12/12/14

Bruxelles 3/3 |The master of puppets.

Mi sveglio più o meno presto, la Vale dorme e che faccio, la sveglio? Mi giro dall'altro lato e bonanotte. Ci si alza quindi abbastanza tardi e verso le 11 siamo in centro da Starbucks a far colazione. Non c'ero mai stato ma ehiii miei cari turisti della democrazia, c'è una prima volta per tutto no? Caffé natalizio e muffin coi mirtilli grandi come nocciole che esplodono in bocca. Buongiorno!
Decisi a visitare il famoso giardino botanico di Bruxelles sbagliamo in pieno destinazione e ci imbattiamo nel botanique park, cioè un parchetto normalissimo ma comunque molto carino. Siamo dei geni eh!



10/12/14

Bruxelles 2/3 | Mangiamerda.

Ci si sveglia di buon mattino e si esce alla volta del centro di Bruxelles: missione colazione. Un'invitante scritta Cafe attira la nostra attenzione, e ci rendiamo poi conto che quasi ogni locale, in effetti, ha la scritta Cafe nel proprio nome, e di Cafe, ma guarda un po', nemmeno la traccia. Con lo stomaco cantante ci inoltriamo per il centro finché non troviamo un posto dove m'ingozzo di croissant al cioccolato e cheesecake. Resuscitati dalla morte decidiamo di andare verso la Grand Place, considerata una delle piazze più belle del mondo, e quindi via diretti!
Seguendo una mappetta spiegazzata fornitaci in ostello, perché noi furboni non ci siamo stampati niente da casa, ci perdiamo nonostante si vada sempre e solo dritti.

Oh ma 'ndo cazzo siamo?
In teoria girando a sinistra c'era questa via e poi si andava verso la piazza...
Uhmm...
Ahhh ecco, siamo finiti fuori dalla mappa! 
Ma come fuori dalla mappa?! Avremo camminato si e no venti minuti!

La prima sorpresa è quindi che Bruxelles è una città abbastanza contenuta. Non servono mezzi, basta infatti camminare e s'arriva comodamente dappertutto senza impiegare troppo tempo. Torniamo quindi sui nostri passi e capito come funziona il tutto si arriva alla Grand Place... tadàààààààà!!!



09/12/14

Bruxelles 1/3 | Vai vai stupida capra!

Era l'inizio di settembre quando l'amica Vale saltava fuori con un Oh, volo Bruxelles andata e ritorno 30 euri. Chi viene?, ed era proprio l'inizio di settembre quando io, unico deciso tra gli altri ammighi dubbiosi risposi con un secco Sì, dai, fatta!

Bruxelles, 30 euri di volo, è un affare cavolo, vi pare? Il fatto è che non ero deciso proprio un cazzo. Questo, in realtà, era quel che invece pensavo:
Bacato: Sì ma... soldi che non son niente, vabè, ma l'aereo?
Cervello: E' ora di affrontarlo. Dai, ce la famo, te lo prometto.
Bacato: Ma come me lo prometti? Io ho già l'ansia!
Cervello: E' settembre stupido amico mio. Da qui a dicembre mancano 3 mesi pieni, ci penseremo.
Bacato: Ma sì dai, chissene. Tanto ce ne vuole prima che arrivi dicembre...

E poi dicembre è arrivato.

Sudo già dal viaggio in macchina verso l'aeroporto. Fortunatamente la mia (finta) calma zen non da segni esterni della tensione che m'attanaglia. Scesi dall'auto confesso tutto alla Vale. Devo farmi uno spritz, o due, qua muoro qua muoro qua oggi muoro!
Faccio il check in e mi avvio al gate con i messaggi al cellulare e gli hashtag su twitter che mi dicono #volastronzo per farmi ridere un po'. Saliamo in aereo e l'unica sensazione che ho è un principio d'infarto.
Tutto ok? mi fa la Vale. Vuoi che ti tenga la manina? continua prendendomi un po' per il culo.

Le prendo la mano appoggiandola al petto, le faccio sentire il rullo di tamburi che ho dentro. A momenti non ci crede.

