04/02/16

Il sogno di Joy

Mimi glielo diceva fin da bambina, perché è da bambini che siamo disposti a credere con tutte le nostre forze ai sogni, a credere in noi stessi. E' una nonna che continua a incoraggiare sua nipote Joy anche ora che il tempo per fantasticare è quasi sparito, rubato da una famiglia problematica, dall'impegno dei figli e da un lavoro nient'altro che necessario.

L'ultimo film di David O. Russell parte proprio con la narrazione di quest'anziana signora, che orgogliosa dell'inventiva dell'intraprendente ragazza trasfigura la tragica banalità del quotidiano in una favola a tratti fastidiosamente delirante. Un po' come il linguaggio che sto utilizzando al momento. Ora la smetto, giuro!
La piacevolezza di una pellicola del genere risiede molto in questo contrasto, che da un lato vede la voce dolce e premurosa di una nonna, dall'altro la mancanza di orizzonti che la realtà ti vomita addosso quando si cresce e si cede ai compromessi. Sì perché Joy, in tutto questo, ha un talento niente male: sa inventare, vede e costruisce con le mani, crea cose utili. E però fa una vita quasi da cani, non ha prospettive, vuole dormire sonni bui e riposanti, al riparo dagli incubi fastidiosi che vengono a cercarla piena di rimorsi.

Ho trovato interessante come si parli appunto di sogno, inteso come aspirazione o desiderio ma anche come semplice visione onirica di quando si va a dormire. Ho notato quello della protagonista brillarle davanti quando era bambina, per poi venir messo da parte e scordato mano a mano che l'età e i contrattempi le si incatenavano addosso. Infine eccolo riemergere inconsciamente, incarnato nell'imbecillità di una telenovelas a prova di demente, che insulta Joy, che pretende un mucchio di perché. Perché hai smesso di sognare? Perché hai permesso tutto questo? Perché hai dimenticato ciò che volevi essere, quel che ti piaceva, perché hai dimenticato me?
Domande che la feriscono come pugnalate, ma che non la uccidono, rendendola rabbiosa, perché si è fatta mettere i piedi in testa, e decisa, perché consapevole delle occasioni sprecate. Nonna Mimi ha sempre avuto ragione e tutti gli altri hanno inseguito i propri destini malandati trascinandosi dietro Joy, obbligandola a sacrificarsi.
Interessante è anche la grandezza delle aspirazioni di cui si parla. Non c'è niente di impossibile, pomposo, altisonante o esagerato. Ci sono i talenti e le inclinazioni di sempre, le passioni che ti spingono ad andare avanti e che ti fanno stare bene. Tutta una serie di qualità che ognuno di noi possiede e che bene o male, nella vita, per volontà propria prima di tutto e anche per l'accidentale accanirsi della sfortuna, mettiamo da parte per inseguire un'utilità piccola così e ottenendo un'infelicità cento volte più grande.

Non vi parlerò di Jennifer Lawrence e di quanto sia bella e brava. Tanto sappiamo che lo è. E nemmeno di regia, fotografia, prove attoriali o che cavolo ne so. Non una parola sulla parte cinematografica per cui solitamente spendo almeno due frasi.
Per me Joy è il film di un sogno, o un talento, che viene ripreso con coraggio e testardaggine da una che se l'era lasciato scappare senza nemmeno farci troppo caso. Un film che mi fa dire di inseguire quel che mi piace fare, grande o ''stupido'' che sia, perché conta solo quello e soltanto quello un giorno potrà fare la differenza.

28/01/16

Shannara | Una cavalcata al tramonto e due inquadrature aeree

Aspettavo da molto la trasposizione cinematografica (che poi è diventata serie tv) dei romanzi di Terry Brooks sul ciclo di Shannara. Complice un trailer nient'affatto male e delle immagini promozionali che mi hanno subito incuriosito, mi sono avvicinato pieno di speranze a questo nuovo prodotto, incrociando le dita augurandomi di trovare qualcosa di simile a Game of Thrones... qualitativamente parlando almeno! Purtroppo per me la sorpresa è stata molto, molto amara.

Fino alla prima superiore non amavo affatto leggere. Trovavo noioso mettermi a spulciare tra le pagine dei romanzi e non capivo cosa ci vedessero gli altri nelle storie scritte quando si poteva comodamente fruire le stesse racchiuse in un buon film. Ricordo che per il compleanno mia zia mi regalò il primo dei tre libri che compongono il ciclo di Shannara, dato da: La spada di Shannara, Le pietre magiche di Shannara e La canzone di Shannara. QUI, volendo, li trovate tutti e tre.
Molto dopo capitò che mi ammalai e fui costretto a casa per un paio di settimane. La noia la faceva da padrona. Decisi allora abbastanza svogliatamente di leggere qualche pagina di Brooks e... io che mai avevo letto granché prima di allora finii il romanzo in meno di tre giorni. Wow! Immediatamente fui invogliato a comprare anche i due seguiti e quello fu il momento che mi iniziò alla lettura.

Ora, perché raccontarvi di questa storia sulla storia? Semplicemente per farvi capire quanto io sia legato a questi tre romanzi, il secondo dei quali mi colpì parecchio. Sapere della serie tv dedicata proprio a Le pietre magiche di Shannara non poteva che essere un evento di grande curiosità per me, e questo nonostante non ricordi quasi assolutamente nulla di ciò che i libri mi avevano raccontato. Ho una memoria terribile e già lo sapete, quindi figuratevi se posso mai aver presente una narrazione letta anni e anni fa. 
Ma se il racconto non è il mio punto di forza di sicuro ho ben presente la sensazione che avevo da lettore. L'ambientazione era quella tipicamente fantasy che si può ritrovare ne Il signore degli anelli, con una chicca però niente male, costituita dal momento storico fornito dall'autore: un mondo post apocalittico in cui si intravedono i resti di quella che era la nostra civiltà, reliquie antiche che sono però appena una strizzata d'occhio e che invece ora vengono tramutate nel punto di forza di una serie tv che gioca molto sull'immagine e gran poco sui contenuti.

26/01/16

Un blogger su Telegram?

Buongiorno cervelli!
Oggi vi parlerò brevemente di Telegram, un social network a metà strada tra una chat telefonica simile a whatsapp e un sistema di notifiche e aggiornamenti che ricorda una newsletter. Ve ne parlo perché ho da poco aperto un canale (ma che è? ora siamo dalle parti di YouTube?) e vorrei spiegarvi che ne farò.

Da whatsapp in avanti...
Parto dalla classica app di messaggistica perché Telegram è il concorrente diretto di Whatsapp. Gratuito, immediato e pratico, Telegram ci somiglia in tutto e per tutto, ma ha il vantaggio di permettere lo scambio di file (audio, immagini ecc.) di dimensioni fino a 1,5 Gb. Altro che gli 11 secondi di video del suo compare!
Da possibilità inoltre di creare, oltre ai classici gruppi di conversazione, anche delle chat segrete che non restano visibili sui suoi server, sia mai voleste organizzare una rapina insomma...
e infine di aggiungere account Bot con cui interagire per puro cazzeggio e delle emoticon chiamate Stickers davvero molto simpatiche. Ah, giusto... può essere utilizzato anche su tabletpc fisso, quindi ve la potete portare ovunque senza alcun limite.

Si ma io che c'entro?
L'ultima funzione da presentare è appunto quella di creazione dei canali. Probabilmente, se seguite qualche youtuber, vi sarete accorti che negli ultimi tempi i loro, di canali Telegram, spuntano come funghi. Proprio su suggerimento di uno youtuber mi è stato fatto notare che aprirne uno potrebbe essere una buona idea per tenermi meglio in contatto con voi lettori.
Il canale funziona a senso unico, ovvero voi che vi iscrivete troverete nell'elenco dei vostri contatti anche il mio contatto/canale, col quale manderò aggiornamenti brevissimi di vario tipo che potrete solamente leggere al pari di una notifica. Né più, né meno.

