17/11/15

Non dialogare, ma imporre la propria visione.

Il terrorismo è l'emblema del non-dialogo. Non ci sono due soggetti che scambiano reciprocamente le proprie opinioni argomentandole, ma imponendole e basta. E lo fanno annichilendo con la paura la volontà di trovare una soluzione che non sia dettata dal panico. Si semina odio per poi raccoglierne più avanti i frutti.

In questi giorni due sono i tipi di terrorismo, di imposizione, che sto osservando. 
Il primo è quello di chi ha ordinato i massacri a Parigi, che destabilizza il clima di sicurezza avvertito dall'europeo; europeo che comprende anche quell'ampia parte di fedeli musulmani che prontamente, nel migliore dei casi (il peggiore non voglio nemmeno immaginarlo), viene  invitata a dimostrare la propria repulsione per le morti in nome di Allah. Quasi fosse l'Islam in ogni sua possibile accezione ad essere malato, come se da ogni singolo italiano ci si dovesse aspettare una dissociazione per atti mafiosi risolti nel sangue.

Il secondo invece è quello dei cittadini, che in preda all'insicurezza spengono il giudizio critico lasciandosi andare a facili e roboanti soluzioni, opinioni elaborate di pancia e prive di qualsiasi dialogo, non argomentate, ma ancora una volta imposte. Magari un E' ora di mandarli tutti a casa, eliminiamoli, attacchiamoli! preso pari pari dal paladino di turno, giusto così perché l'ha detto Lui, e se lo dice Lui sarà vero per forza. Un commento risolutivo che ci accontenta sposando bene sentimenti turbati o le già ben radicate posizioni ideologiche, che evita la fatica di un'analisi seria e risparmia il doverci conoscere più a fondo, sia mai ci si trovi a dover rinnegare convinzioni improvvisamente inadeguate.

Non riporterò le immagini degli attentati. Ma, senza commentare oltre, vorrei lasciarvi poche frasi tra quelle lette sui vari social. Idee forti pronunciate da una marea sterminata di individui, forse chissà, persino ragionate (anche se condite in un bel bagno di ignoranza e pregiudizi), ma sicuramente non discusse, imposte con una violenza che pur non essendo fisica sarebbe il caso di riconoscere. A voi, ovviamente, lascio le dovute conclusioni.

Come si vince, porgendo l altra guancia??? Sveglia e basta con questa solfa noiosa e ridicola dei." razzisti fascisti", vogliamo un' Italia sicura.VIA TUTTI SUBITO

il fascismo = ISIS = Islamic state of Irak and Siria.
un bambino Bianco ha la possibilità di avere una mente libera i musulmani no.....

Come ha detto Erdogan " c'è solo un islam" l'islam moderato o fondamentalista non esite.

Ma smettetela di fare i buonisti che fate solo pena

Non tutti sono isis...ma ci diventeranno!
STERMINARE!


Consiglio di leggere Oriana Fallaci che aveva previsto tutto questo e vorrei ricordare che per l'islam noi siamo infedeli e questo non solo per i terroristi ma per tutti gli islamici...Che dialogo può esserci se una parte presuppone di essere superiore

[...]Serve un'azione militare forte congiunta subito e immediata senza alcuna remora pietà distinzione di sesso e età. Va estirpata subito ogni potenziale minaccia- [...] .andrebbe istituita la legge marziale, fare un rastrellamento a tappeto casa per casa cantina per cantina bosco per bosco moschea per moschea ogni millimetro del nostro territorio va setacciato e controllato, estirpare tutte le possibili minacce immediatamente. E' ora di combattere e agire. Le parole non servono serve azione. 

12/11/15

Di mostri e uomini.

Sono giorni pieni ma divertenti. Mi perdonerete se a queste pagine non ci sto badando molto e se non sono passato a leggervi, ma è tutta questione di mostri e uomini.
Mostri e uomini che vengono giù nero su bianco in un racconto, e mostri e uomini che volano qui in Italia dritti dritti dall'Islanda per suonare. Forse meglio partire dall'inizio.

Entro fine novembre devo consegnare un racconto per un concorso molto interessante tenuto a livello europeo (se volete provare pure voi lo trovate a questo link). Sono poche le linee guida da seguire, se non quelle della lunghezza massima da rispettare e del tema, che vede la scelta di uno fra tre castelli d'Europa attorno a cui si dovrà ambientare la propria storia. La mia, è ricaduta tra le mura di Castel Corvino, luogo in cui un tempo un uomo, re Mattia Corvino, tenne prigioniero per diversi anni un mostro, un certo Vlad III, che a noi è forse più noto come Dracula.
Giorni quindi in cui mi sono documentato parecchio per capire il contesto storico di quegli anni e in cui mi sono raccontato prima mentalmente e poi praticamente le vicissitudini dei miei personaggi. Mancano ancora un po' di revisioni ma ce la dovrei fare. Crediamoci!

E poi ci sono gli altri mostri e uomini, i grandiosi Of Monsters And Men, un gruppo (folk/indie/pop vallo capire insomma) rock nato in Islanda che col suo tour 2015 è passato anche in Italia. Giacché lì amo, eccoci dunque a Firenze con l'amica di viaggi Vale a sentirli dal vivo, e voi che non c'eravate... non sapete che vi siete persi!
Il concerto si è tenuto al teatro Obihall di Firenze, un posto di dimensioni modeste che quindi era strapieno, ed è iniziato con le ombre scure dei componenti che entravano in scena circondate da un alone di luce bianca, sfumata lasciando il posto all'oro e a loro, scatenati, perfetti, da pelle d'oca. Tutti suonavano dando quel qualcosa in più che nei dischi, già di per sé ottimi, non riesci ad avvertire perfettamente e che qui ora si sfogava appieno, mentre la splendida Nanna, leader del gruppo, ti imbambolava letteralmente con la sua voce magnetica. Wow Nanna ti amo!!! Un'ora e mezza di pura libidine, un concerto costellato di canzoni tanto belle che pareva di ascoltare un singolo dietro l'altro, con le parole dei cantanti che si mischiavano intrecciandosi a quelle del pubblico ammaliato.
Ovviamente una visita veloce veloce a Firenze non è potuta mancare. Terza volta che ci capito e terza volta in cui penso sia una delle città più belle d'Italia. Calda, accogliente, artistica e, cosa assolutamente non scontata... pulita!

Di mostri e uomini non ho più nulla da dire, se non che mi aspetta la battuta finale: il weekend lassù nei monti con Rick DuFer (i mostri in questo caso sono i suoi baffi) e Adrian intitolato Il bosco nello spazio, e sono sicuro ci sarà da divertirsi!
Noi quindi ci risentiamo... quando ne ho voglia, come sempre! Buon fine settimana cervelli!

P.s Un grazie a Sebastiano Bongi Tomà per la foto, io ero troppo nano e lontano per potercela fare ;)

03/11/15

Comunicare la verità

Mi chiedo sempre più spesso come possiamo affrontare scelte sicure se non abbiamo le conoscenze adeguate riguardo la verità che circonda quelle scelte. Penso all'ultima domanda, quella che abbiamo per le mani in questi giorni: la carne rossa fa male davvero oppure no? Smetto di mangiarla o continuo come sempre? 

''Non esistono fatti ma solo interpretazioni.''

