29/09/15

Nuovi inizi e tre V.

Prima di spiegarvi le tre V del titolo torno a scrivere di catzi miei, che è un pezzo che non vi dico niente. Stronzo che sono.

Spero, cari lettori, che abbiate passato una buona estate. Io l'ho fatto quasi fino alla fine, che poi a metà agosto come già detto alcuni acciacchi mi hanno costretto a letto. Però con l'autunno ci siamo. L'autunno mi piace, mi vede in forma. Daje!
Settembre sembra un nuovo inizio, molti dicono sia come un Capodanno anticipato, pieno di buoni propositi che puntualmente verranno sfanculati e ricco di colori, come quelli dei fuochi d'artificio di San Silvestro. Qui ovviamente si parla di foglie rosse, gialle, arancio e marroni, di vallate variopinte e boschi e aria fresca che ti ricordano quanto siano buone le castagne e il vin brulé. Quanto mi manca il vin brulé. 

Gli inizi però Cervello, devi parlare degli inizi, non fare l'alcolizzato!
L'università e il primo tra gli inizi, nonché il più stonato. Sì perché comincio l'ultimo anno e in effetti già non vedo l'ora di finire, di diventare dottò. Ultimo di una triennale comunque, che io anche se c'ho ormai un'età mi sono dilettato a perdere tempo in percorsi sbagliati. Ma poi, sarà stata davvero una perdita di tempo? No, e ne sono sempre più convinto.
Un altro inizio è quello di una collaborazione, che mi vedrà dare una mano alle attività di quel pazzoide di Riccardo dal Ferro nella sua ambiziosa Accademia Orwell, progetto e persona questi che ammiro molto. Ieri c'è stata l'inaugurazione, e se volete rivedervi la serata vi basterà cercare su periscope il profilo di Rick DuFer. Se non sapete cosa sia periscope comunque, ve ne parla qui Ispy.
Inizio che è più un riiiinizio poi, è il tennis. Non che abbia mai smesso, pausa sfigata a parte, ma si riprenderà presto con gli allenamenti e sono davvero gasatissimo. Il lavoro svolto lo scorso anno, in questi tornei estivi, ha dato i suoi frutti, e dopo essermi rimesso nelle competizioni ripartendo dalla classifica più bassa possibile, quella di N.C, sono riuscito a raggiungere la classifica 4.4 nel giro di un paio di tornei e ho accumulato abbastanza punti per salire a... e chi lo sa! Lo scopriremo nel 2016. La volontà comunque è quella di riuscire a vincere un torneo di quarta categoria e classificarmi per giocare in terza.

Accantoniamo ora il discorso sugli inizi però, che vorrei dirvi un altro paio di cosette. Anzi, ben tre. La tripletta di V che nomino nel titolo sono tre micro racconti che usciranno nei prossimi giorni sul blog: Viola, Vanesia e Veleno. Perché questa scelta particolare? Di che parlano? Non vi anticipo nulla, scopritelo da soli. Sempre più stronzo eh?! 
Sappiate soltanto che saranno molto brevi, così non avete la scusa del Ma scrivi roba troppo lunga, nei blog ci vuole brevità e sticazzi e trallallà, e che a parte la lunghezza, racconteranno tutti di una singola storia mostrata in tre differenti punti di vista. E questo è tutto. Per Viola dunque, vi aspetto venerdì! 

E ora tocca a voi. Che avete fatto in questo inizio d'autunno? Qualche nuovo inizio? Nuovi propositi? Raccontatemi un po' di catzi vostri su! ;)

25/09/15

I Origins e gli occhi come specchio dell'anima

''Forse alcuni umani sono mutati e hanno un nuovo senso, un senso spirituale e percepiscono un mondo che è proprio sopra di noi e ovunque, proprio come la luce per quei vermi.''

Studiare l'evoluzione dell'occhio umano per poter finalmente mettere la parola fine all'eterno dibattito sull'esistenza o meno di Dio, di un creatore intelligente. Questo è l'obiettivo, a tratti quasi ossessione, del biologo molecolare Ian Gray, giovane brillante e talentuoso con una vera e propria attrazione per gli occhi delle persone. Passione che un giorno, durante una festa in maschera, lo porta a incontrarne due di molto speciali, quelli di una ragazza: Sofi.

Il film, dopo un breve excursus sul lavoro dello scienziato, racconta l'avvicinamento e lo scontro tra il pragmatico Ian e la più spirituale Sofi, mostrando una storia d'amore piena di passione, contraddizioni e domande, le stesse che il protagonista evita di porsi da sempre poiché fermamente convinto della loro intrinseca inutilità e insensatezza. Lui crede nei fatti, la fede non lo riguarda.
Da qui allora inizia un percorso pieno di meraviglia, difficoltà e anche soddisfazioni, che culmina nel maturo convincimento di Ian del proprio ideale di realtà, sfociando poi improvvisamente nel dubbio assoluto, nel ripresentarsi insistente di quelle domande che lui nemmeno voleva considerare. Comincia una rivoluzione, un cambio di prospettiva che forse può mettere in discussione ogni cosa.

Difficile capire se I Origins mi abbia soddisfatto o meno. Davvero, non lo capisco. Se da un lato la parte umana mostrata dai personaggi principali mi ha convinto più del dovuto, altrettanto non è stato per il modo in cui si è voluta sviluppare la ricerca della risposta essenziale. 
Il tema è chiaramente quello proposto nei primi momenti: Dio, la vita dopo la morte, ciò in cui è lecito credere o meno. Ed è anche efficace sviluppare questo dibattito interiore portandolo sul piano prettamente scientifico, sistemandolo su un tavolo da laboratorio per sezionarlo passo passo, fino a raggiungere la certezza assoluta al fatto che No, non ci sia nulla dopo, Dio non esiste, oppure che Sì, qualcosa, una luce che non possiamo percepire perché privi di un senso spirituale che ce la spieghi, c'è. 

Come dicevo però non mi ha convinto la maniera. 
Se il cuore di tutto è la domanda trita e ritrita posta in migliaia di opere prima di questa, qui efficacemente presentata grazie a un pizzico di innovazione in più, è un peccato venga banalizzato a causa di un contesto che non ne valorizza gli sviluppi. Sono pochi i momenti in cui la curiosità per l'ossessiva ricerca di Ian, e quindi per l'intera messa in discussione dei propri valori, sia la stessa che si percepisce da spettatori. Lo svolgimento del racconto manca come di empatia, non ti fa sentire, e questo è un peccato. 
Questo è forse il motivo per cui non capisco se sono soddisfatto o meno. Un'idea originale nel discutere di qualcosa che tocca tutti noi nel profondo, utilizzando gli occhi visti come specchio in cui e su cui riflettere, ma un modo di raccontarla che personalmente non è riuscito a far breccia e toccare quelle corde. 

20/09/15

Walkman | Agosto e settembre

Bentornati a Walkman, la rubrica del blog tutta dedicata alla musica. Agosto è stato un mese un po' problematico a causa di vari acciacchi che hanno ben pensato di costringermi a letto, togliendomi non solo la voglia di scrivere ma pure quella di ascoltare musica. Ho vegetato, ecco tutto. Ma ora ci siamo e quindi vi racconto le scoperte musicali di questo mese e mezzo appena trascorso.

Birdy
Si fa conoscere ad appena dodici anni vincendo il talent show Open Mic UK, sfondando nel 2011 con la canzone Skinny Love. Così l'ho conosciuta pure io. Capelli infuocati, voce da brividi e dita che si muovono leggere sul pianoforte, la giovane artista mi ha letteralmente stregato col suo nuovo singolo Let It All Go.

Foals
Il gruppo si forma a Oxford nel 2005. Come sempre vi riporto un guazzabuglio di generi che possono dire tutto e niente: indie rock, math rock, post punk. Vaaaa bene. Li incontro per la prima volta, sempre grazie al santissimo spotify, nell'agosto del 2013. Fortissime Total Life Forever e My Number. Tornano a farmi visita con un nuovo album esattamente due anni dopo, il 28 agosto 2015, dal titolo What Went Down di cui piacciono un casino London Thunder, Snake Oil e Mountain At My Gates.