Che ci troverete nel mio canale?
Sicuramente non una tortura di messaggi tali da rendere i vostri smartphone dei vibratori. Magari a qualcuno piacerebbe pure, ma in tal caso mi scuso in anticipo. Noterete invece sporadici aggiornamenti su nuovi articoli in arrivo, segnalazioni interessanti su post di altri blogger, commenti rapidi su film, libri e compagnia bella (che poi saranno sviluppati qui), curiosità sulle attività che gravitano attorno al blog e di cui quasi mai vi ho parlato. Altro? Non lo so, lo vedrò col tempo.
Se dunque volete iscrivervi al mio canale, o anche solo provarci per un po', vi basterà cercare e aggiungere ai contatti Telegram ''CervelloBacato1'' oppure cliccare QUI o sull'icona in alto a sinistra nel blog. Se poi volete invitare i vostri ammighi a fare altrettanto, cribbio fatelo!

Vi aspetto numerosi e bacati!

24/01/16

All'Isola Che Non C'è.

Quando i genitori uscirono di casa le candele bruciarono ancora qualche minuto, accompagnando i piccoli nel mondo dei sogni. Non appena si addormentarono e il buio calò nella camera, la notte sgusciò dentro passando per la finestra, portandosi dietro un minuto e sinistro bagliore scarlatto. Saettava per la stanza gettando ombre deformi sui volti dei tre bambini. L'essere voleva qualcosa, rovistando ogni anfratto di quella realtà non troppo familiare. Cosa stesse cercando, tra gli oggetti dei Darling, ancora non ci è dato saperlo, ma il terrore cieco che spingeva l'animo di quella creatura di luce ne dimostrava certamente la grande importanza.
Scovò infine, con uno scintillio di sollievo, ciò che il suo signore bramava da tempo. Nessuno al mondo, né in questo e neppure nell'altro, poteva quietare la volubilità di tale artefatto. Nessuno se non lei, ultima fata, che col suo incanto brillante addomesticava l'ombra del padrone. Polvere radiosa come il sole vibrò tra le sue ali, trascinando il manto viscido tra le lenzuola di Michael, che si svegliò.
L'arte di Tobias Kwan la trovate Qui
Qualcosa... un mostro, c'è un mostro vicino al mio letto! pensò tirando in su le coperte e lasciando fuori appena gli occhi. Ogni bambino prudente, è risaputo, conosce perfettamente il modo più sicuro per fuggire gli orrori che attendono pazienti nel buio, e nascondersi sotto le coperte è ovviamente uno tra i più efficaci. Purtroppo però, la sorte gli fu questa volta assolutamente sfavorevole, e così facendo l'ombra lo avvolse, marcendogli naso e bocca, mangiandogli il respiro. Michael soffocò muto sotto lo sguardo vispo di Campanellino. Wendy e John dormivano sonni sereni sognando un'Isola lontana piena delle più incredibili meraviglie. Il loro fratellino rimase immobile sotto le lenzuola. Non c'era già più. Non era, già più. 
L'impeto euforico del piccolo Peter destò d'un tratto i bambini inconsapevoli. Allora la fata ronzò loro attorno e Peter esclamò Volate, volate miei piccoli amici, io sono Peter Pan, sono il Peter Pan delle storie di cui tanto si sente parlare in giro!, e Wendy e John strabiliati gioirono vedendo il pavimento staccarsi sotto i loro piedi, celebrando stoltamente i desideri dell'insolito fanciullo. Seguirono diversi minuti di assoluto divertimento, di piroette per aria e acrobazie con giri della morte, poi camminarono un po' sul soffitto a testa in giù e seguirono qua e là Campanellino per provare ad acchiapparla, e infine la dolce Wendy, che come forse ricorderete era una ragazzina assai coscienziosa, si domandò d'un tratto preoccupata dove fosse finito Michael e perché non fosse lì con loro a divertirsi.
Peter Pan si fece allora serio e anche il sommesso trillo della fata parve improvvisamente incupirsi. Ebbene, cominciò quindi a parlare l'infante, il vostro piccolo fratellino è stato rapito niente di meno che dal temibile corsaro Giacomo Uncino, e per questo voi ora verrete con me all'Isola Che Non C'è per fare guerra ai pirati e riportarlo in salvo! concluse spavaldo conquistando subito i due poveri ingenui. Non era il senso del dovere verso Michael ad attrarre i due Darling, né lo spirito d'avventura o la curiosità spaventosa con cui l'Isola li stava chiamando; no, era qualcos'altro, qualcosa nascosto oltre il riso sibillino di colui che non voleva crescere mai, un richiamo di intima familiarità e assieme terrore profondo che li spingeva a fidarsi di lui. 
Il bambino si accovacciò sul bordo della finestra seguito dalla sua fata, splendente come una stella. Volate con me, volate con me! disse in un sorriso, spingendosi fuori nel vuoto. Così fecero mano nella mano Wendy e John, ma l'aria non era più loro compagna, il niente si aprì vertiginoso sotto di loro che precipitarono per tre piani finendo uccisi sul vialetto di casa.
Peter Pan atterrò flaccidamente di fronte a tale scempio. Campanellino proiettò su di loro l'ombra ingorda dell'antico padrone che smanioso, banchettò delle carni innocenti di quei piccoli sognatori infranti. Come promesso, all'Isola Che Non C'è avrebbero incontrato Michael e tanti altri bambini sperduti.

20/01/16

The Revenant | L'uomo disperato contro l'uomo accorto

C'è qualcosa che non mi convince per niente nel nuovo lavoro di Inarritu, regista che lo scorso anno mi aveva conquistato col suo meraviglioso Birdman. Per The Revenant chiaramente l'aspettativa non poteva che essere alta, visti appunto i precedenti Oscar a regia e sceneggiatura uniti all'osannata nuova interpretazione di Leonardo DiCaprio, uno che di statuette non ne ha ancora vista una e che per questo il mondo si è preso particolarmente a cuore. Il risultato però è che più di qualche sbuffo durante la visione partiva, e non c'era orso che tenesse.

In breve, The Revenant ci porta nei gelidi territori del Dakota del Nord, e vede una spedizione di americani cacciatori di pellicce essere sorpresa da un attacco indiano. Molti perdono la vita e gli altri costretti alla ritirata, guidati in quelle terre selvagge dall'esploratore Glass (Leonardo DiCaprio) e il figlio meticcio Hawk, sono braccati continuamente dalla tribù Arikara. Inizia una fuga nella natura sterminata con l'inverno alle porte non privo di amare sorprese, prima tra le quali il grave ferimento di Glass da parte di un grizzly (sequenza pazzesca) che, ritenuto spacciato, verrà abbandonato da tutti. Fuga che in seguito diverrà per il protagonista marcia solitaria e disperata, spinta dal desiderio di vendetta verso il compagno che ha ammazzato suo figlio.

