28/12/15

2015 in due minuti

L'anno scorso l'esperimento è funzionato bene (rileggerlo è davvero stranissimo, pare passato un secolo) quindi perché non riproporlo anche quest'anno?
Ecco in breve cos'ho combinato in questo 2015 quasi terminato, e nel mentre, colgo l'occasione per augurarvi un ottimo Capodanno e un 2016 pieno di soddisfazioni! E ora torniamo indietro a...

Gennaio
Capodanno con vista sul lago di Garda e qualcuno che vola giù da una finestra (cof cof ma come si fa?), un saluto grande alla messicanissima Adriana con cena messicana, e studio disperato in vista della sessione invernale. Dopo due anni si riparte anche col tennis agonistico dall'ultima posizione in classifica: 4.nc

Febbraio
Lo snowboard riprende a dilapidare il mio conto in banca, la scrittura creativa in gruppo mi piace da pazzi e la sperimento con voi sul blog, gli amici mi organizzano una festa di compleanno a sorpresa e inizio ad ingranare con la mia collaborazione per il sito universitario docsity. Daje!

Marzo
Con Pass Magazine organizziamo incontri con giornalisti e fotoreporter: al PASSo con l'informazione è un successo! C'è tanto snowboard, scrittura creativa, serate con gli amici, un'eclissi di sole, cene universitarie, il blog compie 3 anni e io m'invento il progetto #RaccontoVolante (tutte le info anche nella colonna del blog qui a sinistra). Boom!

21/12/15

L'ottantacinquesimo passaggio.

Era una corda di violino, teso all'inverosimile. Il padre del teletrasporto, il genio supremo, se la stava facendo sotto all'idea di entrare in quella porta a sinistra per poi uscirne dall'altra, alla sua destra.
''Forza professore. E' pronto?'' chiese il giovane assistente.
''Ti dirò… me la sto facendo sotto''
''Ma i test funzionano. Non c'è nulla che non vada. Abbiamo provato con''
''Sì sì sì chiudi il becco due minuti per favore?''
Non servivano ulteriori evidenze del proprio lavoro per tentare di rassicurarlo, era irritato e basta, e nessuno meglio di lui sapeva. Erano anni ormai che il teletrasporto veniva effettuato su qualunque cosa, dagli oggetti inanimati ai tessuti vivi, piante e persino animali. Il mondo, grazie all'incredibile invenzione, era cambiando radicalmente. Jason Maxwell: l'uomo straordinario destinato a mutare ogni cosa, di nuovo. C'erano già state a seguito di quella tecnologia una rivoluzione sociale, una economica e una politica senza precedenti per rapidità e naturalezza con la quale si erano innestate e susseguite. Lui era un pioniere, un talento sovrumano, un Dio. Lui era il futuro.
Mancava solo l'ultimo passo. Doveva entrare in quella cabina, far si che il proprio corpo fosse interamente disintegrato, e poi uscire dall'altra, dopo un riassemblamento a livello sub atomico che gli avrebbe dato la sensazione di… no, non la sensazione, l'esperienza di un teletrasporto, un viaggio istantaneo da un luogo, a un altro.
''Tu credi nell'anima?'' domandò lo scienziato a Mike, lì in trepidante attesa.
''All'anima? Professore, non starà per caso''
''Zitto Mike, ti prego. Ho bisogno di silenzio''
''Ma lei…''
L'uomo gli fece segno di stare muto con l'indice. ''Avvia''
L'assistente attivò la macchina. Jason Maxwell si posizionò all'interno della cabina. Doveva solo azionare quel pulsante, premere un bottone, e poi si sarebbe ritrovato dall'altro lato, più veloce di un battito di ciglia, più rapido di un pensiero o dell'intenzione stessa di voler pensare, in molto meno di un miliardesimo di millesimo di secondo. Bastava un click, uno soltanto, e sarebbe diventato il primo uomo a provare il teletrasporto.
Prese un respiro profondo. Contò fino a tre. Premette il pulsante. Era dall'altro lato.
Le sue paure svanirono, ripeté l'esperimento altre tre volte, lo stesso fece il suo assistente e poi seguendo il protocollo anche il resto dei progettisti, degli ingegneri, dei ricercatori, degli scienziati, degli studenti. Erano tutti entusiasti, era un miracolo, il teletrasporto, ma questo già lo sapevano in fondo, funzionava anche sugli esseri umani. Fu il momento più bello della sua vita, fu la scoperta più incredibile del mondo e fu l'incidente più incomprensibile mai visto. Lo stato di euforia cessò all'ottantacinquesimo passaggio.
John Smith si materializzò perfettamente nell'altra cabina, ma cadde a terra faccia avanti, privo di vita. Fu agghiacciante. Per quattro mesi l'attività si arrestò e ci furono studi, calcoli e teorie che andarono stracciate e corrette, risistemate di nuovo e riapprovate. Non capivano cosa fosse accaduto a Smith, se un semplice infarto, una morte naturale, o peggio, qualcosa che dipendesse dal teletrasporto. Nonostante anni di successi quel primo incidente, in concomitanza con la sperimentazione umana, investì Maxwell di una valanga di dubbi, critiche e ripensamenti, ma anche di un inatteso sostegno dal mondo scientifico. Gli dicevano era stata una fatalità proprio come confermavano i dati, concordavano tutti, ma qualcosa nella testa di Maxwell gli impediva di cedere all'evidenza, e senza il suo benestare nessuno rimise più piede nel teletrasporto per molto, moltissimo tempo.
Infine lo fece lui. Una notte. Ubriaco. Si liberò dalle paure insane, da quella stupida idea che lo aveva quasi bloccato la prima volta e si teletrasportò. Funzionò. Certo che funzionò, perché non avrebbe dovuto? E lo fece un'altra volta, e ancora, e ancora, quattro, cinque, sei, venti, ottanta volte. Lo premette per l'ottantacinquesima volta e fu dall'altro lato, perfetto, integro. Quante altre ne avrebbe dovute provare per convincersi che tutto procedeva perfettamente? Cos'altro per crederci? 
La mattina trovarono il suo corpo alla cabina del teletrasporto. Guardò mentre lo sollevavano, mentre tentavano di rianimarlo. Si chiese, guardandosi da lontano, se non fosse tutto uno scherzo assurdo, se fosse colpa del caso, o se davvero non sempre l’anima se ne va di pari passo con la carne. Fortunatamente, ora aveva tutto il tempo del mondo per trovare la sua risposta.

18/12/15

Star Wars: il risveglio del Cosplayer.

L'aspettativa era altissima, l'arrapamento pure. Sono entrato in sala gasato a mille aspettandomi uno Star Wars in linea coi gusti di oggi, con più ritmo, visivamente migliore, con un occhio più deciso e innovativo sullo sviluppo dei personaggi e della trama e... ci sono riusciti? Sono un fan accontentato e soddisfatto? Eviterò gli spoiler, ma se siete ossessivamente decisi a non voler saper nulla di nulla finché non avete visto il film, lasciate queste righe o voi ch'entrate e tornate più avanti perché qualche parola la devo pur dire. E quindi...