Dirty Vegas
E come capita spesso poi si cambia totalmente genere, e andiamo quindi verso l'elettronica/house/deep coi Dirty Vegas, gruppo britannico che m'è passato per le casse dell'autoradio nel febbraio del 2014 con la magnetica (almeno per me) Let The Night, che ha pure un gran bel video. Fichi questi, mi sono detto, non sono i soliti tunz tunz spacca maroni, e me ne han dato conferma subito dopo i singoli Emma e Reckless. Il bello è che poi passa il tempo e rimango di nuovo piacevolmente sorpreso in questi primi giorni di settembre, con l'uscita del nuovo disco Photograph. Vi invito dunque ad ascoltare la bellissima Photograph, che ne da il nome, Heartbeat e Madness, ma non sul tubo, che non si trovano, bensì su spotify, che se ancora non avete siete lammerda!!!

The Weeknd
Concludiamo infine con questo cantante canadese dalla capigliatura improponibile di cui non so davvero una cippa. Qual è il suo genere? Boh! Da dove salta fuori? Non lo so. L'unica certezza è che Can't Feel My Face è la mia nuova ossessione. Probabilmente nel giro di una trentina di giorni mi farà schifo al cazzo.

E per questi due mesi, più o meno, è tutto. Conoscevate già qualcuno tra questi artisti? E che avete ascoltato di bello in questo periodo? 

14/09/15

Ti porto due doni.

Ti porto due doni.
E tu, da dove arrivi? Sei un angelo? 
No, non lo sono.
E che cosa sei? Dio?
Non dire sciocchezze. Prendili, avanti. Vedi? Questo è buon senso.
Che dovrei farmene?
Per esempio, eviteresti domande stupide. In secondo luogo, sapresti scegliere se accettare il secondo dei regali che ti porgo: la verità.
Verità riguardo a...?
Questo è il buon senso che parla per tua bocca, lieto tu abbia accettato. Conoscerai il tuo destino, il destino di un uomo e il ciclo delle cose. Soddisferai una semplice curiosità, la domanda che ti fai da qualche tempo.
Sulla mia fine?
Sì, sulla tua fine.
Il buon senso dice che farà male, ma non dice quale parte.
Conoscerla, viverla, affrontarla. Potrebbe essere una tra queste o tutte e tre assieme.
Credo che... credo che accetterò comunque. E poi sono ancora un bambino, il tempo è dalla mia parte.
Il tempo, dici.
Accetto il secondo dono.
Non vorresti sentirti dire che alla fine inebetirai il dolore nei ricordi annebbiati, sorridendo amaro di amori e amicizie che il caos ha portato via. Non vorresti sapere che nutrirai ogni giorno che rimane mordendo rimorso per le occasioni perdute e ogni parola non detta, che ti piegherai in due vomitando null'altro se non sofferenza e paura sudata e che ne avrai i vestiti impregnati, di entrambe. Non vorresti vederti mentre cerchi rifugio come un verme sotto le lenzuola, trovando scioccamente le mani di tua madre in quelle di un'infermiera che ti rimbocca le coperte, perché quando sarà il momento nemmeno il tuo Dio ti darà consolazione. Se sarai fortunato, sarà il tuo male a renderti incosciente  abbastanza da non vivere il tramonto.
Vorrei consolarti, credimi, ma non lo farò, perché tu hai accolto la verità, e la verità è che continuerai a esistere come se tutto fosse possibile per sempre, come fossi immortale, infinito, invincibile, perfetto. Crederai con tutto te stesso di essere il protagonista di una storia incredibile, il solo di cui valga la pena parlare e innamorarsi, l'unico che dovrebbero ammirare, qualcuno di veramente speciale. Sentirai perciò la bruttura di quest'ingiustizia nel gonfiore stantio del tuo stomaco quando la malattia verrà a prenderti, te ne scorderai quando riuscirai a combatterla. La senilità infine prenderà sottobraccio la tua anima, ti incrinerà nella flaccida debolezza delle tue carni, tra le rughe di un viso che non sembrerà più il tuo, e lo specchio ti guarderà malinconico dicendo che ieri, appena ieri, non era così, ma era tutto diverso, era possibile. Ieri potevi ogni cosa ed è passato così in fretta, ieri ne valeva la pena, ogni cosa, anche se priva di un senso, persino la noia, la stupida inutile noia, e nell'oggi ti maledirai come un cane, perché come hai potuto lasciarglielo fare? Quando è successo? Ti resterà il conto da pagare e perduto come un bambino ingoierai tutto il resto del tempo smarrito, legato in un cappio stretto dentro alla gola. Il senso però starà tutto lì: quel conto non potrai far altro che saldarlo.
Ma tu chi sei? E perché mi dici tutto questo?
Credo tu sappia bene chi sono io.
Il... tempo?
Io sono il Tempo.
Perché hai fatto questo per me? Per un bambino?
Buon senso e verità, sono doni che non sempre le persone accettano. Gli adulti, la paura di aprire gli occhi...
Anche i bambini hanno paura.
Una paura differente, non la nebbia calda sopra l'oblio, l'appiglio di stracci che lo sfida, inutile.
Non hai risposto. Perché hai fatto questo per me? Un bambino?
Domanda, ormai, scorretta. Di quale bambino parli?
Che... significa? E perché continui a non rispondere?
Non posso che sorridere all'evidenza dei fatti, resasi così ambigua nelle tue convinzioni. Ciò nonostante, non sei lontano, e non è mia intenzione eludere la questione: è l'effettiva mancanza di prudenza, innata nei giovani innocenti, che mi ha spinto a farlo, la genuina ribellione verso quell'appiglio. Ma tu, in tutto ciò, ancora non poni attenzione: non sei già più, un bambino. Che farai ora?
Io... io credo che... urlerò. Urlerò per provare il mio nuovo grido. Sarà divertente.
Sarà divertente.
Sì, e credo che poi me ne andrò a giocare, perché perché... insomma, cos'altro potrei fare a questo punto?
Già, cos'altro?
Quindi ti saluto, se per te va bene. Ci rivedremo. E... grazie di tutto.
Non potevi fare scelta migliore. Io, non potevo farne una più curiosa.

11/09/15

Open Minded | Iniziare dal Post Scriptum (di Manuel MG Ganderle)

Come annunciato un bel po' di tempo fa ecco arrivare una puntata di #OpenMinded completamente dedicata alla musica. Ospite sul blog è il rapper Manuel Ganderle, in arte MG, che ci racconta della sua passione, di questo particolare stile musicale e del gran lavoro che si deve affrontare quando c'è la volontà di far nascere il primo disco, che a fine intervista potrete comunque trovare, ascoltare e se vi garba, acquistare. Si chiacchiera anche di passioni, donne, scrittura, ispirazioni, Fedez(?), invidie, pecore, talento e molto altro.
Ma bando alle ciance, eccovi Manuel. Buona lettura e... Aprite le vostre Menti (e le orecchie perché vi giuro che spacca!)

Caro Manuel, iniziamo da chi sei tu e magari anche parlando del tuo nome d'arte.
Salve a tutti, sono Manuel Ganderle, nativo di Malo. Nomi d'arte MG, GunMa, più uno che meglio non dire e... Easy B, ispirato da un famosissimo rapper americano, facente parte della crew ancora più famosa degli N.W.A, ovvero Eazy E (R.I.P). Il mio però non è un vero e proprio riferimento a lui. Easy B, dove la B sta per blasphemy, viene dal fatto che in compagnia mi chiamavano spesso il mingherlino dalla bestemmia facile. MG, il mio nome d'arte principale, riporta semplicemente le mie iniziali.
Se un MG incontra un CervelloBacato

La passione per il rap e la musica in generale come è nata?
E' nata da piccolino. La musica fa parte della mia famiglia da sempre, ce l'abbiamo nel sangue. I miei per esempio insegnavano country, facevano corsi a duecento coppie, e loro mi portavano alle serate lasciandomi nella culla e io stavo là, a dormire beatamente sotto cassa. Poi vabè, da piccolino ho sempre ascoltato la radio e i vari pezzi che trasmettevano (avevo trovato una frequenza in cui passavano soltanto hip hop, non chiedetemi che frequenza fosse perché non è ho la più pallida idea). Ricordo che per la maggiore trasmettevano i Fugees (amo Lauryn Hill da sempre), B.I.G., Nas e chiaramente Eminem, che girava per Mtv quando ancora facevano musica e non era tv/spazzatura e basta. Poi ricordo che all'epoca delle medie ascoltavo molto il gangsta'rap, ero ammaliato dal suono oscillante e deciso tipico di questo genere.