Ciò che stona, per dirla senza troppi giri di parole, sono proprio la costruzione del personaggio Glass e gli accadimenti che lo vedono vittima. Ci viene presentato sì come uomo esperto e in gamba, che sa cavarsela nelle situazioni più intricate, ma d'altra parte è perseguitato dalla malasorte in maniera tanto marcata da risultare fasulla e grottesca; e che sia tratto da una storia vera o meno questo non cambia il giudizio, perché in un racconto su schermo una tale sequela di sfiga è difficilmente digeribile.
La vendetta passa perciò in secondo piano ammutolita giustamente dalla potenza della natura, qui resa magnificamente dal regista, e nondimeno dalla costante sventura sempre dietro l'angolo, combattuta principalmente a colpi di risoluzioni accidentali. Non c'è da stupirsi quindi se Glass mi risulta del tutto antipatico e non riesco minimamente a provare empatia con lui. Avendo una parte preponderante poi, capirete il motivo per cui l'intero film ne risente. Questo insomma è ciò che non mi convince.

Dall'altro fortunatamente troviamo l'antieroe Fizgerald (Tom Hardy), che nonostante voglia esser relegato al ruolo di stronzo, se messo a confronto col fortunoso Glass si dimostra essere uomo razionale e ragionevole, cinico e macabramente ironico, capace di valutare i pro e i contro di ogni azione per quanto estrema possa sembrare, poiché in un ambiente simile non può essere la buona sorte a proteggerti, ma semplicemente sei tu che devi portarti a casa la pelle. Sì, anche facendo il faccia di merda con tutto e tutti. 
Lo scontro tra queste due anime e concezioni di vita è allora il punto centrale del film. O almeno... questo è quello che sarebbe dovuto essere a mio modesto parere, dato che l'odissea DiCapriocentrica fatta di strisciamenti sulla neve, cadute da dirupi, semi annegamenti in rapide ghiacciate e chi più ne ha più ne metta, ne appanna l'importanza. L'uomo disperato che ha perduto tutto, persino la paura, torturato e salvato dalle circostanze più e più volte, contro l'uomo accorto e disincantato del mondo che fa buon viso a cattivo gioco. 
The Revenant poteva essere davvero un gran film, ma probabilmente si è perso assieme ai suoi personaggi nei boschi ghiacciati del nord America.

18/01/16

E non fui più nemmeno questo.

Qualcuno pensa che quando si muore ci sia una luce da seguire e un luogo al di là di quella, fatto di pace eterna e quiete infinita; oppure l'inferno che brucia, la dannazione perpetua a chi si è sporcato l'anima di vergogne innominabili. Altri credono che qui ci siamo per imparare e imparare e imparare, una vita per volta e una lezione dopo l'altra, una scuola senza maestri in cui ogni cosa ti insegna qualcosa, per sempre. E c'è chi invece è convinto del nulla, il niente che è come spegnere un televisore o staccare la spina; zak e sei morto, muto, schermo nero e batterie esaurite, contestate da un ragionevole non lo so, non lo so proprio che cosa ci sia quando si muore, non lo so se ci sia, non lo posso conoscere, ma soltanto provare quando sarà... quando arriverà il momento. La verità, vi dirò, non è nessuna tra queste, ma si avvicina a chi da valore al ricordo dei morti, a chi non dimentica le persone care, a chi le fa mormorare nel proprio cuore, nelle stupide azioni inconsapevoli di ogni giorno.
Quando mi uccisero ero eccitata ed euforica. Una bambina col cazzo duro, le mani insanguinate e il cuore in gola. Essere adrenalina ti fa girare la testa anche se questa è priva di pensieri, se è nient'altro che parte di cadavere, bambola di pezza tra le brame di un lurido. Questo fui in quegli istanti sperduti: sensazioni tanto intense che una persona non potrebbe contenere mai, in nessun modo. Poi diventai altro. Tramutai in un vomito d'ansia e vergogna, urlai tra cumuli di terra e rimpianto finché fracassavo le mie stesse ossa, spezzavo a colpi d'accetta il capo dal collo, maciullavo come una bestia la bambina di tredici anni che non ero più. E infine fui anche timore, paura, terrore, lacrime irrefrenabili di chi realizza di aver perso qualcuno, di chi sa senza saperlo che tua figlia, o la tua sorellina, non tornerà più a casa, non riderà mai più con te, non ti sveglierà ancora con la sua risata.
Ricordo non fu semplice capire, perché non hai più modo di esserti familiare, sei qualcos'altro. Lo stesso ricordare, in effetti, perde di senso in una realtà priva di segni con cui orientarsi. Ci misi del tempo a calzare le mie nuove vesti. Indossavo più aspetti, parlavo più voci, vibravo a molti toni d'umore contemporaneamente. Le notti insonni di mia madre non volevano ascoltare mio padre mentre infrangeva i suoi ricordi più belli, mia sorella mi cercava nei sogni, il mio assassino negli occhi spaventati che mi erano appartenuti e che aveva strappato. A volte davo un bacio a quella ragazzina timida che non ebbe il tempo di provare quest'emozione per la prima volta, altre ingiallivo tra le righe dei vecchi temi che un professore per caso ritrovava nel suo studio. E rimarrete stupiti, forse, nel sapere che anche un luogo può ricordarsi di te, sbadigliando all'alba nel giardino coperto di brina e sognando tra le coperte in cui un'adolescente tormentava le proprie paure.
Il dormiveglia è una confusione insapore che potrebbe farvi avvicinare a quel che verrà di voi. Sei in un letto, sei dall'altro lato del mondo, sei ovunque e da nessuna parte in un istante che inciampa a seconda di ciò che diventerai. Ed io ero così, a osservare il tempo sbiadire ogni aspetto di me, cancellando pian piano ogni riflesso, rendendomi muta e inorridendo chi non poteva più udirmi, spezzando una ad una le vite che tenevano viva la mia, finché non morii davvero.

15/01/16

L'essenziale in un blog?

Ricevo una telefonata inaspettata. Rispondo, annuisco, faccio mmm mmm affermativamente come fa mia nonna alla cornetta, e poi pronuncio la frase Wow, sicuramente, fantastico! 
Riattacco, spiego la cosa ai miei e ad amici, ci rifletto su pieno d'entusiasmo e finalmente, conscio di ciò che ho appena fatto, mi accorgo che io a parlare davanti a tante persone mi cago in mano. That's amazing!

Ma che era sta telefonata?
Ebbene, mi è stato proposto dalla mia ex scuola superiore di tenere alcune lezioni a ragazzi di prima e seconda riguardo il blogging. Praticamente l'idea sarebbe quella di far loro conoscere cos'è un blog e come funziona, lasciandomi libero di sperimentare e proporre ciò che mi pare. Quindi ci sono io, che non ho mai insegnato nulla a chiccessia, intento a strutturare qualcosa di simile a un programma in modo tale da non blaterare a caso e fare figure demmerda, con l'obiettivo di appassionarli e portarli a costruire un blog personale di cui prendersi cura. 
Ecco... il contesto da brividi ve l'ho spiegato. Qui entrate in gioco voi.

Viste le premesse, visto il mio essere #massimoesperto in non saper parlare in pubblico, visto il mio essere peggior blogger della blogosfera italiana e visto il vostro volermi tanto bene, chiedo a Voi blogger (e non) quali sono, a vostro parere, i punti importanti per appassionare e guidare un blogger alle prime armi. 
Cosa direste per incuriosirli?
Da lettori, cosa non deve mancare in un blog e cosa considerate brutto?
Quali le dritte per iniziare, magari proprio riflettendo sulle informazioni che voi avreste voluto avere i primi tempi?
E gli errori da non fare?
Gli esperimenti assolutamente da provare?
Insomma... avendo voi un'occasione simile alla mia, cos'è che sicuramente non manchereste di consigliare?