Non serve scomodare Nietzsche né perdersi in discussioni su relativismo e prospettivismo. Perderemmo tempo e non sarei di sicuro abbastanza preparato. Però questa citazione mi sento di usarla, perché è ormai di uso comune, la conosciamo e l'abbiamo fatta nostra. 
Che ci sia una verità, intesa come stato delle cose o fatto concreto, dietro a qualcosa di cui si sta parlando, è una convinzione che abbiamo in molti ma che non ricerchiamo. Spesso ci fa comodo credere che esista il vero, ma quasi sempre scegliamo la possibilità dell'accordo comune rifiutando una ricerca approfondita, perché siamo appagati così, perché funziona. La verità, in virtù di ciò, nel mondo dell'informazione, parrebbe proprio essere orientata verso la scelta funzionale, quindi verso l'interpretazione.
Quand'è allora che riteniamo un fatto vero o reale? 
Lo facciamo quando questo fatto è confermato dalla maggior parte delle persone, cioè nel momento in cui una verità interpretata in un dato modo ci accontenta e ci convince, divenendo quindi senso comune, verità assoluta. Un fattore di tendenza, né più, né meno.

Se prendessimo ad esempio un incidente stradale con due automobilisti intenti a raccontare ognuno la propria versione dei fatti, probabilmente sarebbe più credibile quello che ha il maggior numero di testimoni a sostenere tale versione. Ma se i testimoni mentissero? O se non avessero tutti gli elementi a disposizione? E se chi non ha frenato allo stop l'avesse fatto per un malfunzionamento dei freni?  Se la verità non fosse conoscibile, non in questo modo?
Qui sta il punto. La verità come concetto e come oggetto da utilizzare come ci pare e piace, da piegare ai nostri intenti, è pericolosa. Verità è una parola che presuppone dei punti di vista che la raccontino e la condividano, ed è ormai divenuta un'entità da utilizzare a piacimento per nascondere un ipotetico stato delle cose, che invece si può ricercare, ma che viene oscurato e interscambiato con essa. Questo stato delle cose, sia chiaro, è un'oggettivazione, una rappresentazione a modello di ciò che stiamo indagando, e nel momento in cui è indagato da esseri umani (fallibili) non può essere trovato ma solo avvicinato più o meno efficacemente. Il migliore dei metodi che abbiamo trovato per farlo è uno e soltanto uno: quello scientifico.

31/10/15

Âmes d'Encre

Piero e Veronica erano sposati da ormai più di venticinque anni, avevano quattro figli, un paio di cani, una casa incantevole col giardino spazioso e una piscina interrata. Assieme formavano una bella famiglia, davvero affiatata, ed era palese il modo in cui la gente li guardava, così piena d'ammirazione, così ansiosa di precipitarsi ai loro party estivi e alle grigliate. La magnifica facciata però, era tutto ciò che li tenesse in equilibrio, che mandasse avanti giorno dopo giorno la routine dei due coniugi. Le lenzuola soltanto conoscevano la triste verità, quella gelida antipatia che scorreva viscidamente tra i loro corpi incrinati dall'età impietosa e le menti tediate.
Avevano pensato ad un viaggio a Parigi, per ravvivare qualcosa, per rinfrescare le idee e lo spirito, ed eccoli mano nella mano, che passeggiano tra le botteghe degli artigiani più singolari, accompagnati di tanto in tanto da qualche lieve scroscio di pioggia. L'insegna che li attira recita Âmes d'Encre, e loro entrano a sbirciare sedotti da un imprecisato aroma di incenso e dal profumo di...
''Bonsoir, amanti di luce. Amelia è qui per servirvi. Di cosa avete bisogno?''
Veronica s'intrattiene presto a discutere con l'anziana signora mentre Piero, stregato, si perde subito tra oggetti sconosciuti e simbologie antiche, odori, colori e i mille e più tessuti di quel magnifico negozio d'altri tempi. Ogni sorta di veste, ogni tendaggio, ogni coperta, cuscino o lenzuolo è splendidamente creato a mano e arricchito di fantasie tanto particolari quanto affascinanti, misteriose, persino inquietanti. Ogni figura ha una corrente artistica differente, un suo proprio stile, e ci si smarrisce in un'alternanza tale che ogni sguardo è un vortice di art brut e cubismo, impressionismo e decadentismo, surrealismo e romanticismo. Nel singolare stordimento poi, Piero coglie gli altri avventori del negozio e nota, in quel loro pacioso girovagare, quanto siano anch'essi bizzarri e intonati, o meglio stonati, con la bottega stessa. Una particolarità sembra accomunarli. Non ci ha fatto subito caso ma ora non può fare a meno di chiederselo: come mai sono tutti così silenziosi e... in sovrappeso? Si spostano lentamente, barcollando tra gli scaffali e osservano con disinteresse la merce esposta. Qualcuno muove silenziosamente la bocca, un'espressione ebete e vuota, si ferma un po', riprende a camminare.
L'uomo fa spallucce e smette di pensarci, torna a ciò che l'incredibile bottega ha da offrirgli, e inevitabilmente si ferma all'immagine puramente naif di una coppia: due individui scarni stesi uno di fianco all'altro, le dita che appena si sfiorano, addormentati o forse morti, ma in ogni caso, stranamente splendidi, colorati.
''Oui, questo allora farà al caso vostro.'' dice la negoziante portando la moglie a contemplare proprio ciò che Piero già osservava rapito. ''Due amanti, oui? Occhi chiusi, in estasi, due dita che si cercano poco a poco e un letto di giunchi fioriti che si abbracciano proprio sotto di loro.''
''E' magnifico...'' dice Veronica in un filo di voce.
''Magnifico.'' concorda il marito.
''Credete ad Amelia: io vedo nei cuori della gente. Copriletto, lenzuola, federe, trapunta e il tessuto che li rende vivi... non è questo l'importante, ma l'essenziale. E' ciò che questo dipinto qui raffigurato racconta e lascia intendere. Dormirete bene assieme a loro.'' annuncia in un sorriso, ''E farete bene anche qualcos'altro, credete a questa vecchia Amelia.'' termina andando a preparare il tutto per concludere l'affare.

27/10/15

Walkman | Ottobre

Questo mese è partito con una fissa incredibile per le doti canore di Jessie J, quella che fa canzoni ultra pop che tanti schifano ma che io ascolto lo stesso perché de gustibus non disputandum est, come dicevano gli antichi ascoltatori dei Tokio Hotel, ora volati via col monsone assieme agli altri emo come loro. Quindi si parte proprio da qui:

Jessie J
Difficile in effetti fare troppo caso alla voce quando si è distratti dai mille fronzoli poppettari di contorno che vogliono rendere a tutti i costi le sue canzoni orecchiabili. Mi sono perso infatti per le versioni acustiche dei suoi brani e per i momenti in cui canta dal vivo. Quindi mo' vi ascoltate Price Tag, Burnin' Up e Bang Bang

WhoMadeWho 
L'Indie rock ovviamente non poteva mancare nemmeno stavolta. Come new entry nel mio spotify arriva questo trio danese fondato nell'ormai lontano 2003. Iniziate pure con Heads Above (che mi sa proprio da autunno), Ember e Running Man & The Sun
Aquilo
E ad accompagnare i sopracitati WhoMadeWho ci si mettono pure gli Aquilo, che col loro alternative e altrettanto indie rock vi ipnotizzeranno letteralmente con Human (stupenda e in un certo senso energica) per poi conquistarvi con Good Girl e Better Off Without You.

Ecc. Ecc...
Dopodiché un frullato di casualità dovuto tanto alla radio quanto e soprattutto alla nuova funzionalità di spotify, ovvero quella che ti crea automaticamente una playlist nuova ogni settimana, proponendoti un equilibrato di tutto e un po'. Riempono ordunque il mio ottobre a caso: Back Together di Robin Thicke e Nicki Minaj, Vita da Star di Marracash e Fabri Fibra, Staring at the Sun di Mika, Dance Hall Days dei Wang Chung e la frizzantissima Downtown di Macklemore e Ryan Lewis.

Voi invece che avete ascoltato di belloennuovo in questo mese quasi finito?

24/10/15

Autunno... e il blog si fa bello!

