Uno degli espedienti narrativi che preferisco sono i flashback, in particolar modo se usati per raccontare uno dopo l'altro più pezzi di storia che vanno poi a unirsi nel finale, ricomponendo un piccolo puzzle. Grand Budapest Hotel è un film che ricalca, ma solo in parte, questo modo di raccontare, però semplificandolo e senza puntare sul necessario scervellamento dello spettatore come può invece capitare in altre pellicole più o meno recenti, che fanno di questo aspetto il solo punto di forza.
Ciò che colpisce guardando il film è allora il piacere semplice di ascoltare una storia, consci del fatto che piccoli punti interrogativi verrano risolti con la conclusione dei vari ''livelli temporali'', e questa storia di cui si parla, giusto per non citare soltanto lo stile, è tutto sommato semplice ma molto piacevole.
In primo luogo, dato che ho tirato fuori la piacevolezza (che razza di parola) non si può non notare la stravaganza che aleggia un po' ovunque, tanto nell'ambientazione quanto nei personaggi e nel loro modo di affrontare le situazioni. Legato a questo aspetto poi, si aggiunge perfettamente un umorismo che trova sfogo in tempi comici molto azzeccati perché piuttosto strani. Tanta imprevedibilità e leggerezza, con momenti d'azione talvolta esilaranti che ricordano scene da cartoon.
C'è quindi uno humor grottesco favorito appunto da personaggi eccentrici, e assieme a questi una regia che si adatta fantasticamente al tono spesso surreale di ciò che ci viene presentato.
C'è quindi uno humor grottesco favorito appunto da personaggi eccentrici, e assieme a questi una regia che si adatta fantasticamente al tono spesso surreale di ciò che ci viene presentato.
Il fatto che tutto sia frutto di un racconto nel racconto poi, giustifica in un certo senso le stramberie che troviamo strada facendo, perché siamo appunto nelle parole scritte di chi racconta una storia proveniente a sua volta dalla testa di qualcun'altro che gliel'ha presentata. Se poi il qualcuno in questione si porta dietro ricordi, affetti, e sentimenti stiamo a cavallo. E' un'altalena di sensazioni ed emozioni contrastanti.
Di contrastante infatti c'è l'atteggiamento dei personaggi, piuttosto scanzonato e frivolo, e il contesto storico e geopolitico (anche se mostrato in maniera filtrata e alterata in alcuni aspetti) in cui si trovano a vivere, contesto che rimane sulla sfondo e da il pretesto per alcuni accadimenti anche piuttosto disturbanti.
C'è un piccolo difetto in questo bizzarro ma preciso delirio: la storia d'amore. Non sono affatto un fanatico dei sentimenti, intendiamoci, ma qui l'ammore meritava più spazio, anche perché si parla di una relazione importante sia per l'arricchimento interiore di uno dei protagonisti sia per quello del pathos che alla pellicola è abbastanza mancato. Un'occasione un po' sprecata soprattutto perché lo spettatore avrebbe potuto empatizzare maggiormente coi giovani piccioncini, e di certo sarebbe stato più coinvolto e scosso alla fine di tutto.
Ma infine che ci si può fare? No dico, niente in effetti. Grand Budapest Hotel lo si può guardare piacevolmente, ci si può lasciar trasportare dalla storia e dal modo in cui è raccontata e presentata, e si può (o meglio: deve!) anche godere dei piccoli accenni che formano la storia d'amore. Credo che questi avrebbero scaldato maggiormente i vostri cuoricini e dall'altro lato aumentato il senso di gelo glaciale ragionando su ciò che la storia di quegli anni ha fatto vivere a più di qualche persona.