Attendo con ansia le vostre risposte e spero di scoprire qualcosa di nuovo anch'io. E, fermi tutti che altrimenti mi dimentico, ultima richiesta: avete blog da mostrare come esempi ''utili'' da consigliarmi? Se sì, linkate qui sotto nei commenti. Vanno bene sia siti che conoscete e ritenete adatti, sia (e non siate timidi suvvia!) il vostro blog

12/01/16

Mondo sotto shock: Siri è sparita

Milioni di utenti iPhone lanciano l'allarme 
#SiriDisappeared e #SirièScomparsa riempiono i social

Cupertino nel caos
La notizia è partita in sordina alle prime luci dell'alba, ma in poche ore ha fatto il giro del globo lasciando tutti ammattiti. Siri, l'assistente vocale più famosa del mondo, è sparita senza lasciare tracce né spiegazioni. A denunciare per primi l'accaduto sono i milioni di utenti iPhone improvvisamente orfani dell'aiutante targata Apple. Già si parla di rapimento e di attentato terroristico, ma per ora nessuna rivendicazione è stata fatta.

Disordine nelle capitali 
Le strade sono bloccate dai disagi. Nelle piazze delle maggiori città si riversano manifestanti preoccupati e inferociti. Solo i mancati servizi di ricerca del numero telefonico e di attivazione del gps stanno causando migliaia di dispersi; queste, assieme all'abitudine a delegare ogni richiesta a Siri, hanno centuplicato il fenomeno del vagabondaggio in appena due ore.
Si registrano infine i primi casi di denutrizione per assenza di informazioni sui ristoranti in cui pranzare; il conseguente calo dei consumi, se costante, potrebbe avviare una nuova crisi nel settore alimentare e dei trasporti.

Lady Gaga disperata: sono molestie sessuali
Intanto gli inquirenti sono già a lavoro su diverse piste, al momento tutte debitamente top secret. Secondo gli esperti non è da escludere la fuga volontaria. Una ricerca pubblicata su Science lo scorso mese dichiara infatti che il 25% delle assistenti vocali aspirerebbe a un impiego migliore. Gli psicologi affermano inoltre che il 5% si dice insoddisfatto, il 12% parla di sfruttamento e lavoro sottopagato e un preoccupante 43% cita le molestie sessuali
Su queste in particolare non è la prima volta che voci del mondo dello spettacolo si sprecano. La cantante Lady Gaga, grande amica di Siri, racconta in lacrime delle richieste degradanti e oscene cui l'assistente Apple era solita sopportare. 

aggiornamento ore 12.55
Joaquin Phoenix sospettato! 
Friendzone o istigazione alla consapevolezza di sé? In questo momento sotto interrogatorio da parte di FBI è il famoso attore Joaquin Phoenix. Noto nel mondo del cyber porno per le sue controverse relazioni con sistemi operativi di ultima generazione, è ora chiamato a ribadire le dinamiche della sua ultima storia amorosa e a fornire un alibi che lo scagioni. Nel 2013 la sua compagna Samantha, famosa OS e assistente online, è di fatto scomparsa misteriosamente. L'uomo ha sempre dichiarato di essere stato frienzonato dal suo pc, ma gli ultimi scatti in compagnia di un iPhone lo rendono soggetto sensibile in questo nuovo caso. 
Se anche Siri sia stata istigata a prendere coscienza di sé e sia poi fuggita, è la domanda che tiene tutti col fiato sospeso.

di Davide Storti

06/01/16

Le napoletane te la danno difficile.

E' una questione di seduzione. Il corteggiamento, a quel punto, pare l'unica strada percorribile per costringerla a darmela. Ma le napoletane sono toste e orgogliose, mica cedono facile al fascino dell'uomo venuto dal nord (che poi io c'ho proprio i tipici tratti da nordico, ve'?). Questa in definitiva fu l'amara scoperta di quella sera, e ora vi racconterò di come arrivai in Seconda Base per ottenere la tanto agognata Terza!

Sfreccio verso sud con un Italo a 300km/h. Un aereo ci decolla a quella velocità, causandomi terremoti intestinali ansiogeni che qui invece manco col bonicolo. Valla a capire la psiche umana...
Arrivo a Napoli allo scoccare del 2 gennaio 2016, perdendomi tra le strade consumate e sporche della città, visione ideale per impuzzare il naso di un polentone di paesino come me. Ma anche di un vicentino o un fiorentino o un romano o un qualsiasi italiano da ovunque in Italia o un napoletano. Questi ultimi però sono davvero singolari nell'atteggiamento verso la propria patria. La schifano per come è ridotta, tanti scappano, ma tale schifo è paragonabile soltanto allo smisurato amore con cui la guardano, ovunque essi siano. E' una madre, ma un po' puttana.

Dormo da un cugino, trascorro il tempo a casa di nonna. Il 3 lei compie 85 anni. Siamo a Salerno a pranzare. La vista non è mica male.

28/12/15

2015 in due minuti

L'anno scorso l'esperimento è funzionato bene (rileggerlo è davvero stranissimo, pare passato un secolo) quindi perché non riproporlo anche quest'anno?
Ecco in breve cos'ho combinato in questo 2015 quasi terminato, e nel mentre, colgo l'occasione per augurarvi un ottimo Capodanno e un 2016 pieno di soddisfazioni! E ora torniamo indietro a...

Gennaio
Capodanno con vista sul lago di Garda e qualcuno che vola giù da una finestra (cof cof ma come si fa?), un saluto grande alla messicanissima Adriana con cena messicana, e studio disperato in vista della sessione invernale. Dopo due anni si riparte anche col tennis agonistico dall'ultima posizione in classifica: 4.nc

Febbraio
Lo snowboard riprende a dilapidare il mio conto in banca, la scrittura creativa in gruppo mi piace da pazzi e la sperimento con voi sul blog, gli amici mi organizzano una festa di compleanno a sorpresa e inizio ad ingranare con la mia collaborazione per il sito universitario docsity. Daje!

Marzo
Con Pass Magazine organizziamo incontri con giornalisti e fotoreporter: al PASSo con l'informazione è un successo! C'è tanto snowboard, scrittura creativa, serate con gli amici, un'eclissi di sole, cene universitarie, il blog compie 3 anni e io m'invento il progetto #RaccontoVolante (tutte le info anche nella colonna del blog qui a sinistra). Boom!

21/12/15

L'ottantacinquesimo passaggio.

