimo due palleggi a tennis... e se non va in porto scavalco le transenne ed entro in campo a costo di prendermi i pugnazzi in pancia dai bodyguard!

Vi dico questo, comunque, perché pensavo che magari ci si può beccare da qualche parte. Probabilmente ci saranno la carizzima Ele, che già sta organizzando qualche bloggeresco incontro, e i sussurranti dottor Jekyll con la sua Miss Hyde, sempre che non abbiano impegni e ostacoli, e pure Lorenzino (sarà alto due metri) dovrebbe abitare da quelle parti, sempre che non sia a L'Ondra.
Si sarebbe anche dovuto celebrare il matrimonio tra me e MikiMoz, ma quel coglionazzo ha deciso che deve lavorare, lui che come lavoro fa il... il... il? Insomma, m'ha tirato pacco, dopo tanto di dediche amorose che m'aveva fatto. Ditegli qualcosa! L'altra amante invece, Misamisa, risulta non pervenuta per mancanza di fondi, quindi QUI potete accedere al progetto di crowdfinding per farla venire.
Quindi, chi di voi pensa di poter capitare per la capitale nei giorni tra il 13 e il 16 maggio, batta un colpo, che magari ci si fanno due chiacchiere e potete toccarmi pure i capelli, che porta fortuna.

V'abbandono con un'ultima richiesta però... chi c'è già stato e conosce la città, cosa mi consiglia di vedere? I giorni in cui ci starò sono solo 4, uno dei quali quasi totalmente dedicato al tennis, and so, in tre giorni cosa non mi posso assolutamente perdere? Cosa vedere, mangiare, frequentare, provare? Fatemelo sapereeee, e io v'amerò forevah!

02/05/14

Lo spirito di un chirichetto.

E' che io sono sempre stato un tipo che prima di imparare a far qualcosa, anche di molto elementare, come ad esempio fare la pipì centrando il buco, ha bisogno del numero X di tentativi. Non lo so il perché, ma se non mi riesce subito di fare quel qualcosa ho la necessità di riprovarla finché non mi sento sicuro, altrimenti è molto probabile sbagli come la prima volta. Il punto è che, a questo punto, come avrete notato, c'è un punto nascosto che crea problemi grandi ben più d'un piccolo punto, ovvero: se non ho la possibilità di fare i miei tentativi X, come posso evitare i casini?
Nella mia giovine vita ho avuto la possibilità di ripetere il mio numero X di tentativi in diversi ambiti, ad esempio sono stato un karateka, sono stato un nuotatore, ma anche un tennista, uno scalatore, un imbianchino, un cameriere, un commesso, un arrampicatore, un videogiocatore, e molto, molto altro. E tra questo molto molto altro di sicuro è bene ricordare che sono stato anche un chirichetto. Il chirichetto, è giunta l'ora di dirlo, perché sto preambolando da diverse righe, è proprio uno di quei ''qualcosa'' che non da la possibilità di provare il numero X di tentativi. O almeno, non lo è stato nel mio caso.

Ricordo ci si trovava tutti noi pischelli un quarto d'ora prima della messa, assieme al don, per decidere quale componente della sterminata squadra chirichettaiola doveva fare che cosa. Uno doveva suonare la campana, un altro doveva... ehm... doveva... scusatemi. E' che mi sono appena reso conto che la mia lunga assenza dai divini festeggiamenti domenicali mi causa amnesia. Non ricordo più che cosa di preciso fanno i chirichetti. Ricordo il punto importante della storia però, e questo è molto importante, altrimenti arrivati a questo momento non saprei più come andare avanti.
Dicevo, oltre a un lunghissimo elenco di altre cose che gli angioletti della comunità cristiana facevano lassù vicino all'altare, c'era il compito di portare le ampolle col vin santo e con l'acqua, con cui il prete si doveva poi lavare le mani. Ora, è vero che io sono un po' ritardato, come v'ho spiegato prima, ma è anche vero che spesso e volentieri mi appioppano compiti senza una mezza pippa di spiegazione.
''Tanto l'hai già visto fare dagli altri, no?'' mi si diceva.
''Eh...'' rispondevo io, pensando alla carta di Charizard che dovevo farmi scambiare assolutamente.
''Prendi l'ampolla, vai dal prete, versi l'acqua nel catino e lui intanto si lava le mani.''.