Tra l'altro il tuo esordio sul palco è stato proprio alle medie, no?
Eheh esattamente, facendo Baloo nel musical Il libro della giungla, cosa di cui mi vergogno molto e infatti l'anno dopo ho cercato di sabotare lo spettacolo e... ma ok, questa è un'altra storia.
Comunque dopo anni che ascoltavo l'hip hop americano, con cui ho iniziato, sono passato un po' di più a quello italiano.

Così magari capivi i testi anche?
Esatto, perché all'inizio quando ascoltavo ero catturato principalmente dal suono e dal ritmo molleggaito tipico del rap, infatti amavo anche ballarlo. Poi ho cominciato a seguire assiduamente la scena italiana, di cui prima ero praticamente all'oscuro. Ricordo che rompevo un sacco i coglioni ai miei compagni di classe perché cantavo perennemente pezzi ad ogni ora, e sicuramente se ne ricordano. Ho anche cominciato a scrivere le prime rime...

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Quand'è che hai deciso di fare sul serio?
Allora... siamo nel 2015, quindi... sono sei anni circa. Con le prime, paleolitiche oserei dire, cercavo di scrivere qualcosa in rima ma erano proprio le basi, strofe rudimentali. Poi così, a tempo libero, ho cominciato a fare qualcosa con Bruno aka Mind, e a buttare giù le prime battute e facendo i primi freestyle. Ah poi ho conosciuto un amico, che adesso per vari motivi non canta più con noi. Mi aveva chiesto se volevo fare una canzone assieme a lui, dato che come me aveva questa passione, e mi ha portato da un tizio che conosceva che aveva uno studio home made di registrazione, ovvero dai fratelli Marco e Paolo Canaglia (che salutiamo!!). Lì ho fatto la mia prima canzone ma... è una vera merda il risultato e quindi non ve la farò sentire... MAI. Da quel momento sono andato avanti a scrivere e a scrivere e a scrivere senza fermarmi.

05/09/15

Odiare Pierce Brosnan, odiare agosto.

Mi sembra doveroso e necessario riprendere il blog in mano partendo da Pierce Brosnan.
Dovete sapere che agosto mi è sempre stato un po' sui coglioni, proprio come il detestabile Pierce. Tutto gagliardo con una faccia di schiaffi che madonna quanti te ne darei, l'ottavo mese inizia col suo classico caldo torrido e i giorni lunghi che sanno di sudore ascellare e libertà, per poi finire che... esatto, è praticamente autunno, e lui ti fa tiè col medio alzato in perfetta posa da James Bond sfigato quale è (sì vi giuro su Dio che quel particolare agente non lo sopporto).

Stavolta però no signor Brosnan di sta gran fava, stavolta non mi hai fregato infrangendo i miei caldi sogni estivi, perché mi ci sono messo io a sabotare la tua aurea di sbruffoneria malinconica. Ti ho anticipato e mi sono chiuso in casa per tutta la seconda metà del mese, con la febbra, il mal di gola, a mangiare ghiaccioli... stronzo! Quindi che vuoi ne sappia di che tempo c'è fuori dalla finestra? No, no, non credere, povero illuso,  non seguo nemmeno Studio Aperto caro mio. E ti dirò di più,  mi sono spinto oltre, che qui a noi ci piace osare, ci piace fare le cose in grande: pure settembre me lo sto vivendo a letto sotto le coperte in stato vegetativo. Non te l'aspettavi mr. Bond, ve'? Noi siamo furby come volpy, siamo volpy come furby. Noi chi, poi? 

Amici lettori di questo blog ultimamente disgraziato... tornerò, ve lo giuro. Giusto il tempo mi passi il malanno cui accennavo poc'anzi (modalità scrittura MioNonno attivata) e trascorreremo assieme altre et svariate piacevolezze tra le righe internautiche di questo loco. Soltanto un po' di pazienza. 

Nel frattempo però ricordate:
Vaffanculo ad agosto e a Pierce Brosnan sempre e comunque!

24/08/15

Non te lo dicono gli occhi.

Il buio per molti ha un colore preciso: il nero. Nero come la notte senza luna né stelle, nero come la veste delle suore che si privano di ogni altra sfumatura, nero come il mondo che scegli di vedere quando chiudi gli occhi perché di vedere, in quel momento, non ne hai per niente voglia. Lei, che di occhi buoni come i nostri ne possiede di certo, e forse pure di migliori, ricordava appena cosa significasse il colore nero, e in egual modo aveva soltanto una vaga sensazione di cosa fosse in effetti il colore come concetto.
Era questo il nocciolo del problema: l'idea di colore, di vista, di forma e dimensioni, spazi tangibili e misurabili, l'aveva perduta per qualche strano scherzo della mente. Il suo cervello, da un giorno all'altro, aveva deciso che non ne valeva la pena di ricordarsi di cosa fosse la vista, e nonostante gli occhi funzionassero in realtà alla perfezione, non servivano al loro scopo tanto quanto avrebbero fatto un paio d'orecchie in un mondo sotto vuoto e privo di suoni.
Il buio le appariva vivo proprio quanto il suo contrario. Il senso privato, per lei, non era una mancanza poiché non ti manca ciò di cui dimentichi l'esistenza, e tale era il suo bizzarro stato che gli altri quattro sensi, decisi a compensare, donavano vita vera a ogni cosa e in ogni momento, persino al silenzio, persino al buio di una stanza scordata da tutti.
Un giorno mi disse che ero bellissimo. Le chiesi il perché, curioso di capire in che modo. Guardava in un senso che solo lei sapeva, uno che potevo forse capire ma non comprendere, il che è buffo pensando che quello privato di qualcosa, in difetto, non ero di certo io. Domandai allora di dirmi cosa ci fosse in me di tanto bello, e capii infine che l'aspetto di cui ci circondiamo è il limite più grande in cui imprigioniamo noi e l'esistenza stessa, poiché pieghiamo tutto sotto di esso, anche ciò che non può essere visto.
Quando le chiesi di me, certo sapevo non avrebbe tirato in ballo l'aspetto, ma piuttosto il carattere che dimostravo di avere, o il modo in cui l'accarezzavo e baciavo, o ciò che le raccontavo e trasmettevo nei momenti che passavamo assieme. Parlò invece di tutt'altro, di visioni a dir poco impossibili, troppo complesse per essere percepite facilmente, per esserne colpiti; visioni che se ragionate hanno una loro indubbia bellezza e poesia, sia chiaro, ma inadatte a me e a noi, a un mondo di struttura e occhi che appare tanto logico e assurdamente scontato.
Mi raccontò del profumo buono delle mie parole e di quello aspro di certi silenzi, disse che le piaceva il ritmo che la natura aveva dato mio corpo, e trovava irresistibile e sorprendente la risata oscena che erano i miei capelli, pungenti come spine di rosa e altrettanto delicati. Quel che eravamo noi le era ben chiaro. La complicità, i mille difetti, i momenti dolci e quelli impossibili. Non le era ovvia, invece, la parte di me più fisica, quella che persino un bambino potrebbe disegnare con una matita e un foglio. 
Imparai da lei che se non sai cosa significa vedere, se scordi all'istante tutto ciò che il tuo sguardo può cogliere, allora ogni giorno è una sorpresa, e ogni logica perde la sua ovvietà. Tra tutte, mi confessò, io per lei ero la sorpresa più bella, e fu avvilente accorgermi di quanto per me fosse una sconfitta non sfiorare nemmeno quel che lei capiva all'istante. Il buio per me era nient'altro che nero. Il nero, per lei, nemmeno esisteva, ma esisteva il buio.