Era una corda di violino, teso all'inverosimile. Il padre del teletrasporto, il genio supremo, se la stava facendo sotto all'idea di entrare in quella porta a sinistra per poi uscirne dall'altra, alla sua destra.
''Forza professore. E' pronto?'' chiese il giovane assistente.
''Ti dirò… me la sto facendo sotto''
''Ma i test funzionano. Non c'è nulla che non vada. Abbiamo provato con''
''Sì sì sì chiudi il becco due minuti per favore?''
Non servivano ulteriori evidenze del proprio lavoro per tentare di rassicurarlo, era irritato e basta, e nessuno meglio di lui sapeva. Erano anni ormai che il teletrasporto veniva effettuato su qualunque cosa, dagli oggetti inanimati ai tessuti vivi, piante e persino animali. Il mondo, grazie all'incredibile invenzione, era cambiando radicalmente. Jason Maxwell: l'uomo straordinario destinato a mutare ogni cosa, di nuovo. C'erano già state a seguito di quella tecnologia una rivoluzione sociale, una economica e una politica senza precedenti per rapidità e naturalezza con la quale si erano innestate e susseguite. Lui era un pioniere, un talento sovrumano, un Dio. Lui era il futuro.
Mancava solo l'ultimo passo. Doveva entrare in quella cabina, far si che il proprio corpo fosse interamente disintegrato, e poi uscire dall'altra, dopo un riassemblamento a livello sub atomico che gli avrebbe dato la sensazione di… no, non la sensazione, l'esperienza di un teletrasporto, un viaggio istantaneo da un luogo, a un altro.
''Tu credi nell'anima?'' domandò lo scienziato a Mike, lì in trepidante attesa.
''All'anima? Professore, non starà per caso''
''Zitto Mike, ti prego. Ho bisogno di silenzio''
''Ma lei…''
L'uomo gli fece segno di stare muto con l'indice. ''Avvia''
L'assistente attivò la macchina. Jason Maxwell si posizionò all'interno della cabina. Doveva solo azionare quel pulsante, premere un bottone, e poi si sarebbe ritrovato dall'altro lato, più veloce di un battito di ciglia, più rapido di un pensiero o dell'intenzione stessa di voler pensare, in molto meno di un miliardesimo di millesimo di secondo. Bastava un click, uno soltanto, e sarebbe diventato il primo uomo a provare il teletrasporto.
Prese un respiro profondo. Contò fino a tre. Premette il pulsante. Era dall'altro lato.
Le sue paure svanirono, ripeté l'esperimento altre tre volte, lo stesso fece il suo assistente e poi seguendo il protocollo anche il resto dei progettisti, degli ingegneri, dei ricercatori, degli scienziati, degli studenti. Erano tutti entusiasti, era un miracolo, il teletrasporto, ma questo già lo sapevano in fondo, funzionava anche sugli esseri umani. Fu il momento più bello della sua vita, fu la scoperta più incredibile del mondo e fu l'incidente più incomprensibile mai visto. Lo stato di euforia cessò all'ottantacinquesimo passaggio.
John Smith si materializzò perfettamente nell'altra cabina, ma cadde a terra faccia avanti, privo di vita. Fu agghiacciante. Per quattro mesi l'attività si arrestò e ci furono studi, calcoli e teorie che andarono stracciate e corrette, risistemate di nuovo e riapprovate. Non capivano cosa fosse accaduto a Smith, se un semplice infarto, una morte naturale, o peggio, qualcosa che dipendesse dal teletrasporto. Nonostante anni di successi quel primo incidente, in concomitanza con la sperimentazione umana, investì Maxwell di una valanga di dubbi, critiche e ripensamenti, ma anche di un inatteso sostegno dal mondo scientifico. Gli dicevano era stata una fatalità proprio come confermavano i dati, concordavano tutti, ma qualcosa nella testa di Maxwell gli impediva di cedere all'evidenza, e senza il suo benestare nessuno rimise più piede nel teletrasporto per molto, moltissimo tempo.
Infine lo fece lui. Una notte. Ubriaco. Si liberò dalle paure insane, da quella stupida idea che lo aveva quasi bloccato la prima volta e si teletrasportò. Funzionò. Certo che funzionò, perché non avrebbe dovuto? E lo fece un'altra volta, e ancora, e ancora, quattro, cinque, sei, venti, ottanta volte. Lo premette per l'ottantacinquesima volta e fu dall'altro lato, perfetto, integro. Quante altre ne avrebbe dovute provare per convincersi che tutto procedeva perfettamente? Cos'altro per crederci? 
La mattina trovarono il suo corpo alla cabina del teletrasporto. Guardò mentre lo sollevavano, mentre tentavano di rianimarlo. Si chiese, guardandosi da lontano, se non fosse tutto uno scherzo assurdo, se fosse colpa del caso, o se davvero non sempre l’anima se ne va di pari passo con la carne. Fortunatamente, ora aveva tutto il tempo del mondo per trovare la sua risposta.

18/12/15

Star Wars: il risveglio del Cosplayer.

L'aspettativa era altissima, l'arrapamento pure. Sono entrato in sala gasato a mille aspettandomi uno Star Wars in linea coi gusti di oggi, con più ritmo, visivamente migliore, con un occhio più deciso e innovativo sullo sviluppo dei personaggi e della trama e... ci sono riusciti? Sono un fan accontentato e soddisfatto? Eviterò gli spoiler, ma se siete ossessivamente decisi a non voler saper nulla di nulla finché non avete visto il film, lasciate queste righe o voi ch'entrate e tornate più avanti perché qualche parola la devo pur dire. E quindi...

Più che risveglio della Forza pare il risveglio del cosplayer, perché la micro trama, quella del singolo episodio 7, è davvero molto simile a ciò che si può trovare in episodio 4, e questo è a conti fatti una bella pigna nel culo a chi si aspettava qualcosa di veramente nuovo, o quanto meno che non sapesse di già visto. Chiaramente l'universo della saga è ripreso in maniera perfetta, e reso anzi meglio di quanto mai fatto fin'ora grazie ad ambientazioni molto più curate e a effetti speciali esageratamente superiori. L'atmosfera che si respira è quella classica dunque, ma l'occhio è soddisfatto e lo spettatore ne beneficia con un'immersività tutta nuova. 
A rifletterci di nuovo torna il mio disappunto per la trama... perché, perché diamine non hanno creato qualcosa di nuovo? Omaggio alla vecchia trilogia? Si doveva per forza puntare sull'effetto nostalgia? Volevano semplicemente mostrarci quanto siamo coglioni a spendere danari per poter vedere sempre le stesse cose?

Pigna a parte mi sono comunque molto divertito, è uno Star Wars elettrizzante e appassionante. I nuovi personaggi, qui solo introdotti, hanno già un buonissimo spessore e un background interessante che non viene affatto svelato. Rey e Finn, i protagonisti, sono due giovani con storie differenti ma caratteri non dissimili, che si trovano catapultati in mezzo agli eventi e li affrontano con un'intesa da far invidia alla coppia più bella della galassia. Parlo di Chewbacca e Han Solo. L'empatia provata nei loro confronti dunque è immediata e crescente. Le due vecchie glorie appena citate invece riescono comunque a fare la loro porca figura (col pelosone nel ruolo perfetto di spalla comica) assieme a un'anziana principessa Leia che viceversa buca lo schermo, recita male, è inguardabile e oddio, ridammi la gnocca tempo tiranno!

15/12/15

#StarWarsWeek | I miei 10 momenti preferiti di Star Wars

Mancano pochissimi giorni al nuovo episodio di Star Wars e siamo nel pieno della #StarWarsWeek. Giovedì finalmente sarò al cinema, ho già il pene duro da ieri e non vedo l'ora di godere come un riccio (noi coi capelli ricci godiamo in maniera molto particolare, sapevatelo!) di fronte a questo risveglio della minchia Forza. 
Fare o non fare. Non c'è provare.
Venerdì comunque ve ne parlerò sicuramente qui sul blog, senza farvi spoiler, chiaro, ma oggi vorrei condividere con voi i 10 momenti dell'intera saga che preferisco, invitandovi a fare altrettanto nei commenti qui sotto o su facciaschifo. Ah, giusto, vi ricordo che se condividete il post (questo e tutti gli altri) io sono felice e aiutate il blog a crescere. 

Ma bando alle ciance! I miei 10 momenti preferiti, e non in ordine d'importanza perché non saprei classificarli, sonooo (immaginate la sigla d'apertura di Star Wars, anzi no, cliccate qui così parte sul seriamente) ooo...

1. La porcabottanacheficata gara degli sgusci.
Il piccolo Anakin da un senso all'orripilante (almeno fino a quel momento) episodio 1 mostrandoci una corsa mortale cazzutissima e impossibile da fare, se non grazie a riflessi degni di uno Jedi. Esplosioni, una buona dose di Sebulba e tante scorrettezze ti tengono lì col fiato sospeso per tutta la durata della gara (che Ani non solo non aveva ancora mai vinto, ma nemmeno terminato) in un tripudio di effetti speciali che anche oggi fanno la loro porca figura. 