E quindi era tutto pronto: la comunione è finita e la gente è sparaPanzata al proprio posto dopo aver ricevuto il corpo di Cristo. Eccomi lì, chirichetto timido e insicuro, che mi alzo quando si alza il prete, afferro l'ampolla, e mi avvicino al caro don per lavargli le mani. C'è silenzio, sono tutti in stato meditativo, anche se in realtà, crescendo, ho scoperto essere più stato vegetativo che contemplativo, ma non è ora il momento di mettere in dubbio la fede degli spettatori domenicali, suvvia. Insomma, sono lì immerso nel silenzio con gli occhi puntati addosso, o questo almeno era quel che mi sentivo, e incomincio a versare l'acqua al prete in modo che si lavi le mani.
''Ma che...'' fa lui fulminandomi con lo sguardo e facendo voltare santi, Gesù e madonnine che s'aspettano l'imprecazione da un momento all'altro. 
Subito non capisco, poi il criceto gira la ruota e la lampadina s'accende...
Eh sì, ho sbagliato ampolla, e il carissimo ministro di Dio si è appena sciacquando le mani col vin santo. Al che i chirichetti divertiti dietro di me mi mostrano l'ampolla dell'acqua, e io, nel silenzio generale, che in realtà immagino lì lì per esplodere in una risata sguaiata, corro indietro, prendo l'ampolla giusta, e lavo le mani santificate finalmente con l'acqua. 

Le belle figure? Già! Voi ne avete fatte? E che rapporto avete con lo spirito?

29/04/14

The Amazing Spiderman 2: il potere di creare villain di merda.

Il primo capitolo di questo nuovo reboot m'era parecchio piaciuto. Il taglio un po' più realistico e il tono leggermente più dark, conferivano a Spiderman una visione forse un po' più adulta rispetto a quanto Raimi ci aveva dato con la sua trilogia. Ciò che di buono era stato fatto in quel primo capitolo però, qui è stato mandato abbastanza all'aria, infrangendo le promesse fatte col pubblico e portandoci a provare un pastrocchio di emozioni contrastanti.

La punta di forza di questo secondo episodio sta tutta nelle relazioni tra i personaggi, Peter e zia May, ma soprattutto Peter e Gwen Stacy (che razza di figliola!). Con la zia/mamma si esplora ancora un po' il passato del giovane supereroe, riprendendo perfettamente il discorso da dove lo si era lasciato la scorsa volta, tornando alla sequenza di scene che in The Amazing Spiderman si soffermavano sul piccolo Peter che restava abbandonato, permettendoci stavolta di gettare luce sull'accaduto dei genitori. 
Con Gwen d'altra parte, si vive l'innamoramento sopra le righe di un ragazzo che è cotto a puntino (lo eravamo pure noi spettatori guardando quell'Emma Stone meravigliosa, figuriamoci lui) e che è preso a cazzotti da un sentimento come l'amore, che da un lato lo attira come una mosca alla bella morosa, dall'altra gli dice ''Guarda che qui per lei finisce male, tu sei Spiderman, se ti sgamano con sta figa stai sicuro che la metti nei casini e suo papà t'aveva pure avvisato!''. Un bel pretesto per approfondire la psicologia di un Uomoragno giovane, leggermente tormentato, e assolutamente pieno di sé, inebriato da superpoteri e supergnocca.

25/04/14

L'ultima (scarna) settimana al contrario.

