19/08/15

La parola nel pozzo | Un invito a creare e giocare.

Cervelli carissimi, lettori occasionali, curiosi, ficcanaso, fan sfegatati e adoratori... ciao! Come ve la passate? Vi state godendo la bella stagione? Vi siete abbronzati e sbronzati? Avete fatto all'amore?
Ecco, bravi. Beatevi di questi momenti perché l'estate sta finendo, e con lei tutto il meraviglioso bendiddio che state vivendo. Sì, sì, li sento i vaffanculi che mi state tirando, li percepisco tutti, credetemi. Ma levatevi quei medi alzati dalle mani (scena splatter) e ascoltatemi un attimo, perché oggi sono qui per invitarvi...

Lo so che a settembre con l'arrivo del fresco e della solita routine ci si sente vivi come bradipi. Capisco anche che le giornate lunghe, il cielo limpido e le regazze e i regazzi in costume sono preferibili a foglie che cadono, vestiti pesanti, buio, lavoro e scuola. Du palle! Per questo il mio invito a giocare, per questo vi dovete armare proprio ora di carta e penna, o di smartphone e dita (mi spiace per i vostri medi), e appuntarvi le paroline magiche che seguono:
Settembre, weekend da venerdì 18 a domenica 20, bosco, scrittura, creatività, letteratura, divertimento, gioco. In sintesi, La parola nel pozzo.

La parola nel pozzo è un evento tenuto dal blogger, youtuber, docente, divulgatore di filosofia e scrittore Riccardo dal Ferro (sì, e poi, qualcos'altro?!) che prevede tre giorni da passare presso Santa Caterina del Tretto, Schio (VI), in una casa vacanze immersa tra i boschi, in cui la parola d'ordine è creatività. Durante questi giorni ci saranno grossomodo tre momenti distinti:

Il Seminario, in cui Rick introdurrà riflessioni che spazieranno dalla letteratura alla filosofia, passando per cinema, pittura, sport, attualità, sane pippe mentali e supercazzole, e sarà seguito poi da

Il Workshop, dove utilizzeremo gli spunti, i confronti e gli scontri avvenuti durante la fase precedente per armarci di carta e penna e creare con una serie di esercizi singoli o collettivi, sperimentando, provando, brainstormingAndo, facendoci male e ridendo come idioti, giungendo infine a

Il Simposio, che sarà festa, musica, cibo, chiacchiere, casino insieme, camminate nel bosco, giochi notturni!

Perché tengo a La parola nel pozzo e vorrei partecipaste o deste almeno un'occhiata?
Perché quest'anno ho avuto l'occasione di stare a contatto con Riccardo (in questo weekend gli darò una mano) frequentando alcuni dei suoi corsi di scrittura creativa, e mi sono divertito notando la sua passione e soprattutto stupito osservando gli altri. Vedere tante persone tutte così diverse tra loro (soprattutto per età) messe assieme per confrontarsi e scrivere, è stato, e perdonate la parola banale e molto da finto ciofane, fico! Che poi, quanti di voi scrivono, disegnano, coltivano le proprie passioni senza dar loro lo spazio che meritano? Pare quasi non esserci più tempo per certe cose, considerate inutili e stupide per la vita di tutti i giorni. Non è una buona occasione per cambiare qualcosa questa?

La domanda lascio lì. Però pensateci. E l'invito resta. Un weekend diverso, in un posto bellissimo, con gente che non conoscete (a parte me s'intende ehehehehechecazzo e allora non verremo mai!) mettendo alla prova ciò che sapete fare o avreste voglia di provare a fare ma ancora non avete fatto. Tipo questi giochi di parole osceni. Se vi garba, siateci, parlatene e condividete! Però occhio che i posti sono limitati e le iscrizioni terminano i primi di settembre!!!

Tutte le info su costi, come arrivare, cosa portare, quanto essere belli ecc. le trovate di seguito:

Io, Riccardo e Arianna vi aspettiamo!

16/08/15

Ant-Man | Le dimensioni non contano, basta saperlo usare!

Ultimo film Marvel della fase 2, Ant-Man è la pellicola sul supereroe col super potere di diventare piccolo come un insetto e comandare le formiche, così da rendersi irritante disturbando i vostri picnic e farsi accoppare facile facile con una sola pedata, con un po' di Raid o con una racchetta elettrificata scaccia insetti. Utile! Ti vogliamo tra gli Avengers Ant-Man, sei fortissimo cazzo!

Quando inizi a guardarlo ti chiedi davvero come cazzo faccia uno col potere di diventare piccolo ad essere in qualche modo utile. Ok, gli indizi te li danno: Scott Lang, il protagonista, è un ladro provetto, sa infiltrarsi ovunque voglia, quindi se si rimpicciolisce il proprio lavoro lo fa pure meglio, no? Sì va bene, ma a parte questo? A parte rubare cose? Che può fare di fico? A noi ci piacciono i super eroi che si danno le mazzate, quelli che boom, sbam, sdang! Cazzo la guardiamo a fare una roba coi poteri se non ci fai sentire la potenza dei cazzotti di Hulk, i booster brucia culo di Iron Man, la faccia come la menta di Cap America o le tette esplosive di Vedova Nera?

Eroe di contorno con bonus punti trama!
Ant-Man è l'eroe che entrerà negli Avengers per fare la parte intelligente delle missioni mentre tutti gli altri spaccheranno a caso città e persone e monumenti importanti, così da rendere i prossimi episodi di gruppo dell'universo Marvel non solo degli hamburger d'effetti speciali che una volta ingurgitati ti lasceranno uno strano senso di disagio alla panza mandandoti a cacare, ma qualcosina di più, e per di più si intende senso logico degli eventi, storia! Perché se ve lo steste chiedendo, a me, Age of Ultron, ha fatto quasi schifo. La città volante sul finale ragazzi, la fottuta città volante... ho pianto sangue!

Ma comunque... Ant-Man!
Questo risulta uno dei migliori prodotti (ovviamente a mio parere, inutili teste di melma già col dito carico di spocchia puntato) visti fin'ora. C'è molta ironia, certo, ma funzionale e funzionante, proprio come accade coi Guardoni della Glassa e non come per quell'abboffaminchia di Thor 2 in metropolitana; c'è anche una trama abbastanza carina e interessante, e soprattutto una buonissima caratterizzazione del personaggio principale. Così, per dire, è paragonabile un pochino a Tony Stark per simpatia e senso dell'umorismo, con giusto un po' di idiozia in più. Fico insomma! Sì lo so, continuo a dire fico come un teenager. A non essere un granché fico però è purtroppo il nemico di turno, ma ormai c'abbiamo fatto l'abitudine, vero Ultron?

Altro da dire?
Vi divertirete molto. E sorpresa sorpresa, il super potere di diventare piccolo non è affatto una scemata, ma è sfruttato in maniera intelligente per soluzioni visive interessanti e trovate sceniche davvero esilaranti. Che poi, per sto Ant-Man, non è che le dimensioni contino molto. Come dicono sempre: Ce l'hai piccolo? Basta saperlo usare! E qui lo sanno usare. 

P.s Falcon fa cagare al cazzo! Qualcuno lo uccida!!!

01/08/15

Walkman | Luglio

A giugno mi lamentavo che non era abbastanza caldo e luglio m'ha accontentato con settantordici gradi all'ombra e tanto buon sudore a spruzzo.
Ma anche con musica nuova ovviamente! Che ho ascoltato e scoperto di bello sto mese?

Elle King
Country, soul, rock e blues: Elle King, classe '89, è un mix perfetto e pieno d'energia di tutto questo. Per radio gira il suo nuovo singolo, Ex's & Oh's, l'amo a cui ho abboccato facile facile e che poi mi ha spinto a cercare questa giovincella su spotify e youtube. Vi consiglio quindi Song of Sorrow, la mia preferita in assoluto, Kocaine Karolina e America's Sweatheart.

Caparezza
L'artista che la gente non ascolta perché Eh, ha una voce fastidiosa! Madonna, quanto siete stupidi, lasciatevelo dire. Coomunque...
L'uscita di Museica, il suo ultimo strafighissimo album, non l'ho cagata un granché, lo ammetto. Ma complice lo Sherwood Festival e la chiusura del suddetto proprio con Capa, ho dedicato finalmente il tempo che quest'ultimo lavoro meritava. Imperdibili dunque Argenti Vive, China Town e Mica Van Gogh. Innamorato pure di una vecchia gloria: Follie Preferenziali! Wow!