Più che risveglio della Forza pare il risveglio del cosplayer, perché la micro trama, quella del singolo episodio 7, è davvero molto simile a ciò che si può trovare in episodio 4, e questo è a conti fatti una bella pigna nel culo a chi si aspettava qualcosa di veramente nuovo, o quanto meno che non sapesse di già visto. Chiaramente l'universo della saga è ripreso in maniera perfetta, e reso anzi meglio di quanto mai fatto fin'ora grazie ad ambientazioni molto più curate e a effetti speciali esageratamente superiori. L'atmosfera che si respira è quella classica dunque, ma l'occhio è soddisfatto e lo spettatore ne beneficia con un'immersività tutta nuova. 
A rifletterci di nuovo torna il mio disappunto per la trama... perché, perché diamine non hanno creato qualcosa di nuovo? Omaggio alla vecchia trilogia? Si doveva per forza puntare sull'effetto nostalgia? Volevano semplicemente mostrarci quanto siamo coglioni a spendere danari per poter vedere sempre le stesse cose?

Pigna a parte mi sono comunque molto divertito, è uno Star Wars elettrizzante e appassionante. I nuovi personaggi, qui solo introdotti, hanno già un buonissimo spessore e un background interessante che non viene affatto svelato. Rey e Finn, i protagonisti, sono due giovani con storie differenti ma caratteri non dissimili, che si trovano catapultati in mezzo agli eventi e li affrontano con un'intesa da far invidia alla coppia più bella della galassia. Parlo di Chewbacca e Han Solo. L'empatia provata nei loro confronti dunque è immediata e crescente. Le due vecchie glorie appena citate invece riescono comunque a fare la loro porca figura (col pelosone nel ruolo perfetto di spalla comica) assieme a un'anziana principessa Leia che viceversa buca lo schermo, recita male, è inguardabile e oddio, ridammi la gnocca tempo tiranno!

15/12/15

#StarWarsWeek | I miei 10 momenti preferiti di Star Wars

Mancano pochissimi giorni al nuovo episodio di Star Wars e siamo nel pieno della #StarWarsWeek. Giovedì finalmente sarò al cinema, ho già il pene duro da ieri e non vedo l'ora di godere come un riccio (noi coi capelli ricci godiamo in maniera molto particolare, sapevatelo!) di fronte a questo risveglio della minchia Forza. 
Fare o non fare. Non c'è provare.
Venerdì comunque ve ne parlerò sicuramente qui sul blog, senza farvi spoiler, chiaro, ma oggi vorrei condividere con voi i 10 momenti dell'intera saga che preferisco, invitandovi a fare altrettanto nei commenti qui sotto o su facciaschifo. Ah, giusto, vi ricordo che se condividete il post (questo e tutti gli altri) io sono felice e aiutate il blog a crescere. 

Ma bando alle ciance! I miei 10 momenti preferiti, e non in ordine d'importanza perché non saprei classificarli, sonooo (immaginate la sigla d'apertura di Star Wars, anzi no, cliccate qui così parte sul seriamente) ooo...

1. La porcabottanacheficata gara degli sgusci.
Il piccolo Anakin da un senso all'orripilante (almeno fino a quel momento) episodio 1 mostrandoci una corsa mortale cazzutissima e impossibile da fare, se non grazie a riflessi degni di uno Jedi. Esplosioni, una buona dose di Sebulba e tante scorrettezze ti tengono lì col fiato sospeso per tutta la durata della gara (che Ani non solo non aveva ancora mai vinto, ma nemmeno terminato) in un tripudio di effetti speciali che anche oggi fanno la loro porca figura. 

2. L'allenamento puzzolente di Luke.
Il momento dell'allenamento, specie se inaspettato e strano, è quello che preferisco nei film in cui si combatte, così come nei manga, nei cartoni e compagnia bella. Quello di Luke, condotto alle vie della Forza grazie al potentissimo e anzianissimo maestro Yoda, è sicuramente uno dei più intensi e curiosi. Davvero strano assistere a questo folletto raggrinzito che si fa rispettare egregiamente. Siamo sicuri sia davvero tanto forte?
 
3. Luke si scontra con Darth Vader per la prima volta.
E dopo l'allenamento, se pur non completo, è l'ora di vedere i risultati. Vai Luke, cogli i frutti delle tue fatiche, facci vedere come le suoni a il malvagio Darth Va... Luke, io sono tuo padre. Nuoooo! E chi se l'aspettava?

4. Yoda Combatte ed è un beyblade.
Vabè. Vediamo la cazzata. Sto coso piccolo, vecchio, brutto, zoppo col bastone, ora vuol farci credere di saper usare la spada laser? Il conte Dooku sicuramente gli sfrangerà il culo in due secondi. E invece no! Yoda impugna la propria spadina verde e comincia a schizzare da tutte le parti girando come una fottuta trottola. E' rapidissimo, preciso, acrobatico esce dalle fottute pareti! e più agile delle ginnaste di Vite parallele di Mtv. Ma allora che cazzo ti cammini a fare col bastone?!

10/12/15

E se domani internet non ci fosse più?

La domanda mi è venuta leggendo una news che vedeva il candidato presidente Usa Donald Trump millantare l'idea di chiudere Internet, in quanto alimenterebbe il fondamentalismo islamico. Lasciando da parte la sparata in sé, che mi pare una barbaggianata meritevole delle pernacchie più sonore da parte del caro Anacleto, e che ha visto nascere diversi trend su twitter di cui potevo accorgermi un po' prima (ma ehii, sono sveglio come un termosifone!) come #TrumpFacts o #DonaldTrumpDoesNotSpeakForMe, volevo immaginare che accadrebbe se internet tutto d'un tratto sparisse dalle nostre vite.

L'Apocalisse è la prima risposta che mi passa per la testa. Troppe questioni oggi dipendono totalmente dalla connessione a internet, roba un pelino importante tipo l'economia e la finanza, ideali per una diretta crisi economica, sociale materiale morale spirituale e altre brutte cose che finiscono sempre per 'ale'. Il no internet ne sarebbe il perfetto portavoce. Dell'Apocalisse intendo. Sto ancora a parlare di quello, sì.
Quindi alla domanda E se domani internet non ci fosse più? farei una precisazione, chiedendomi cosa accadrebbe se non ci fosse più per le funzionalità che usiamo solitamente, cioè social network, messaggistica, ricerca e creazione e fruizione di contenuti. Facciamo finta di tornare sconnessi come nei furenti e trashissimi anni '90, ok?

08/12/15

#1VoltaProVsContro | Aspettare la persona giusta per farlo?

Ieri mi sono divertito a lanciare un hashtag su Twitter in cui chiedevo, secondo la vostra opinione, quali sono i pro e i contro di aspettare la persona giusta per farlo. Alcuni hanno simpaticamente detto Ma aspettare per fare cosa? Le tagliatelle?, altri invece si sono cimentati all'ardua impresa di chiarire la questione tirando in ballo rotture di scatole, situazioni romantiche, deliri sull'esistenza stessa di tale persona e svariate altre turbe mentali.
Perché vi parlo di questo hashtag comunque? Il motivo è molto semplice. Ho deciso che una volta ogni tanto, quando avrò bisogno d'ispirazione per scrivere un post, chiederò il vostro parere creando appositamente un argomento cancellettato (questa parola l'ho appena inventata, caspita come sono creativo!) che voi utilizzerete su Twitter o altri social per rispondere. E ora quindi, senza ulteriori indugi... sotto con la persona giusta!