Oggi un breve post per raccontarvi di questa novità estetica qui su CervelloBacato. Lo so, lo so lettori cari. Questo è il peggior blog della blogosfera italiana a detta di qualcuno (e infatti vi avviso subito all'entrata, che non voglio mica che ci restiate male eh!), ma io me ne frego e tento di renderlo bello con una veste migliore e rinnovata. Nuovi colori quindi e soprattutto nuovo sfondo!

Inutile dirvi quanto io sia una schiappa con le questioni grafiche. Ho dovuto chiedere una grossa mano per questo lavoro così come ho trovato grandi aiuti per altri, fin dalla fondazione stessa del blog. Ogni header là sopra, per esempio, non è frutto delle mie fatiche ma di quei preziosi aiutanti che potete trovare elencati uno ad uno QUI o sbirciando nella sezione apposita lì in alto.
I ringraziamenti oggi però vanno tutti a Giulia, che ha sopportato le mie mille rotture di palle  per realizzare il bellissimo look autunnale del blog (nonché i deficit numerosi e infiniti della piattaforma blogspot che c'ha fatto sclerare male malissimo). Grazie grazia grazie super Giulia!
Vi anticipo anche che... beh, le stagioni sono quattro, e quindi ci saranno altre sorprese, blogspot permettendo...
Io e i tre nuovi cervellini quindi vi salutiamo e ci si vede la prossima settimana con un nuovo post! Ciao cervelli ;)

22/10/15

Se l'anima esiste abita di sicuro nella nostra memoria

Qualche tempo fa, leggendo un saggio del neurologo Oliver Sacks (che potete trovare qui), mi rimase in mente questa sua affermazione:
[...] Mi sento infatti medico e naturalista al tempo stesso; mi interessano in pari misura le malattie e le persone; e forse sono anche insieme, benché in modo insoddisfacente, un teorico e un drammaturgo, sono attratto dall'aspetto romanzesco non meno che da quello scientifico, e li vedo continuamente entrambi nella condizione umana, non ultima in quella che è la condizione umana per eccellenza, la malattia: gli animali si ammalano, ma solo l'uomo cade radicalmente in preda alla malattia. [da L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello]
Il cadere in preda della propria malattia in effetti, è un circolo vizioso che a partire dal tuo corpo infetta poi la mente e il pensiero, la personalità, portandoti a identificare te stesso con il male che ti ha colpito, facendolo tuo e parte indissolubile di te anche se tu non lo vuoi e lo stai combattendo.

Questo è un po' quel che ho provato guardando Still Alice, un film che racconta di Alice, cinquantenne affermata nel mondo accademico e stimata linguista, e di come l'insorgere di una forma rara di morbo di Alzheimer le mangi a poco a poco i ricordi.
Non c'è nulla di esagerato nell'interpretazione di Julianne Moore (che qui vince l'Oscar come miglior attrice protagonista) o di stonato, e difatti l'andamento sempre più instabile e infine apatico della sua personalità si esprime perfettamente nell'ambiente intimo e familiare che le sta attorno. Così come non vi sono trovate semi miracolose o svolte eccezionali tipiche dei film che illudono lo spettatore verso una finta risoluzione che poi sfocerà nella lacrima facile.

Still Alice è composto, reale, disperato. La domanda che fa sorgere non è tanto chi sei tu?, perché il tu non è mai messo in discussione, quanto invece il che cosa sei tu?, e cioè, qual è quella parte di te che rende la tua persona quella che è veramente. Una questione che va a scomodare in un'unica volta due soggetti differenti: il malato e chi gli sta attorno.
Sempre il neurologo Sacks, nel suo saggio, fa una riflessione proprio riguardo l'essenza della persona, quella cosa che rende te unicamente te, e che per maggior impatto lui identifica come anima. Se l'anima esiste, afferma, allora di sicuro il suo posto è nella memoria, poiché è nella memoria che noi costruiamo continuamente, istante dopo istante, la nostra persona, l'identità. E questo implica, come ci mostra poi il film, che la perdita dei ricordi corrisponde a una perdita enorme di noi e che tanto più ne smarriamo tanto più moriamo. 
Still Alice parla di morte ma non intesa come quella del corpo, bensì dell'anima, se si vuole utilizzare il paragone di Sacks. La protagonista ha paura di morire perché è cosciente, almeno nella sua fase più lucida, di ciò che comporterà il progredire dell'Alzheimer: non esistere più per se stessa, ma vivere come ricordo negli occhi di chi ancora guarda il suo corpo.

15/10/15

Interstellar è meglio di The Martian.

Che titolo stronzo.
Lo so che siete qui col sopracciglio alzato e il dito indice scagliato contro lo schermo urlando Sei un coglione non capisci nienteeee! Difatti è tutta una trappola. Un modo per attirare l'attenzione. Penso davvero che Interstellar sia meglio di The Martian? Beh, è un'affermazione poco sensata. Quel che voglio raccontarvi piuttosto è perché preferisco il primo rispetto al secondo, secondo i miei personalissimi gusti. E quindi...

Partiamo da The Martian.
In breve, Sopravvissuto narra di Mark Watney, un astronauta che a seguito di un incidente durante una missione su Marte viene creduto morto e quindi abbandonato dai compagni, in fuga dal pianeta a causa di una tempesta. Il film si sviluppa raccontando di come Mark riuscirà poi a sopravvivere da solo risolvendo i problemi più disparati, ingegnandosi di volta in volta per procurarsi energia, cibo e mezzi di trasporto e comunicazione in grado di proiettarlo non solo alla momentanea fuga dalla morte, ma ad un vero e proprio piano per ricongiungersi ai propri compagni, per tornare a casa. 
Quel che emerge da tutto questo è prima di tutto la valorizzazione dell'intelligenza umana, in grado di creare e costruire (sia concettualmente che praticamente) il domani. Se Mark riesce nei suoi scopi è perché ha una mente che funziona, attiva, come quelle del suo equipaggio e di chi alla Nasa si dedica al suo recupero. E non solo. 
Altro tema importante è la forza di crederci sempre, di non arrendersi, di lottare. L'intelligenza di per sé non vale nulla se non viene applicata in un contesto che la fa fruttare, e questo Mark ce lo mostra sfidando ogni probabilità sfavorevole alla sua sopravvivenza. Se c'è una soluzione, una strategia percorribile, allora percorrila tutta, corri, non mollare! 
Un messaggio che potremmo adottare anche noi nel nostro piccolo volendo. Smettendo di crogiolarci nell'apatia o nella paura, osando un po', sognando con ambizione e mettendo in pratica.

12/10/15

Expo 2015: affamare il pianeta?

Lo scorso giovedì sono stato finalmente anch'io a Expo 2015. Il titolo, come tutti sapete, è Nutrire il pianeta, energia per la vita, e si parla perciò, o meglio si dovrebbe parlare, di alimentazione legata a sviluppo, impatto ambientale e salute. La domanda che mi pongo è: il tema e lo spirito con cui questa esposizione universale nasce, sono stati rispettati?
L'unica risposta che posso darmi e darvi è quella del semplice visitatore, e tale risposta è No.

Arrivando a Expo ho provato diverse sensazioni, molte delle quali totalmente contraddittorie. Anzitutto la curiosità, che era molta viste le grandi aspettative di tutto il Paese per questo progetto monumentale e date le milioni di pernacchie (virtuali e non) con cui tutti noi ci siamo divertiti a sfotterCi sentendo puzza di figura di merda. Ricordate i goliardici eventi su facebook qualche settimana prima dell'apertura, sì? Dopodiché sono arrivati il Niente male, osservando l'organizzazione tutto sommato efficiente nonostante la mole esagerata di gente, e il Cazzo che palle, perché queste code titaniche che vanno dalla mezz'ora (se ti va molto bene) alle quattro ore (Giappone, bel tentativo ma io mezza giornata per te non la spendo) ti distruggono l'anima e i piedi.