Vecchio non morire! dice stupita.
Rullaggio 
Bacato: Oddio oddio oddio precipitiamo precipitiamo!
Cervello: Non siamo ancora decollati, stiamo semplicemente andando verso la pista.
Indicazioni degli hostess (aka le persone più coraggiose dell'universo)
Bacato: Sì sì, in caso di morte mettetevi la mascherina e il fottuto giubbotto di staminchia gonfiabile, bravi.
Cervello: L'aria quando si vola è più dura del cemento, più dura del cemento, cemento, cemento cemento dappertutto. Ok, mi sta prendendo male pure a me, metto Skrillex in cuffia così ignoriamo questa bagascia che parla!
Si parte
Bacato: Porca merda c'ho la sedia incollata al culo senti quanto tira muoio muoio muoioooo
Cervello: E' come essere su un treno. Ok, va un po' veloce. Famo finta che siamo su un freccia rossa, che quelli vanno a 300 e sono più rapidi. Freccia rossa, freccia rossa ok?
Decollo
Bacato: Ma perché mi ficco in ste situazioni del cazzo?!?!
Cervello: Mezzo più sicuro del mondo mezzo più sicumavaffanculo...

Passo il resto del volo con la musica a palla nelle orecchie e una quantità spropositata di scurrilità che mi gira in testa, che eviterò di scrivervi ovviamente, che tanto ne avete già avuto un buon assaggio in queste righe. E' la mia psiche impanicata, non posso farci nulla. Tutto tranquillo comunque. Troppo. Il tempo non passa. Soluzioni? Vai vai capra! cioè un giochino per tablet in cui devi far salire una capra su per una montagna, sempre più in alto, proprio come stai facendo te, stupida capra d'un uomo. Il bello è che ogni partita dura quindici minuti e più, quindi posso farne una manciata e sono arrivato. 
Un'ora e mezza d'asocialità dopo, che la povera Vale ha passato non ho idea di come perché la mia (im)probabile morte era in cima alla classifica dei miei interessi, le ho finalmente parlato, ci si è fatti due foto e si è atterrati assieme ai Sidh a tutto volume.

Bene! Ora inizia la vacanza! Non sono più asociale. Ciao Vale! Come stai? Non è una magnifica giornata? Che meraviglia stare coi piedi per terra. Ahhh la vita è meravigliosa!
Mi guarda malissimo. Alleluja cazzo! Bentornato tra noi! mi dice. 
Nell'aria c'accoglie un intenso odore di roba fritta. Prendiamo un bus da Charleroi a Bruxelles e quaranta minuti dopo siamo in città. Ma non abbiamo idea di dove sia il nostro ostello. Giriamo un po', totalmente a caso, per strada non c'è un mezzo cavolo di nessuno, solo le lucine di Natale. Ma io sono calmo, sono sulla terraferma, niente può scalfire la mia felicità! Chiediamo a un tipo che fa pulizie (all'una di notte) in stazione sperando ci dia qualche dritta. Consiglia di prendere un taxi perché camminare per quella parte di Bruxelles a quell'ora non è sicuro. Dopo 8 euri di taxi siamo a sorpresa dentro l'ostello più fico del pianeta, e non scherzo, dato che dal sito pareva na bettola. 
Soddisfatti si va a dormire in stanza mista da 10 persone. Tutto tranquillo, finché alle 4 del mattino due tipe sbronzissime mi svegliano scaricando tipo immondizia una terza tipa a letto, che continua a ridere e ruttare dopo che le amiche se ne sono andate via chissà dove chissà come. Mi addormento col suono dei suoi colpi di singhiozzo. 
Mi chiamo Davide, sono a Bruxelles, e sono sopravvissuto a un volo aereo.
Bruxelles 2/3 | Mangiamerda. --->
Bruxelles 3/3 | The master of puppets. --->

02/12/14

Boyhood? Boyhood non succede un cazzo!

Ci siamo io, l'amico Howard (immaginate Howard Wolowitz di Big Bang Theory, che a lui fa piacere essere paragonato a Wolowitz e se mai dovesse leggere sta roba mi sgozzerà come un capretto in un rito satanico), l'amico L'orzo (amante del cereale conosciuto come orzo) e l'amico Cupido (un suo sogno è diventato un racconto e lui un personaggio con questo nome, che trovate qui) che eravamo appena usciti dal cinema.