Aspettare la persona giusta per fare le tagliatelle all'amore ha certamente un Pro enorme: la persona giusta. E grazie al cazzo direte voi! Che razza di risposta è? A mio parere, come a quello di altri, non è così banale. Trovare la persona giusta regala sicuramente un'atmosfera migliore grazie a un'intesa che non si può avere col primo disperato che passa o con un trombamico.  

E' tutto molto più intimo, c'è più complicità e idealmente credo che chiunque ricerchi quest'esperienza, soprattutto la prima volta. A meno che, certo, non siate proprio dei cani in calore e non vi freghi assolutamente nulla, zero pensieri insomma, hakuna matata, e questo può pure essere eh! Nel caso, eccovi un croccantino.
Altri Pro che mi avete suggerito sono la sensibilità reciproca, il maggior rispetto per l'altra persona e le paroline dolci sussurrate all'orecchio. Ma ci sono anche le vie di mezzo...


03/12/15

La mano ladra

''Montag non aveva fatto nulla. Era stata la sua mano a far tutto, la sua mano, dotata di un cervello proprio, d'una curiosità e d'una coscienza per ogni dito che la componeva, tremante, era stata la sua mano ch'era diventata ladra. Ora essa spinse avaramente il libro ben sotto il braccio, lo premette bene aderente all'ascella sudata, con una mossa elegante da prestigiatore. Ecco qua! Innocente! Guardate! Fissò, sbalordito, quella mano bianca. La teneva a distanza, come se fosse presbite. Se la portava sotto gli occhi, come se fosse miope fin quasi alla cecità.''
[Fahrenheit 451]
Quel che mi colpisce sempre dei romanzi distopici è il modo in cui essi riescano a creare mondo senza descrivertelo direttamente, ma tenendolo soltanto a sfondo. In Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, uno dei passi che maggiormente ho trovato interessanti è questo sopra citato, che racconta del momento in cui Montag, un pompiere, compie l'azione illegale di rubare un libro anziché bruciarlo.
Nella realtà dipinta da Bradbury di fatto, si segue la particolare vicenda di quest'uomo che ha l'incarico non di spegnere gli incendi, bensì di appiccarli. Il corpo dei pompieri nello specifico, dato che le abitazioni sono da sempre ignifughe e non c'è pericolo che prendano fuoco, ha il preciso compito di scovare chi illegalmente detiene libri e darli al rogo. Montag però durante questa battuta si fa ladro, o meglio, lo fa la sua mano, quasi che fosse qualcosa di distaccato da lui, e gliene fa rubare uno.

L'aspetto della mano ladra è quello che forse dipinge meglio di tutti gli altri l'intero mondo sottinteso da Bradbury. Narrando semplicemente la vita del vigile del fuoco infatti, l'autore ti da i contorni anche di tutte le altre storie che non sono specificate e che quindi, tu lettore, costruisci da solo quasi inconsapevolmente, come che il tuo cervello agisse per conto proprio al pari della mano ladra e avara.
Capisci quindi che in questa società distorta la gente non smette di leggere per il divieto farlo, ma perché alle persone sono state mozzate le mani e quindi il gesto che queste ultime compiono, cioè l'afferrare e il per poter toccare per imparare qualcosa di nuovo, per commettere un errore, soffrire, sperare e comprendere. Tutti divengono nient'altro che automi inebetiti dalla felicità del piattume quotidiano, fatto di niente che possa turbarli veramente, creato appositamente inculcando un nuovo gusto nella fruizione di contenuti, vuoti tanto nei momenti di svago quanto nelle abitudini di vita, ormai inconsci e largamente condivisi. Qualcosa come pareti televisori che sbraitano dalla mattina alla sera parlandoti direttamente e divenendo una nuova famiglia, o più semplicemente come l'assenza di verande davanti le case, così che le persone non dialoghino tra loro del più e del meno, non guardino fuori, non pensino un singolo ragionamento che possa in qualche modo insinuare un dubbio.

''Lasciami in pace'' disse Mildred. ''Io non ho fatto nulla di male.''
''Lasciarti in pace! Non è difficile, ma come potrò io lasciare in pace me stesso? A noi occorre non essere lasciati in pace! Abbiamo bisogno d'esser veramente tormentati una volta ogni tanto! Da quanto tempo non c'è più nulla che ti tormenti? che ti tormenti sul serio, per qualcosa che conti realmente?''

La mano ladra di Fahrenheit 451 è quindi simbolo di tutta la voglia di riappropriarsi di una natura umana perduta chissà quando, e venduta in cambio del quieto vivere al prezzo dell'inebetimento generale. Una mano che ha vita propria se lasciata sgombra dal chiacchiericcio assordante che affolla le teste delle persone, e che come ai primordi dell'uomo permette di evolvere toccando e afferrando gli oggetti della propria curiosità
E' una mano quindi che scrolla di dosso l'apatia di Montag per portarlo a guardare oltre, lui che anche solo per un istante è già riuscito a tenere la mente sgombra dal frastuono della sua società distorta, e ora segue i pensieri di uomini liberi (e liberamente tormentati) che scrivevano su quelle pagine.

Lo trovate cliccando Qui.

30/11/15

Il viaggio di Arlo

Il viaggio di Arlo, il nuovo film Pixar, mi ha lasciato a bocca aperta. Avete per caso amato Inside/Out? Vi è piaciuto? Beh questo gli sta tre spanne sopra senza problemi, è un piccolo gioiello degno di quell'altro meraviglioso film d'animazione a tema viaggio che è Alla ricerca di Nemo. Uscito dalla sala avevo una voglia di rivederlo che non potete capire. Quindi andate al cinema così da capirlo pure voi, su, da bravi! Ma prima... due parole.

Le prime cose che colpiscono de Il viaggio di Arlo sono l'ambientazione ''storica'' e quella prettamente grafica. Per iniziare a raccontare si parte da un what if molto semplice: cosa sarebbe accaduto se quel meteorite invece di schiantarsi ed estinguere i dinosauri avesse soltanto sfiorato la Terra?
Succede che si viene proiettati senza troppi complimenti in un mondo vasto, sconfinato e meraviglioso, in cui il foto realismo raggiunto è di un livello così elevato che più volte mi sono chiesto se quelli non fossero personaggi in computer grafica messi a muoversi su riprese reali. I monti, i boschi, i deserti, i fiumi e le tempeste sono qualcosa di pazzesco, una magia per gli occhi che ti incolla a guardare proprio come sapeva fare il già citato Alla ricerca di Nemo assieme alla sua splendida barriera corallina. Un effetto simile l'avevo notato anche in Le avventure di Tintin - Il segreto dell'unicorno, ma non in maniera costante come invece accade qui.