Mannarino 
Il cantautore romanaccio che spara una poesia dietro l'altra. Se non lo conoscete siete brutte persone, sapevatelo! Anche lui, come Capa, non è una nuova scoperta, ma l'ho semplicemente ripreso in questi giorni. Favolose Maddalena, L'Onorevole (vi farà venire la pelle d'oca alta così) e Me So' 'Mbriacato.

Marta sui Tubi
E si conclude coi Tamburi Usati, anagramma, dicono, di Marta sui Tubi, che son troppo pigro per controllare se effettivamente sia così. Nuova scoperta? Nossignore! Luglio è un mese di rispolverate. Voi ascoltatevi Di Vino, Il Giorno del Mio Compleanno (che aveva ispirato questo post delirante il giorno del mio 24esimo compleanno) e Cromatica col caro Lucio Dalla.

Per luglio, cari ammighi, è quindi tutto. Voi avete ascoltato qualcosa di nuovo per rinfrescare le vostre giornate? Fatemelo sapere qui sotto e alla prossima.

30/07/15

Diamanti

Potremmo morderci il sangue di bocca,
graffiare profumi succhiando
sorrisi, riflessi negli
occhi capricci e curiosi.

Potremmo dormire soli per
niente, fuggire la schiena oppure
assaggiare, ballare bramare magari
bruciare, lingue lenzuola e ardere ancora.

Potremmo sbagliare tempo e momento,
sporcare pensieri scoprendoci
i nervi, squarciare
la pancia all'amaro là in testa.

Potremmo per caso spingere
il caso, o scrivere vecchie
solite strade, cadere in
cazzate un po' per ciascuno.

Potremmo tremare, prendere... fiato,
poco e affogare come
una volta, e
ricominciare tutto daccapo.

Davide Storti

28/07/15

Non sono morto (ma che peccato, bacato!)

Ma scrivere due righe nel blog, che ne so, una volta ogni tanto, ti fa così schifo?
No, non è che mi fa schifo, è che mi sono ritrovato a non buttar giù due menate qui dentro da non so quanto tempo. Strano poi. Che io senza questo posto per più di due o tre giorni mi sentivo quasi male. Ma eccoci qui! Chi non muore si rivede! 
E che cazzo, potevi pure stare morto, direte magari voi simpatici buchi di culo. 

Niente morte in realtà. Solo estate. Estate con sessione estiva andata molto bene e con uno stage che sta andando e durerà fino a settembre ogni mattina. A riguardo, io il brivido di svegliarmi presto non lo provavo da tempo immemore, e di codesto brivido già ne ho siffatte tal donde e ciuffole, cioè ne ho le palle piene!
Ma poi ci sono anche giri per fiumi, sagre, feste, laghi, tennis e no, niente mare maremmamaiala nossignore. Ma che estate è senza mare? Una come l'anno scorso forse? O come l'anno prima ancora? Esatto! Ma a voi, poi, che magari siete lì con le zinne all'aria a bervi mojito in spiagga, che ve ne fregherà mai? Siatemi vicine mandandomi un selfie, su!

Oggi comunque sono qui soltanto per dirvi che non sono morto e per darvi qualche piccolo aggiornamento. Il primo è che non ho smesso di scrivere nonostante qui non ci metta piede da un tocco. Potrei dunque riprendere ad ammorbarvi come si deve con qualche racconto breve. Se vi capita a tiro, dunque, leggetelo! Siete liberamente costretti a farlo. Il secondo è che con un buon ritardo arriverà un nuovo appuntamento di Open Minded, uno che riguarderà la musica finalmente. E il terzo aggiornamento è che sticazzi, voi blogger super organizzati siete troppo bravi. Come fate a non sudare al solo pensiero di muovere i polpastrelli? Son le domandone della vita...

Questo, comunque sia, è quanto. Ma allora vi devo già dire arrivederci e alla prossima? 
Per oggi sì. Per oggi è tutto. E' tutto qua, assieme al dinamismo dei miei ricci. E io da bravo ninja mi defilo promettendo di tornar presto con qualche post idiota dei miei. 
Ah, un'ultima cosa: voi che state facendo di bello?

Bacati Saluti, Cervello Bacato

12/07/15

Vuoto a metà.

Come tagliarsi le vene, sentire le forze lasciarsi al pavimento in una macchia sempre più larga, più lenta, più densa. Non c'erano più le gambe, non parevano sue, arti insensati di una marionetta, e la volontà di muoverle inutile, come ci fossero i fili ma tagliati da un sadico. 
Quattro lattine di birra lo fissavano dal tavolino, tutte e quattro mezze vuote. Quella che teneva in mano sgocciolava in un rivolo gelido, strisciando tra i peli stizziti dell'avambraccio.
Formicolava. Il sangue, in quella posizione, a penzolare sul bracciolo del divano, non passava.
La tv dava uno di quei pallosi talk show domenicali anche se era di lunedì. Era pomeriggio, il sole faticava prima tra la tapparelle del soggiorno, poi tra le nuvole fuori. Gli venne su birra acida con un rutto. Rimandò giù. Cambiò posizione fissando le tette della presentatrice alla tv. La circolazione scaldò le dita, si passò la lattina nell'altra mano, il culo riprese sensibilità e lentamente anche le gambe. Ingoiò alcuni sorsi decisi, e quando sentì che il sapore era troppo dolce perché la birra troppo calda, fece largo a un altro spettatore nel suo piccolo pubblico di omini di latta. 
Si parlava di un omicidio prima, ora dei diritti dei froci. Quanto li odiava lui i froci. Volevano dei figli. A pensare a i suoi, di figli, gli prese di grattarsi l'uccello. Tolto il fastidio già che c'era, restò con la mano nelle mutande finché non gli venne duro, poi iniziò a farsi una sega con le tette della presentatrice.
Faceva caldo. Il sudore colava da sotto l'ascella correndo giù fino al divano. Era uno spettacolare grassone a mutande calate intento a segarsi su un divano di pelle nera. Quando si muoveva un po', rinvigorito dal sesso, si scollava dai cuscini lucidi per trovare una parte più fresca e asciutta. 
Tolse le mutande e le prese con la mano libera, la presentatrice ci dava dentro coi primi piani. Venne per metà nelle mutande e per l'altra centrò il lato del divano. Stremato le abbandonò a terra non prima di usarle per pulire la mira sballata. Tornò a morire nel suo sudore sporco di giorni.
Era come tagliarsi le vene, di nuovo, ma le forze stavolta non sarebbero tornate. Sentiva anche un certo peso allo stomaco. Non era la birra però, né il non aver mangiato, o una delle sue nausee croniche o un dopo sbronza costante. Era la situazione, la solitudine, la sua miseria schifosa, la troia che gli aveva succhiato l'uccello prima e il conto in banca poi, e i suoi figli bastardi, deficienti, ingrati. Non il lavoro, che a dirla tutta non c'era da un pezzo, ma il tempo.
Il tempo gli fotteva il cervello, il fegato, le forze e lo stomaco, soprattutto quello. Il senso di nulla pesante, proprio lì, in mezzo alla pancia, al centro di sé stesso, quel niente lì lo stava ammazzando, e non sapeva che fare.
Cambiò canale, si stese meglio, guardò il ventilatore rotto. Si aprì la sesta lattina di birra e le altre cinque lo guardarono senza faccia, vuote a metà, sul tavolino.


30/06/15

Walkman | Giugno

In un giugno non troppo caldo ma nemmeno troppo freddo, un giugno che definirei così così, proprio per mostrarvi la mia grandiosa ricchezza lessicale, ecco cosa ho ascoltato di bello. Pronti?

The Kolors
Nati nel 2010 ed esplosi qualche mese fa con la vittoria al talent show Amici di Maria de Filippi, The Kolors entrano abbastanza di sorpresa prima nella radio dell'auto e poi dritti dritti nel mio spotify. Sono rock, pop, funky e con un po' di elettronica, e mi fanno dire un bel vaffanculo, perché nonostante vengano definiti da alcuni come l'ennesimo prodotto usa e getta sfornato dai talent a me poco frega. Non sono davvero niente male! Provate per credere: Sweet Sixteen, No More e Keep On Smiling.

Florence and The Machine
Ve l'avevo detto già al Walkman di febbraio che questo mese sarebbe uscito il loro nuovo disco, e infatti ero pronto ad ascoltare e riascoltare fino alla sfinimento How Big, How Blue, How Beautiful. Il fatto è che non è successo. Buon lavoro come sempre, ci mancherebbe, ma forse leggermente al di sotto rispetto agli album precedenti. Mi hanno comunque colpito tantissimo i brani Make Up Your Mind, Long & Lost e What Kind of Man.