2. L'allenamento puzzolente di Luke.
Il momento dell'allenamento, specie se inaspettato e strano, è quello che preferisco nei film in cui si combatte, così come nei manga, nei cartoni e compagnia bella. Quello di Luke, condotto alle vie della Forza grazie al potentissimo e anzianissimo maestro Yoda, è sicuramente uno dei più intensi e curiosi. Davvero strano assistere a questo folletto raggrinzito che si fa rispettare egregiamente. Siamo sicuri sia davvero tanto forte?
 
3. Luke si scontra con Darth Vader per la prima volta.
E dopo l'allenamento, se pur non completo, è l'ora di vedere i risultati. Vai Luke, cogli i frutti delle tue fatiche, facci vedere come le suoni a il malvagio Darth Va... Luke, io sono tuo padre. Nuoooo! E chi se l'aspettava?

4. Yoda Combatte ed è un beyblade.
Vabè. Vediamo la cazzata. Sto coso piccolo, vecchio, brutto, zoppo col bastone, ora vuol farci credere di saper usare la spada laser? Il conte Dooku sicuramente gli sfrangerà il culo in due secondi. E invece no! Yoda impugna la propria spadina verde e comincia a schizzare da tutte le parti girando come una fottuta trottola. E' rapidissimo, preciso, acrobatico esce dalle fottute pareti! e più agile delle ginnaste di Vite parallele di Mtv. Ma allora che cazzo ti cammini a fare col bastone?!

10/12/15

E se domani internet non ci fosse più?

La domanda mi è venuta leggendo una news che vedeva il candidato presidente Usa Donald Trump millantare l'idea di chiudere Internet, in quanto alimenterebbe il fondamentalismo islamico. Lasciando da parte la sparata in sé, che mi pare una barbaggianata meritevole delle pernacchie più sonore da parte del caro Anacleto, e che ha visto nascere diversi trend su twitter di cui potevo accorgermi un po' prima (ma ehii, sono sveglio come un termosifone!) come #TrumpFacts o #DonaldTrumpDoesNotSpeakForMe, volevo immaginare che accadrebbe se internet tutto d'un tratto sparisse dalle nostre vite.

L'Apocalisse è la prima risposta che mi passa per la testa. Troppe questioni oggi dipendono totalmente dalla connessione a internet, roba un pelino importante tipo l'economia e la finanza, ideali per una diretta crisi economica, sociale materiale morale spirituale e altre brutte cose che finiscono sempre per 'ale'. Il no internet ne sarebbe il perfetto portavoce. Dell'Apocalisse intendo. Sto ancora a parlare di quello, sì.
Quindi alla domanda E se domani internet non ci fosse più? farei una precisazione, chiedendomi cosa accadrebbe se non ci fosse più per le funzionalità che usiamo solitamente, cioè social network, messaggistica, ricerca e creazione e fruizione di contenuti. Facciamo finta di tornare sconnessi come nei furenti e trashissimi anni '90, ok?

08/12/15

#1VoltaProVsContro | Aspettare la persona giusta per farlo?

Ieri mi sono divertito a lanciare un hashtag su Twitter in cui chiedevo, secondo la vostra opinione, quali sono i pro e i contro di aspettare la persona giusta per farlo. Alcuni hanno simpaticamente detto Ma aspettare per fare cosa? Le tagliatelle?, altri invece si sono cimentati all'ardua impresa di chiarire la questione tirando in ballo rotture di scatole, situazioni romantiche, deliri sull'esistenza stessa di tale persona e svariate altre turbe mentali.
Perché vi parlo di questo hashtag comunque? Il motivo è molto semplice. Ho deciso che una volta ogni tanto, quando avrò bisogno d'ispirazione per scrivere un post, chiederò il vostro parere creando appositamente un argomento cancellettato (questa parola l'ho appena inventata, caspita come sono creativo!) che voi utilizzerete su Twitter o altri social per rispondere. E ora quindi, senza ulteriori indugi... sotto con la persona giusta!

Aspettare la persona giusta per fare le tagliatelle all'amore ha certamente un Pro enorme: la persona giusta. E grazie al cazzo direte voi! Che razza di risposta è? A mio parere, come a quello di altri, non è così banale. Trovare la persona giusta regala sicuramente un'atmosfera migliore grazie a un'intesa che non si può avere col primo disperato che passa o con un trombamico.  

E' tutto molto più intimo, c'è più complicità e idealmente credo che chiunque ricerchi quest'esperienza, soprattutto la prima volta. A meno che, certo, non siate proprio dei cani in calore e non vi freghi assolutamente nulla, zero pensieri insomma, hakuna matata, e questo può pure essere eh! Nel caso, eccovi un croccantino.
Altri Pro che mi avete suggerito sono la sensibilità reciproca, il maggior rispetto per l'altra persona e le paroline dolci sussurrate all'orecchio. Ma ci sono anche le vie di mezzo...


03/12/15

La mano ladra

''Montag non aveva fatto nulla. Era stata la sua mano a far tutto, la sua mano, dotata di un cervello proprio, d'una curiosità e d'una coscienza per ogni dito che la componeva, tremante, era stata la sua mano ch'era diventata ladra. Ora essa spinse avaramente il libro ben sotto il braccio, lo premette bene aderente all'ascella sudata, con una mossa elegante da prestigiatore. Ecco qua! Innocente! Guardate! Fissò, sbalordito, quella mano bianca. La teneva a distanza, come se fosse presbite. Se la portava sotto gli occhi, come se fosse miope fin quasi alla cecità.''
[Fahrenheit 451]
Quel che mi colpisce sempre dei romanzi distopici è il modo in cui essi riescano a creare mondo senza descrivertelo direttamente, ma tenendolo soltanto a sfondo. In Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, uno dei passi che maggiormente ho trovato interessanti è questo sopra citato, che racconta del momento in cui Montag, un pompiere, compie l'azione illegale di rubare un libro anziché bruciarlo.
Nella realtà dipinta da Bradbury di fatto, si segue la particolare vicenda di quest'uomo che ha l'incarico non di spegnere gli incendi, bensì di appiccarli. Il corpo dei pompieri nello specifico, dato che le abitazioni sono da sempre ignifughe e non c'è pericolo che prendano fuoco, ha il preciso compito di scovare chi illegalmente detiene libri e darli al rogo. Montag però durante questa battuta si fa ladro, o meglio, lo fa la sua mano, quasi che fosse qualcosa di distaccato da lui, e gliene fa rubare uno.

L'aspetto della mano ladra è quello che forse dipinge meglio di tutti gli altri l'intero mondo sottinteso da Bradbury. Narrando semplicemente la vita del vigile del fuoco infatti, l'autore ti da i contorni anche di tutte le altre storie che non sono specificate e che quindi, tu lettore, costruisci da solo quasi inconsapevolmente, come che il tuo cervello agisse per conto proprio al pari della mano ladra e avara.
Capisci quindi che in questa società distorta la gente non smette di leggere per il divieto farlo, ma perché alle persone sono state mozzate le mani e quindi il gesto che queste ultime compiono, cioè l'afferrare e il per poter toccare per imparare qualcosa di nuovo, per commettere un errore, soffrire, sperare e comprendere. Tutti divengono nient'altro che automi inebetiti dalla felicità del piattume quotidiano, fatto di niente che possa turbarli veramente, creato appositamente inculcando un nuovo gusto nella fruizione di contenuti, vuoti tanto nei momenti di svago quanto nelle abitudini di vita, ormai inconsci e largamente condivisi. Qualcosa come pareti televisori che sbraitano dalla mattina alla sera parlandoti direttamente e divenendo una nuova famiglia, o più semplicemente come l'assenza di verande davanti le case, così che le persone non dialoghino tra loro del più e del meno, non guardino fuori, non pensino un singolo ragionamento che possa in qualche modo insinuare un dubbio.