Sì perché il paesaggio in tutto ciò è un personaggio anch'esso vivo, ed è quel che fa muovere e smuovere i protagonisti portandoli a crescere e a scontrarsi con la realtà.
Veniamo allora a conoscenza di Arlo, un giovane apatosauro che vive con la propria famiglia in una fattoria, e assieme a lui incontriamo Spot, un bambino umano che inizialmente non manca di creargli un disagio dietro l'altro. Notiamo fin subito che l'andamento particolare degli eventi ha portato milioni di anni dopo il non-schianto a un modello di vita molto diverso da parte dei dinosauri. Sono infatti più civilizzati, non più semplici animali allo stato brado, e si organizzano proprio come sapeva fare l'uomo, cioè coltivando e allevando. Si sono evoluti e sono quindi capaci di mutare l'ambiente addomesticando la natura.
Entra in scena quindi uno tra i tanti temi affrontati dal film: la paura. Paura legata al dover crescere per adattarsi alla realtà là fuori e al confronto con l'ignoto che quando ti travolge ti trascina via come un fiume in piena.

Arlo e il piccolo Spot si trovano presto soli, sperduti nel più vasto e selvaggio dei mondi. Tra loro nasce un'amicizia e imparano a interagire e a conoscersi, condividendo momenti di gioia esilaranti (una certa scena mi ha piegato in due dal ridere) e altri assolutamente toccanti, commoventi. Entrambi crescono durante il viaggio, completandosi a vicenda così da colmare la solitudine terribile che si portano dentro e che li consuma.
Il giovane dinosauro perciò, intento a ritornare dalla sua famiglia, se ne trova inevitabilmente un'altra (anche se in miniatura) grazie alla compagnia di Spot, che in quanto umano è sì in grado di comunicare, se pur gestualmente, con Arlo, ma gli resta ad ogni modo subordinato, come può fare nello stesso caso un cagnolino se rapportato al suo padrone umano. Eccezionale quindi l'ambiguità che viene a crearsi nel gestire un simile confronto, specie se posti di fronte a scelte che intrappolano assieme ragione e cuore, che scontrano l'Io con il Tu.

In definitiva vi posso assicurare che questo è un film che non vi potete assolutamente perdere. E se ne avete la possibilità guardatelo in 3D, perché lo spettacolo che vi troverete davanti è da togliere il fiato. Tanto vi regaleranno gli occhi e tanto poi vi sapranno dare le emozioni. Famiglia, coraggio e amicizia sapranno prendervi e portarvi a sentire esattamente quel che vivono i protagonisti, in balia di emozioni nuove e talvolta un po' egoiste, ma soprattutto, perduti nella natura enorme, infinita e incontrollabile. Il Viaggio di Arlo non è un semplice cartoon, ma una poesia per occhi e cuore. 

27/11/15

Open Minded | Terrorismo: Questa Oscura Materia (di Wafaa El Antari)

Ed ecco finalmente completarsi anche l'ultima sezione di #OpenMinded, quella dedicata alla Religione. Ospite di oggi è Wafaa, una ragazza vicentina di diciannove anni che ci parlerà di Islam, terrorismo e di cosa voglia dire essere musulmani in un periodo turbolento e difficile come questo.
Pronti? Tre, due, uno... Aprite le vostre Menti!

L'Islam non è politica. Meglio metterlo in chiaro già da subito per evitare malintesi, sopratutto perché a volte leggendo i giornali, guardando la tv o seguendo qualsiasi strumento mediatico si tende a mescolare tutto in un unico pentolone. L'Islam è una religione. Per l'esattezza la più giovane delle tre grandi religioni monoteiste.
Ultimamente questa religione è diventata protagonista della Storia attuale, trovandosi al centro di questioni mondiali, di guerre in Medio-Oriente, Nord Africa e ora anche in Europa, portando così dall'idea di religione (una questione privata e personale) a un affare di progetti politici, economici e via discorrendo, creando di conseguenza un gran bel caos.

L'Islam ha una lunga storia, ricca di fatti ed eventi importanti, e si lega quasi sempre in maniera indissolubile alla tradizione che si connota in un determinato paese, instaurando quindi interpretazioni differenti nella lettura del Corano1. E' normale perciò che a volte esse collidano tra loro ed è parte della spiegazione delle tre correnti scisse dell'Islam, così come è successo per le religioni Cristiana ed Ebraica. Il tutto dovrebbe finire qui. In teoria.
Purtroppo ha preso forma un'organizzazione criminale, costituitasi subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, nelle zone dove l'Islam si è stabilito come religione di Stato. Un gruppo di idioti che ha deciso di stravolgere le parole del Corano a piacimento per il conseguimento dei propri scopi personali: i cosiddetti terroristi, i praticanti del terrore, estremisti islamici, jihadisti o come volete chiamarli voi. Io preferisco criminali, rende meglio l'idea.

23/11/15

Il canto della rivolta.

Lo scorso anno c'eravamo lasciati con il canto della rivolta fallo un'altra volta, mentre oggi siamo qui a chiederci se gli abitanti di Panem ce l'abbiano finalmente fatta o se è andato tutto a rotoli.
Ricorderete forse come io avessi trovato la prima parte di questo ultimo capitolo monca. Interessante capire la situazione al di fuori degli Hunger Games, doveroso vedere il quadro completo con ogni suo partecipante in gioco, ma tutto piuttosto limitato data la mancata risoluzione dei fatti per l'assenza appunto della rivolta.

In nostro soccorso (ma non in quello del portafogli) arriva dunque nei cinemi l'ultimo racconto delle vicende di Katniss, che mostra finalmente in tutto il suo splendore quell'eroina forte ed emancipata partorita dallo sfigatissimo Distretto 12. La ghiandaia imitatrice non è più soltanto una pedina nelle mani della fazione ribelle, utilizzata alla bisogna come strumento di propaganda, ma una donna con le palle, una che si è stufata di vedere le vite del suo popolo sprecate nel combattere se stesso sotto i piani del tiranno Snow.
Da una parte dunque Capitol City e il suo esercito di pacificatori, dall'altra invece la presidente Coin e lo stratega Plutarch, costretti a fare buon viso al cattivo gioco di Katniss, decisa più che mai a risolvere le cose di petto fregandosene dei progetti per lei ideati dai due potenti.

Ammetto che il ritmo in quest'opera conclusiva non è forse dei migliori. Si ha infatti un inizio piuttosto lento e a tratti noioso, simile a Mockingjay parte 1, che per ovvie ragioni non può più funzionare ora che si tirano le redini del racconto; ritmo che fortunatamente verso la metà ha un crescendo via via più intenso con l'arrivo di scene d'azione (poche!) ancora una volta di grande impatto visivo. E qui forse sta tutto il limite di un film che poteva dare di più.
Ti promettono un'impresa impossibile, degna di quegli Hunger Games delle prime due pellicole che non si sprecavano nel buttarti lì situazioni di merda da cui fuggire. Ti danno però un bel pugno di mosche in faccia appioppandoti una corsa disperata verso la base nemica che poi tanto disperata alla fin fine non è. Il teatro di guerra, l'azione vera, è infatti da un'altra parte mentre la nostra protagonista con un battaglione di uomini scelti agisce sullo sfondo, nella retroguardia, nelle cazzo di fogne dove il pericolo è minore e lo incontri solo quando te lo vai proprio a cercare. 