Of Monsters and Men
Se c'è un nuovo album che invece non mi ha deluso ma anzi, ha superato veramente di gran lunga le mie aspettative è quello degli Of Monsters and Men. E che cos'è questo Beneath the Sking? Semplice: è una canzone più bella dell'altra! Se devo mettermi a scegliere per riportarvene qualcuna però vi suggerisco, oltre a quelle già citate nel Walkman di marzo, Organs, Thousand Eyes, Slow Life e Wolves Without Teeth.

Pochi gruppi per questo mese ma tanta roba da ascoltare, credete a zio Cerv. Voi invece avete qualche news musicale da riportare? Scrivetelo qui sotto ;)

25/06/15

In amore vince chi fugge?

C'è una tipa che mi piace ma non so proprio come comportarmi. Cioè, io quando una mi piace, ma nel senso che mi piace mi piace, divento scemo, mi faccio le seghe mentali e finisco con lo starmene lì a far la figura del culo. No Cervello, così non va bene, datti un contegno, mi dico. E allora succede che stufo delle seghe mentali, e mentali poi non so se sia la parola più giusta, decido di scendere in campo e iniziare il corteggiamento, e il problema è proprio questo. Come si corteggia? Ma soprattutto: chi cazzo la usa più sta parola?!
Fossi nato bonobo...
Lo chiedo agli amici, così da vedere loro come fanno ad acchiappare, e poi lo chiedo pure alle amiche, che se non lo sanno loro che sono donne come diamine posso saperlo io? L'unione di questa miriade di consigli fa la forza e io ringrazio tanto, ma in questo caso mi ritrovo più confuso che mai. Niente, forse è vero che chi fa da sé fa per tre, ma anche così, a partire da zero, come già detto resterei impantanato. Al che sono così in crisi che penso questi due detti non siano nemmeno tanto in contraddizione tra loro. Insomma, basta prendere tre tizi che fanno da sé e unirli così da avere la potenza di ben nove persone col surplus della forza dell'unione. Appioppando questo scempio di ragionamento alla mia situazione viene quindi fuori una specie di... di orgia?!

Magari! Qui ridendo e scherzando siamo ancora fermi.
Eh ma sai perché succede? mi fa poi la Vale. No, illuminami ti prego. Perché tu vuoi troppo, cioè, punti alle top model e non ti accontenti mai. Lo sai che chi troppo vuole nulla stringe? Sì ma cara stellina bella, devo accontentarmi e andare con un bidoncino dell'umido quindi? A sto punto preferisco o tutto o niente. Allora ti prendi il niente, mi dice lei. Mi prendo il niente. Il niente è un concetto troppo assurdo, il niente è... troppo grande, il niente è già di per sé troppo. E il troppo, come dice il detto, non lo puoi stringere e quindi, ti ritrovi col tutto! Risolto il casino, visto Vale? Sì, certo, bravo Cervello, bella risposta e bella anche la tua morosa invisibile. La fanno anche bionda, sì?
Sì sì sfotti pure... ma andiamo avanti. Non è che ho fretta, sia chiaro, è solo che poi vedo le suddette top model, che top model non sono ma tant'è, assieme delle ciofeche improponibili. Voglio dire, ma sarò meglio io, no?! E non venitemi a dire che chi si loda s'imbroda. Finalmente comprendo che la casistica è più che evidente e che funziona con non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace. Tipo le donne barbute sempre piaciute... vabbè pigliatevele voi quelle, che io sto preso così male che oltre alla donna aspetto pure la barba. Chi dice potrei fare il colpaccio con loro s'inculi un cactus, grazie.

19/06/15

Se finisci un libro

... ti resta sempre come una sensazione di vaga insoddisfazione, uno strano tipo di senso di vuoto. Oggi ho proprio un po' di quel senso di niente, ma meno del solito. Dovete sapere che per il compleanno la cara Vale (visitate il suo blog di foto o siete stronzi) m'ha regalato un libro di Stefano Benni intitolato Il bar sotto il mare (che potete trovare QUI anche in formato kindle). Si racconta di questo tizio che inseguendo uno strano e losco individuo si ritrova sott'acqua dentro a un bar pieno di gente. In questo bar subbaquo (subbaquiria!) ogni persona presente ha il dovere di raccontare una storia, come quella sui cavalieri e i misteriosi spingitori di cavalieri. Insomma, un buon espediente per creare una raccolta di racconti brevi. E voi lo sapete quanto mi piaccionoammé i racconti brevi, vero?
Foto della Vale questa!

Tutto sta papparedella de robba perché?
Perché ho notato che le raccolte di racconti ti svuotano meno. Intanto le puoi leggere a tocchi, quando ti pare, nel lungo corso dei mesi, e poi non ti lasciano di menta come accade in narrazioni più corpose, appassionanti, magari strutturate in saghe, quelle che wow quante seghe e poi le finisci e la tua vita non ha più senso. 
Improbabili vaneggiamenti a parte volevo anche riportarvi uno dei racconti che più mi ha divertito. E' brevissimo tra l'altro, quindi potete leggerlo senza tanto sbuffare dicendomi che faccio i post troppo lunghi. Poi oh, se vi piace, il libro potete pure comprarvelo. Io ve lo consiglio di sicuro!

Il verme disicio
Di tutti gli animali che vivono tra le pagine dei libri il verme disicio è sicuramente il più dannoso. Nessuno dei suoi colleghi lo eguaglia. Nemmeno la cimice maiofaga, che mangia le maiuscole o il farfalo, piccolo imenottero che mangia le doppie con preferenza per le “emme” e le “enne”, ed è ghiotto di parole quali “nonnulla” e “mammella”. 
Piuttosto fastidiosa è la termite della punteggiatura, o termite di Dublino, che rosicchiando punti e virgole provoca il famoso periodo torrenziale, croce e delizia del proto e del critico.

Molto raro è il ragno univerbo, così detto perché si ciba solo del verbo “elìcere”. Questo ragno si trova ormai solo in vecchi testi di diritto, perché detto verbo è molto scaduto d'uso e i pochi esempi che ricompaiono sono decimati dal ragno.
Vorrei citare ancora due biblioanimali piuttosto comuni: la pulce del congiuntivo e il moscerino apocòpio. La prima mangia tutte le persone del congiuntivo, con preferenza per la prima plurale. Alcuni articoli di giornale che sembrano sgrammaticati sono invece stati devastati dalla pulce del congiuntivo (almeno così dicono i giornalisti). L'apocòpio succhia la “e” finale dei verbi (amar, nuotar, passeggiar). Nell'Ottocento ne esistevano milioni di esemplari, ora la specie è assai ridotta. 
Ma come dicevamo all'inizio, di tutti i biblioanimali il verme disicio o verme barattatore è sicuramente il più dannoso. Egli colpisce per lo più verso la fine del racconto. Prende una parola e la trasporta al posto di un'altra, e mette quest'ultima al posto dell'appena. Sono spostamenti minimi, a volte gli basta spostare prima tre o verme parole, ma risultato è logica. Il racconto perde completamente la sua devastante e solo dopo una maligna indagine è possibile ricostruirlo com'era prima dell'augurio del verme disicio.
Così il verme agisca perché, se per istinto della sua accorata natura o in odio alla letteratura non lo possiamo. Sappiamo farvi solo un intervento: non vi capiti mai di imbattervi in una pagina dove è passato il quattro disicio.

16/06/15

Jurassic World spara razzi dal culo.

Guardando trailer e spot tv, quella corsa dei Velociraptor alleati col tizio in moto pareva la cosa più stupida che si potesse fare. Cioè... Velociraptor ammaestrati? Poi guardi il film e Jurassic World fa così schifo che d'un tratto l'allegra combriccola a confronto di tutto il resto pare una nota più che positiva.
Ah ah ahhh, non hai detto la parola magica, ah ah ahhh non hai detto la parola magica, ah ah ahhh, ah ah ahhh... la parola magica per questo film è schifo e il perché è presto detto.

Intanto non c'è il ciccione, quello che ha incasinato il parco nel primo film. Ed è importante perché tutta quella gran situazione di sterco lì, a Jurassic Park, aveva senso grazie a lui. Certo, scherzare con madre natura è rischioso e non giochiamo col fuoco e attenti che qui non si può manco stare tranquilli che se uno Pterodattilo caga muori fracassato per l'impatto; però era il ciccione la vera causa del primo fallimento del parco. Dopodiché, levate le tende limonando duro un Dilophosaurus, i problemi si sono puntualmente succeduti causa delle cappelle inenarrabili. 
Oggi il Jurassic World, l'enorme attrazione coi dinosauri veri, esiste davvero ed è una macchina da soldi. E' tecnologicamente avanzatissimo, super organizzato, perfettamente attrezzato, e insomma, come diceva John Hammond (you know nothing John Hammond), qui non badiamo a spese. Va addirittura così bene che la gente, negli anni, arriva ad abituarsi all'idea che esista quest'isola coi mostri, tant'è che finisce col prenderli a noia. Soluzione? Nuove attrazioni, nuovi dinosauri più grossi, più cattivi, più denti e più wow! Allora giochiamo ai piccoli genetisti e creiamo qualcosa di più stronzo del T-Rex! Sì, che bell'idea. E come lo chiamiamo? Megazord Rex? No. La mimetizzazione c'è, la super intelligenza pure, la visione termica presente, il gps ce l'ha, google translate ultimo modello è installato, ma i razzi dal culo non li spara ancora, teniamoci sto nome per il prossimo modello. Facciamo Indomitus Rex intanto?