Torni su e scrivi il post. Scrivi che loro due, gli amici, se ne stanno tornando a casa dopo averti portato una gallina di cioccolata perché erano andati a fare colazione senza di te perché te dormivi. E allora racconti, scrivi (terza ripetizione) degli ultimi giorni, ma facendolo al contrario.
La mattina ti sei svegliato appunto col messaggio dei due che ti fanno ''Siamo sotto casa tua apri merda o non sei più nostro amico'', il buongiorno proprio... la sera prima ti sei spento nel letto dopo aver fatto un giretto per una delle tre cittadine del Pisciatoio di Dio, notando con gioia che la primavera contrasta abbastanza bene l'impellenza urinaria di Colui che in questo pisciatoio è solito farla (tradotto per chi non capisce: sta piovendo meno del solito). Nel giretto per la città sei stato in questo posto che è tipo un chiosco in cima a una collinetta, uno di quei posti che appena due anni fa non se lo cagava quasi nessuno e che ieri sera, colpo di sceMa, era più pieno della mia panza a Pasquetta dopo che ho fatto la maialata che non dovevo fare (che poi vi racconterò).
''Ahhh i bei tempi in cui non c'era questa calca...'' sospira sconsolato l'amico aspettando la spinatura di una delle peggiori birre mai bevute nei secoli dei secoli amen.
''Ma vaaa chette frega, guarda quante femmine che ci sono!'' gli risponde un altro.
''Sì vabbè ma...'' 
e nulla, parte il classico discorso sulle bionde, sia birre sia donne.

Il tempo non era il massimo, ma la vista...
Quel giorno, prima di salire in questo postino, postino nel senso di posto, non di uomo che consegna la posta (battuta triste n.1), ero lì lì che giravo per un altro dei tre paesini del Pisciatoio a consegnar pizze, come la sera prima, e come la sera precedente ancora. La sera del lunedì invece, quella di Pasquetta per intenderci (che non so se necessiti della maiuscola ma famo finta di nulla) eravamo un attimo perduti in macchina cercando di orientarci per le stradine attorno al lago di GardaLand. 
Avevamo infatti deciso di passare il dì a casa di amici di amici, che non possedevano una casetta qualunque con vista sul lago, ma una vera e propria villetta cazzuta con tanto di giardino comprendente di uliveto e altre creature vegetali di varia sorte. Dato che ho nominato i vegetali dunque, è l'ora di fare la nostra piccola digressione sul racconto...

Piccola digressione sul racconto:
Praticamente ho deciso di mangiare molta ma molta meno carne. No, non lo faccio per uno strano spirito animalista o simili, quanto piuttosto per una motivazione salutare. Mi sono abbastanza convinto sul fatto che troppa carne non faccia poi sto gran bene. Partendo da questo, mi son detto ''Proviamo per un po' a toglierla completamente questa carne, e vediamo se davvero si vedono i grandiosi risultati che i vegetariani/vegani vanno tanto blaterando!''.

Tornando alla mia super interessante storia (battuta triste n.2), eravamo rimasti a me a Pasquetta (che ancora non so se vada con la maiuscola o meno, e potrei pure guardarlo su internet, lo so, che di certo ci metterei di meno che a scrivere sta parentesi lunga un chilometro, solo non ho voglia). Dicevo dunque, che eravamo in questa villettina, e noi... s'è fatta la carne ai ferri, e io... l'ho magnata in culo all'astinenza, ingurgitando tutto come un porco, sentendomi poi un po' come Joffrey Lannister/Baratheon al suo banchetto di nozze (occhiolino). Dopo più di una settimana di zero carne e dopo aver resistito a una precedente grigliata che vedeva un me tristissimo nutrirsi di insalata di riso alle verdurine, mentre gli amici si sbafano quelle costine belle come il sole e la padrona di casa bionda (sapete quanto adori le bionde) mi tentava coi piaceri della suddetta carne (battuta triste n.3), ho ceduto.
Ok, sono inciampato l'ho ammesso, ma ci riproviamo, giuri.
Belli come il sole!