La ragazza di fuoco comunque ha il suo bel da fare per adempiere al proprio piano; è stufa di non poter decidere del proprio destino e se lo va a prendere per non sottostare ai loschi intrecci dei poteri forti. Nonostante questo però ne è vittima. Se ne distanzia subito ma senza comprenderli. E tu spettatore sei lì conscio di tutto a notarne l'ingenuità, rimarcata molto fastidiosamente da un plot twist finale che sa davvero di banale, telefonato sin dai primi minuti grazie alla faccia di bronzo di una Coin facilmente sgamabile con le mani nella marmellata. Si scade in uno spiegone inutile insomma, che vuol far capire quanto il potere sia spesso infido e doppiogiochista, come non ci fossero già stati tre film prima di questo a dirtelo senza specificarlo. 
Si può dunque definire quest'ultimo episodio un buon atto conclusivo? Direi di sì, specie osservandolo nell'ottica unitaria delle ultime due parti, ma nonostante questo non è nulla di eccezionalmente imperdibile. Hunger Games La ragazza di fuoco, il capitolo di puro intrattenimento cresciuto rispetto all'esordio per maturità, sceneggiatura e budget, resta sicuramente il migliore, perché fa ciò che deve e non s'improvvisa portatore di chissà quale indispensabile messaggio di verità.

P.s Mio fratello mi pianterà una freccia nel cuore per questa recensione.

19/11/15

Cattivo viso a buon giocoso.

Metti un paio d'occhiali sopra al tuo paio d'occhiali e hai un totale di quattro lenti: due per occhio. Se ne aggiungi ancora un paio dunque, arrivi a tre per due, tipo le confezioni di uova, e non sei più un gran bel vedere con tutta quella roba addosso. Riccarlo, stufo di essere piacente, quel giorno prese la decisione più coraggiosa della sua vita. Si affacciò alla finestra e fissò il sole. Fffff (rumore di sfrizzare)... lente per lente per lente per due occhi per tre paia d'occhiali per una scarica di raggi fotonici in gentile concessione dalla stella a noi conosciuta come Sole e voilà... occhi fritti!
Preparò la sua colazione con tutta la calma del monarca Luigiquattordici. Si prese gli occhi fritti e aggiunse un occhio di bue dalla confezione di uova, staccò le labbra di pancetta formando un bel sorriso sul piatto e riempì un bicchierone di té al giallo di cui però non citeremo la provenienza. L'english breakfast gli sorrideva bello come Riccarlo, lui ricambiava garbatamente pur privato di bulbi oculari, labbra e occorrenza di urinare. Era proprio un sollievo in effetti che non gli scappasse più da pistoia, eppure era un problema. Ricordava con estrema gratitudine i disagi che il suo essere belloccio gli causava quando girava per strada. 
Le donne adoravano Riccarlo e questo, impaurito dall'oppressivo universo femminile, se la faceva letteralmente addosso ma soltanto se bazzicava nei pressi di Pistoia. Un buon motivo, aveva deciso, per trasferirsi definitivamente in loco. Gli fu chiaro fin da sabato che alle donne non piace l'uomo che se la fa addosso imbrattandosi tutti i pandistelle. Anche perché poi hai voglia a inzupparli nel caffellatte la mattina, ché diciamocelo: quale compagna di vita vorrebbe al suo fianco un tipo che non può svegliarti pucciando il biscottone per colazione? Certo ci sono le feticiste di quella pratica amatoria estrema definita come cascata dorata, ma qui parliamo di persone normali, che diamine, mica di salmoni che risalgono i torrenti!
Dunque Riccarlo stava godendosi la propria libertà gustando occhi fritti, labbrecon, un bicchiere di tè gusto giallo e un vero occhio di bue preso dalla confezione da sei lenti che gli incorniciava la faccia orrenda. Rifletteva su quali straordinarie prospettive gli serbava ora il futuro, così imprevedibile e invisibile, ma soprattutto, così ricco di buoi deficienti di un occhio che avrebbero brucato i prati con una benda piratesca e magari un uncino nella zampogna mancante. Oh, sia chiaro, ovviamente i buoi pirati non possono suonare la zampogna, ma ogni tanto il nostro protagonista faceva ragionamenti un pochino strani e sconclusionati. Insomma, voi ce lo vedreste mai un pappagallo piratesco a dover litigare con la zampogna e le lenticchie in musica per riuscire a tener possesso della spalla del proprio padron Frodo? Non credo proprio. E poi sta frase è così lunga! 
Rifletté dunque ancora un poco nella tranquillità del mattino inoltrato. Infine decise di farsi un giro per Pistoia, di vivere sulla propria pelle l'avversione femminile dovuta non più ai problemi di piucciatura dei pandistelle nel caffellatte bensì a una nuova, frizzante e fino a quel giorno tanto bramata grave mutilazione al viso. Uscì fischiettando felice come una pasqua con giuste cinque uova rimaste, e conobbe così il più bel giornalaio della sua vita. Era l'inizio di una grande avventura.

17/11/15

Non dialogare, ma imporre la propria visione.

Il terrorismo è l'emblema del non-dialogo. Non ci sono due soggetti che scambiano reciprocamente le proprie opinioni argomentandole, ma imponendole e basta. E lo fanno annichilendo con la paura la volontà di trovare una soluzione che non sia dettata dal panico. Si semina odio per poi raccoglierne più avanti i frutti.

In questi giorni due sono i tipi di terrorismo, di imposizione, che sto osservando. 
Il primo è quello di chi ha ordinato i massacri a Parigi, che destabilizza il clima di sicurezza avvertito dall'europeo; europeo che comprende anche quell'ampia parte di fedeli musulmani che prontamente, nel migliore dei casi (il peggiore non voglio nemmeno immaginarlo), viene  invitata a dimostrare la propria repulsione per le morti in nome di Allah. Quasi fosse l'Islam in ogni sua possibile accezione ad essere malato, come se da ogni singolo italiano ci si dovesse aspettare una dissociazione per atti mafiosi risolti nel sangue.

Il secondo invece è quello dei cittadini, che in preda all'insicurezza spengono il giudizio critico lasciandosi andare a facili e roboanti soluzioni, opinioni elaborate di pancia e prive di qualsiasi dialogo, non argomentate, ma ancora una volta imposte. Magari un E' ora di mandarli tutti a casa, eliminiamoli, attacchiamoli! preso pari pari dal paladino di turno, giusto così perché l'ha detto Lui, e se lo dice Lui sarà vero per forza. Un commento risolutivo che ci accontenta sposando bene sentimenti turbati o le già ben radicate posizioni ideologiche, che evita la fatica di un'analisi seria e risparmia il doverci conoscere più a fondo, sia mai ci si trovi a dover rinnegare convinzioni improvvisamente inadeguate.

Non riporterò le immagini degli attentati. Ma, senza commentare oltre, vorrei lasciarvi poche frasi tra quelle lette sui vari social. Idee forti pronunciate da una marea sterminata di individui, forse chissà, persino ragionate (anche se condite in un bel bagno di ignoranza e pregiudizi), ma sicuramente non discusse, imposte con una violenza che pur non essendo fisica sarebbe il caso di riconoscere. A voi, ovviamente, lascio le dovute conclusioni.

Come si vince, porgendo l altra guancia??? Sveglia e basta con questa solfa noiosa e ridicola dei." razzisti fascisti", vogliamo un' Italia sicura.VIA TUTTI SUBITO

il fascismo = ISIS = Islamic state of Irak and Siria.
un bambino Bianco ha la possibilità di avere una mente libera i musulmani no.....