Howard: Ohhh cazzo finalmente è finito!
Cervello: Ahah Howard non vedeva l'ora, era dai primi 10 minuti che pensava di andar fuori, solo che dopo sei euri di biglietto c'ha ripensato.
Howard: Sì ma che palle era?
Cervello: Dai, la milf almeno ti piaceva, e pure la tipa là.
Cupido: Eh, sentivo che faceva le battutine. Diobon non stava zitto un secondo!
Howard: E insomma Cervello, n'altro film dimmerda mi hai portato a vedere.
Cervello: O ma che cazzo vuoi?
L'orzo: A me è piaciuto invece...
Cervello: Grande L'orzo, lo sapevo. Io te l'avevo promesso che non t'avrei più deluso coi miei film al cine! Gli altri due però in compenso sono rimasti da culo...
L'orzo: Ma sì era particolare, cioè, bell'idea poi. E faceva strano vedere sti attori che crescevano quando sei abituato a vederli cambiare per colpa dell'età.
Howard: Dai ma era na merda! Ma che cazzo dite? Dioo che due maroni non succedeva un cazzo.
Cupido: Ti dirò, è piaciuto anche a me invece. Sì vero, un po' lento, tanto lento, mi sa il più lento che abbia mai visto, ma aveva dei messaggi che mi sono piaciuti. Soprattutto verso il finale, no?
Howard: Sì perché sapevi che stava finendo cazzo, per quello verso il finale ti piaceva!
Cervello: Cazzo Howard, sei senza sentimenti, vai a vederti i Mercenari cazzo!
Howard: Ecco, piuttosto, quello era figo. L'ultimo gli hanno dato abbastanza stelline anche.
Cupido: Ma sul serio, come cazzo fai a dire così?
Howard: Ma scherzate? Madonna oh ma non fanno un cazzo in sto film! Ohhh il padre alcolizzato wow che roba mai vista, ohhh i divorzi mamma mia, cos'è avete i padri alcolizzati voi?
Cupido: Ma no vecchio ma...
Cervello: Cazzo Howard sei insensibile, sei proprio una merda!
L'orzo: Dai, ci vogliono ogni tanto film così. Aveva tutta una costruzione sotto, e poi ti faceva ragionare su certe robe...
Cupido: Sì tipo sul finale soprattutto, ci son state due, tre frasi che... tipo la scena finale con cui si è chiuso, SBAM, bella lì, ci stava.
Howard: Ma era lentoooo, non finiva mai! Cazzo non succedeva niente.
Cervello: Cosa vuoi, era la vita di un tipo. Pensa che la tua è uguale e non succede un cazzo, noiosissima.
Howard: Ma appunto lo so che è na rottura di maroni, ti pare allora che devo andare al cinema a vedermi n'altra rottura di maroni del genere? Abbiamo già la nostra, di vita, cazzo!
L'orzo: Si potrebbe fare un film su un tipo che va a vedere un film sulla vita di qualcun'altro.
Cupido: Ma sì, in effetti era un po' lento dai. La parte finale era un po'...
Howard: Ma se è tre ore che dici che la parte finale era quella che t'è piaciuta di più!
Cupido: Ma sì, ma Dioxxx Howard! Intendevo che...
Cervello: Oh vabè dai, sono arrivato io, ciao regazzi. E tu Howard sei una persona brutta.
Cupido: Ciao Cerv!
L'orzo: Oi ci si becca!
Howard: Sì sì ciao ciao!...

Tranquilli no, non inizio una recensione dopo tutto sto casino. Però sto Boyhood com'è? Sicuramente non ha quel ritmo che ti rapisce, anzi, però... che devo dirvi, secondo me il ritmo qui non c'entra proprio un cazzo, e va bene così. A me è abbastanza piaciuto. Certo è che si va a gusti, o meglio, a tipi di spettatori. Se siete più Cervelli/L'orzi/Cupidi, allora fa per voi, se siete più Howard, allora forse no. Fosse per me vedetevelo insomma! 