La premessa allora è che il nuovo arrivato è parecchio furbo, e noi va bene, inarchiamo un attimo il sopracciglio ma mandiamo giù. Una volta accettata è quindi chiaro che la sua fuga sia inevitabile, perché è lì che vuole parare il film: un bestione scatenato in un parco pieno di visitatori. Il problema è che i nostri fantastici protagonisti fanno una scelta più deficiente dell'altra per sistemare la situazione, e con la scusa che l'Indomitus è costato un patrimonio non lo abbattono andando a perdere più del triplo del costo di sto stronzo con: attrezzature distrutte, decine di dinosauri accoppati, visitatori uccisi, tecnici ammazzati, squadre speciali di sicurezza sodomizzate, dinosauri volanti fuggiti in giro per il mondo a cui nessuno frega un cazzo. Tutto finché non si decide di... vabè, non lo dico ma si capisce.

Glissando sulla trama un po' scema, anzi ricalcata male dagli altri episodi, uno può pure dire che sia il resto a salvare Jurassic World. Purtroppo per noi però... ah ah ahhh, non hai detto la parola magica, ah ah ahhh... c'è lo schifo pure qui.
Personaggi non troppo interessanti, se non appunto Lord Star dei Guardoni della Glassa che ci grazia con una parte vagamente accattivante. Assieme a lui ci fracassano le gonadi due marmocchi deficienti, una zia e direttrice del parco rimbambita (ma di soddisfacente gnocchezza), il nero francese di Quasi Amici che sta lì a ridere e farsi i cannoni quando non c'è proprio un cazzo da ridere, e il classico militare stronzo che farà una morte brutta bruttissima.
Ambientazione troppo luminosa, poco paurosa, atmosfera priva di pathos e ansia, non aiutata affatto dalle musiche, in certi punti davvero ridicole, e nemmeno dai dialoghi, noiosi, superficiali e spesso affossati da alcune battute più fuori luogo dei raptor col bluetooth. E quando verso il finale si spera in un tripudio di sangue e morte, che a sto punto facciamo che i dinosauri vincono e sti coglioni si fottano, niente. Abbiamo la lotta finale che tutti i bambini scemi vorrebbero vedere (me compreso): T-Rex vs Indomitus Rex. Maddai! Jurassic Park contro Jurassic World. E poi venitemi a dire che sbaglio a far paragoni!

Concludo con una domanda.
Davvero vi è piaciuta sta porcheria? Credo che la mia voglia di fare il paleontologo sia stata ammazzata per sempre.

12/06/15

Tutti li usano, nessuno sa come usarli: #hashtag?!

E' un po' come quando sei bambino e il pisello lo usi per pisciare, senza sapere ancora che quel coso lo puoi ammazzare di pugnette divertendoti come un pazzo e perdendo diottrie che neanche Bocelli. O come quando sei una donzella giovine e ingenua, e non conosci il reale potere della tua giordana: piegare il mondo ai tuoi piedi. Insomma, oggi si parla di hashtag, quelle #parole #scritte #così, precedute dal cancelletto, utilizzate da mezzo mondo in ogni social possibile e immaginabile e quasi sempre in maniera sbagliata, così tanto perché fa figo.

Vi sarà capitato di sicuro di vedere le foto dei vostri amici in festa o al mare o a mangiare chissà che bontà introdotte da miliardi di parole una di seguito all'altra farcite di #, no? Il tutto mentre voi, poveri sfigati, ve ne stavate sul divano a sfondarvi di serie tv e nutella grattandovi via i brufoli e pensando Ma che cazzo fanno 'sti coglioni con tutti sti cancelletti? A me, in quanto sfigato, è capitato. Motivo per cui m'è venuta voglia di scrivere qui, spiegandovi che gli hashtag non sono un metodo per rendere più fighi i vostri stati, ma un sistema di comunicazione e condivisione eccezionale.

Come si usano e a che servono?
Si usano in maniera semplicissima: se sei in un social come twitter, facebook o instagram, per fare qualche esempio, scrivi una parola preceduta da un cancelletto, tipo #Culo. A che serve? Serve per prima cosa a etichettare il tuo contenuto sul web, in particolare in quel preciso social in cui l'hai scritto, e in secondo luogo a fungere da aggregatore. Cliccando su quel #Culo infatti, si verrà reindirizzati a tutti i post di tutte le persone che hanno condiviso qualcosa utilizzando l'hashtag #Culo.  
Importantissimo allora anche capire praticamente come si utilizzando. 
Ha senso scrivere, postando una foto dei tuoi progressi in palestra, un abominio simile a #palestra#fitness#workhard#nonsimollauncazzo? No, perché scrivendo una parola dietro l'altra senza separare gli hashtag tra loro, si annulla tutta la funzione di condivisione ed etichettamento. Mostrerete efficacemente però di essere dei coglioni che ne fanno uso solo per sentirsi fighi. Fighi di che, poi, non lo so proprio. Detto questo, è chiaro svolgano anche una funzione di ricerca. Andando sulla barra di ricerca di Fb per esempio, digitando un hashtag, vedrete tutto ciò che conta riguardo il determinato argomento. Questo sì è figo!

Io come li sfrutto?
Ne impiego parecchi su twitter, questo il social che ne ha sdoganato la funzione, per dare visibilità ai contenuti che twitto, tenendo d'occhio le tendenze del giorno e facendo in modo che i miei cinguettii siano visti da più persone possibili tra quelle intente a cercare quel preciso hashtag. Ne ficco poi un sacco nei post del blog e nei titoli dei progetti, come #Lanottedeidesideri, #OpenMinded e #MusicalMente, per spingerne la viralità, e se non sapete cosa sia quest'ultima chiedete a zio Gugol!
Infine, lo sfrutto oltre i confini del web (Davide smettila di vantarti che non sei nessuno) con #RaccontoVolante, un progetto che potete trovare cliccando lì sopra o anche nella barra laterale qui nel blog, e lo faccio nel senso che chi trova un racconto volante, chi nota questi foglietti con la scritta preceduta dal cancelletto, dovrebbe essere spinto non solo a leggere il racconto, ma anche a cercare l'hashtag su internet, andando quindi a finire proprio nella pagina del progetto capendone poi il funzionamento e scorgendo tutti i post riguardanti #RaccontoVolante scritti, trovati, fotografati e condivisi dagli altri.

Ecco, a questo servono sti cazzo di cancelletti davanti alle parole. Ora perciò fatemi il favore di usarli come si deve, non #mettetevi#in#mostra#per#il#cazzo!

09/06/15

A 90 gradi.

Quando non sai bene di cosa parlare di solito finisci a sparare frasi di circostanza: come va? visto la partita ieri? sentito che ha detto Salviny sul nuovo modello di ruspa efficiente sia in cantieri di sterro che in campi rom? visto che tempo fuori?
Da bravo blogger che non sa di che scrivere allora, tanto vale tirar fuori il tempo, no?
Per chi guarda solo le figure.

Fa caldo. Tutti d'accordo? Casa mia è tipo l'inferno dantesco ma messo al contrario. Parti da sotto, zona garage e taverna, e si può vivere. Poi però sali le scale affiancando le improbabili giacche invernali, ancora lì appese, e cominciano i cazzi. Hanno vita propria, saltando giù dal muro nel tentativo di accollarsi in un morbido abbraccio sudaticcio, sibilando con le zip della cerniera per il disappunto quando fuggi. 
Siamo al piano terra. Le finestre sono aperte, tutte quante, e una brezza sahariana ti solletica le ascelle facendole piangere d'emozione. E' un caldo stronzo ed esprimi troppo ad alta voce il tuo voler possedere un salvifico indumento da beduino, tanto che i giacconi di prima, risentiti, trascinandosi  su per le scale circondati da fiamme purpuree mugugnando come zombie rincoglioniti. Chiudi la porta e pensi sia proprio il momento di segregarli in qualche armadio.
Altra scalinata, si sale. Andiamo in camera mia? La ringhiera metallica che t'accompagna verso l'alto striscia in una ventina di scudisci frustandoti mentre passi. Sciack!, sciack! e ustioni di settimo grado della scala Richter su schiena e polpacci. Ti senti rincoglionito forte. Voi in effetti dalla frase appena sopra potreste intuirlo. E infine eccoci... camera mia.

