L'inespresso viaggia feroce
nei contorni delle cose a cui tenevi.
nei giorni che crescono a mesi e anni,
e così, indisturbato,
s'infila tra le fessure dei mobili di casa,
nelle intersezioni dei tasti delle tastiere,
dentro i cuscini stanchi del divano,
sotto le coperte sgualcite dei letti,
nelle tasche dei vestiti appesi alle grucce,
sulle credenze e le mensole colme di oggetti,
sopra al tappeto assieme alla polvere.
L'inespresso se ne sta silenzioso,
in attesa,
dimenticato,
fintantoché, al momento meno opportuno...
striscia veloce e ti s'infila negli occhi!
Oh! come saltano all'occhio
le imperfezioni della tua vita,
come risaltano i futuri sacrificati
per distrazioni e fatiche evitate.
Le cose che popolano i tuoi giorni tranquilli
trasudano dubbi a cui non vuoi dare voce:
Se avessi accettato quell'altro lavoro?
Se avessi provato quel passo azzardato?
O avessi saltato più coraggiosamente nel vuoto?
Quanto più io sarei, oggi, rispetto a chi sono diventato?
È un duello di sguardi questa
sfida al mancamento di passati invissuti,
un'occhiata alla banalità delle certezze inscalfibili,
una ferita netta e quasi indolore,
un sanguinamento crudele che non puoi più tamponare.
Allora,
rimangi le stesse bugie che ancora racconti,
ingoi i rimpianti,
stordito,
senza forze.
Ma ormai è quasi andato,
quasi morto ancora una volta
il bagliore delle vite che hai lasciato scappare.
L'inespresso riprende la strada
che va dai tuoi occhi ai sogni infranti,
tornando a nascondersi tra i particolari
che riempiono un vuoto che non vuoi più rivedere.