21/11/14

Il canto della rivolta fallo un'altra volta.

Katniss coi ribelli e Peeta dall'altro lato, a Capitol City. Due vincitori del distretto 12, nonché amanti agli occhi del pubblico, che si trovano a dover plasmare le masse chi per alimentare il fuoco della rivoluzione e chi invece per tenerle a bada. Ma i due credono davvero nelle loro azioni? Sono davvero liberi di agire secondo il loro volere, oppure sono manipolati da qualcuno che vuole mantenere o viceversa capovolgere il potere, sfruttando una rivoluzione?

Il nuovo capitolo di Hunger Games senza gli Hunger Games non è mica niente male, e se nei primi due episodi si puntava molto sull'aspetto spettacolare, proprio sfruttando i giochi, e lasciando da parte quindi il contesto socio politico in cui vivono gli abitanti di Panem, qui ora avviene il contrario. Non sono molte le scene d'azione, se così si vuol chiamarle, e quelle presenti non sono certamente paragonabili a ciò che accadeva nelle battle royale dei poveri sfigati di turno. Ciò nonostante l'excursus sulla situazione dei ribelli è abbastanza interessante, così come il ritorno del tema della strumentalizzazione dell'immagine a scopo propagandistico.
Si parla molto di ciò che serve, al di là dei mezzi pratici, per fomentare una ribellione, per aizzare gli spiriti rabbiosi contro il giusto obiettivo. Ci viene quindi mostrato come sia necessario lavorare sulla psicologia delle persone, catalizzando la loro rabbia verso un simbolo che li rappresenti e che dia loro un senso comune votato a qualcosa di costruttivo: la rivoluzione appunto. Katniss in questo senso è allora la personificazione della ghiandaia imitatrice, e deve tentare, colpendo gli altri distretti, di farli unire alla causa contro Capitol City.

Non che ci sia molto altro da raccontare, che il film in sé pur avendo spunti interessanti è abbastanza privo di roba importante. E' questo forse un po' il suo limite, presentando inoltre una struttura in cui non si riescono bene a scorgere parte centrale e finale, un po' per mancanza di ritmo e un po' perché probabilmente il meglio è sacrificato in attesa del capitolo definitivo. Un film monco insomma. Interessante quanto volete, perché finalmente non ci si dimentica di Panem e i suoi abitanti, intelligente, dato l'aspetto propagandistico sempre molto presente e qui più sfruttato del solito (sarà molto divertente vedere il teaser trailer del film dentro il film stesso) e ben recitato, dalla Lawrence in particolare. Però monco. 
Aspettiamo la seconda parte allora, attendiamo che il canto della rivolta sia rimandato alla prossima volta, che qui ultimamente si divertono a farci vedere gli episodi conclusivi una metà prima e poi l'altra, sti stronzi. E noi lì a spendere il doppio dei soldi quando non sarebbe tanto brutto tagliare scene morte e piazzare un film da tre ore. Mokingjay part 1, comunque, perde contro i suoi prequel.

20/11/14

La distilleria è aperta e io cerco cavie!

L'idea girava già da mesi, ma non sapevo bene come metterla in pratica. La materia prima era in realtà il vero problema: le storie. 
Pubblicare un ebook e metterlo in vendita a pochi spiccioli, certo, grande trovata, ma dentro sto libro che ci ficco? Ehmm... i miei racconti già presenti nel blog? Più o meno... Sarò breve e conciso dunque: entro la fine di gennaio, cari amici, o almeno è questa la prima intenzione, pubblicherò il mio primo ebook fatto come Dio comanda: La distilleria è aperta. E' ancora tutto in fase di lavorazione, ma so già che se non mi do delle scadenze non combino un bel niente.