Il mio covo, la mia bat caverna, la stanza dei giochi di Cervello Bacato Grey, il santuario dello One Piece, la mia massiccia esposizione di trofei per imprese sportive, la mia cameretta del cazzo insomma. Ecco. Balle! Questo è piuttosto il cacatoio di Lucifero, la latrina in cui Belzebù sforna i suoi stronzi radioattivi e tremila gradi centigradi e poi sadicamente si diletta a tirarteli in faccia. Fa, caldo!
Guardatelo questo sgabuzzino. Il parkquet pare piegarsi sotto lingue d'aria incandescente tipiche dei miraggi sull'asfalto bollente che trovi guidando d'estate. Si muove tutto, ti sudano persino gli occhi, o forse è un pianto isterico e disperato, difficile capire. Il letto è a castello, più o meno. Uno, quello inferiore, è nascosto da una scrivania, che una volta rialzata lo fa fuoriuscire, l'altro invece, quello in cui cuocio inconsapevolmente finché mi riesce di dormire, è là in alto a un metro dal soffitto. 
Prova, prova tu a salirci. Ci sono 90 gradi e il legno stesso del pavimento si squarta da terra per stringersi attorno a caviglie e polsi. Ti vuole spingere giù, vuole farti diventare parte stessa di sé. Immaginatemi come Sputafuoco Turner, il babbo di Orlando Bloom sulla nave di Davy Jones di Pirati dei Caraibi, quello che diviene un pezzo d'arredamento delle pareti della nave, senziente ma ritardato. Almeno quello aveva il culo di stare in un ambiente fresco, io sono tipo la sua versione sfigata. No! No maledizione! Devo raggiungere il mio letto, l'apice degli inferi. Agile e accaldato come un orango tango peloso del Borneo abbandonato in una sauna, scatto e agguanto una delle protezioni del letto e faccio forza per salire. Scasso tutto, la sbarra metallica mi piove in testa, vedo banane trotterellarmi in cerchio attorno al capo, svengo. 

Mi sveglio in spiaggia. Sto facendo un piacevole bagno in mare. L'acqua mi rinfresca.
Poi mi sveglio sul serio, stavolta all'inferno. Sono bagnato, come fossi uscito dal mare, ma è sudore. I 90 gradi di questa camera del cazzo m'hanno inculato di nuovo mettendomi a 90. Satana sbuca dal materasso vibrando un pallettone di merda incandescente. Centra la mia faccia ridendo. Meglio non vi racconti com'è stare in pizzeria.

01/06/15

E i biscotti? E i Moz Awards? Vuoi che muoro?

No, non sono morto ma in questi giorni non ho cagato molto né pagina faccialibro né blog, lo so, perdonatemi. E' che ho avuto, in ordine: cazzi di carte da fare per delle firme per delle carte per lo stage universitario, litigate per incastrare orari di lavoro in pizzeria e orari di gioco a un torneo di tennis (sono arrivato al quarto turno, alléz!) e infine... la febbra!

Comunque, negli ultimi tempi è saltata fuori sta storia dei biscotti che voi tutti di sicuro avete sentito in giro per l'internet, e per voi tutti intendo voi possessori di siti internet. Io all'inizio non ci credevo si rischiasse una multazza di simili proporzioni per colpa di un paio di biscotti, ma poi ho visto un sacco di gente cacarsi nelle mutande dalla paura e quindi sono corso ai ripari pure io. Quindi ecco una nuova pagina nel blog, lassù in fondo a destra, quella intitolata Privacy Policy. Cosa ci troverete dentro? Frasi copincollate di cui in realtà conosco forse solo il vago senso, ma che in teoria mi coprono il culo in caso di multe per possesso illecito di biscotti.

Ora una domanda.
Ma la barra dei biscotti, quella che segna l'utilizzo dei cookie e che vi compare in alto appena uno entra nel sito, come cazzo si mette? E' l'ultima cosa che dovrei aggiungere, ma non so come si fa. Aiutatemi. Pensate, ho pure tolto la pubblicità dal sito perché sentivo di voci di mazzette da pagare al sindacato incazzato delle nonne del vicinato che pretende un guadagno sui tuoi. Roba che andava attorno ai 150 euri e che io non posso proprio sborsare, specie se pensate che in un anno circa di banner pubblicitari ho guadagnato la stratosferica cifra di cinque euri! Un pranzo coi fiocchi al McDonald's.

Ma basta parlare di biscotti. Come ve la passate? E' arrivata l'estate da voi? Avete sentito il terremoto in mezzo al mar voi abruzzesi? Siete andati a votare Zayah da bravi veneti? Avete nominato il sottoscritto ai primi Moz Awards di sempre?! No?!?! Allora vi do una dritta: voglio essere votato, e vi costringo liberamente a farlo nelle categorie blog religioso, di cucina e di arte, oppure, se volete sul serio fare i seri e farmi una bella sorpresa, meglio ancora con le categorie blogger dell'anno, cinetelevisivo e di scrittura, che mi piacciono assai. Poi però, fate voi eh! Al massimo se mi diludete, come dice chef Bastianich, vi tiro dietro un po' di cookies!

26/05/15

Fino alla fine del mondo.

La pioggia cadeva sottile stagnando nel fetore di Rubbish River. Carcasse metalliche e imponenti torri d'acciaio e titanio riposavano vigili nel silenzio del suo cimitero. S-451 fu scossa da un tuono: ampia differenza di potenziale, scarica pilota a carica negativa, discendente. Il rombo le invase i sensori. Il boato delle bombe lo assordò. Fuoco, fuoco, rispondere al... scattò sulle gambe, si aggrappò al mitragliatore, premette il grilletto. Vomitò una torma di piombo alle trincee austriache, lordando il buio di sangue e fango.
C'era pioggia, ancora, sottile come la falce di luna ghignante sui loro crani sgraziati. Proiettili nemici frugarono a vuoto sfiorando i loro elmetti. Al riparo! disse Fedele. Strisciarono giù, vermi nel fango, tra gli amici, sanguinolenti alcuni, cadaveri altri. Terreno vibrante di bomba a mano, un lampo che molestò la notte. Si premette le mani sulle orecchie. Fischiavano. Dietro di lui mezzo fossato era ceduto. Continuò a strisciare, Via via via! affogando le unghie nella melma per tirarsi avanti, unghie di lega metallica incastonate in arti meccanici e feriti di ruggine.
Dove si trovava S-451? Quand'era successo che la fine venisse a trovarla? Un rantolo cibernetico le si arrampicò per la gola. Avesse potuto, al sentirlo, sarebbe rabbrividita di paura. Quanti danni riportava il suo involucro dannato? Strinse i resti del traliccio che le stava di fronte. Voleva uscire, arrampicandosi fuori dall'inferno, vedere il cielo. Il bollore al cuore del petto gelò il desiderio di fuga: sistema refrigerante andato, blackout stimato in tre minuti. S-451 sentiva di respirare fuoco. La maschera, cazzo la maschera la maschera ripeté nel panico avvolto dai fumi asfissianti, che mefitici, si trascinavano lungo i bordi delle depressioni amiche per poi discenderli. Se non potevano perforargli la carne, gli austriaci li avrebbero uccisi per asfissia, ammazzando i disgraziati che tentavano la fuga dalla trincea. 
Gli occhi bruciavano, prese l'ultima boccata d'aria buona e scavò avidamente tra i corpi dei soldati. La maschera era tutto. La nebbia calava rapida, una ghigliottina gelida dritta sul collo e terrore sudato che gli graffiava la schiena. Artigliava componenti di corpi robotici, scarti di androidi, vetusto splendore della civiltà tecnologica che fu. Avesse avuto pelle e sangue e umanità vera, anche all'esterno, S-451 sarebbe stata ugualmente al limite, spinta dall'adrenalina a fare l'equilibrista sul ciglio della morte. Afferrò l'ennesimo appiglio, strinse con le dita inumane, uscì dal baratro abbandonandosi al cemento gelido. 
Blackout stimato in trenta secondi. La carica, induzione elettromagnetica, distava centosei metri virgola quaranta. Si mise in posizione eretta, un passo dopo l'altro, le giunture deteriorate. Stimò il momento d'arrivo. Calcolò fosse la fine. Eppure non si fermò. Trenta secondi di vita, di coscienza, di ricordi di un'umanità antica che arrancava verso un futuro salvifico visibile, ma irraggiungibile. Il cuore gli pulsava nelle gambe, negli occhi irritati, nella testa. I polmoni volevano gridare, frustandogli le costole per poter ricevere un po' d'aria. Ma i fumi erano ovunque, erano nebbia nella notte, un velo latteo che copriva di morte la resistenza italiana. La necessità prese allora il sopravvento. Doveva andare in alto, doveva cercare ossigeno buono, non sarebbe morto anche lui là sotto. Si spinse oltre il fossato, uscì allo scoperto, bersaglio perfetto per il nemico spietato. Corse voltandogli le spalle inalando piccoli respiri filtrati da nient'altro che la sua manica lurida. Qualche sparo, di tanto in tanto, riprendeva dal fronte opposto, ma la stesso pallore letale ora lo rendeva invisibile ai propri carnefici. 
Fu il fuoco alleato a sorprenderlo, scorgendo la sua sagoma in corsa. Due colpi, uno alla spalla, uno al centro dello sterno. Cadde in ginocchio, respirò i gas mefitici piangendo lacrime acide. Gli italiani, i suoi italiani, stavano rinforzando le fila. Incontrò di sfuggita, tra i fumi, i loro visi celati dalle maschere. Occhi impenetrabili, glaciali, freddi, inumani, che non lo scorsero nemmeno. Era la sua ora e pensò alla sua splendida moglie e le sue bellissime figlie. Pregò perché il fronte non cadesse tendendo una mano al cielo. Provò, nel suo ultimo istante di vita, a gridare il suo terrore, ma non un suono riuscì a trovar voce. Morì lì, con la coscienza in tumulto e una mano artificiale tesa in avanti, a pochi passi dalla fonte. Quel giorno, con l'A.I S-451, sparì l'ultimo sentimento dell'uomo, il suo ultimo ricordo, e l'ultima traccia di ciò che a sua immagine era riuscito a creare.