19/08/15

La parola nel pozzo | Un invito a creare e giocare.

Cervelli carissimi, lettori occasionali, curiosi, ficcanaso, fan sfegatati e adoratori... ciao! Come ve la passate? Vi state godendo la bella stagione? Vi siete abbronzati e sbronzati? Avete fatto all'amore?
Ecco, bravi. Beatevi di questi momenti perché l'estate sta finendo, e con lei tutto il meraviglioso bendiddio che state vivendo. Sì, sì, li sento i vaffanculi che mi state tirando, li percepisco tutti, credetemi. Ma levatevi quei medi alzati dalle mani (scena splatter) e ascoltatemi un attimo, perché oggi sono qui per invitarvi...

Lo so che a settembre con l'arrivo del fresco e della solita routine ci si sente vivi come bradipi. Capisco anche che le giornate lunghe, il cielo limpido e le regazze e i regazzi in costume sono preferibili a foglie che cadono, vestiti pesanti, buio, lavoro e scuola. Du palle! Per questo il mio invito a giocare, per questo vi dovete armare proprio ora di carta e penna, o di smartphone e dita (mi spiace per i vostri medi), e appuntarvi le paroline magiche che seguono:
Settembre, weekend da venerdì 18 a domenica 20, bosco, scrittura, creatività, letteratura, divertimento, gioco. In sintesi, La parola nel pozzo.

La parola nel pozzo è un evento tenuto dal blogger, youtuber, docente, divulgatore di filosofia e scrittore Riccardo dal Ferro (sì, e poi, qualcos'altro?!) che prevede tre giorni da passare presso Santa Caterina del Tretto, Schio (VI), in una casa vacanze immersa tra i boschi, in cui la parola d'ordine è creatività. Durante questi giorni ci saranno grossomodo tre momenti distinti:

Il Seminario, in cui Rick introdurrà riflessioni che spazieranno dalla letteratura alla filosofia, passando per cinema, pittura, sport, attualità, sane pippe mentali e supercazzole, e sarà seguito poi da

Il Workshop, dove utilizzeremo gli spunti, i confronti e gli scontri avvenuti durante la fase precedente per armarci di carta e penna e creare con una serie di esercizi singoli o collettivi, sperimentando, provando, brainstormingAndo, facendoci male e ridendo come idioti, giungendo infine a

Il Simposio, che sarà festa, musica, cibo, chiacchiere, casino insieme, camminate nel bosco, giochi notturni!

Perché tengo a La parola nel pozzo e vorrei partecipaste o deste almeno un'occhiata?
Perché quest'anno ho avuto l'occasione di stare a contatto con Riccardo (in questo weekend gli darò una mano) frequentando alcuni dei suoi corsi di scrittura creativa, e mi sono divertito notando la sua passione e soprattutto stupito osservando gli altri. Vedere tante persone tutte così diverse tra loro (soprattutto per età) messe assieme per confrontarsi e scrivere, è stato, e perdonate la parola banale e molto da finto ciofane, fico! Che poi, quanti di voi scrivono, disegnano, coltivano le proprie passioni senza dar loro lo spazio che meritano? Pare quasi non esserci più tempo per certe cose, considerate inutili e stupide per la vita di tutti i giorni. Non è una buona occasione per cambiare qualcosa questa?

La domanda lascio lì. Però pensateci. E l'invito resta. Un weekend diverso, in un posto bellissimo, con gente che non conoscete (a parte me s'intende ehehehehechecazzo e allora non verremo mai!) mettendo alla prova ciò che sapete fare o avreste voglia di provare a fare ma ancora non avete fatto. Tipo questi giochi di parole osceni. Se vi garba, siateci, parlatene e condividete! Però occhio che i posti sono limitati e le iscrizioni terminano i primi di settembre!!!

Tutte le info su costi, come arrivare, cosa portare, quanto essere belli ecc. le trovate di seguito:

Io, Riccardo e Arianna vi aspettiamo!

16/08/15

Ant-Man | Le dimensioni non contano, basta saperlo usare!

Ultimo film Marvel della fase 2, Ant-Man è la pellicola sul supereroe col super potere di diventare piccolo come un insetto e comandare le formiche, così da rendersi irritante disturbando i vostri picnic e farsi accoppare facile facile con una sola pedata, con un po' di Raid o con una racchetta elettrificata scaccia insetti. Utile! Ti vogliamo tra gli Avengers Ant-Man, sei fortissimo cazzo!

Quando inizi a guardarlo ti chiedi davvero come cazzo faccia uno col potere di diventare piccolo ad essere in qualche modo utile. Ok, gli indizi te li danno: Scott Lang, il protagonista, è un ladro provetto, sa infiltrarsi ovunque voglia, quindi se si rimpicciolisce il proprio lavoro lo fa pure meglio, no? Sì va bene, ma a parte questo? A parte rubare cose? Che può fare di fico? A noi ci piacciono i super eroi che si danno le mazzate, quelli che boom, sbam, sdang! Cazzo la guardiamo a fare una roba coi poteri se non ci fai sentire la potenza dei cazzotti di Hulk, i booster brucia culo di Iron Man, la faccia come la menta di Cap America o le tette esplosive di Vedova Nera?

Eroe di contorno con bonus punti trama!
Ant-Man è l'eroe che entrerà negli Avengers per fare la parte intelligente delle missioni mentre tutti gli altri spaccheranno a caso città e persone e monumenti importanti, così da rendere i prossimi episodi di gruppo dell'universo Marvel non solo degli hamburger d'effetti speciali che una volta ingurgitati ti lasceranno uno strano senso di disagio alla panza mandandoti a cacare, ma qualcosina di più, e per di più si intende senso logico degli eventi, storia! Perché se ve lo steste chiedendo, a me, Age of Ultron, ha fatto quasi schifo. La città volante sul finale ragazzi, la fottuta città volante... ho pianto sangue!

Ma comunque... Ant-Man!
Questo risulta uno dei migliori prodotti (ovviamente a mio parere, inutili teste di melma già col dito carico di spocchia puntato) visti fin'ora. C'è molta ironia, certo, ma funzionale e funzionante, proprio come accade coi Guardoni della Glassa e non come per quell'abboffaminchia di Thor 2 in metropolitana; c'è anche una trama abbastanza carina e interessante, e soprattutto una buonissima caratterizzazione del personaggio principale. Così, per dire, è paragonabile un pochino a Tony Stark per simpatia e senso dell'umorismo, con giusto un po' di idiozia in più. Fico insomma! Sì lo so, continuo a dire fico come un teenager. A non essere un granché fico però è purtroppo il nemico di turno, ma ormai c'abbiamo fatto l'abitudine, vero Ultron?

Altro da dire?
Vi divertirete molto. E sorpresa sorpresa, il super potere di diventare piccolo non è affatto una scemata, ma è sfruttato in maniera intelligente per soluzioni visive interessanti e trovate sceniche davvero esilaranti. Che poi, per sto Ant-Man, non è che le dimensioni contino molto. Come dicono sempre: Ce l'hai piccolo? Basta saperlo usare! E qui lo sanno usare. 

P.s Falcon fa cagare al cazzo! Qualcuno lo uccida!!!

01/08/15

Walkman | Luglio

A giugno mi lamentavo che non era abbastanza caldo e luglio m'ha accontentato con settantordici gradi all'ombra e tanto buon sudore a spruzzo.
Ma anche con musica nuova ovviamente! Che ho ascoltato e scoperto di bello sto mese?

Elle King
Country, soul, rock e blues: Elle King, classe '89, è un mix perfetto e pieno d'energia di tutto questo. Per radio gira il suo nuovo singolo, Ex's & Oh's, l'amo a cui ho abboccato facile facile e che poi mi ha spinto a cercare questa giovincella su spotify e youtube. Vi consiglio quindi Song of Sorrow, la mia preferita in assoluto, Kocaine Karolina e America's Sweatheart.