Come ha detto Erdogan " c'è solo un islam" l'islam moderato o fondamentalista non esite.

Ma smettetela di fare i buonisti che fate solo pena

Non tutti sono isis...ma ci diventeranno!
STERMINARE!


Consiglio di leggere Oriana Fallaci che aveva previsto tutto questo e vorrei ricordare che per l'islam noi siamo infedeli e questo non solo per i terroristi ma per tutti gli islamici...Che dialogo può esserci se una parte presuppone di essere superiore

[...]Serve un'azione militare forte congiunta subito e immediata senza alcuna remora pietà distinzione di sesso e età. Va estirpata subito ogni potenziale minaccia- [...] .andrebbe istituita la legge marziale, fare un rastrellamento a tappeto casa per casa cantina per cantina bosco per bosco moschea per moschea ogni millimetro del nostro territorio va setacciato e controllato, estirpare tutte le possibili minacce immediatamente. E' ora di combattere e agire. Le parole non servono serve azione. 

12/11/15

Di mostri e uomini.

Sono giorni pieni ma divertenti. Mi perdonerete se a queste pagine non ci sto badando molto e se non sono passato a leggervi, ma è tutta questione di mostri e uomini.
Mostri e uomini che vengono giù nero su bianco in un racconto, e mostri e uomini che volano qui in Italia dritti dritti dall'Islanda per suonare. Forse meglio partire dall'inizio.

Entro fine novembre devo consegnare un racconto per un concorso molto interessante tenuto a livello europeo (se volete provare pure voi lo trovate a questo link). Sono poche le linee guida da seguire, se non quelle della lunghezza massima da rispettare e del tema, che vede la scelta di uno fra tre castelli d'Europa attorno a cui si dovrà ambientare la propria storia. La mia, è ricaduta tra le mura di Castel Corvino, luogo in cui un tempo un uomo, re Mattia Corvino, tenne prigioniero per diversi anni un mostro, un certo Vlad III, che a noi è forse più noto come Dracula.
Giorni quindi in cui mi sono documentato parecchio per capire il contesto storico di quegli anni e in cui mi sono raccontato prima mentalmente e poi praticamente le vicissitudini dei miei personaggi. Mancano ancora un po' di revisioni ma ce la dovrei fare. Crediamoci!

E poi ci sono gli altri mostri e uomini, i grandiosi Of Monsters And Men, un gruppo (folk/indie/pop vallo capire insomma) rock nato in Islanda che col suo tour 2015 è passato anche in Italia. Giacché lì amo, eccoci dunque a Firenze con l'amica di viaggi Vale a sentirli dal vivo, e voi che non c'eravate... non sapete che vi siete persi!
Il concerto si è tenuto al teatro Obihall di Firenze, un posto di dimensioni modeste che quindi era strapieno, ed è iniziato con le ombre scure dei componenti che entravano in scena circondate da un alone di luce bianca, sfumata lasciando il posto all'oro e a loro, scatenati, perfetti, da pelle d'oca. Tutti suonavano dando quel qualcosa in più che nei dischi, già di per sé ottimi, non riesci ad avvertire perfettamente e che qui ora si sfogava appieno, mentre la splendida Nanna, leader del gruppo, ti imbambolava letteralmente con la sua voce magnetica. Wow Nanna ti amo!!! Un'ora e mezza di pura libidine, un concerto costellato di canzoni tanto belle che pareva di ascoltare un singolo dietro l'altro, con le parole dei cantanti che si mischiavano intrecciandosi a quelle del pubblico ammaliato.
Ovviamente una visita veloce veloce a Firenze non è potuta mancare. Terza volta che ci capito e terza volta in cui penso sia una delle città più belle d'Italia. Calda, accogliente, artistica e, cosa assolutamente non scontata... pulita!

Di mostri e uomini non ho più nulla da dire, se non che mi aspetta la battuta finale: il weekend lassù nei monti con Rick DuFer (i mostri in questo caso sono i suoi baffi) e Adrian intitolato Il bosco nello spazio, e sono sicuro ci sarà da divertirsi!
Noi quindi ci risentiamo... quando ne ho voglia, come sempre! Buon fine settimana cervelli!

P.s Un grazie a Sebastiano Bongi Tomà per la foto, io ero troppo nano e lontano per potercela fare ;)

03/11/15

Comunicare la verità

Mi chiedo sempre più spesso come possiamo affrontare scelte sicure se non abbiamo le conoscenze adeguate riguardo la verità che circonda quelle scelte. Penso all'ultima domanda, quella che abbiamo per le mani in questi giorni: la carne rossa fa male davvero oppure no? Smetto di mangiarla o continuo come sempre? 

''Non esistono fatti ma solo interpretazioni.''

Non serve scomodare Nietzsche né perdersi in discussioni su relativismo e prospettivismo. Perderemmo tempo e non sarei di sicuro abbastanza preparato. Però questa citazione mi sento di usarla, perché è ormai di uso comune, la conosciamo e l'abbiamo fatta nostra. 
Che ci sia una verità, intesa come stato delle cose o fatto concreto, dietro a qualcosa di cui si sta parlando, è una convinzione che abbiamo in molti ma che non ricerchiamo. Spesso ci fa comodo credere che esista il vero, ma quasi sempre scegliamo la possibilità dell'accordo comune rifiutando una ricerca approfondita, perché siamo appagati così, perché funziona. La verità, in virtù di ciò, nel mondo dell'informazione, parrebbe proprio essere orientata verso la scelta funzionale, quindi verso l'interpretazione.
Quand'è allora che riteniamo un fatto vero o reale? 
Lo facciamo quando questo fatto è confermato dalla maggior parte delle persone, cioè nel momento in cui una verità interpretata in un dato modo ci accontenta e ci convince, divenendo quindi senso comune, verità assoluta. Un fattore di tendenza, né più, né meno.

Se prendessimo ad esempio un incidente stradale con due automobilisti intenti a raccontare ognuno la propria versione dei fatti, probabilmente sarebbe più credibile quello che ha il maggior numero di testimoni a sostenere tale versione. Ma se i testimoni mentissero? O se non avessero tutti gli elementi a disposizione? E se chi non ha frenato allo stop l'avesse fatto per un malfunzionamento dei freni?  Se la verità non fosse conoscibile, non in questo modo?
Qui sta il punto. La verità come concetto e come oggetto da utilizzare come ci pare e piace, da piegare ai nostri intenti, è pericolosa. Verità è una parola che presuppone dei punti di vista che la raccontino e la condividano, ed è ormai divenuta un'entità da utilizzare a piacimento per nascondere un ipotetico stato delle cose, che invece si può ricercare, ma che viene oscurato e interscambiato con essa. Questo stato delle cose, sia chiaro, è un'oggettivazione, una rappresentazione a modello di ciò che stiamo indagando, e nel momento in cui è indagato da esseri umani (fallibili) non può essere trovato ma solo avvicinato più o meno efficacemente. Il migliore dei metodi che abbiamo trovato per farlo è uno e soltanto uno: quello scientifico.