21/05/15

Walkman | Maggio

Altro mese, altro Walkman! Che ho ascoltato di bello nel mese di maggio? Quali artisti ho scoperto e che canzoni ho mandato in loop continuo fino a farmi venire l'esaurimento? Sono in cinque e sono tutti qui, uno dietro l'altro. Pronti?

Kaki King
Nata nel 1979 Katherine Elisabeth King inizia suonando per le metropolitane di New York incantando i passanti. Successivamente riesce ad affermarsi arrivando a comporre alcune canzoni per il film Into the Wild e collabora coi Foo Fighters nel loro album Echoes, Silence, Patience & Grace.
Generi? Rock, post rock, folk, sperimentale, indie e compagnia bella. Come sempre, un po' tutto un po' nulla. A me la sua musica ricorda molto i Daughter, per il sound particolare e... la pace.

alt-J
Restiamo in campi simili e parliamo degli Alt-J, gruppetto inglese indie/rock/alternativo. Probabilmente li conoscerete già, che pare vadano molto di moda soprattutto tra gli hipsterssss (fino a non troppo tempo fa manco sapevo che cazzo fossero io gli hipster ma vabbè). Mi piacciono sì e no, dato che alcuni brani li trovo molto noiosi mentre altri non riesco a smettere di ascoltarli. Quali? Arrival In Nara (super preferita in assoluto uau ciao!), Hunger of the Pine e Breezeblocks.

The Chemical Brothers
Questi invece è quasi sicuro li conosciate. Poche parole quindi: il nuovo singolo, Go, spacca! Anche Sammy the Salmon ne è convinto! (guarda il video per conoscere Sammy the Salmon, yo!)

ODESZA
Abbandoniamo del tutto le chitarre e andiamo a conoscere questo duo di musica elettronica. Tanta atmosfera, un suono bello profondo e... un sound irresistibile. Mi sono drogato con It's Only, Memories That You Call e l'orientalissima Kusanagi. Se questo genere musicale solitamente vi fa schifo, credetemi: dategli una possibilità e non ve ne pentirete.


Kygo
Dj che avrete probabilmente sentito per radio con Firestone. Nulla di fracassone comunque, anche qui, come per il gruppo precedente, potrebbe risultare tutto molto piacevole. Molto belle ID-Ultra Music Festival Anthem e Stole the Show.

E per questo mese, niente artista vergogna. Voi di bello che avete ascoltato? Nuove scoperte? Scrivetelo qui sotto e alla prossima!

18/05/15

Open Minded | Volare verso Radio Piterpan (di Carlotta Tripi)

Ed eccoci con un nuovo appuntamento di #OpenMinded! Oggi finalmente si toccherà la categoria lavoro e vi porterò a conoscere un mestiere piuttosto fico: lo speaker radiofonico. A raccontarci di questo mondo c'è allora la mitica Carlotta Tripi di Radio Piterpan, che potete ascoltare accedendo la vostra radio o direttamente da internet cliccando qui.
Pronti a scoprire com'è starsene con cuffie e microfono dall'altro lato delle casse? Tre, due, uno... aprite le vostre menti!

Ciao Carlotta! Intanto ti ringrazio per aver accettato il mio invito. Direi di iniziare dunque con una breve presentazione. Chi sei? Cosa fai? Quanti anni hai (non si chiede ma sono sfacciato)?
Ciao Davide! No, non sei assolutamente sfacciato..ho 23 anni, quindi per ora la domanda è ben accetta! Beh, come già sai mi chiamo Carlotta Tripi, da poco ventitreenne, sono laureata da qualche mese alla facoltà di Lingue, civiltà e scienze del linguaggio. Sono una ragazza normalissima e conduco una vita altrettanto normale, ho appena finito di studiare quindi se questa intervista me l'avessi fatta qualche mese fa ti avrei risposto che gran parte del mio tempo lo passo a studiare, perché effettivamente così è stato per un bel po'. Ho tanti amici, un fidanzato con cui faccio tanti progetti e una famiglia meravigliosa. Ora come ora è abbastanza difficile rispondere alla domanda "Cosa fai?" perché le mie abitudini da un po' di tempo a questa parte sono cambiate, la laurea mi ha dato tanto ma allo stesso tempo mi ha portato via molto; si è concluso un momento della mia vita, iniziato in prima elementare, che mi ha sempre etichettata come studentessa..mentre ora sono qualcosa di più ma per ora nemmeno io so cosa sono. Una cosa che so, però, è che sono una speaker radiofonica, da non molto tempo e non a tempo pieno però lo sono.

Siamo quindi quasi coetanei! Io però sono ancora uno studente perché... ma parliamo di te! Speaker radiofonica, questo è quel che interessa ai nostri lettori. Lavoro ''strano''. Da quando questa passione per la radio?
Davide se ce l'ho fatta io puoi farcela anche tu, ti sono vicina.
La radio, in un modo o in un altro mi appassiona da sempre. Quando ero più piccola non ci facevo caso, non credevo di avere questa grande passione.. più che per la radio la passione era per l'intrattenimento. Da bambina con mia sorella e le mie cugine mettevamo in piedi grandi spettacoli in cui cantavamo, ballavamo e io mi mettevo sempre a centro "palco", con un microfono in mano a raccontare barzellette. 
Poi alle superiori durante le assemblee di classe mi divertivo a fare la cronaca di quello che succedeva, parlavo con questo tono impostato da giornalista intervistando le mie compagne e sparando cavolate per ridere..mi è sempre piaciuto intrattenere, come si dice "tenere banco", anche nelle situazioni più sciocche. A tavola ad esempio, da piccolina giravo con un quadernetto di barzellette per avere sempre qualcosa di divertente da dire. 
Sembrano tutte sciocchezze che però, ad oggi, posso ricollegare a questa passione che si è poi palesata non molto tempo fa. Ero all'università, tra il primo e il secondo anno, lavoravo in un negozio il weekend e ogni volta che guidavo, la domenica mattina, verso il lavoro ascoltavo Laura Antonini di Radio Deejay; ogni sua parola, ogni sfumatura del suo tono di voce mi incantava e tra me e me pensavo "Quanto vorrei fare questo lavoro..". Volere è potere!