Ma insomma, cosa è stato Expo per me? 
Di positivo, ignorando l'enorme ipocrisia di tutto l'evento, ci sono state diverse cose. Tra tutte direi il cibo, che era tanto e giustamente molto diversificato. Aggiungerei pure un po' troppo costoso ma preferisco non vomitare troppa negatività. Ho pranzato con del pollo in salsa rossa (sud coreano) e dell'ottimo ramen, che vi giuro mi ha sollevato il morale dopo la mezza delusione della mattinata trascorsa, fatto merenda con un waffle con mezzo barattolo di nutella sopra, e infine cenato al ristorante giapponese con un po' di sushi, che tra parentesi, non avevo mai mai mai mangiato fino a nemmeno un paio di settimane fa.

07/10/15

Il bar del pesce giallo

Piove che Dio la manda, così, tutto all'improvviso. Me l'avevano detto che al nord il tempo faceva sempre schifo, ma vai a vedere che davvero la pioggia non ti lascia in pace per più di mezz'ora? Vedo un'insegna luminosa più avanti, corro con l'ombrellino tutto scassato dal vento e la valigetta di lavoro nell'altra mano. Posto piccolo, accogliente, cerco un tavolo in un angolo. Prendo in mano il listino del bar e inizio a sfogliarlo. Le ultime due pagine contengono un racconto intitolato Il bar del pesce giallo, la storia del nostro nome. Il cameriere arriva e chiede cosa voglio ordinare. 
''Una bionda media.''
''A posto così?''
''Sì, grazie.''
Annota, mi ringrazia, e sparisce nell'altra stanza. Inizio a leggere.

Come si divertiva lui a fissare le persone forse nessuno mai. Traballavano un po', e il volume della musica assecondava il quadretto frenetico riflesso sulle spine di birra. Appoggiato al bancone, la testa abbandonata su un braccio, osservava chi alle sue spalle si stava vivendo la serata. Li vedeva allora obesi e bassi appena prima di scomparire dietro la sua faccia, e poi lunghi e smilzi quando s'allontanavano, fino a che non si notavano più e restava il metallo lucente del rubinetto, sporco di macchie.
''Dai, fammene un'altra.'' 
Guardò il boccale riempirsi, la bionda scendere fresca e invitante, la gente deforme riflessa sulla sua sinuosa e personalissima fonte di felicità. Bevve sporcandosi di schiuma fino al naso, ne scolò metà, appoggiò il boccale e lo fissò tornando a ingobbirsi sul bancone.
''Vuoi forse farmi morire?'' domandò il pesce che nuotava nella birra.
''Sì, odio i pesci rossi''
''Sono un pesce giallo, sei cieco?''
''Solo un po' sbronzo.''
''Vaffanculo, se la metti così, beh io inizio a cagare allora!'' disse il pesce giallo, iniziando a defecare dentro la sua birra.
''Ou, tu.'' chiamò il barista. ''Questa birra non è buona. Vedi? C'ha cagato dentro.''
''Mi scusi?'' fece il giovane un po' a disagio.
''Sì, sì, questo cazzo di pesce mi ha cagato dentro alla birra ti dico. Li vedi? Li vedi i suoi stronzetti?'' chiese alzando il boccale mezzo vuoto.
Il barista non capiva. ''Se vuole gliene porto un'altra.'' disse cercando con lo sguardo il suo superiore.
''Un'altra? Se le fate tutte con questi pesci che ci cagano dentro io non lo so se ne voglio un'altra!''
''Sei proprio un deficiente.'' fece il pesce giallo ridendo, nuotando nelle bollicine di birra.
''Tu sei proprio un figlio di troia invece!'' urlò lui puntando il dito al bicchiere.
Notò, riflessi sulle spine di fronte, i clienti alle sue spalle. Parlavano ora a bassa voce e lo fissavano.
''Che cazzo avete da guardare?'' si girò, ''Ma l'avete vista la merda che vi rifilano in questo locale? Pesci rossi che cagano i loro stronzi dentro alle birre! Ma dove siamo finiti? E voi la bevete! Guardate qua!'' fece alzando la sua bionda in modo che la vedessero.
''Sono un pesce giallo brutto deficiente, che cazzo di problemi hai?''
''E sono stronzi pure i pesci, l'avete sentito?''
Chi rideva, chi lo filmava, chi tornava a ignorarlo allontanandosi o usciva dal locale. ''Ahh ma andate a fare in culo pure voi!''. Tornò a girarsi verso il bancone, fregandosene di tutti.
''Mi dia pure.'' disse l'altro barista. ''Non gliela facciamo pagare ma la invitiamo a uscire dal bar.''
''E perché? Io voglio soltanto bermi una cazzo di birra come si deve, e voglio pagarla, non voglio dover uscire perché voi ci mettete i pesci rossi che ci cagano dentro!''
''Pesce giallo!'' fece il pesce, mentre veniva portato via assieme al suo boccale.
''Signore, la prego, sta infastidendo i clienti. Non ci costringa a chiamare i carabinieri.''
''Ma siete tutti deficienti?! Dia qui!'' disse togliendolo dalle mani dell'uomo. ''Me ne vado sì, da questo posto di merda. E si tenga i soldi di questa merda di birra piena di stronzi di pesce rosso! Che non sono mica un pezzente come volete far credere a questi imbecilli che non capiscono un cazzo.''
Lasciò cinque euro sul tavolo, si alzò, e imboccò l'uscita col bicchiere in mano.
''Sono un pesce giallo ti ho detto!''
''Sai cosa c'è? Mi hai proprio rotto i coglioni!'' rispose tra gli sguardi preoccupati dei passanti.
Lanciò il boccale per terra, il vetro esplose, la birrà schizzò via assieme alla merda di pesce e al pesce.
''Così impari, pesce giallo di merda! Pesce giallo, pesce giallo, così impari, impari, merda!'' prese a sfogarsi, urlando per tutti e cinque i minuti che ci vollero prima che le forze dell'ordine arrivassero per portarlo via. 
Per terra, ovviamente, solo vetro e birra. 

''Ecco a lei la sua birra.'' mi dice il cameriere.
''Grazie. Ma, questa storia del nome del bar?''
''Oh, storia vera. Il locale ha preso questo nome tre anni fa, per via di quel matto che vedeva i pesci gialli nella birra. La gente è rimasta così colpita da quell'episodio che c'ha spinto a prenderne spunto.''
''Bah, che storia strana. E il tipo che fine ha fatto?''
''A quanto dicono è finito in manicomio, o qualcosa del genere. Beh, è quello il posto giusto per matti simili, dico bene?''
''Ah... sì sì, lo penso anch'io. Beh, bella storia, grazie eh!''
''Si figuri. Grazie a lei.'' fa andandosene.
Prendo in mano il boccale, faccio per bere e...
''Ehi, vorrai mica buttarmi giù?'' mi fa un pesce giallo che nuota nella birra.
Mi guardo intorno. ''Nnnooo...'' gli rispondo. Poso il bicchiere lentamente, lascio i soldi sul tavolo e me ne vado.