31/10/15

Âmes d'Encre

Piero e Veronica erano sposati da ormai più di venticinque anni, avevano quattro figli, un paio di cani, una casa incantevole col giardino spazioso e una piscina interrata. Assieme formavano una bella famiglia, davvero affiatata, ed era palese il modo in cui la gente li guardava, così piena d'ammirazione, così ansiosa di precipitarsi ai loro party estivi e alle grigliate. La magnifica facciata però, era tutto ciò che li tenesse in equilibrio, che mandasse avanti giorno dopo giorno la routine dei due coniugi. Le lenzuola soltanto conoscevano la triste verità, quella gelida antipatia che scorreva viscidamente tra i loro corpi incrinati dall'età impietosa e le menti tediate.
Avevano pensato ad un viaggio a Parigi, per ravvivare qualcosa, per rinfrescare le idee e lo spirito, ed eccoli mano nella mano, che passeggiano tra le botteghe degli artigiani più singolari, accompagnati di tanto in tanto da qualche lieve scroscio di pioggia. L'insegna che li attira recita Âmes d'Encre, e loro entrano a sbirciare sedotti da un imprecisato aroma di incenso e dal profumo di...
''Bonsoir, amanti di luce. Amelia è qui per servirvi. Di cosa avete bisogno?''
Veronica s'intrattiene presto a discutere con l'anziana signora mentre Piero, stregato, si perde subito tra oggetti sconosciuti e simbologie antiche, odori, colori e i mille e più tessuti di quel magnifico negozio d'altri tempi. Ogni sorta di veste, ogni tendaggio, ogni coperta, cuscino o lenzuolo è splendidamente creato a mano e arricchito di fantasie tanto particolari quanto affascinanti, misteriose, persino inquietanti. Ogni figura ha una corrente artistica differente, un suo proprio stile, e ci si smarrisce in un'alternanza tale che ogni sguardo è un vortice di art brut e cubismo, impressionismo e decadentismo, surrealismo e romanticismo. Nel singolare stordimento poi, Piero coglie gli altri avventori del negozio e nota, in quel loro pacioso girovagare, quanto siano anch'essi bizzarri e intonati, o meglio stonati, con la bottega stessa. Una particolarità sembra accomunarli. Non ci ha fatto subito caso ma ora non può fare a meno di chiederselo: come mai sono tutti così silenziosi e... in sovrappeso? Si spostano lentamente, barcollando tra gli scaffali e osservano con disinteresse la merce esposta. Qualcuno muove silenziosamente la bocca, un'espressione ebete e vuota, si ferma un po', riprende a camminare.
L'uomo fa spallucce e smette di pensarci, torna a ciò che l'incredibile bottega ha da offrirgli, e inevitabilmente si ferma all'immagine puramente naif di una coppia: due individui scarni stesi uno di fianco all'altro, le dita che appena si sfiorano, addormentati o forse morti, ma in ogni caso, stranamente splendidi, colorati.
''Oui, questo allora farà al caso vostro.'' dice la negoziante portando la moglie a contemplare proprio ciò che Piero già osservava rapito. ''Due amanti, oui? Occhi chiusi, in estasi, due dita che si cercano poco a poco e un letto di giunchi fioriti che si abbracciano proprio sotto di loro.''
''E' magnifico...'' dice Veronica in un filo di voce.
''Magnifico.'' concorda il marito.
''Credete ad Amelia: io vedo nei cuori della gente. Copriletto, lenzuola, federe, trapunta e il tessuto che li rende vivi... non è questo l'importante, ma l'essenziale. E' ciò che questo dipinto qui raffigurato racconta e lascia intendere. Dormirete bene assieme a loro.'' annuncia in un sorriso, ''E farete bene anche qualcos'altro, credete a questa vecchia Amelia.'' termina andando a preparare il tutto per concludere l'affare.

27/10/15

Walkman | Ottobre

Questo mese è partito con una fissa incredibile per le doti canore di Jessie J, quella che fa canzoni ultra pop che tanti schifano ma che io ascolto lo stesso perché de gustibus non disputandum est, come dicevano gli antichi ascoltatori dei Tokio Hotel, ora volati via col monsone assieme agli altri emo come loro. Quindi si parte proprio da qui:

Jessie J
Difficile in effetti fare troppo caso alla voce quando si è distratti dai mille fronzoli poppettari di contorno che vogliono rendere a tutti i costi le sue canzoni orecchiabili. Mi sono perso infatti per le versioni acustiche dei suoi brani e per i momenti in cui canta dal vivo. Quindi mo' vi ascoltate Price Tag, Burnin' Up e Bang Bang

WhoMadeWho 
L'Indie rock ovviamente non poteva mancare nemmeno stavolta. Come new entry nel mio spotify arriva questo trio danese fondato nell'ormai lontano 2003. Iniziate pure con Heads Above (che mi sa proprio da autunno), Ember e Running Man & The Sun
Aquilo
E ad accompagnare i sopracitati WhoMadeWho ci si mettono pure gli Aquilo, che col loro alternative e altrettanto indie rock vi ipnotizzeranno letteralmente con Human (stupenda e in un certo senso energica) per poi conquistarvi con Good Girl e Better Off Without You.

Ecc. Ecc...
Dopodiché un frullato di casualità dovuto tanto alla radio quanto e soprattutto alla nuova funzionalità di spotify, ovvero quella che ti crea automaticamente una playlist nuova ogni settimana, proponendoti un equilibrato di tutto e un po'. Riempono ordunque il mio ottobre a caso: Back Together di Robin Thicke e Nicki Minaj, Vita da Star di Marracash e Fabri Fibra, Staring at the Sun di Mika, Dance Hall Days dei Wang Chung e la frizzantissima Downtown di Macklemore e Ryan Lewis.

Voi invece che avete ascoltato di belloennuovo in questo mese quasi finito?

24/10/15

Autunno... e il blog si fa bello!

Oggi un breve post per raccontarvi di questa novità estetica qui su CervelloBacato. Lo so, lo so lettori cari. Questo è il peggior blog della blogosfera italiana a detta di qualcuno (e infatti vi avviso subito all'entrata, che non voglio mica che ci restiate male eh!), ma io me ne frego e tento di renderlo bello con una veste migliore e rinnovata. Nuovi colori quindi e soprattutto nuovo sfondo!

Inutile dirvi quanto io sia una schiappa con le questioni grafiche. Ho dovuto chiedere una grossa mano per questo lavoro così come ho trovato grandi aiuti per altri, fin dalla fondazione stessa del blog. Ogni header là sopra, per esempio, non è frutto delle mie fatiche ma di quei preziosi aiutanti che potete trovare elencati uno ad uno QUI o sbirciando nella sezione apposita lì in alto.
I ringraziamenti oggi però vanno tutti a Giulia, che ha sopportato le mie mille rotture di palle  per realizzare il bellissimo look autunnale del blog (nonché i deficit numerosi e infiniti della piattaforma blogspot che c'ha fatto sclerare male malissimo). Grazie grazia grazie super Giulia!
Vi anticipo anche che... beh, le stagioni sono quattro, e quindi ci saranno altre sorprese, blogspot permettendo...
Io e i tre nuovi cervellini quindi vi salutiamo e ci si vede la prossima settimana con un nuovo post! Ciao cervelli ;)

22/10/15

Se l'anima esiste abita di sicuro nella nostra memoria

Qualche tempo fa, leggendo un saggio del neurologo Oliver Sacks (che potete trovare qui), mi rimase in mente questa sua affermazione:
[...] Mi sento infatti medico e naturalista al tempo stesso; mi interessano in pari misura le malattie e le persone; e forse sono anche insieme, benché in modo insoddisfacente, un teorico e un drammaturgo, sono attratto dall'aspetto romanzesco non meno che da quello scientifico, e li vedo continuamente entrambi nella condizione umana, non ultima in quella che è la condizione umana per eccellenza, la malattia: gli animali si ammalano, ma solo l'uomo cade radicalmente in preda alla malattia. [da L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello]
Il cadere in preda della propria malattia in effetti, è un circolo vizioso che a partire dal tuo corpo infetta poi la mente e il pensiero, la personalità, portandoti a identificare te stesso con il male che ti ha colpito, facendolo tuo e parte indissolubile di te anche se tu non lo vuoi e lo stai combattendo.