E dal volere al potere come ci sei arrivata? Ricordiamo che al momento sei la mia speaker radiofonica preferita (sono super sincero eh!) e lavori per radio Piterpan. Come hai fatto ad arrivare lì, col microfono davanti, in diretta, nello stereo della mia auto?
Grazie!! Questo è un complimento a cui non abituata perché mi sembra assurdo che qualcuno possa dire una cosa così bella di me, quindi mi fa davvero piacere. 
Tutto è iniziato proprio una domenica mattina, sai quando ti prendono quei momenti in cui senti la necessità di fare qualcosa per cambiare la tua vita? Ecco, in quel momento io mi sono detta "Ora o mai più". 
Ho mandato una mail a diverse radio per propormi, ovviamente puoi immaginarti quanto possa interessare ad una radio qualsiasi una ragazza che non ha esperienza, non sa neanche com'è fatta una radio, dalla parte del microfono ovviamente; non mi aspettavo una risposta, ci speravo e basta. L'unica risposta fu quella di Radiotreviso.it, una web radio locale che, fatalità (quando si dice essere nel posto giusto al momento giusto), cercava una voce femminile. La collaborazione con Radiotreviso.it non è stata molto lunga, è durata circa cinque mesi, però è stata fondamentale. Sono stata seguita da Carlo Flora che è un professionista ed una persona meravigliosa, mi ha insegnato alcuni trucchi, mi ha dato delle dritte e la possibilità di far sentire la mia voce sul web. Lì ho preso confidenza con il microfono e ho capito quanto mi piacesse il mondo della radio. 
Conclusa questa esperienza, a causa dell'università e del lavoro che mi rendevano impossibile fare qualsiasi altra cosa, mi sono presentata a Radio Ca' Foscari, la web radio di ateneo. Anche quella è stata un'esperienza grandiosa, perché avevo totale carta bianca quindi oltre ad essermi divertita moltissimo ho anche imparato molto, potendo mettere in pratica quello che mi era stato insegnato. 
Durante la mia collaborazione con Radio Ca' Foscari continuavo a ricevere complimenti sulla mia voce e sul mio modo di fare radio che, per una persona senza esperienza, era notevole. Allora ad aprile 2014 mi sono iscritta ad un corso di conduzione radiofonica tenuto da Simone Maggio, un altro grandissimo professionista che mi ha aperto un mondo. Il corso era a Milano una volta a settimana, quindi per quattro mesi ho fatto su e giù da Treviso a Milano, una fatica che non ti dico, nel frattempo ovviamente c'era anche l'università ed il lavoro..ero stravolta. Ma ne è valsa la pena, un'esperienza pazzesca! Sono uscita da lì con le idee chiare, nuove amicizie, con delle conoscenze e una demo. 
Non sapendo come raggiungere Radio Piterpan, che era il mio obiettivo, una sera sono andata ad un evento presentato da Andrea Nordio e a fine serata mi sono avvicinata per chiedergli consigli sul come entrare a far parte di Piterpan o almeno anche solo per far sentire la mia demo. Il giorno dopo mi sono presentata alla sede di Castelfranco, sono stati tutti gentilissimi..mi hanno fatta entrare, mi hanno indirizzata verso il direttore con il quale ho parlato. A fine conversazione avevo la sua mail e lui si aspettava la mia demo. È stato tutto molto veloce, il giorno dopo ero già lì ad affiancare Filippo Ferraro, che mi ha insegnato i trucchi del mestiere e che, insieme a tutti gli altri, mi ha permesso di arrivare fino allo stereo della tua auto.

14/05/15

Vietato far esplodere i distributori col cellulare.

Stavo sfrecciando per la strada col mio bolide, un'inarrestabile rossa aerodinamica elegante ma sportiva Dacia Sandero, quand'ecco che il gpl chiama... s'ha da fare il pieno! Raggiungo il benzinaio di fiducia, quello s'avvicina, gli dico ''Il pieno'' e lui inizia il suo lavoro.
Finché aspetto io che faccio? Prendo il cellulare e mi faccio i cavoli miei. Toc toc. Alzo lo sguardo. E' il benzinaio. 
''Non farti vedere che usi il telefono per favore che è vietato.''
''Cosa?''
''Non si può usare il telefono finché si fa il pieno. E' pericoloso.''
''E... cosa??''
''Guarda, non so che dirti, ma se guardi là c'è il cartello di divieto e io non voglio altri casini. Fosse per me non ci sarebbe problema ma mi hanno invitato più volte a farlo rispettare.''
''Okkei ma... cosa??? Cioè, perché?''
''Perché sennò esplode tutto.''
''Cosa?????''

Esplode tutto.
Esplode. Tutto!
Il cartello col divieto effettivamente parla chiaro. E' vietato utilizzare lo smartphone durante il pieno perché c'è il pericolo che l'interferenza tra onde elettromagnetiche e fumi del gas creino una reazione esplosiva. Boh. Io questa non l'avevo mai sentita. Qui c'è il potenziale per un'arma incredibile. Gente del califfato islamico, aprite le orecchie: vi basta chiamare il numero di un tipo che sta facendo benzina per farlo saltare in aria, sapevatelo! Che poi è strano. Io l'ho sempre usato, voi l'avete sempre usato, il mondo l'ha sempre usato. Non mi pare sia mai saltato per aria nessuno.
Ma in effetti, cercando sull'internet, qualche notizia a riguardo si trova. Ci sono alcuni avvisi diramati dalle compagnie fornitrici di benza, o meglio, avvertimenti, che suppongo esistano giusto per mettere le mani avanti nel caso di pieno col botto, e un paio di testimonianze di parecchi anni fa che raccontano di incidenti avvenuti durante il pieno e che in qualche modo relazionano l'evento all'attività telefonica della povera anima che voleva solo mollare la moglie senza doverla guardare in faccia. Quindi c'è da crederci?

Ho chiesto, nel dubbio, al caro amico Wolowitz, un quasi ingegnere così chiamato perché somiglia tanto a Wolowitz di Big Bang Theory. Se stai leggendo, caro Howard, beh... spero tu non stia leggendo. Comunque sia, dopo una risata, la risposta è stata che questi tizi dicono che le onde causate dalla chiamata potrebbero caricare elettricamente una parte metallica del telefono che a sua volta genererebbe una scintilla che potrebbe incendiare la benza. Eh, sì, e poi? Sticazzi non ce li metti?
Ovviamente lui non crede a ste cose, e io nemmeno, come non credo alle fate, all'olio di palma e a Nadal numero 7 del mondo. E in effetti sostiene sia più rischioso, rispetto al telefono, un accendino, o la stessa macchina che si carica da sola. Vabè, avete capito. Farò gpl senza telefono, senza accendini e senz'auto a sto punto. 

Voi comunque vi siete mai imbattuti in un cartello del genere? Avete mai provato il brivido della multa per aver ignorato una precauzione valida quanto una bufala? 
Io intanto mi immagino lì, a due passi dal distributore mentre mi fanno il pieno, a chiamare il tipo che mi sta in culo, e farlo saltare in aria camminando deciso con l'esplosione sullo sfondo stile Breaking Bad. Che ficata!

11/05/15

Il signore del Trenitalia.

''Attenzione. Il treno 45499, proveniente da Venezia Santa Lucia e diretto a Verona Porta Nuova, è inesistente. Riprovare più tardi o venire un altro giorno o andare a fare in culo. Ci scusiamo per il disagio.''

Voi la fate facile. Sì, proprio Voi, che vi lamentate vibrando bestemmioni nell'aere come fossero Wingardium Leviosà contro Trenitalia, poverella, se i treni fanno ritardo. Voi che magari dovete andare a lavoro, che siete lì lì per fare un esame e siete pendolari, voi che... insomma, la fate proprio facile. Ma vi siete mai chiesti il reale motivo di tutto questo disagio nell'organizzazione delle corse? Avete mai provato a porvi la domanda: ma perché cazzo 'sta Trenitalia non si sopprime lei piuttosto di sopprimere il treno che devo andare a trovare la morosa e sono già in ritardo e quella m'ammazza la testa?!
La risposta è: Luchino Perciccio. 

Luchino Perciccio è il dipendente pubblico più sottopagato, sfruttato e stressato dell'intero Stivale. Luchino Perciccio è la ragione per cui il vostro treno è Ci scusiamo per il ritardo!
Luchino nasce nel 1960, sin da piccolo ha la passione per i treni e in età adolescenziale è notato dall'insegnante di canto della parrocchia per il suo particolarissimo timbro vocale. No, Luchino non viene arruolato nel coro della messa domenicale, che è stonato come Loredana Lecciso, ma è segnalato direttamente al parroco come lettore ufficiale dell'omelia. Perché? Perché la voce di Luchino Perciccio è melodiosamente atona. Cioè priva di accenti, di inflessioni, di pathos, ma con uno strano piglio musicale. Praticamente è in grado di ipnotizzare i fedeli che ora ascoltano le parole del prete recitate da Luchino. E' un dono divino!
La svolta per lui avviene nel 1999. Dopo una giovinezza priva di significativi risultati scolastici, sentimentali e lavorativi, trova un impiego non troppo redditizio come speaker radiofonico per una stazione regionale. E' purtroppo cacciato a calci nel culo due anni dopo, per la disastrosa campagna di boicottaggio indetta dall'ANAS contro l'emittente per cui lavora: il suo programma di fatto, quand'è in onda, aumenta del 400% l'incidenza di incidenti automobilistici. La stessa voce atona e ipnotica che l'aveva reso celebre ora mostra i suoi lati peggiori. Sì perché non è solo la fine della carriera radiofonica il problema, bensì l'inizio della collaborazione con Trenitalia.
Luchino Perciccio è assunto a tempo indeterminato in un bunker sotterraneo situato sotto la stazione di Roma Termini. Da quel bunker Luchino lavora quasi tutto il giorno, tutti i giorni, perché gli piace. Se, ciao proprio. La realtà è che è stato rapito. Rapito dallo Stato, che ha scorto in lui il perfetto... il perfetto... rullo di canguri... sì ragazzi, stiamo per svelare la sua mansione per Trenitalia, nonché la risposta alla domanda iniziale... insomma, Luchino è il perfetto annunciatore di arrivi, partenze e ritardi dei treni.