Concludo con un ultimo salto temporale però di nuovo in avanti, mandando all'aria l'idea di fare sta cosa carina del racconto di peni miei all'inverso. Si torna perciò a... giovedì, al giorno in cui s'era nel posto pieno di gente, di birra e di donne. 
Agganciandomi alla parola ''donne'' citiamo allora la donna blogger, o meglio ''Fashion Blogger'', la carissima bellissima simpaticissima Giusy, che in vacanza in quel di Vicenza ha colto l'occasione per venir importunata da me medesimo e fare una colazione vicentina con spritz e kebab al gatto. Tra chiacchiere, risate e foto sfocate, è stato davvero un piacevolissimo incontro. Che belli che siete voi bloggersss... mi piacerebbe vedervi presto tutti, e vi parlerò presto della cosa che s'ha da fare a Roma, vedrete, ma per ora ve la butto lì così!

Ecco, ho finito col frullato di cazzi miei al (quasi) contrario di cui assolutamente non sentivate il bisogno. Buon fine settimana ;)

22/04/14

Le potenzialità nascoste dell'insulto.

La prima cosa che mi viene in mente sentendola sono io che guido di sera. Siamo a marzo 2010 e lo speaker alla radio dice che questa canzone è stata creata per raccogliere fondi per aiutare le vittime del terremoto ad Haiti, scatenatosi a gennaio sempre dello stesso anno. Cantano Jay-Z, Bono, The Edge, Rihanna... la trovo meravigliosa, forse anche aiutato dalle immagini orrende di quel disastro naturale che mi passano per la testa, rimbalzate da tutti i tg in tv. La aggiungo al lettore mp3, la riascolterò nei mesi successivi per diverso tempo.
Dato che siamo ad aprile coomunque, e questo è il MusicalMente di aprile appunto, torna utile questa stessa canzone, Standed (Haiti mon amour) perché mi ricorda anche dell'altro...

Scendo dal bus affollato, siamo in gita, è primavera. Io sono in quarta superiore (la mia seconda quarta, che ho voluto approfondirla bene) e siamo in visita al Mart di Rovereto. Sto proprio bene, vado d'accordo coi compagni, è un gran bel periodo per me, sono tutti abbastanza simpatici, si scherza, io ho la strana abitudine di insultarli scherzosamente. Non sono il solo, spesso ci prendiamo tutti a parole, così per ridere, tanto che un giorno c'è scappata pure la giornata ufficiale dell'insulto. Una cosa tipo ''Buongiorno pezzo di merda! Come stai oggi?'', e l'altro rispondeva ''Proprio da Dio, schifosa faccia di culo!''.
Divertente eh? 
Ma proprio una cosa guarda...
Riprendendo il discorso, sto scendendo dal bus per prendere lo zaino nel bagagliaio. Davanti a me la mia amica E. intenta a cercare la sua borsa.
''Oh, dai muovi quel culone lardoso e prendimi lo zaino, dai dai dai forza!!!'' la incito io.
E. si gira verso di me e... realizzo di essermi sbagliato, quella che ho insultato è un'altra persona, una ragazza, dell'altra classe, e mi sta guardando malissimo.
''Oddio scusa ti ho scambiato per un'altra, scusa scusa scusa.'' le faccio io imbarazzatissimo, la vera E. alla mia sinistra che si sta già allontanando con la sua cazzo di borsa già presa.
La ragazza a cui ho ingiustamente dato della culona lardosa si allontana (forse) sorridendo, io prendo il mio zaino. Una volta raggiunta l'amica E., dopo un preambolo d'insulti, le racconto della figura di merda che m'ha fatto fare mentre ci avviamo verso il museo. Se la ridono tutti, dicono che sono un idiota, e in effetti lo sono abbastanza. Pure la tizia che ho insultato se la ride con le amiche e mi piglia in giro, o almeno è quel che penso vedendola confabulare con le sue compagne indicandomi.