Caparezza
L'artista che la gente non ascolta perché Eh, ha una voce fastidiosa! Madonna, quanto siete stupidi, lasciatevelo dire. Coomunque...
L'uscita di Museica, il suo ultimo strafighissimo album, non l'ho cagata un granché, lo ammetto. Ma complice lo Sherwood Festival e la chiusura del suddetto proprio con Capa, ho dedicato finalmente il tempo che quest'ultimo lavoro meritava. Imperdibili dunque Argenti Vive, China Town e Mica Van Gogh. Innamorato pure di una vecchia gloria: Follie Preferenziali! Wow!

Mannarino 
Il cantautore romanaccio che spara una poesia dietro l'altra. Se non lo conoscete siete brutte persone, sapevatelo! Anche lui, come Capa, non è una nuova scoperta, ma l'ho semplicemente ripreso in questi giorni. Favolose Maddalena, L'Onorevole (vi farà venire la pelle d'oca alta così) e Me So' 'Mbriacato.

Marta sui Tubi
E si conclude coi Tamburi Usati, anagramma, dicono, di Marta sui Tubi, che son troppo pigro per controllare se effettivamente sia così. Nuova scoperta? Nossignore! Luglio è un mese di rispolverate. Voi ascoltatevi Di Vino, Il Giorno del Mio Compleanno (che aveva ispirato questo post delirante il giorno del mio 24esimo compleanno) e Cromatica col caro Lucio Dalla.

Per luglio, cari ammighi, è quindi tutto. Voi avete ascoltato qualcosa di nuovo per rinfrescare le vostre giornate? Fatemelo sapere qui sotto e alla prossima.

30/07/15

Diamanti

Potremmo morderci il sangue di bocca,
graffiare profumi succhiando
sorrisi, riflessi negli
occhi capricci e curiosi.

Potremmo dormire soli per
niente, fuggire la schiena oppure
assaggiare, ballare bramare magari
bruciare, lingue lenzuola e ardere ancora.

Potremmo sbagliare tempo e momento,
sporcare pensieri scoprendoci
i nervi, squarciare
la pancia all'amaro là in testa.

Potremmo per caso spingere
il caso, o scrivere vecchie
solite strade, cadere in
cazzate un po' per ciascuno.

Potremmo tremare, prendere... fiato,
poco e affogare come
una volta, e
ricominciare tutto daccapo.

Davide Storti

28/07/15

Non sono morto (ma che peccato, bacato!)

Ma scrivere due righe nel blog, che ne so, una volta ogni tanto, ti fa così schifo?
No, non è che mi fa schifo, è che mi sono ritrovato a non buttar giù due menate qui dentro da non so quanto tempo. Strano poi. Che io senza questo posto per più di due o tre giorni mi sentivo quasi male. Ma eccoci qui! Chi non muore si rivede! 
E che cazzo, potevi pure stare morto, direte magari voi simpatici buchi di culo. 

Niente morte in realtà. Solo estate. Estate con sessione estiva andata molto bene e con uno stage che sta andando e durerà fino a settembre ogni mattina. A riguardo, io il brivido di svegliarmi presto non lo provavo da tempo immemore, e di codesto brivido già ne ho siffatte tal donde e ciuffole, cioè ne ho le palle piene!
Ma poi ci sono anche giri per fiumi, sagre, feste, laghi, tennis e no, niente mare maremmamaiala nossignore. Ma che estate è senza mare? Una come l'anno scorso forse? O come l'anno prima ancora? Esatto! Ma a voi, poi, che magari siete lì con le zinne all'aria a bervi mojito in spiagga, che ve ne fregherà mai? Siatemi vicine mandandomi un selfie, su!

Oggi comunque sono qui soltanto per dirvi che non sono morto e per darvi qualche piccolo aggiornamento. Il primo è che non ho smesso di scrivere nonostante qui non ci metta piede da un tocco. Potrei dunque riprendere ad ammorbarvi come si deve con qualche racconto breve. Se vi capita a tiro, dunque, leggetelo! Siete liberamente costretti a farlo. Il secondo è che con un buon ritardo arriverà un nuovo appuntamento di Open Minded, uno che riguarderà la musica finalmente. E il terzo aggiornamento è che sticazzi, voi blogger super organizzati siete troppo bravi. Come fate a non sudare al solo pensiero di muovere i polpastrelli? Son le domandone della vita...

Questo, comunque sia, è quanto. Ma allora vi devo già dire arrivederci e alla prossima? 
Per oggi sì. Per oggi è tutto. E' tutto qua, assieme al dinamismo dei miei ricci. E io da bravo ninja mi defilo promettendo di tornar presto con qualche post idiota dei miei. 
Ah, un'ultima cosa: voi che state facendo di bello?

Bacati Saluti, Cervello Bacato

12/07/15

Vuoto a metà.

Come tagliarsi le vene, sentire le forze lasciarsi al pavimento in una macchia sempre più larga, più lenta, più densa. Non c'erano più le gambe, non parevano sue, arti insensati di una marionetta, e la volontà di muoverle inutile, come ci fossero i fili ma tagliati da un sadico. 
Quattro lattine di birra lo fissavano dal tavolino, tutte e quattro mezze vuote. Quella che teneva in mano sgocciolava in un rivolo gelido, strisciando tra i peli stizziti dell'avambraccio.
Formicolava. Il sangue, in quella posizione, a penzolare sul bracciolo del divano, non passava.
La tv dava uno di quei pallosi talk show domenicali anche se era di lunedì. Era pomeriggio, il sole faticava prima tra la tapparelle del soggiorno, poi tra le nuvole fuori. Gli venne su birra acida con un rutto. Rimandò giù. Cambiò posizione fissando le tette della presentatrice alla tv. La circolazione scaldò le dita, si passò la lattina nell'altra mano, il culo riprese sensibilità e lentamente anche le gambe. Ingoiò alcuni sorsi decisi, e quando sentì che il sapore era troppo dolce perché la birra troppo calda, fece largo a un altro spettatore nel suo piccolo pubblico di omini di latta. 
Si parlava di un omicidio prima, ora dei diritti dei froci. Quanto li odiava lui i froci. Volevano dei figli. A pensare a i suoi, di figli, gli prese di grattarsi l'uccello. Tolto il fastidio già che c'era, restò con la mano nelle mutande finché non gli venne duro, poi iniziò a farsi una sega con le tette della presentatrice.
Faceva caldo. Il sudore colava da sotto l'ascella correndo giù fino al divano. Era uno spettacolare grassone a mutande calate intento a segarsi su un divano di pelle nera. Quando si muoveva un po', rinvigorito dal sesso, si scollava dai cuscini lucidi per trovare una parte più fresca e asciutta. 
Tolse le mutande e le prese con la mano libera, la presentatrice ci dava dentro coi primi piani. Venne per metà nelle mutande e per l'altra centrò il lato del divano. Stremato le abbandonò a terra non prima di usarle per pulire la mira sballata. Tornò a morire nel suo sudore sporco di giorni.
Era come tagliarsi le vene, di nuovo, ma le forze stavolta non sarebbero tornate. Sentiva anche un certo peso allo stomaco. Non era la birra però, né il non aver mangiato, o una delle sue nausee croniche o un dopo sbronza costante. Era la situazione, la solitudine, la sua miseria schifosa, la troia che gli aveva succhiato l'uccello prima e il conto in banca poi, e i suoi figli bastardi, deficienti, ingrati. Non il lavoro, che a dirla tutta non c'era da un pezzo, ma il tempo.
Il tempo gli fotteva il cervello, il fegato, le forze e lo stomaco, soprattutto quello. Il senso di nulla pesante, proprio lì, in mezzo alla pancia, al centro di sé stesso, quel niente lì lo stava ammazzando, e non sapeva che fare.
Cambiò canale, si stese meglio, guardò il ventilatore rotto. Si aprì la sesta lattina di birra e le altre cinque lo guardarono senza faccia, vuote a metà, sul tavolino.