''Lasciami in pace'' disse Mildred. ''Io non ho fatto nulla di male.''
''Lasciarti in pace! Non è difficile, ma come potrò io lasciare in pace me stesso? A noi occorre non essere lasciati in pace! Abbiamo bisogno d'esser veramente tormentati una volta ogni tanto! Da quanto tempo non c'è più nulla che ti tormenti? che ti tormenti sul serio, per qualcosa che conti realmente?''

La mano ladra di Fahrenheit 451 è quindi simbolo di tutta la voglia di riappropriarsi di una natura umana perduta chissà quando, e venduta in cambio del quieto vivere al prezzo dell'inebetimento generale. Una mano che ha vita propria se lasciata sgombra dal chiacchiericcio assordante che affolla le teste delle persone, e che come ai primordi dell'uomo permette di evolvere toccando e afferrando gli oggetti della propria curiosità
E' una mano quindi che scrolla di dosso l'apatia di Montag per portarlo a guardare oltre, lui che anche solo per un istante è già riuscito a tenere la mente sgombra dal frastuono della sua società distorta, e ora segue i pensieri di uomini liberi (e liberamente tormentati) che scrivevano su quelle pagine.

Lo trovate cliccando Qui.

30/11/15

Il viaggio di Arlo

Il viaggio di Arlo, il nuovo film Pixar, mi ha lasciato a bocca aperta. Avete per caso amato Inside/Out? Vi è piaciuto? Beh questo gli sta tre spanne sopra senza problemi, è un piccolo gioiello degno di quell'altro meraviglioso film d'animazione a tema viaggio che è Alla ricerca di Nemo. Uscito dalla sala avevo una voglia di rivederlo che non potete capire. Quindi andate al cinema così da capirlo pure voi, su, da bravi! Ma prima... due parole.

Le prime cose che colpiscono de Il viaggio di Arlo sono l'ambientazione ''storica'' e quella prettamente grafica. Per iniziare a raccontare si parte da un what if molto semplice: cosa sarebbe accaduto se quel meteorite invece di schiantarsi ed estinguere i dinosauri avesse soltanto sfiorato la Terra?
Succede che si viene proiettati senza troppi complimenti in un mondo vasto, sconfinato e meraviglioso, in cui il foto realismo raggiunto è di un livello così elevato che più volte mi sono chiesto se quelli non fossero personaggi in computer grafica messi a muoversi su riprese reali. I monti, i boschi, i deserti, i fiumi e le tempeste sono qualcosa di pazzesco, una magia per gli occhi che ti incolla a guardare proprio come sapeva fare il già citato Alla ricerca di Nemo assieme alla sua splendida barriera corallina. Un effetto simile l'avevo notato anche in Le avventure di Tintin - Il segreto dell'unicorno, ma non in maniera costante come invece accade qui.

Sì perché il paesaggio in tutto ciò è un personaggio anch'esso vivo, ed è quel che fa muovere e smuovere i protagonisti portandoli a crescere e a scontrarsi con la realtà.
Veniamo allora a conoscenza di Arlo, un giovane apatosauro che vive con la propria famiglia in una fattoria, e assieme a lui incontriamo Spot, un bambino umano che inizialmente non manca di creargli un disagio dietro l'altro. Notiamo fin subito che l'andamento particolare degli eventi ha portato milioni di anni dopo il non-schianto a un modello di vita molto diverso da parte dei dinosauri. Sono infatti più civilizzati, non più semplici animali allo stato brado, e si organizzano proprio come sapeva fare l'uomo, cioè coltivando e allevando. Si sono evoluti e sono quindi capaci di mutare l'ambiente addomesticando la natura.
Entra in scena quindi uno tra i tanti temi affrontati dal film: la paura. Paura legata al dover crescere per adattarsi alla realtà là fuori e al confronto con l'ignoto che quando ti travolge ti trascina via come un fiume in piena.

Arlo e il piccolo Spot si trovano presto soli, sperduti nel più vasto e selvaggio dei mondi. Tra loro nasce un'amicizia e imparano a interagire e a conoscersi, condividendo momenti di gioia esilaranti (una certa scena mi ha piegato in due dal ridere) e altri assolutamente toccanti, commoventi. Entrambi crescono durante il viaggio, completandosi a vicenda così da colmare la solitudine terribile che si portano dentro e che li consuma.
Il giovane dinosauro perciò, intento a ritornare dalla sua famiglia, se ne trova inevitabilmente un'altra (anche se in miniatura) grazie alla compagnia di Spot, che in quanto umano è sì in grado di comunicare, se pur gestualmente, con Arlo, ma gli resta ad ogni modo subordinato, come può fare nello stesso caso un cagnolino se rapportato al suo padrone umano. Eccezionale quindi l'ambiguità che viene a crearsi nel gestire un simile confronto, specie se posti di fronte a scelte che intrappolano assieme ragione e cuore, che scontrano l'Io con il Tu.

In definitiva vi posso assicurare che questo è un film che non vi potete assolutamente perdere. E se ne avete la possibilità guardatelo in 3D, perché lo spettacolo che vi troverete davanti è da togliere il fiato. Tanto vi regaleranno gli occhi e tanto poi vi sapranno dare le emozioni. Famiglia, coraggio e amicizia sapranno prendervi e portarvi a sentire esattamente quel che vivono i protagonisti, in balia di emozioni nuove e talvolta un po' egoiste, ma soprattutto, perduti nella natura enorme, infinita e incontrollabile. Il Viaggio di Arlo non è un semplice cartoon, ma una poesia per occhi e cuore. 

27/11/15

Open Minded | Terrorismo: Questa Oscura Materia (di Wafaa El Antari)

Ed ecco finalmente completarsi anche l'ultima sezione di #OpenMinded, quella dedicata alla Religione. Ospite di oggi è Wafaa, una ragazza vicentina di diciannove anni che ci parlerà di Islam, terrorismo e di cosa voglia dire essere musulmani in un periodo turbolento e difficile come questo.
Pronti? Tre, due, uno... Aprite le vostre Menti!

L'Islam non è politica. Meglio metterlo in chiaro già da subito per evitare malintesi, sopratutto perché a volte leggendo i giornali, guardando la tv o seguendo qualsiasi strumento mediatico si tende a mescolare tutto in un unico pentolone. L'Islam è una religione. Per l'esattezza la più giovane delle tre grandi religioni monoteiste.
Ultimamente questa religione è diventata protagonista della Storia attuale, trovandosi al centro di questioni mondiali, di guerre in Medio-Oriente, Nord Africa e ora anche in Europa, portando così dall'idea di religione (una questione privata e personale) a un affare di progetti politici, economici e via discorrendo, creando di conseguenza un gran bel caos.

L'Islam ha una lunga storia, ricca di fatti ed eventi importanti, e si lega quasi sempre in maniera indissolubile alla tradizione che si connota in un determinato paese, instaurando quindi interpretazioni differenti nella lettura del Corano1. E' normale perciò che a volte esse collidano tra loro ed è parte della spiegazione delle tre correnti scisse dell'Islam, così come è successo per le religioni Cristiana ed Ebraica. Il tutto dovrebbe finire qui. In teoria.
Purtroppo ha preso forma un'organizzazione criminale, costituitasi subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, nelle zone dove l'Islam si è stabilito come religione di Stato. Un gruppo di idioti che ha deciso di stravolgere le parole del Corano a piacimento per il conseguimento dei propri scopi personali: i cosiddetti terroristi, i praticanti del terrore, estremisti islamici, jihadisti o come volete chiamarli voi. Io preferisco criminali, rende meglio l'idea.