Esattamente amici. Avete capito. Lui, da solo, rinchiuso nel bunker segreto, minacciato di morte, osserva e annuncia ogni singolo treno sul territorio nazionale. Vi siete mai chiesti perché in qualunque stazione voi andiate la voce del signore del Trenitalia è sempre la stessa? Registrazioni dite? Sveglia gente!!!111!11!!! E' rapimento! E' sequestro di persona! E' Luchino Perciccio che si sgola, pur mantenendo sempre, impeccabilmente, la sua particolarissima voce atona e dal piglio musicale, dicendovi ''Attenzione, il treno 45499, in partenza da Venezia Santa Lucia e diretto a Verona Porta Nuova, è in ritardo di 30 minuti. Ci scusiamo per il disagio.''
So che siete persone intelligenti. So che, di tutta questa storia, non credete alla panzana dell'incidenza di incidenti aumentata del 400%. Difatti l'ANAS è proprietà statale, come Trenitalia, e la sua campagna è stata solo una mossa strategica per appropriarsi di Luchino Perciccio, e sfruttarlo. Un rapimento alla luce del sole. I ritardi dunque? Sono semplicemente le normali difficoltà che una singola persona può avere nell'annunciare costantemente ogni singolo cazzo di treno in tutta la rete ferroviaria d'Italia. Non è lui ad annunciare i ritardi dei treni, sono i treni che tardano per permettergli di fare l'annuncio. Un lavoro infame il suo, una vita miserevole. 

Il punto è che... perché Trenitalia non si prende qualcun'altro? Perché sfrutta Luchino in questo modo? Perché si accolla i disagi che giustamente il povero Perciccio crea? Queste sì che sono ottime domande. E' quindi vostro dovere continuare a lamentarvi di Trenitalia, ma facendolo con la giusta motivazione, e gridando: Basta Ritardi! e Luchino Perciccio Libero! 

06/05/15

Wild e la ricerca della bellezza

Cheryl, sfinita, arriva nel punto più alto del pendio. Si sfila le calze e libera i piedi, pieni di vesciche e con un'unghia incarnita, e uno degli scarponi, disgraziatamente, rotola giù, giù, giù... 
La giovane urla con tutto il fiato in gola e in una manciata di secondi, assieme all'urlo, vedi cosa nasconde quel gesto disperato. Una singola scena da pelle d'oca, che vale tutto il film, credetemi.

Oggi si parla di Wild, film del 2014 per la regia di Jean-Marc Valleé, che riprende i ricordi della vera Cheryl Strayed che nel suo libro racconta la propria esperienza al Pacific Crest Trial, un sentiero escursionistico di oltre 4000km.

Cheryl un giorno decide di staccare la spina e cominciare a viaggiare, e armata di zaino (più grande di lei) e non troppa convinzione affronta un percorso in solitaria in mezzo alla natura selvaggia, lontana dalla civiltà. Una premessa questa, che ricorda molto un'altra pellicola di viaggio, Into the Wild, basata sulle memorie di quell'Alexander Supertramp col sogno fisso dell'Alaska, ma che in realtà prende tutt'altra direzione. Il racconto di Cheryl non è un allontanamento disgustato dalla società, o una sua critica, ma una fuga dalla propria vita per trovare una prospettiva diversa con cui guardarla, scacciando i propri demoni e imparando a convivere assieme ai rimorsi.

Il viaggio è un pretesto per raccontare ciò che la protagonista ha vissuto prima. I momenti di fatica, di bellezza, di paura, sono allora alternati a precisi flashback che approfondiscono man mano il passato di Cheryl, svelando di un'infanzia difficile con un padre alcolizzato, di un rapporto sentimentale travagliato col marito, di molte strade sbagliate e soprattutto, di una madre sempre presente anche se infinitamente distante da lei.
Altra grande protagonista, oltre a Reese Witherspoon, è quindi la fantastica Laura Dern, che interpreta una quarantenne amante dei propri figli e della propria vita nonostante tutto, una che ha deciso di rimettersi in gioco, anche tornando a studiare nella stessa scuola di Cheryl, una che guarda la vita col sorriso sulle labbra, perché in fondo, nonostante le difficoltà, si deve guardare alla bellezza.
Ed è proprio questa che Cheryl imparerà a trovare verso la fine del suo percorso, rivivendo e vivendo attimi di panico, di solitudine, di gioia immensa, di quiete e anche di dolore; imparerà ad andare avanti e a costruire qualcosa di nuovo, con lo stesso sorriso di sua madre.

Wild è un film consigliatissimo. Mai noioso, splendido visivamente, fortissimo per come alterna e mostra il momento del viaggio e l'interiorità della protagonista. E basta quella prima scena di urlo disperato per rimanerne conquistati.

02/05/15

Una sega in mezzo al mare.

Ti senti così piccolo, così niente, quando sei su una nave in mezzo al mare e il mare è a forza 9. Ci sarebbe da perdere la testa non fosse per il vomito. Lui sì che ti ricorda che ci sei, qui e ora, con lo stomaco indeciso che non sa dove mandarlo: un po' lo tiene, un po' lo manda su, il resto lo gronda sul comodino che gli si trovava a tiro. Che poi è tutto chiuso. Uno come me se ne sta in cabina a far niente, a distrarsi con la tv che stride qualcosa per distaccarsi due secondi dal tanfo del secchio stretto tra le gambe. Sia mai rotoli via!
Basterebbe una boccata d'aria. Aria, aria, aria fresca. Quella si farebbe un gran bene. E allora osservi dall'oblò e vedi il mare incazzato, e una porca troia di onda arriva e tu e il secchio e la tv e il comodino e il letto e la lampada andate giùùùù, e poi una spinta un po' verso destra e poi tutti di nuovo suuuu e... e come fai a non rimetterci pure l'anima, Cristo di un Dio?
Non è la prima volta mi capita. Ricordo impazzii di paura le altre. Il pensiero di finire tutti sott'acqua, assieme alle centinaia di tonnellate di container pieni come vacche all'ingrasso, non è proprio facile da scacciare. Eppure oh, il vomito, il vomito ti salva, nel suo tragico a nauseabondo savoir faire. Si potrebbe elogiare questa sua naturale propensione al saper prendersi le attenzioni di cui ha bisogno. All'inizio non ci fai quasi caso, ma poi con delicatezza ti posa una mano tutt'attorno alla pancia. Dapprima è leggera, poi comincia a stringere, lentamente, entrandoti dentro, muovendosi poco ma sempre più intensamente. Un'immagine quasi erotica penserete, qualcosa come una sega allo stomaco, in mezzo al mare, durante la tempesta. Romantico eh? E in effetti, come per la sega, ti concentri solo su quello nonostante il mondo là fuori impazzisca, ansimando di dispiacere, respirando più forte, cercando ossigeno... finché vieni, vieni ovunque e con tutto te stesso, un sussulto bollente che spinge dalle viscere. Già. 
Che schifo. Che paragoni. Ma non ce la faccio, sapete, a pensare ad altro. Sono su questa nave disgraziata, nel mare incazzato, nella cabina striminzita. E non scopo da tre mesi. Qualche porto l'ho anche visto ma... in tempo di tempesta ogni buco fa porto, mi vien da dire, e ci vorrebbe un bel porto sì, cazzo, così ci parcheggiamo la nave, il cazzo, e la finiamo pure con queste fottute tempeste tropicali dell'oceano. Perché ti senti così piccolo, così niente, quando sei su una nave in mezzo al mare, e il mare è a forza 9. E a sapere che ti ci sei ficcato da solo, in questo buco di culo, che puoi fare se non vomitare? Te lo dico io: una sega!