Che ci troverete dentro?
Ebbene, sarà una raccolta di racconti (più o meno) brevi. Troverete quindi 14 o 15 storie che già sono presenti nel blog, ovviamente accuratamente rimaneggiate, più una decina di pezzi inediti, che spero quindi possano sorprendervi più che piacevolmente. 
Quali sono le cavie che cerco?
La verità è che prima di darlo in pasto a voi altri, cioè prima di metterlo in vendita, vorrei essere abbastanza sicuro della qualità di quel che andrete a leggere. Ergo, ho bisogno di qualche volontario che legga l'ebook in anteprima, e che ne dia un giudizio spietato fornendomi delle dritte. Se, dunque, tra di voi c'è qualcuno che vuole far da cavia, si faccia avanti. Io poi guarderò quante manine si sono alzate e vi sceglierò per la tortura.

Siete pronti?

17/11/14

5813 Davidi

E' molto bella l'indifferenza de laggente quando si tratta di prendere un aereo e volare via, verso nuovi orizzonti. Lo fa l'amica che va in erasmus, lo fa l'amico che parte in vacanza, lo fanno i tennisti, i critici cinematografici per le anteprime in giro, lo fa tua nonna che deve venirti a trovare. Lo fanno tutti, anche quelli che hanno la riunione importante e la mattina partono e la sera sono a casa, lo fa persino, per lavoro, quel tuo amico che va a finire nella fottuta Cina, così, sparandosi dodicimila ore di niente sotto al culo.
Oi amico, com'era il volo? gli chiedo.
Terribile, è stato terribile! capisco, quando la risposta in realtà è Terribile, è stato terribilmente noioso!

Ma allora perché io non ci riesco a provare indifferenza? Tipo come quando sono sul treno, o in macchina, o a cavalcare le onde con la brezza nei capelli guidando il mio yatch? (sì avete capito bene, ora avete la scusa che vi serviva per provarci, non siate timide).
Che sia il niente sotto al culo il mio problema? Ma che ne so. Perché in effetti c'hai il sedile comodo sotto al sedere, e se vuoi alzarti ti alzi, e se ti caghi addosso puoi pure andare in bagno a cagare, per dire. E allora com'è che stai più a tuo agio su un parapendio, che è un pezzo di carta velina portato dal vento, piuttosto che su un fottuto aeroplano che è statisticamente il mezzo di trasporto più sicuro su cui puoi viaggiare? Perché devi essere un disagiato mentale?

Ragioniamo. Usa la statistica. Viaggi intorno ai 900 km/h, l'aria sotto di te, a quella velocità, è più dura delle onde del mare, e tu pensi che ci sia il vuoto ma il vuoto in quelle condizioni è un concetto più mentale che reale. Certo in quei 10mila metri di niente che hai sotto, ok, 10 mila metri di aria, e chiamali niente, ci starebbero circa 5813 Davidi messi in verticale uno sopra l'altro. Roba che se caschi giù ci puoi fare due chiacchiere con tutti e 5813, e ti tirerebbero una sberla a testa dicendo 
Ma sei stupido ad aver paura di volare? Non lo sai che sei sul mezzo più sicuro del mondo?
e poi, vedendoti pentito della tua stupidità, ti consolerebbero con un bel panino alla nutella. 
Si amici ma... se vi sto parlando suppongo sia perché sto cadendo! farei loro notare masticando. 
E' comunque un dilemma. Seguite il discorso, che è sensato quanto la ragione del mio disagio. Se 5813 Davidi di distanza dal suolo non t'ammazzano, lo fanno comunque le 5813 sberle in faccia che ti danno per rimetterti in riga e darti un contegno, e se non sono quelle saranno sicuramente i 5813 panini alla nutella che saranno pure buoni ma in teoria non fanno questo gran bene alla salute. E' l'olio de palma che te fotte! urla il vegano in sottofondo. Si ma pure st'arietta a 5813 Davidi d'altezza mentre mi sfondo di nutella non è il massimo, me sta a venì la cacca spry!

Insomma, se non t'ammazza il volo lo fanno le sberle, e se non son quelle lo fa la nutella. Spanzare di nutella però non dev'essere malaccio, dicono sia il sogno di molti. E allora facciamo così: nel caso, erogate nutella dalle mascherine per l'ossigeno, che mi c'ingozzo e stiamo a posto. 5813 sorsoni di bontà mortale. Non suona male, eh? Fa pure rima!
Ora però me lo dite come fate voialtri a essere così indifferenti a 5813 Davidi? Già di fronte a uno soltanto vedo tanta gente a disagio...