La colpevole siede con nonchalance sulle mie spalle...
La giornata poi trascorre che è una pacchia, mi impressiono perfino guardando i dipinti di Monet l'impressionista, cosa che mai mi sarei aspettato dato che l'unico effetto accertato fino a quel momento nei musei era una sottospecie di sonnolenza molesta. Vedi mai che studiare da qualche vantaggio?
Dopo il museo si va in un parco lì vicino a magnà, si passa il pomeriggio nel verde, ci si fa due chiacchiere, si fanno quattro foto sceme, un po' di musica, e sul tardi si torna verso la fermata dopo una visitina a Rovereto. Di nuovo in bus e via verso casa, cuffie nelle orecchie (Haiti mon amoouuur...) e qualche sbirciata alla tipa della figura di merda, che noti è pure carina forte, e che poi conoscerai meglio e... beh, niente, questa sarebbe un'altra storia, piuttosto lunga, bella e inaspettata. L'insulto, comunque sia, è un bel modo per approcciare, garantito!

18/04/14

ACAB- All Cops Are Bastards: il potere che crea i mostri.

Lei pensa che spaccare la faccia alla gente sia una cosa che mi piace? Prima di decidere chi sono gli innocenti e i colpevoli, dovrebbe almeno chiedersi come funziona, il lavoro della celere. Ma in quei momenti hai il cuore che te batte forte, l'adrenalina che sale... a mille, la testa che te rimbomba che sembra che te va a scoppià dentro il casco non senti niente. Hai solo i tuoi fratelli accanto... solo su i tuoi fratelli puoi contare.

Cobra, Negro e Mazinga sono tre celerini e prima di tutto tre compagni, tre fratelli. Il loro lavoro, tuta antisommossa, casco e manganello, consiste nel mettere in sicurezza le situazioni più rischiose, quelle in cui l'ordine pubblico è compromesso e il caos rischia addirittura di farci scappare il morto. Li vediamo quindi la domenica a separare le tifoserie allo stadio, a sorvegliare i passaggi delicati nelle manifestazioni, a sfrattare chi occupa abusivamente una casa. 
La trama, in breve, si articola alternando scorci delle loro vite private con quelli delle operazioni sul campo, situazioni queste che nonostante dovrebbero essere separate le une dalle altre, spesso e volentieri si influenzano a vicenda, fino a mescolarsi, a uniformarsi. E' chiaro quindi che in un lavoro come quello svolto dalla celere l'insinuarsi della sfera privata ed emotiva non può che portare a dure conseguenze.
Il punto di vista che aiuta lo spettatore ad approcciarsi a questo mondo ci è fornito da Adriano Costantini, un giovane appena ''arruolato'' tra le fila degli agenti. Il ragazzo, prima integrandosi al gruppo e poi diventandone elemento su cui poter contare, incappa in quella serie di aspetti che evidenziano con forza come il lavoro di natura violento della celere, in realtà, non possa fare a meno di invischiarsi con l'emotività dei singoli agenti. Chi sta sotto quel casco, chi sta dietro a quel manganello, sono persone comuni.

Questo è forse il messaggio che ACAB vuole mostrare presentando di seguito violenza e quotidianità, cioè che sono la prima lo sfogo dei limiti della seconda. Si toccano quindi parecchi aspetti che hanno tutti un comune denominatore: l'impotenza del cittadino di fronte ai problemi che lo Stato dovrebbe risolvere, ma non fa.
La politica fatta di promesse ad esempio, che si esplica con la madre del giovane Adriano che non ha accesso all'abitazione che per legge le spetterebbe, perché occupata abusivamente da alcuni immigrati. Situazione di immobilità che viene quindi sfogata tramite il potere che l'uniforme porta con sé, magari minacciando quell'africano di persona, oppure punendo direttamente lo straniero che ha trattato male un nostro amico, che è venuto a dircelo. Oppure la situazione sociale degradata, che vede un grosso afflusso di stranieri nel nostro Paese con conseguente malumore nell'italiano onesto, che si ritrova i mendicanti a spillargli euro fuori dal supermercato. Circostanza che sfocia in rappresaglie a stampo neofascista da parte di chi professa il ''padroni a casa nostra''. Gli stessi che catalizzano il malcontento anche verso la celere, incapace, a loro avviso, di ripulire le strade dai veri portatori di sozzura in Italia.