Veleno

Com'è sbagliato desiderare qualcosa che non puoi avere? Quanto stupido morire d'amore? Hélène se l'era chiesto a lungo, tormentandosi come un cane ripensando alle sue stupide voglie. Lui non aveva detto una parola, non una confessione. Le era bastato uno sguardo e il tradimento della sua bocca, aveva fatto fuggire un sorriso verso la creatura sbagliata.
Il mondo degli spiriti le era usuale e congeniale, secoli di esperienza rendevano Hélène sicura di sé come fosse a casa propria; quello della carne, però, le serbava insidie che sfuggivano al suo controllo, e ora era vittima di una specie quasi estinta, di un fascino antico che... Dio, era irresistibile.
Non pensava ad altro, si toccava e ansimava e godeva immaginando quella bestia avvinghiata al proprio corpo, la sua pelle delicata alla mercé della più vorace tra le bocche. Bramava un piacere che le era precluso e che l'aveva solleticata appena, mostrandole cosa volesse dire realmente godere della vita e della morte, godere nella carne.
Toccò l'orgasmo e rimase ansimante tra le lenzuola, sudata, esausta, col cuore a pezzi. Si sentiva tradita e stupida. Lo stomaco chiuso raccontava un vuoto incolmabile, le diceva che la solitudine che tanto aveva amato era ormai un peso che non poteva più trascinare.
Le candele bruciavano a pelo d'acqua. S'immerse lentamente, lasciando il capo fuori. Il riflesso del proprio volto, distorto dai lumini, le sorrise maligno. 
''Lui morirà.'' disse l'anima avvelenata.
''Come?''
''E' accaduto questa mattina. Il suo destino è limpido come lo specchio di queste acque, profumato come queste candele. La sua natura perversa lo condannerà.''
Hélène non rispose. Distolse lo sguardo dal proprio io, ricordando la ragazza, pentendosi di quel che aveva fatto. 
''Sai che è questo che vuoi.'' disse ancora.
Incrinò la quiete dell'acqua, zittì il proprio riflesso, uscì e si rannicchiò in un angolo piangendo. Voleva stare sola, non sentire la verità, ma nel profondo, la verità parlava ancora, non poteva ignorarla, e diceva: se non possiamo averlo noi, allora nessun altra potrà averlo mai.

05/10/15

Vanesia

Frenetica innervazione di sangue. Violaceo, ritmico, pulsava nell'aria viziata di corpi sudati, sfiorandogli le narici. Dov'era lei, creatura bramata da sempre? Un profumo disegnava la notte tra le luci fluo della discoteca. Si guardarono. Eccola, meravigliosa, meravigliosa regina.
S'insinuò con le mani sotto le vesti della ragazza, graffiandola. Pelle come il latte, piccoli nei, un odore bello da morirci. Ed era sua, era soltanto sua, spogliata di tutto in un bagno lurido, nuda di ogni pudore o vergogna, sedotta dall'essenza profonda che lui solo sapeva possedere. Le disse, mordendole il lobo dell'orecchio: ''Vanessa, io ti amo, io ti desidero con tutto me stesso.'', e scese piano, frenando per gioco l'istinto di azzannare, scese giù giocando la lingua sui capezzoli turgidi, scese giù respirandone il profumo, scese giù perdendo ogni freno, inchinandosi tra le gambe nude di Vanessa, per darle un assaggio di quel che sarebbe accaduto poi.
Lei non poteva fermarsi, nessuna mai a questo mondo avrebbe potuto. L'angolo della bocca, labbra delicate da mordere, il suo collo, il suo collo benedetto e lui disgraziato in eterno, che finalmente l'aveva trovata. Affondò i canini, succhiò il suo orgasmo, vennero insieme, affondò nella carne, nel piacere, nel godimento proprio e di lei, affondò ancora, ancora e ancora bevendone l'anima.
Le strappò la gola agitando le fauci, pura libidine, sangue e carne maciullata nelle mattonelle luride e i bassi lontani della musica, che tornavano assieme al respiro e la quiete.
Vanessa cadde a terra. Morta per l'ultima volta.
Vanessa aprì gli occhi, per sempre vivi, in eterno.
''Mia signora.'' le disse non più solo, ''Mia signora.'' ripeté, ''Mia...'' indugiò ancora. Inspirò. Espirò. A fatica. ''Mm...'' disse stringendosi una mano alla gola, al petto. Soffocò di terrore, soffocò tra le braccia disperate di Vanessa, che non capiva e piangeva, che lo stava perdendo. ''Mmm...'' lamentò per l'ultima volta la creatura, vedendo l'oscurità che se lo veniva a prendere, perdendosi nel perpetuo nulla.

precedente <--- Viola
continua---> Veleno

02/10/15

Viola

Provò curiosando le varie fragranze. Arricciò il naso più volte dal disgusto: ''Schifezza! Non sta bene con la mia pelle.'' ripeteva irritata all'amica, che la ignorava. ''Che cazzo. Qual era, vediamo... quello della pubblicità con la Portman che...'' disse tra sé scrutando il muro di boccette.
''Forse, se posso consigliarle, questo potrebbe fare proprio al caso suo.'' fece gentilmente la commessa, stuzzicandole l'olfatto con un'essenza... ''Diabolica! Un'essenza diabolica, a mio parere. Giovane e bella come sei, sì, direi che fa per te.''
La ragazza arrossì per il complimento, nonostante fosse abituata a riceverne. La montagna di sfigati che speravano di scoparsela era solita riempirla di elogi e sdolcinatezze. ''Ma grazieee.'' cinguettò. ''Dice che davvero può andare?''
La commessa sorrise estasiata. Lei si sentì nuovamente in imbarazzo. Percepì di avere fascino, cosa che, data la sincerità della donna, la lusingò parecchio. ''Vedrai.'' pronunciò annuendo, e quella sera, come predetto, Vanessa vide.
Accadde molto in fretta, come giusto che fosse. Quel ragazzo la stava guardando ballare ed era figo, figo, figo, figo. La fissava, la voleva. Tra tutte le altre aveva scelto proprio lei. Ok, ma era giusto che fosse così, perché stupirsi? E sembrò pure gradire il profumo, notò. La donna aveva fatto centro.
Sotto gli sguardi ammiccanti delle amiche si fece prendere per mano dal ragazzo e lo seguì, anche se stava finendo nello squallore di un bagno maschile. Qualcosa dentro di lei le suggerì di scappare. Il bagno, in effetti, faceva schifo. Qualcos'altro invece, di molto più forte, la inchiodò al muro e la fece gridare di piacere. Era fantastico, era bellissimo, improvviso. Lo desiderava come nessun altro prima d'ora. Era pazza di lui e non si spiegava il perché.
Il ragazzo la baciò appassionatamente, baciò tutto di lei, e si sentì amata, voluta, desiderata. Più di tutto però, godeva, e vedendosi sporca come una cagna in calore si eccitò ancora e sempre di più, premendogli la testa tra le gambe perché ne voleva ancora, perché quella bocca e quella lingua la stavano facendo impazzire. 
Si baciarono di nuovo. Si guardarono negli occhi e nell'anima. Lui le respirò il profumo dal collo. E la morse. Fu indescrivibile come volare, come le vertigini e la gioia, l'esaltazione, come il vento tra i capelli e il sole sulla pelle, come l'acqua dopo un tuffo, come il primo bacio e la prima volta, e il sapore di un buon vino e l'ebrezza dell'alcol, l'euforia della migliore tra le droghe. Puro piacere in cambio di se stessa, rapita assieme al sangue che sgorgava in una beatitudine orgasmica, il piacere perfetto, sublime. Fu come morire e poi rinascere.

continua---> Vanesia 

29/09/15

Nuovi inizi e tre V.

Prima di spiegarvi le tre V del titolo torno a scrivere di catzi miei, che è un pezzo che non vi dico niente. Stronzo che sono.

Spero, cari lettori, che abbiate passato una buona estate. Io l'ho fatto quasi fino alla fine, che poi a metà agosto come già detto alcuni acciacchi mi hanno costretto a letto. Però con l'autunno ci siamo. L'autunno mi piace, mi vede in forma. Daje!
Settembre sembra un nuovo inizio, molti dicono sia come un Capodanno anticipato, pieno di buoni propositi che puntualmente verranno sfanculati e ricco di colori, come quelli dei fuochi d'artificio di San Silvestro. Qui ovviamente si parla di foglie rosse, gialle, arancio e marroni, di vallate variopinte e boschi e aria fresca che ti ricordano quanto siano buone le castagne e il vin brulé. Quanto mi manca il vin brulé. 