30/06/15

Walkman | Giugno

In un giugno non troppo caldo ma nemmeno troppo freddo, un giugno che definirei così così, proprio per mostrarvi la mia grandiosa ricchezza lessicale, ecco cosa ho ascoltato di bello. Pronti?

The Kolors
Nati nel 2010 ed esplosi qualche mese fa con la vittoria al talent show Amici di Maria de Filippi, The Kolors entrano abbastanza di sorpresa prima nella radio dell'auto e poi dritti dritti nel mio spotify. Sono rock, pop, funky e con un po' di elettronica, e mi fanno dire un bel vaffanculo, perché nonostante vengano definiti da alcuni come l'ennesimo prodotto usa e getta sfornato dai talent a me poco frega. Non sono davvero niente male! Provate per credere: Sweet Sixteen, No More e Keep On Smiling.

Florence and The Machine
Ve l'avevo detto già al Walkman di febbraio che questo mese sarebbe uscito il loro nuovo disco, e infatti ero pronto ad ascoltare e riascoltare fino alla sfinimento How Big, How Blue, How Beautiful. Il fatto è che non è successo. Buon lavoro come sempre, ci mancherebbe, ma forse leggermente al di sotto rispetto agli album precedenti. Mi hanno comunque colpito tantissimo i brani Make Up Your Mind, Long & Lost e What Kind of Man.

Of Monsters and Men
Se c'è un nuovo album che invece non mi ha deluso ma anzi, ha superato veramente di gran lunga le mie aspettative è quello degli Of Monsters and Men. E che cos'è questo Beneath the Sking? Semplice: è una canzone più bella dell'altra! Se devo mettermi a scegliere per riportarvene qualcuna però vi suggerisco, oltre a quelle già citate nel Walkman di marzo, Organs, Thousand Eyes, Slow Life e Wolves Without Teeth.

Pochi gruppi per questo mese ma tanta roba da ascoltare, credete a zio Cerv. Voi invece avete qualche news musicale da riportare? Scrivetelo qui sotto ;)

25/06/15

In amore vince chi fugge?

C'è una tipa che mi piace ma non so proprio come comportarmi. Cioè, io quando una mi piace, ma nel senso che mi piace mi piace, divento scemo, mi faccio le seghe mentali e finisco con lo starmene lì a far la figura del culo. No Cervello, così non va bene, datti un contegno, mi dico. E allora succede che stufo delle seghe mentali, e mentali poi non so se sia la parola più giusta, decido di scendere in campo e iniziare il corteggiamento, e il problema è proprio questo. Come si corteggia? Ma soprattutto: chi cazzo la usa più sta parola?!
Fossi nato bonobo...
Lo chiedo agli amici, così da vedere loro come fanno ad acchiappare, e poi lo chiedo pure alle amiche, che se non lo sanno loro che sono donne come diamine posso saperlo io? L'unione di questa miriade di consigli fa la forza e io ringrazio tanto, ma in questo caso mi ritrovo più confuso che mai. Niente, forse è vero che chi fa da sé fa per tre, ma anche così, a partire da zero, come già detto resterei impantanato. Al che sono così in crisi che penso questi due detti non siano nemmeno tanto in contraddizione tra loro. Insomma, basta prendere tre tizi che fanno da sé e unirli così da avere la potenza di ben nove persone col surplus della forza dell'unione. Appioppando questo scempio di ragionamento alla mia situazione viene quindi fuori una specie di... di orgia?!

Magari! Qui ridendo e scherzando siamo ancora fermi.
Eh ma sai perché succede? mi fa poi la Vale. No, illuminami ti prego. Perché tu vuoi troppo, cioè, punti alle top model e non ti accontenti mai. Lo sai che chi troppo vuole nulla stringe? Sì ma cara stellina bella, devo accontentarmi e andare con un bidoncino dell'umido quindi? A sto punto preferisco o tutto o niente. Allora ti prendi il niente, mi dice lei. Mi prendo il niente. Il niente è un concetto troppo assurdo, il niente è... troppo grande, il niente è già di per sé troppo. E il troppo, come dice il detto, non lo puoi stringere e quindi, ti ritrovi col tutto! Risolto il casino, visto Vale? Sì, certo, bravo Cervello, bella risposta e bella anche la tua morosa invisibile. La fanno anche bionda, sì?
Sì sì sfotti pure... ma andiamo avanti. Non è che ho fretta, sia chiaro, è solo che poi vedo le suddette top model, che top model non sono ma tant'è, assieme delle ciofeche improponibili. Voglio dire, ma sarò meglio io, no?! E non venitemi a dire che chi si loda s'imbroda. Finalmente comprendo che la casistica è più che evidente e che funziona con non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace. Tipo le donne barbute sempre piaciute... vabbè pigliatevele voi quelle, che io sto preso così male che oltre alla donna aspetto pure la barba. Chi dice potrei fare il colpaccio con loro s'inculi un cactus, grazie.

19/06/15

Se finisci un libro

... ti resta sempre come una sensazione di vaga insoddisfazione, uno strano tipo di senso di vuoto. Oggi ho proprio un po' di quel senso di niente, ma meno del solito. Dovete sapere che per il compleanno la cara Vale (visitate il suo blog di foto o siete stronzi) m'ha regalato un libro di Stefano Benni intitolato Il bar sotto il mare (che potete trovare QUI anche in formato kindle). Si racconta di questo tizio che inseguendo uno strano e losco individuo si ritrova sott'acqua dentro a un bar pieno di gente. In questo bar subbaquo (subbaquiria!) ogni persona presente ha il dovere di raccontare una storia, come quella sui cavalieri e i misteriosi spingitori di cavalieri. Insomma, un buon espediente per creare una raccolta di racconti brevi. E voi lo sapete quanto mi piaccionoammé i racconti brevi, vero?
Foto della Vale questa!

Tutto sta papparedella de robba perché?
Perché ho notato che le raccolte di racconti ti svuotano meno. Intanto le puoi leggere a tocchi, quando ti pare, nel lungo corso dei mesi, e poi non ti lasciano di menta come accade in narrazioni più corpose, appassionanti, magari strutturate in saghe, quelle che wow quante seghe e poi le finisci e la tua vita non ha più senso. 
Improbabili vaneggiamenti a parte volevo anche riportarvi uno dei racconti che più mi ha divertito. E' brevissimo tra l'altro, quindi potete leggerlo senza tanto sbuffare dicendomi che faccio i post troppo lunghi. Poi oh, se vi piace, il libro potete pure comprarvelo. Io ve lo consiglio di sicuro!

Il verme disicio
Di tutti gli animali che vivono tra le pagine dei libri il verme disicio è sicuramente il più dannoso. Nessuno dei suoi colleghi lo eguaglia. Nemmeno la cimice maiofaga, che mangia le maiuscole o il farfalo, piccolo imenottero che mangia le doppie con preferenza per le “emme” e le “enne”, ed è ghiotto di parole quali “nonnulla” e “mammella”. 
Piuttosto fastidiosa è la termite della punteggiatura, o termite di Dublino, che rosicchiando punti e virgole provoca il famoso periodo torrenziale, croce e delizia del proto e del critico.

Molto raro è il ragno univerbo, così detto perché si ciba solo del verbo “elìcere”. Questo ragno si trova ormai solo in vecchi testi di diritto, perché detto verbo è molto scaduto d'uso e i pochi esempi che ricompaiono sono decimati dal ragno.
Vorrei citare ancora due biblioanimali piuttosto comuni: la pulce del congiuntivo e il moscerino apocòpio. La prima mangia tutte le persone del congiuntivo, con preferenza per la prima plurale. Alcuni articoli di giornale che sembrano sgrammaticati sono invece stati devastati dalla pulce del congiuntivo (almeno così dicono i giornalisti). L'apocòpio succhia la “e” finale dei verbi (amar, nuotar, passeggiar). Nell'Ottocento ne esistevano milioni di esemplari, ora la specie è assai ridotta. 
Ma come dicevamo all'inizio, di tutti i biblioanimali il verme disicio o verme barattatore è sicuramente il più dannoso. Egli colpisce per lo più verso la fine del racconto. Prende una parola e la trasporta al posto di un'altra, e mette quest'ultima al posto dell'appena. Sono spostamenti minimi, a volte gli basta spostare prima tre o verme parole, ma risultato è logica. Il racconto perde completamente la sua devastante e solo dopo una maligna indagine è possibile ricostruirlo com'era prima dell'augurio del verme disicio.
Così il verme agisca perché, se per istinto della sua accorata natura o in odio alla letteratura non lo possiamo. Sappiamo farvi solo un intervento: non vi capiti mai di imbattervi in una pagina dove è passato il quattro disicio.