Il nostro gruppo di celerini viene mostrato perciò combattuto su più fronti, portando alla logica conseguenza che il loro rapporto trae tanta più forza quanto più sono nella merda, arrivando così a coprirsi a vicenda nei momenti di sgarro, quelli in cui commettono qualche cazzata perché si agisce in barba al regolamento, di testa propria, di nascosto.
ACAB, a differenza di un film come Diaz che ci prende la pancia e ci fa star male, va dritto alla testa, e ci fa riflettere. Ci fa pensare al fatto che le persone si abituano alle situazioni, e in questo caso perciò, alla violenza. Quando essa ferisce un compagno caro o un amico, ecco la tendenza a farsi giustizia da sé, a ripercorrere ciò che lo status di celerino permette solo in situazioni ristrette: fa capolino l'abuso di potere, che risolve questioni del tutto personali, che si protegge da solo per coprire i propri fratelli, quegli angeli custodi che sono l'unica cosa su cui poter contare quando si è là a prendere le botte per... per chi?

Torno alla frase iniziale, pronunciata da Cobra, uno dei nostri celerini finito a processo per aver pestato un tifoso. 
Cobra, diversamente da come dice, ci gode a pestare, così come ci godono gli altri, ma non perché persone violente di natura, non perché gente cattiva. I ''cattivi'' non esistono, ci vuol dire quella frase, i cattivi sono roba da favole. Esistono invece le persone, quelle che vivono certe cose sulla propria pelle, che si adattano per combatterle e al contempo ne vengono sopraffatte intimamente, senza accorgersene. Cobra e gli altri godono ad avere potere, il potere di risolvere i problemi direttamente, senza l'intercessione di un'autorità o uno Stato che si sono dimostrati troppo inadeguati troppo a lungo. Ma il potere, come spesso accade, crea dei mostri, e il neo celerino Adriano, così come lo spettatore, questo lo capisce.

15/04/14

La metà del cuore che sta nell'ombra.