Gli inizi però Cervello, devi parlare degli inizi, non fare l'alcolizzato!
L'università e il primo tra gli inizi, nonché il più stonato. Sì perché comincio l'ultimo anno e in effetti già non vedo l'ora di finire, di diventare dottò. Ultimo di una triennale comunque, che io anche se c'ho ormai un'età mi sono dilettato a perdere tempo in percorsi sbagliati. Ma poi, sarà stata davvero una perdita di tempo? No, e ne sono sempre più convinto.
Un altro inizio è quello di una collaborazione, che mi vedrà dare una mano alle attività di quel pazzoide di Riccardo dal Ferro nella sua ambiziosa Accademia Orwell, progetto e persona questi che ammiro molto. Ieri c'è stata l'inaugurazione, e se volete rivedervi la serata vi basterà cercare su periscope il profilo di Rick DuFer. Se non sapete cosa sia periscope comunque, ve ne parla qui Ispy.
Inizio che è più un riiiinizio poi, è il tennis. Non che abbia mai smesso, pausa sfigata a parte, ma si riprenderà presto con gli allenamenti e sono davvero gasatissimo. Il lavoro svolto lo scorso anno, in questi tornei estivi, ha dato i suoi frutti, e dopo essermi rimesso nelle competizioni ripartendo dalla classifica più bassa possibile, quella di N.C, sono riuscito a raggiungere la classifica 4.4 nel giro di un paio di tornei e ho accumulato abbastanza punti per salire a... e chi lo sa! Lo scopriremo nel 2016. La volontà comunque è quella di riuscire a vincere un torneo di quarta categoria e classificarmi per giocare in terza.

Accantoniamo ora il discorso sugli inizi però, che vorrei dirvi un altro paio di cosette. Anzi, ben tre. La tripletta di V che nomino nel titolo sono tre micro racconti che usciranno nei prossimi giorni sul blog: Viola, Vanesia e Veleno. Perché questa scelta particolare? Di che parlano? Non vi anticipo nulla, scopritelo da soli. Sempre più stronzo eh?! 
Sappiate soltanto che saranno molto brevi, così non avete la scusa del Ma scrivi roba troppo lunga, nei blog ci vuole brevità e sticazzi e trallallà, e che a parte la lunghezza, racconteranno tutti di una singola storia mostrata in tre differenti punti di vista. E questo è tutto. Per Viola dunque, vi aspetto venerdì! 

E ora tocca a voi. Che avete fatto in questo inizio d'autunno? Qualche nuovo inizio? Nuovi propositi? Raccontatemi un po' di catzi vostri su! ;)

25/09/15

I Origins e gli occhi come specchio dell'anima

''Forse alcuni umani sono mutati e hanno un nuovo senso, un senso spirituale e percepiscono un mondo che è proprio sopra di noi e ovunque, proprio come la luce per quei vermi.''

Studiare l'evoluzione dell'occhio umano per poter finalmente mettere la parola fine all'eterno dibattito sull'esistenza o meno di Dio, di un creatore intelligente. Questo è l'obiettivo, a tratti quasi ossessione, del biologo molecolare Ian Gray, giovane brillante e talentuoso con una vera e propria attrazione per gli occhi delle persone. Passione che un giorno, durante una festa in maschera, lo porta a incontrarne due di molto speciali, quelli di una ragazza: Sofi.

Il film, dopo un breve excursus sul lavoro dello scienziato, racconta l'avvicinamento e lo scontro tra il pragmatico Ian e la più spirituale Sofi, mostrando una storia d'amore piena di passione, contraddizioni e domande, le stesse che il protagonista evita di porsi da sempre poiché fermamente convinto della loro intrinseca inutilità e insensatezza. Lui crede nei fatti, la fede non lo riguarda.
Da qui allora inizia un percorso pieno di meraviglia, difficoltà e anche soddisfazioni, che culmina nel maturo convincimento di Ian del proprio ideale di realtà, sfociando poi improvvisamente nel dubbio assoluto, nel ripresentarsi insistente di quelle domande che lui nemmeno voleva considerare. Comincia una rivoluzione, un cambio di prospettiva che forse può mettere in discussione ogni cosa.

Difficile capire se I Origins mi abbia soddisfatto o meno. Davvero, non lo capisco. Se da un lato la parte umana mostrata dai personaggi principali mi ha convinto più del dovuto, altrettanto non è stato per il modo in cui si è voluta sviluppare la ricerca della risposta essenziale. 
Il tema è chiaramente quello proposto nei primi momenti: Dio, la vita dopo la morte, ciò in cui è lecito credere o meno. Ed è anche efficace sviluppare questo dibattito interiore portandolo sul piano prettamente scientifico, sistemandolo su un tavolo da laboratorio per sezionarlo passo passo, fino a raggiungere la certezza assoluta al fatto che No, non ci sia nulla dopo, Dio non esiste, oppure che Sì, qualcosa, una luce che non possiamo percepire perché privi di un senso spirituale che ce la spieghi, c'è. 

Come dicevo però non mi ha convinto la maniera. 
Se il cuore di tutto è la domanda trita e ritrita posta in migliaia di opere prima di questa, qui efficacemente presentata grazie a un pizzico di innovazione in più, è un peccato venga banalizzato a causa di un contesto che non ne valorizza gli sviluppi. Sono pochi i momenti in cui la curiosità per l'ossessiva ricerca di Ian, e quindi per l'intera messa in discussione dei propri valori, sia la stessa che si percepisce da spettatori. Lo svolgimento del racconto manca come di empatia, non ti fa sentire, e questo è un peccato. 
Questo è forse il motivo per cui non capisco se sono soddisfatto o meno. Un'idea originale nel discutere di qualcosa che tocca tutti noi nel profondo, utilizzando gli occhi visti come specchio in cui e su cui riflettere, ma un modo di raccontarla che personalmente non è riuscito a far breccia e toccare quelle corde. 

20/09/15

Walkman | Agosto e settembre

Bentornati a Walkman, la rubrica del blog tutta dedicata alla musica. Agosto è stato un mese un po' problematico a causa di vari acciacchi che hanno ben pensato di costringermi a letto, togliendomi non solo la voglia di scrivere ma pure quella di ascoltare musica. Ho vegetato, ecco tutto. Ma ora ci siamo e quindi vi racconto le scoperte musicali di questo mese e mezzo appena trascorso.

Birdy
Si fa conoscere ad appena dodici anni vincendo il talent show Open Mic UK, sfondando nel 2011 con la canzone Skinny Love. Così l'ho conosciuta pure io. Capelli infuocati, voce da brividi e dita che si muovono leggere sul pianoforte, la giovane artista mi ha letteralmente stregato col suo nuovo singolo Let It All Go.

Foals
Il gruppo si forma a Oxford nel 2005. Come sempre vi riporto un guazzabuglio di generi che possono dire tutto e niente: indie rock, math rock, post punk. Vaaaa bene. Li incontro per la prima volta, sempre grazie al santissimo spotify, nell'agosto del 2013. Fortissime Total Life Forever e My Number. Tornano a farmi visita con un nuovo album esattamente due anni dopo, il 28 agosto 2015, dal titolo What Went Down di cui piacciono un casino London Thunder, Snake Oil e Mountain At My Gates.

Dirty Vegas
E come capita spesso poi si cambia totalmente genere, e andiamo quindi verso l'elettronica/house/deep coi Dirty Vegas, gruppo britannico che m'è passato per le casse dell'autoradio nel febbraio del 2014 con la magnetica (almeno per me) Let The Night, che ha pure un gran bel video. Fichi questi, mi sono detto, non sono i soliti tunz tunz spacca maroni, e me ne han dato conferma subito dopo i singoli Emma e Reckless. Il bello è che poi passa il tempo e rimango di nuovo piacevolmente sorpreso in questi primi giorni di settembre, con l'uscita del nuovo disco Photograph. Vi invito dunque ad ascoltare la bellissima Photograph, che ne da il nome, Heartbeat e Madness, ma non sul tubo, che non si trovano, bensì su spotify, che se ancora non avete siete lammerda!!!