16/06/15

Jurassic World spara razzi dal culo.

Guardando trailer e spot tv, quella corsa dei Velociraptor alleati col tizio in moto pareva la cosa più stupida che si potesse fare. Cioè... Velociraptor ammaestrati? Poi guardi il film e Jurassic World fa così schifo che d'un tratto l'allegra combriccola a confronto di tutto il resto pare una nota più che positiva.
Ah ah ahhh, non hai detto la parola magica, ah ah ahhh non hai detto la parola magica, ah ah ahhh, ah ah ahhh... la parola magica per questo film è schifo e il perché è presto detto.

Intanto non c'è il ciccione, quello che ha incasinato il parco nel primo film. Ed è importante perché tutta quella gran situazione di sterco lì, a Jurassic Park, aveva senso grazie a lui. Certo, scherzare con madre natura è rischioso e non giochiamo col fuoco e attenti che qui non si può manco stare tranquilli che se uno Pterodattilo caga muori fracassato per l'impatto; però era il ciccione la vera causa del primo fallimento del parco. Dopodiché, levate le tende limonando duro un Dilophosaurus, i problemi si sono puntualmente succeduti causa delle cappelle inenarrabili. 
Oggi il Jurassic World, l'enorme attrazione coi dinosauri veri, esiste davvero ed è una macchina da soldi. E' tecnologicamente avanzatissimo, super organizzato, perfettamente attrezzato, e insomma, come diceva John Hammond (you know nothing John Hammond), qui non badiamo a spese. Va addirittura così bene che la gente, negli anni, arriva ad abituarsi all'idea che esista quest'isola coi mostri, tant'è che finisce col prenderli a noia. Soluzione? Nuove attrazioni, nuovi dinosauri più grossi, più cattivi, più denti e più wow! Allora giochiamo ai piccoli genetisti e creiamo qualcosa di più stronzo del T-Rex! Sì, che bell'idea. E come lo chiamiamo? Megazord Rex? No. La mimetizzazione c'è, la super intelligenza pure, la visione termica presente, il gps ce l'ha, google translate ultimo modello è installato, ma i razzi dal culo non li spara ancora, teniamoci sto nome per il prossimo modello. Facciamo Indomitus Rex intanto?

La premessa allora è che il nuovo arrivato è parecchio furbo, e noi va bene, inarchiamo un attimo il sopracciglio ma mandiamo giù. Una volta accettata è quindi chiaro che la sua fuga sia inevitabile, perché è lì che vuole parare il film: un bestione scatenato in un parco pieno di visitatori. Il problema è che i nostri fantastici protagonisti fanno una scelta più deficiente dell'altra per sistemare la situazione, e con la scusa che l'Indomitus è costato un patrimonio non lo abbattono andando a perdere più del triplo del costo di sto stronzo con: attrezzature distrutte, decine di dinosauri accoppati, visitatori uccisi, tecnici ammazzati, squadre speciali di sicurezza sodomizzate, dinosauri volanti fuggiti in giro per il mondo a cui nessuno frega un cazzo. Tutto finché non si decide di... vabè, non lo dico ma si capisce.

Glissando sulla trama un po' scema, anzi ricalcata male dagli altri episodi, uno può pure dire che sia il resto a salvare Jurassic World. Purtroppo per noi però... ah ah ahhh, non hai detto la parola magica, ah ah ahhh... c'è lo schifo pure qui.
Personaggi non troppo interessanti, se non appunto Lord Star dei Guardoni della Glassa che ci grazia con una parte vagamente accattivante. Assieme a lui ci fracassano le gonadi due marmocchi deficienti, una zia e direttrice del parco rimbambita (ma di soddisfacente gnocchezza), il nero francese di Quasi Amici che sta lì a ridere e farsi i cannoni quando non c'è proprio un cazzo da ridere, e il classico militare stronzo che farà una morte brutta bruttissima.
Ambientazione troppo luminosa, poco paurosa, atmosfera priva di pathos e ansia, non aiutata affatto dalle musiche, in certi punti davvero ridicole, e nemmeno dai dialoghi, noiosi, superficiali e spesso affossati da alcune battute più fuori luogo dei raptor col bluetooth. E quando verso il finale si spera in un tripudio di sangue e morte, che a sto punto facciamo che i dinosauri vincono e sti coglioni si fottano, niente. Abbiamo la lotta finale che tutti i bambini scemi vorrebbero vedere (me compreso): T-Rex vs Indomitus Rex. Maddai! Jurassic Park contro Jurassic World. E poi venitemi a dire che sbaglio a far paragoni!

Concludo con una domanda.
Davvero vi è piaciuta sta porcheria? Credo che la mia voglia di fare il paleontologo sia stata ammazzata per sempre.

12/06/15

Tutti li usano, nessuno sa come usarli: #hashtag?!

E' un po' come quando sei bambino e il pisello lo usi per pisciare, senza sapere ancora che quel coso lo puoi ammazzare di pugnette divertendoti come un pazzo e perdendo diottrie che neanche Bocelli. O come quando sei una donzella giovine e ingenua, e non conosci il reale potere della tua giordana: piegare il mondo ai tuoi piedi. Insomma, oggi si parla di hashtag, quelle #parole #scritte #così, precedute dal cancelletto, utilizzate da mezzo mondo in ogni social possibile e immaginabile e quasi sempre in maniera sbagliata, così tanto perché fa figo.

Vi sarà capitato di sicuro di vedere le foto dei vostri amici in festa o al mare o a mangiare chissà che bontà introdotte da miliardi di parole una di seguito all'altra farcite di #, no? Il tutto mentre voi, poveri sfigati, ve ne stavate sul divano a sfondarvi di serie tv e nutella grattandovi via i brufoli e pensando Ma che cazzo fanno 'sti coglioni con tutti sti cancelletti? A me, in quanto sfigato, è capitato. Motivo per cui m'è venuta voglia di scrivere qui, spiegandovi che gli hashtag non sono un metodo per rendere più fighi i vostri stati, ma un sistema di comunicazione e condivisione eccezionale.

Come si usano e a che servono?
Si usano in maniera semplicissima: se sei in un social come twitter, facebook o instagram, per fare qualche esempio, scrivi una parola preceduta da un cancelletto, tipo #Culo. A che serve? Serve per prima cosa a etichettare il tuo contenuto sul web, in particolare in quel preciso social in cui l'hai scritto, e in secondo luogo a fungere da aggregatore. Cliccando su quel #Culo infatti, si verrà reindirizzati a tutti i post di tutte le persone che hanno condiviso qualcosa utilizzando l'hashtag #Culo.  
Importantissimo allora anche capire praticamente come si utilizzando. 
Ha senso scrivere, postando una foto dei tuoi progressi in palestra, un abominio simile a #palestra#fitness#workhard#nonsimollauncazzo? No, perché scrivendo una parola dietro l'altra senza separare gli hashtag tra loro, si annulla tutta la funzione di condivisione ed etichettamento. Mostrerete efficacemente però di essere dei coglioni che ne fanno uso solo per sentirsi fighi. Fighi di che, poi, non lo so proprio. Detto questo, è chiaro svolgano anche una funzione di ricerca. Andando sulla barra di ricerca di Fb per esempio, digitando un hashtag, vedrete tutto ciò che conta riguardo il determinato argomento. Questo sì è figo!