Se ne stava da sola in un angolo del bar, a fissare il suo ottavo montenegro tenendo a stento il vomito in pancia. Odiava quel sapore, sapeva quasi di medicina. Là dentro faceva schifo poi, ed era buio, le poche luci riflettevano bene l'unto dei suoi capelli. Era brutta Marta, terribilmente, e il bar, quel bar, era il posto ideale per una donna brutta come lei, una che voleva soltanto star sola.
Ingollò l'ultimo shot, fece fischiare la sedia al pavimento alzandosi per andare a pagare. Il barista, un diavolo illuminato di verde vicino alle spine di birra, stava pulendo il bancone e la guardava con una smorfia, una specie di sorriso disgustato. Questa, almeno, era la figura sfocata che le riusciva di scorgere.
Imboccò la via stretta sotto una pioggia leggera, scendendo e salendo dal marciapiedi coi tacchi che alzavano schizzi. Un cestino in metallo la fermò senza remore e lei vi si avvinghiò per non cadere, nessun pudore, ma ormai era troppo tardi: le calze, all'altezza delle ginocchia, si erano spaccate. Rimase lì un po', ferma, a bagnarsi in compagnia del fetore dell'immondizia. Pensò, amaramente, quasi di somigliarci all'immondizia, le mancava soltanto la puzza. Era tutta una merda quella vita, una vera merda.
Quando decise di rialzarsi e camminare la pioggia era un po' più forte. Costeggiava la riva del fiume zigzagando tra le pozzanghere brune. I tacchi, passo dopo passo, affondavano sempre più nel terreno molliccio, centimetro dopo centimetro, sempre peggio, nella melma. Perse una scarpa. Imprecò. Tentò di infilare il piede lercio ma non riusciva a centrare il buco. Le venne in mente quell'ultimo coglione che l'aveva scopata. Quale coraggio quell'uomo. Ricordò che anche lui non riusciva a centrare il buco, forse troppo ubriaco, forse troppo schifato. Se la rise di gusto Marta, le luci delle auto sul ponte lontano che ogni tanto incrociavano i suoi occhi umidi. Poi raccolse la scarpa da terra, urlò, e la lanciò in acqua. Lo stesso fece con la seconda, affogandola direttamente con un calcio.
Pianse su una panchina rivolta alla corrente, il suo mezzo cuore in mano. Se lo rigirava tra le dita infreddolite, era tiepido quell'inutile affare, e proprio rimuginando sull'inutilità che almeno la riscaldava un po', vide l'ombra rossastra, che avanzava da destra. Era un'ombra alta, slanciata, magra, teneva in una mano un ombrello, anch'esso di ombra, e nell'altra qualcosa di pulsante. Era un uomo, si accorse, uno giovane, e sembrava bello. Sembrava anche cercasse qualcosa. Spedito avanzava ora verso la riva del fiume e poi si bloccava. Tornava quindi sui suoi passi e di nuovo fermo, procedeva verso destra e stop, avanti sempre rapido e poi fermo di nuovo, guardandosi qua e là: fino a quando ecco, vide Marta.
Lei non sapeva che dire, che cosa pensare. L'uomo adesso le stava davanti coprendola col suo ombrello. A vederli da quel ponte, un passante, osservò per un attimo lo strano quadretto: acqua nera che scorreva inferocita da un lato, un pendio erboso che la separava dalla città addormentata nell'altro, e tra i due, loro, sulla riva sterrata, su una panchina, piccoli quanto una mano, i contorni rischiarati da un pulsare rossastro. Il passante tornò alle sue cose, era notte fonda d'altronde, se ne andò via.
Marta ammirava stupita il suo pezzo di cuore, che teneva sul palmo aperto. Stava pulsando, stava brillando come mai aveva fatto prima, ed era caldo. Anche l'uomo guardava il proprio mezzo cuore palpitare. I due, insieme, erano un cuore solo, perfetto, e se ne accorsero subito. Si sorrisero, e lei non pensò nemmeno per un attimo di essere la brutta persona che era, non le passò minimamente per la testa. D'impulso unirono i loro mezzi cuori e un fulmine scarlatto schiarì a giorno la panchina, il loro ombrello e tutto il resto. Poi Marta chiuse le mani e se lo tenne stretto, al sicuro, per non farselo scappare mai più. 
Era buio e c'era silenzio, e i loro corpi erano vicini. Sentiva il suo alito, profumava di buono, sapeva di fumo di pipa e di un qualcos'altro di rassicurante. Lui la abbracciò, la strinse a se, lei così mingherlina e con quel cuore bollente racchiuso tra le mani piccole. Era stupendo, era perfetto, si sentiva, finalmente, completa. Non poteva proprio perderla un'occasione del genere, mai nella vita Marta si era sentita così, mai, mai, mai...
Affondò la testa nella giacca di lui, trovò il suo petto. Sembravano cullarsi assieme quei due; sembravano, ma non era davvero così. Pochi passi, pochi sul serio, questo lei lo sapeva bene. Ne fece un paio con calma, e poi, al momento giusto, trovò una forza che sapeva bene di avere nascosta da qualche parte, una cosa rabbiosa e feroce, brutta, e accelerò, cuore in una mano sola, mentre l'altra lo spingeva giù nel fiume, nell'acqua gelida e infuriata. Lui, il giovane d'ombra, scomparve per sempre, sparì così com'era venuto.
Non si girò nemmeno indietro Marta, mai più avrebbe guardato dal basso all'alto un uomo, mai più si sarebbe fatta rubare pezzi di lei da quegli sciacalli senza scrupoli. Tornò verso casa sentendosi in pace, sentendosi bene. Dietro di lei restava solo una panchina vuota e un ombrello bagnato.
Era davvero, davvero bellissima Marta.