The Weeknd
Concludiamo infine con questo cantante canadese dalla capigliatura improponibile di cui non so davvero una cippa. Qual è il suo genere? Boh! Da dove salta fuori? Non lo so. L'unica certezza è che Can't Feel My Face è la mia nuova ossessione. Probabilmente nel giro di una trentina di giorni mi farà schifo al cazzo.

E per questi due mesi, più o meno, è tutto. Conoscevate già qualcuno tra questi artisti? E che avete ascoltato di bello in questo periodo? 

14/09/15

Ti porto due doni.

Ti porto due doni.
E tu, da dove arrivi? Sei un angelo? 
No, non lo sono.
E che cosa sei? Dio?
Non dire sciocchezze. Prendili, avanti. Vedi? Questo è buon senso.
Che dovrei farmene?
Per esempio, eviteresti domande stupide. In secondo luogo, sapresti scegliere se accettare il secondo dei regali che ti porgo: la verità.
Verità riguardo a...?
Questo è il buon senso che parla per tua bocca, lieto tu abbia accettato. Conoscerai il tuo destino, il destino di un uomo e il ciclo delle cose. Soddisferai una semplice curiosità, la domanda che ti fai da qualche tempo.
Sulla mia fine?
Sì, sulla tua fine.
Il buon senso dice che farà male, ma non dice quale parte.
Conoscerla, viverla, affrontarla. Potrebbe essere una tra queste o tutte e tre assieme.
Credo che... credo che accetterò comunque. E poi sono ancora un bambino, il tempo è dalla mia parte.
Il tempo, dici.
Accetto il secondo dono.
Non vorresti sentirti dire che alla fine inebetirai il dolore nei ricordi annebbiati, sorridendo amaro di amori e amicizie che il caos ha portato via. Non vorresti sapere che nutrirai ogni giorno che rimane mordendo rimorso per le occasioni perdute e ogni parola non detta, che ti piegherai in due vomitando null'altro se non sofferenza e paura sudata e che ne avrai i vestiti impregnati, di entrambe. Non vorresti vederti mentre cerchi rifugio come un verme sotto le lenzuola, trovando scioccamente le mani di tua madre in quelle di un'infermiera che ti rimbocca le coperte, perché quando sarà il momento nemmeno il tuo Dio ti darà consolazione. Se sarai fortunato, sarà il tuo male a renderti incosciente  abbastanza da non vivere il tramonto.
Vorrei consolarti, credimi, ma non lo farò, perché tu hai accolto la verità, e la verità è che continuerai a esistere come se tutto fosse possibile per sempre, come fossi immortale, infinito, invincibile, perfetto. Crederai con tutto te stesso di essere il protagonista di una storia incredibile, il solo di cui valga la pena parlare e innamorarsi, l'unico che dovrebbero ammirare, qualcuno di veramente speciale. Sentirai perciò la bruttura di quest'ingiustizia nel gonfiore stantio del tuo stomaco quando la malattia verrà a prenderti, te ne scorderai quando riuscirai a combatterla. La senilità infine prenderà sottobraccio la tua anima, ti incrinerà nella flaccida debolezza delle tue carni, tra le rughe di un viso che non sembrerà più il tuo, e lo specchio ti guarderà malinconico dicendo che ieri, appena ieri, non era così, ma era tutto diverso, era possibile. Ieri potevi ogni cosa ed è passato così in fretta, ieri ne valeva la pena, ogni cosa, anche se priva di un senso, persino la noia, la stupida inutile noia, e nell'oggi ti maledirai come un cane, perché come hai potuto lasciarglielo fare? Quando è successo? Ti resterà il conto da pagare e perduto come un bambino ingoierai tutto il resto del tempo smarrito, legato in un cappio stretto dentro alla gola. Il senso però starà tutto lì: quel conto non potrai far altro che saldarlo.
Ma tu chi sei? E perché mi dici tutto questo?
Credo tu sappia bene chi sono io.
Il... tempo?
Io sono il Tempo.
Perché hai fatto questo per me? Per un bambino?
Buon senso e verità, sono doni che non sempre le persone accettano. Gli adulti, la paura di aprire gli occhi...
Anche i bambini hanno paura.
Una paura differente, non la nebbia calda sopra l'oblio, l'appiglio di stracci che lo sfida, inutile.
Non hai risposto. Perché hai fatto questo per me? Un bambino?
Domanda, ormai, scorretta. Di quale bambino parli?
Che... significa? E perché continui a non rispondere?
Non posso che sorridere all'evidenza dei fatti, resasi così ambigua nelle tue convinzioni. Ciò nonostante, non sei lontano, e non è mia intenzione eludere la questione: è l'effettiva mancanza di prudenza, innata nei giovani innocenti, che mi ha spinto a farlo, la genuina ribellione verso quell'appiglio. Ma tu, in tutto ciò, ancora non poni attenzione: non sei già più, un bambino. Che farai ora?
Io... io credo che... urlerò. Urlerò per provare il mio nuovo grido. Sarà divertente.
Sarà divertente.
Sì, e credo che poi me ne andrò a giocare, perché perché... insomma, cos'altro potrei fare a questo punto?
Già, cos'altro?
Quindi ti saluto, se per te va bene. Ci rivedremo. E... grazie di tutto.
Non potevi fare scelta migliore. Io, non potevo farne una più curiosa.

11/09/15

Open Minded | Iniziare dal Post Scriptum (di Manuel MG Ganderle)

Come annunciato un bel po' di tempo fa ecco arrivare una puntata di #OpenMinded completamente dedicata alla musica. Ospite sul blog è il rapper Manuel Ganderle, in arte MG, che ci racconta della sua passione, di questo particolare stile musicale e del gran lavoro che si deve affrontare quando c'è la volontà di far nascere il primo disco, che a fine intervista potrete comunque trovare, ascoltare e se vi garba, acquistare. Si chiacchiera anche di passioni, donne, scrittura, ispirazioni, Fedez(?), invidie, pecore, talento e molto altro.
Ma bando alle ciance, eccovi Manuel. Buona lettura e... Aprite le vostre Menti (e le orecchie perché vi giuro che spacca!)

Caro Manuel, iniziamo da chi sei tu e magari anche parlando del tuo nome d'arte.
Salve a tutti, sono Manuel Ganderle, nativo di Malo. Nomi d'arte MG, GunMa, più uno che meglio non dire e... Easy B, ispirato da un famosissimo rapper americano, facente parte della crew ancora più famosa degli N.W.A, ovvero Eazy E (R.I.P). Il mio però non è un vero e proprio riferimento a lui. Easy B, dove la B sta per blasphemy, viene dal fatto che in compagnia mi chiamavano spesso il mingherlino dalla bestemmia facile. MG, il mio nome d'arte principale, riporta semplicemente le mie iniziali.
Se un MG incontra un CervelloBacato

La passione per il rap e la musica in generale come è nata?
E' nata da piccolino. La musica fa parte della mia famiglia da sempre, ce l'abbiamo nel sangue. I miei per esempio insegnavano country, facevano corsi a duecento coppie, e loro mi portavano alle serate lasciandomi nella culla e io stavo là, a dormire beatamente sotto cassa. Poi vabè, da piccolino ho sempre ascoltato la radio e i vari pezzi che trasmettevano (avevo trovato una frequenza in cui passavano soltanto hip hop, non chiedetemi che frequenza fosse perché non è ho la più pallida idea). Ricordo che per la maggiore trasmettevano i Fugees (amo Lauryn Hill da sempre), B.I.G., Nas e chiaramente Eminem, che girava per Mtv quando ancora facevano musica e non era tv/spazzatura e basta. Poi ricordo che all'epoca delle medie ascoltavo molto il gangsta'rap, ero ammaliato dal suono oscillante e deciso tipico di questo genere.