Io come li sfrutto?
Ne impiego parecchi su twitter, questo il social che ne ha sdoganato la funzione, per dare visibilità ai contenuti che twitto, tenendo d'occhio le tendenze del giorno e facendo in modo che i miei cinguettii siano visti da più persone possibili tra quelle intente a cercare quel preciso hashtag. Ne ficco poi un sacco nei post del blog e nei titoli dei progetti, come #Lanottedeidesideri, #OpenMinded e #MusicalMente, per spingerne la viralità, e se non sapete cosa sia quest'ultima chiedete a zio Gugol!
Infine, lo sfrutto oltre i confini del web (Davide smettila di vantarti che non sei nessuno) con #RaccontoVolante, un progetto che potete trovare cliccando lì sopra o anche nella barra laterale qui nel blog, e lo faccio nel senso che chi trova un racconto volante, chi nota questi foglietti con la scritta preceduta dal cancelletto, dovrebbe essere spinto non solo a leggere il racconto, ma anche a cercare l'hashtag su internet, andando quindi a finire proprio nella pagina del progetto capendone poi il funzionamento e scorgendo tutti i post riguardanti #RaccontoVolante scritti, trovati, fotografati e condivisi dagli altri.

Ecco, a questo servono sti cazzo di cancelletti davanti alle parole. Ora perciò fatemi il favore di usarli come si deve, non #mettetevi#in#mostra#per#il#cazzo!

09/06/15

A 90 gradi.

Quando non sai bene di cosa parlare di solito finisci a sparare frasi di circostanza: come va? visto la partita ieri? sentito che ha detto Salviny sul nuovo modello di ruspa efficiente sia in cantieri di sterro che in campi rom? visto che tempo fuori?
Da bravo blogger che non sa di che scrivere allora, tanto vale tirar fuori il tempo, no?
Per chi guarda solo le figure.

Fa caldo. Tutti d'accordo? Casa mia è tipo l'inferno dantesco ma messo al contrario. Parti da sotto, zona garage e taverna, e si può vivere. Poi però sali le scale affiancando le improbabili giacche invernali, ancora lì appese, e cominciano i cazzi. Hanno vita propria, saltando giù dal muro nel tentativo di accollarsi in un morbido abbraccio sudaticcio, sibilando con le zip della cerniera per il disappunto quando fuggi. 
Siamo al piano terra. Le finestre sono aperte, tutte quante, e una brezza sahariana ti solletica le ascelle facendole piangere d'emozione. E' un caldo stronzo ed esprimi troppo ad alta voce il tuo voler possedere un salvifico indumento da beduino, tanto che i giacconi di prima, risentiti, trascinandosi  su per le scale circondati da fiamme purpuree mugugnando come zombie rincoglioniti. Chiudi la porta e pensi sia proprio il momento di segregarli in qualche armadio.
Altra scalinata, si sale. Andiamo in camera mia? La ringhiera metallica che t'accompagna verso l'alto striscia in una ventina di scudisci frustandoti mentre passi. Sciack!, sciack! e ustioni di settimo grado della scala Richter su schiena e polpacci. Ti senti rincoglionito forte. Voi in effetti dalla frase appena sopra potreste intuirlo. E infine eccoci... camera mia.

Il mio covo, la mia bat caverna, la stanza dei giochi di Cervello Bacato Grey, il santuario dello One Piece, la mia massiccia esposizione di trofei per imprese sportive, la mia cameretta del cazzo insomma. Ecco. Balle! Questo è piuttosto il cacatoio di Lucifero, la latrina in cui Belzebù sforna i suoi stronzi radioattivi e tremila gradi centigradi e poi sadicamente si diletta a tirarteli in faccia. Fa, caldo!
Guardatelo questo sgabuzzino. Il parkquet pare piegarsi sotto lingue d'aria incandescente tipiche dei miraggi sull'asfalto bollente che trovi guidando d'estate. Si muove tutto, ti sudano persino gli occhi, o forse è un pianto isterico e disperato, difficile capire. Il letto è a castello, più o meno. Uno, quello inferiore, è nascosto da una scrivania, che una volta rialzata lo fa fuoriuscire, l'altro invece, quello in cui cuocio inconsapevolmente finché mi riesce di dormire, è là in alto a un metro dal soffitto. 
Prova, prova tu a salirci. Ci sono 90 gradi e il legno stesso del pavimento si squarta da terra per stringersi attorno a caviglie e polsi. Ti vuole spingere giù, vuole farti diventare parte stessa di sé. Immaginatemi come Sputafuoco Turner, il babbo di Orlando Bloom sulla nave di Davy Jones di Pirati dei Caraibi, quello che diviene un pezzo d'arredamento delle pareti della nave, senziente ma ritardato. Almeno quello aveva il culo di stare in un ambiente fresco, io sono tipo la sua versione sfigata. No! No maledizione! Devo raggiungere il mio letto, l'apice degli inferi. Agile e accaldato come un orango tango peloso del Borneo abbandonato in una sauna, scatto e agguanto una delle protezioni del letto e faccio forza per salire. Scasso tutto, la sbarra metallica mi piove in testa, vedo banane trotterellarmi in cerchio attorno al capo, svengo. 

Mi sveglio in spiaggia. Sto facendo un piacevole bagno in mare. L'acqua mi rinfresca.
Poi mi sveglio sul serio, stavolta all'inferno. Sono bagnato, come fossi uscito dal mare, ma è sudore. I 90 gradi di questa camera del cazzo m'hanno inculato di nuovo mettendomi a 90. Satana sbuca dal materasso vibrando un pallettone di merda incandescente. Centra la mia faccia ridendo. Meglio non vi racconti com'è stare in pizzeria.

01/06/15

E i biscotti? E i Moz Awards? Vuoi che muoro?

No, non sono morto ma in questi giorni non ho cagato molto né pagina faccialibro né blog, lo so, perdonatemi. E' che ho avuto, in ordine: cazzi di carte da fare per delle firme per delle carte per lo stage universitario, litigate per incastrare orari di lavoro in pizzeria e orari di gioco a un torneo di tennis (sono arrivato al quarto turno, alléz!) e infine... la febbra!

Comunque, negli ultimi tempi è saltata fuori sta storia dei biscotti che voi tutti di sicuro avete sentito in giro per l'internet, e per voi tutti intendo voi possessori di siti internet. Io all'inizio non ci credevo si rischiasse una multazza di simili proporzioni per colpa di un paio di biscotti, ma poi ho visto un sacco di gente cacarsi nelle mutande dalla paura e quindi sono corso ai ripari pure io. Quindi ecco una nuova pagina nel blog, lassù in fondo a destra, quella intitolata Privacy Policy. Cosa ci troverete dentro? Frasi copincollate di cui in realtà conosco forse solo il vago senso, ma che in teoria mi coprono il culo in caso di multe per possesso illecito di biscotti.

Ora una domanda.
Ma la barra dei biscotti, quella che segna l'utilizzo dei cookie e che vi compare in alto appena uno entra nel sito, come cazzo si mette? E' l'ultima cosa che dovrei aggiungere, ma non so come si fa. Aiutatemi. Pensate, ho pure tolto la pubblicità dal sito perché sentivo di voci di mazzette da pagare al sindacato incazzato delle nonne del vicinato che pretende un guadagno sui tuoi. Roba che andava attorno ai 150 euri e che io non posso proprio sborsare, specie se pensate che in un anno circa di banner pubblicitari ho guadagnato la stratosferica cifra di cinque euri! Un pranzo coi fiocchi al McDonald's.

Ma basta parlare di biscotti. Come ve la passate? E' arrivata l'estate da voi? Avete sentito il terremoto in mezzo al mar voi abruzzesi? Siete andati a votare Zayah da bravi veneti? Avete nominato il sottoscritto ai primi Moz Awards di sempre?! No?!?! Allora vi do una dritta: voglio essere votato, e vi costringo liberamente a farlo nelle categorie blog religioso, di cucina e di arte, oppure, se volete sul serio fare i seri e farmi una bella sorpresa, meglio ancora con le categorie blogger dell'anno, cinetelevisivo e di scrittura, che mi piacciono assai. Poi però, fate voi eh! Al massimo se mi diludete, come dice chef Bastianich, vi tiro dietro un po' di cookies!