Questo è un po' quel che ho provato guardando Still Alice, un film che racconta di Alice, cinquantenne affermata nel mondo accademico e stimata linguista, e di come l'insorgere di una forma rara di morbo di Alzheimer le mangi a poco a poco i ricordi.
Non c'è nulla di esagerato nell'interpretazione di Julianne Moore (che qui vince l'Oscar come miglior attrice protagonista) o di stonato, e difatti l'andamento sempre più instabile e infine apatico della sua personalità si esprime perfettamente nell'ambiente intimo e familiare che le sta attorno. Così come non vi sono trovate semi miracolose o svolte eccezionali tipiche dei film che illudono lo spettatore verso una finta risoluzione che poi sfocerà nella lacrima facile.

Still Alice è composto, reale, disperato. La domanda che fa sorgere non è tanto chi sei tu?, perché il tu non è mai messo in discussione, quanto invece il che cosa sei tu?, e cioè, qual è quella parte di te che rende la tua persona quella che è veramente. Una questione che va a scomodare in un'unica volta due soggetti differenti: il malato e chi gli sta attorno.
Sempre il neurologo Sacks, nel suo saggio, fa una riflessione proprio riguardo l'essenza della persona, quella cosa che rende te unicamente te, e che per maggior impatto lui identifica come anima. Se l'anima esiste, afferma, allora di sicuro il suo posto è nella memoria, poiché è nella memoria che noi costruiamo continuamente, istante dopo istante, la nostra persona, l'identità. E questo implica, come ci mostra poi il film, che la perdita dei ricordi corrisponde a una perdita enorme di noi e che tanto più ne smarriamo tanto più moriamo. 
Still Alice parla di morte ma non intesa come quella del corpo, bensì dell'anima, se si vuole utilizzare il paragone di Sacks. La protagonista ha paura di morire perché è cosciente, almeno nella sua fase più lucida, di ciò che comporterà il progredire dell'Alzheimer: non esistere più per se stessa, ma vivere come ricordo negli occhi di chi ancora guarda il suo corpo.

15/10/15

Interstellar è meglio di The Martian.

Che titolo stronzo.
Lo so che siete qui col sopracciglio alzato e il dito indice scagliato contro lo schermo urlando Sei un coglione non capisci nienteeee! Difatti è tutta una trappola. Un modo per attirare l'attenzione. Penso davvero che Interstellar sia meglio di The Martian? Beh, è un'affermazione poco sensata. Quel che voglio raccontarvi piuttosto è perché preferisco il primo rispetto al secondo, secondo i miei personalissimi gusti. E quindi...

Partiamo da The Martian.
In breve, Sopravvissuto narra di Mark Watney, un astronauta che a seguito di un incidente durante una missione su Marte viene creduto morto e quindi abbandonato dai compagni, in fuga dal pianeta a causa di una tempesta. Il film si sviluppa raccontando di come Mark riuscirà poi a sopravvivere da solo risolvendo i problemi più disparati, ingegnandosi di volta in volta per procurarsi energia, cibo e mezzi di trasporto e comunicazione in grado di proiettarlo non solo alla momentanea fuga dalla morte, ma ad un vero e proprio piano per ricongiungersi ai propri compagni, per tornare a casa. 
Quel che emerge da tutto questo è prima di tutto la valorizzazione dell'intelligenza umana, in grado di creare e costruire (sia concettualmente che praticamente) il domani. Se Mark riesce nei suoi scopi è perché ha una mente che funziona, attiva, come quelle del suo equipaggio e di chi alla Nasa si dedica al suo recupero. E non solo. 
Altro tema importante è la forza di crederci sempre, di non arrendersi, di lottare. L'intelligenza di per sé non vale nulla se non viene applicata in un contesto che la fa fruttare, e questo Mark ce lo mostra sfidando ogni probabilità sfavorevole alla sua sopravvivenza. Se c'è una soluzione, una strategia percorribile, allora percorrila tutta, corri, non mollare! 
Un messaggio che potremmo adottare anche noi nel nostro piccolo volendo. Smettendo di crogiolarci nell'apatia o nella paura, osando un po', sognando con ambizione e mettendo in pratica.

12/10/15

Expo 2015: affamare il pianeta?

Lo scorso giovedì sono stato finalmente anch'io a Expo 2015. Il titolo, come tutti sapete, è Nutrire il pianeta, energia per la vita, e si parla perciò, o meglio si dovrebbe parlare, di alimentazione legata a sviluppo, impatto ambientale e salute. La domanda che mi pongo è: il tema e lo spirito con cui questa esposizione universale nasce, sono stati rispettati?
L'unica risposta che posso darmi e darvi è quella del semplice visitatore, e tale risposta è No.

Arrivando a Expo ho provato diverse sensazioni, molte delle quali totalmente contraddittorie. Anzitutto la curiosità, che era molta viste le grandi aspettative di tutto il Paese per questo progetto monumentale e date le milioni di pernacchie (virtuali e non) con cui tutti noi ci siamo divertiti a sfotterCi sentendo puzza di figura di merda. Ricordate i goliardici eventi su facebook qualche settimana prima dell'apertura, sì? Dopodiché sono arrivati il Niente male, osservando l'organizzazione tutto sommato efficiente nonostante la mole esagerata di gente, e il Cazzo che palle, perché queste code titaniche che vanno dalla mezz'ora (se ti va molto bene) alle quattro ore (Giappone, bel tentativo ma io mezza giornata per te non la spendo) ti distruggono l'anima e i piedi.

Ma insomma, cosa è stato Expo per me? 
Di positivo, ignorando l'enorme ipocrisia di tutto l'evento, ci sono state diverse cose. Tra tutte direi il cibo, che era tanto e giustamente molto diversificato. Aggiungerei pure un po' troppo costoso ma preferisco non vomitare troppa negatività. Ho pranzato con del pollo in salsa rossa (sud coreano) e dell'ottimo ramen, che vi giuro mi ha sollevato il morale dopo la mezza delusione della mattinata trascorsa, fatto merenda con un waffle con mezzo barattolo di nutella sopra, e infine cenato al ristorante giapponese con un po' di sushi, che tra parentesi, non avevo mai mai mai mangiato fino a nemmeno un paio di settimane fa.