Tra l'altro il tuo esordio sul palco è stato proprio alle medie, no?
Eheh esattamente, facendo Baloo nel musical Il libro della giungla, cosa di cui mi vergogno molto e infatti l'anno dopo ho cercato di sabotare lo spettacolo e... ma ok, questa è un'altra storia.
Comunque dopo anni che ascoltavo l'hip hop americano, con cui ho iniziato, sono passato un po' di più a quello italiano.

Così magari capivi i testi anche?
Esatto, perché all'inizio quando ascoltavo ero catturato principalmente dal suono e dal ritmo molleggaito tipico del rap, infatti amavo anche ballarlo. Poi ho cominciato a seguire assiduamente la scena italiana, di cui prima ero praticamente all'oscuro. Ricordo che rompevo un sacco i coglioni ai miei compagni di classe perché cantavo perennemente pezzi ad ogni ora, e sicuramente se ne ricordano. Ho anche cominciato a scrivere le prime rime...

­
Quand'è che hai deciso di fare sul serio?
Allora... siamo nel 2015, quindi... sono sei anni circa. Con le prime, paleolitiche oserei dire, cercavo di scrivere qualcosa in rima ma erano proprio le basi, strofe rudimentali. Poi così, a tempo libero, ho cominciato a fare qualcosa con Bruno aka Mind, e a buttare giù le prime battute e facendo i primi freestyle. Ah poi ho conosciuto un amico, che adesso per vari motivi non canta più con noi. Mi aveva chiesto se volevo fare una canzone assieme a lui, dato che come me aveva questa passione, e mi ha portato da un tizio che conosceva che aveva uno studio home made di registrazione, ovvero dai fratelli Marco e Paolo Canaglia (che salutiamo!!). Lì ho fatto la mia prima canzone ma... è una vera merda il risultato e quindi non ve la farò sentire... MAI. Da quel momento sono andato avanti a scrivere e a scrivere e a scrivere senza fermarmi.

05/09/15

Odiare Pierce Brosnan, odiare agosto.

Mi sembra doveroso e necessario riprendere il blog in mano partendo da Pierce Brosnan.
Dovete sapere che agosto mi è sempre stato un po' sui coglioni, proprio come il detestabile Pierce. Tutto gagliardo con una faccia di schiaffi che madonna quanti te ne darei, l'ottavo mese inizia col suo classico caldo torrido e i giorni lunghi che sanno di sudore ascellare e libertà, per poi finire che... esatto, è praticamente autunno, e lui ti fa tiè col medio alzato in perfetta posa da James Bond sfigato quale è (sì vi giuro su Dio che quel particolare agente non lo sopporto).

Stavolta però no signor Brosnan di sta gran fava, stavolta non mi hai fregato infrangendo i miei caldi sogni estivi, perché mi ci sono messo io a sabotare la tua aurea di sbruffoneria malinconica. Ti ho anticipato e mi sono chiuso in casa per tutta la seconda metà del mese, con la febbra, il mal di gola, a mangiare ghiaccioli... stronzo! Quindi che vuoi ne sappia di che tempo c'è fuori dalla finestra? No, no, non credere, povero illuso,  non seguo nemmeno Studio Aperto caro mio. E ti dirò di più,  mi sono spinto oltre, che qui a noi ci piace osare, ci piace fare le cose in grande: pure settembre me lo sto vivendo a letto sotto le coperte in stato vegetativo. Non te l'aspettavi mr. Bond, ve'? Noi siamo furby come volpy, siamo volpy come furby. Noi chi, poi? 

Amici lettori di questo blog ultimamente disgraziato... tornerò, ve lo giuro. Giusto il tempo mi passi il malanno cui accennavo poc'anzi (modalità scrittura MioNonno attivata) e trascorreremo assieme altre et svariate piacevolezze tra le righe internautiche di questo loco. Soltanto un po' di pazienza. 

Nel frattempo però ricordate:
Vaffanculo ad agosto e a Pierce Brosnan sempre e comunque!

24/08/15

Non te lo dicono gli occhi.

Il buio per molti ha un colore preciso: il nero. Nero come la notte senza luna né stelle, nero come la veste delle suore che si privano di ogni altra sfumatura, nero come il mondo che scegli di vedere quando chiudi gli occhi perché di vedere, in quel momento, non ne hai per niente voglia. Lei, che di occhi buoni come i nostri ne possiede di certo, e forse pure di migliori, ricordava appena cosa significasse il colore nero, e in egual modo aveva soltanto una vaga sensazione di cosa fosse in effetti il colore come concetto.
Era questo il nocciolo del problema: l'idea di colore, di vista, di forma e dimensioni, spazi tangibili e misurabili, l'aveva perduta per qualche strano scherzo della mente. Il suo cervello, da un giorno all'altro, aveva deciso che non ne valeva la pena di ricordarsi di cosa fosse la vista, e nonostante gli occhi funzionassero in realtà alla perfezione, non servivano al loro scopo tanto quanto avrebbero fatto un paio d'orecchie in un mondo sotto vuoto e privo di suoni.
Il buio le appariva vivo proprio quanto il suo contrario. Il senso privato, per lei, non era una mancanza poiché non ti manca ciò di cui dimentichi l'esistenza, e tale era il suo bizzarro stato che gli altri quattro sensi, decisi a compensare, donavano vita vera a ogni cosa e in ogni momento, persino al silenzio, persino al buio di una stanza scordata da tutti.
Un giorno mi disse che ero bellissimo. Le chiesi il perché, curioso di capire in che modo. Guardava in un senso che solo lei sapeva, uno che potevo forse capire ma non comprendere, il che è buffo pensando che quello privato di qualcosa, in difetto, non ero di certo io. Domandai allora di dirmi cosa ci fosse in me di tanto bello, e capii infine che l'aspetto di cui ci circondiamo è il limite più grande in cui imprigioniamo noi e l'esistenza stessa, poiché pieghiamo tutto sotto di esso, anche ciò che non può essere visto.
Quando le chiesi di me, certo sapevo non avrebbe tirato in ballo l'aspetto, ma piuttosto il carattere che dimostravo di avere, o il modo in cui l'accarezzavo e baciavo, o ciò che le raccontavo e trasmettevo nei momenti che passavamo assieme. Parlò invece di tutt'altro, di visioni a dir poco impossibili, troppo complesse per essere percepite facilmente, per esserne colpiti; visioni che se ragionate hanno una loro indubbia bellezza e poesia, sia chiaro, ma inadatte a me e a noi, a un mondo di struttura e occhi che appare tanto logico e assurdamente scontato.
Mi raccontò del profumo buono delle mie parole e di quello aspro di certi silenzi, disse che le piaceva il ritmo che la natura aveva dato mio corpo, e trovava irresistibile e sorprendente la risata oscena che erano i miei capelli, pungenti come spine di rosa e altrettanto delicati. Quel che eravamo noi le era ben chiaro. La complicità, i mille difetti, i momenti dolci e quelli impossibili. Non le era ovvia, invece, la parte di me più fisica, quella che persino un bambino potrebbe disegnare con una matita e un foglio. 
Imparai da lei che se non sai cosa significa vedere, se scordi all'istante tutto ciò che il tuo sguardo può cogliere, allora ogni giorno è una sorpresa, e ogni logica perde la sua ovvietà. Tra tutte, mi confessò, io per lei ero la sorpresa più bella, e fu avvilente accorgermi di quanto per me fosse una sconfitta non sfiorare nemmeno quel che lei capiva all'istante. Il buio per me era nient'altro che nero. Il nero, per lei, nemmeno esisteva, ma esisteva il buio.