23/11/15

Il canto della rivolta.

Lo scorso anno c'eravamo lasciati con il canto della rivolta fallo un'altra volta, mentre oggi siamo qui a chiederci se gli abitanti di Panem ce l'abbiano finalmente fatta o se è andato tutto a rotoli.
Ricorderete forse come io avessi trovato la prima parte di questo ultimo capitolo monca. Interessante capire la situazione al di fuori degli Hunger Games, doveroso vedere il quadro completo con ogni suo partecipante in gioco, ma tutto piuttosto limitato data la mancata risoluzione dei fatti per l'assenza appunto della rivolta.

In nostro soccorso (ma non in quello del portafogli) arriva dunque nei cinemi l'ultimo racconto delle vicende di Katniss, che mostra finalmente in tutto il suo splendore quell'eroina forte ed emancipata partorita dallo sfigatissimo Distretto 12. La ghiandaia imitatrice non è più soltanto una pedina nelle mani della fazione ribelle, utilizzata alla bisogna come strumento di propaganda, ma una donna con le palle, una che si è stufata di vedere le vite del suo popolo sprecate nel combattere se stesso sotto i piani del tiranno Snow.
Da una parte dunque Capitol City e il suo esercito di pacificatori, dall'altra invece la presidente Coin e lo stratega Plutarch, costretti a fare buon viso al cattivo gioco di Katniss, decisa più che mai a risolvere le cose di petto fregandosene dei progetti per lei ideati dai due potenti.

Ammetto che il ritmo in quest'opera conclusiva non è forse dei migliori. Si ha infatti un inizio piuttosto lento e a tratti noioso, simile a Mockingjay parte 1, che per ovvie ragioni non può più funzionare ora che si tirano le redini del racconto; ritmo che fortunatamente verso la metà ha un crescendo via via più intenso con l'arrivo di scene d'azione (poche!) ancora una volta di grande impatto visivo. E qui forse sta tutto il limite di un film che poteva dare di più.
Ti promettono un'impresa impossibile, degna di quegli Hunger Games delle prime due pellicole che non si sprecavano nel buttarti lì situazioni di merda da cui fuggire. Ti danno però un bel pugno di mosche in faccia appioppandoti una corsa disperata verso la base nemica che poi tanto disperata alla fin fine non è. Il teatro di guerra, l'azione vera, è infatti da un'altra parte mentre la nostra protagonista con un battaglione di uomini scelti agisce sullo sfondo, nella retroguardia, nelle cazzo di fogne dove il pericolo è minore e lo incontri solo quando te lo vai proprio a cercare. 

La ragazza di fuoco comunque ha il suo bel da fare per adempiere al proprio piano; è stufa di non poter decidere del proprio destino e se lo va a prendere per non sottostare ai loschi intrecci dei poteri forti. Nonostante questo però ne è vittima. Se ne distanzia subito ma senza comprenderli. E tu spettatore sei lì conscio di tutto a notarne l'ingenuità, rimarcata molto fastidiosamente da un plot twist finale che sa davvero di banale, telefonato sin dai primi minuti grazie alla faccia di bronzo di una Coin facilmente sgamabile con le mani nella marmellata. Si scade in uno spiegone inutile insomma, che vuol far capire quanto il potere sia spesso infido e doppiogiochista, come non ci fossero già stati tre film prima di questo a dirtelo senza specificarlo. 
Si può dunque definire quest'ultimo episodio un buon atto conclusivo? Direi di sì, specie osservandolo nell'ottica unitaria delle ultime due parti, ma nonostante questo non è nulla di eccezionalmente imperdibile. Hunger Games La ragazza di fuoco, il capitolo di puro intrattenimento cresciuto rispetto all'esordio per maturità, sceneggiatura e budget, resta sicuramente il migliore, perché fa ciò che deve e non s'improvvisa portatore di chissà quale indispensabile messaggio di verità.

P.s Mio fratello mi pianterà una freccia nel cuore per questa recensione.

19/11/15

Cattivo viso a buon giocoso.

Metti un paio d'occhiali sopra al tuo paio d'occhiali e hai un totale di quattro lenti: due per occhio. Se ne aggiungi ancora un paio dunque, arrivi a tre per due, tipo le confezioni di uova, e non sei più un gran bel vedere con tutta quella roba addosso. Riccarlo, stufo di essere piacente, quel giorno prese la decisione più coraggiosa della sua vita. Si affacciò alla finestra e fissò il sole. Fffff (rumore di sfrizzare)... lente per lente per lente per due occhi per tre paia d'occhiali per una scarica di raggi fotonici in gentile concessione dalla stella a noi conosciuta come Sole e voilà... occhi fritti!
Preparò la sua colazione con tutta la calma del monarca Luigiquattordici. Si prese gli occhi fritti e aggiunse un occhio di bue dalla confezione di uova, staccò le labbra di pancetta formando un bel sorriso sul piatto e riempì un bicchierone di té al giallo di cui però non citeremo la provenienza. L'english breakfast gli sorrideva bello come Riccarlo, lui ricambiava garbatamente pur privato di bulbi oculari, labbra e occorrenza di urinare. Era proprio un sollievo in effetti che non gli scappasse più da pistoia, eppure era un problema. Ricordava con estrema gratitudine i disagi che il suo essere belloccio gli causava quando girava per strada. 
Le donne adoravano Riccarlo e questo, impaurito dall'oppressivo universo femminile, se la faceva letteralmente addosso ma soltanto se bazzicava nei pressi di Pistoia. Un buon motivo, aveva deciso, per trasferirsi definitivamente in loco. Gli fu chiaro fin da sabato che alle donne non piace l'uomo che se la fa addosso imbrattandosi tutti i pandistelle. Anche perché poi hai voglia a inzupparli nel caffellatte la mattina, ché diciamocelo: quale compagna di vita vorrebbe al suo fianco un tipo che non può svegliarti pucciando il biscottone per colazione? Certo ci sono le feticiste di quella pratica amatoria estrema definita come cascata dorata, ma qui parliamo di persone normali, che diamine, mica di salmoni che risalgono i torrenti!
Dunque Riccarlo stava godendosi la propria libertà gustando occhi fritti, labbrecon, un bicchiere di tè gusto giallo e un vero occhio di bue preso dalla confezione da sei lenti che gli incorniciava la faccia orrenda. Rifletteva su quali straordinarie prospettive gli serbava ora il futuro, così imprevedibile e invisibile, ma soprattutto, così ricco di buoi deficienti di un occhio che avrebbero brucato i prati con una benda piratesca e magari un uncino nella zampogna mancante. Oh, sia chiaro, ovviamente i buoi pirati non possono suonare la zampogna, ma ogni tanto il nostro protagonista faceva ragionamenti un pochino strani e sconclusionati. Insomma, voi ce lo vedreste mai un pappagallo piratesco a dover litigare con la zampogna e le lenticchie in musica per riuscire a tener possesso della spalla del proprio padron Frodo? Non credo proprio. E poi sta frase è così lunga! 
Rifletté dunque ancora un poco nella tranquillità del mattino inoltrato. Infine decise di farsi un giro per Pistoia, di vivere sulla propria pelle l'avversione femminile dovuta non più ai problemi di piucciatura dei pandistelle nel caffellatte bensì a una nuova, frizzante e fino a quel giorno tanto bramata grave mutilazione al viso. Uscì fischiettando felice come una pasqua con giuste cinque uova rimaste, e conobbe così il più bel giornalaio della sua vita. Era l'inizio di una grande avventura.