13/11/14

Fazzoletti sfarfallanti.

Ce la posso fare.
Avevo una sensazione come di farfalle nello stomaco. Avete presente quando incontri una, che poi ti piace, che tu poi le piaci, che inizi a farti le seghe mentali e poi va tutto di culo, di nuovo, neanche fossi quello sfigatone di Ted Mosby? Sì, ho finito HIMYM e gli voglio bene. 
Insomma, mi sentivo proprio così, con sto sciame di farfalle nello stomaco, ma proprio tante farfalle eh, e io ho lo stomaco piccolo. Avevo infatti mangiato quello che poteva sembrare all'apparenza, guardandolo ben da lontano e con la luce per traverso, un kebab. Cosa fosse in verità lo ignoravo, ma andava su e giù, come un frullato di farfalle di carne e sentimenti distrutti nel mio stomaco, mentre ero in treno. Quale poesia. C'era pure il raffreddore. Evvai, non manca più nessuno eh? In verità no, grandi assenti in questo en plein dell'orrore? I fazzoletti di carta.

Ce la posso fare.
Quindi ero in treno, di ritorno da Verona, un sacco di gente, un solo misero fazzolettino usato e stra usato in tasca, il naso gocciolante, e lo stomaco in subwoofer. Resistere fino a casa così? Devo chiedere aiuto. Di fianco a me ho un indiano, di fronte i suoi due amici, uno dei quali scatarra e tossisce come non ci fosse uno stracazzo di domani nella sua vita (adoro quest'espressione). Pare stia morendo lì, di fronte a me, in un nuvolone di germi. Che schifo. E mettiti la mano davanti Cristosignoreiddio, no? Forse il mio sguardo gli fa intendere il fastidio, da lì in poi si scatarrerà con una mano davanti. Civiltà, mi sembra di riuscire a pensare, ma l'eco della parola si perde tra le grida di ogni straniero presente sul treno, intento a consumare le proprie corde vocali addosso al proprio telefono.

Bacato: Ma a chi cazzo telefonate, perché telefonate sempre, perché urlate sempre? Perché?! Perché ho dimenticato le cuffie a casa?!
Cervello: Non distrarti, ricorda la missione. Fazzoletto, fazzoletto, fazzoletto. Il naso sta perdendo.
Bacato: Beh allora spariamo il muco tappandoci la narice verso a quello che ci spara merda addosso da mezz'ora, no? Occhio per occhio, muco per muco.
Cervello: Ti rammento che non siamo capaci di soffiare via il muco come fanno i calciatori. Ricordi mentre stavamo correndo e c'abbiamo provato? Ricordi quella stella filante sulla manica? Meno male non c'era nessuno a vederci.
Bacato: Fazzoletto fazzoletto fazzoletto muoviti!

Ce la posso fare.
Alla mia destra numero quattro ragazze piacenti. Faccio tap tap sulla spalla della più vicina. Si toglie le cuffie. Scusa bi serbirebbe un fazzoleddo, non è che ne abresti uno? le chiedo. Me lo porge sorridendo, perdendo poi quel meraviglioso attimo di gioia all'udire lo scatarramento dei miei vicini e la cacofonia a decibel inconcepibili di chiacchiere in sconosciuti idiomi. Rimette le cuffie. Penso provi pena per me, questo almeno fa intendere il suo sguardo prima di isolarsi di nuovo dal mondo.
Soffio la morte dalle narici e mi faccio scudo dall'ennesimo colpo di tosse del tizio che ho davanti. Eccheccazzo, allora mi sposto. Faccio per alzarmi ma il treno si ferma, se ne vanno loro. 
Le porte si aprono e respiro aria pura. Confusione. Le porte si richiudono e torna il silenzio giusto il tempo di riorganizzarsi: italiani cuffie alle orecchie e dita che masturbano gli smartphone, tutti gli altri che invece al proprio, di smartphone, ci gridano dentro.

Come siamo strani, penso. 
Ecciù. Rrhhh... 
Venti minuti ancora, il bisogno di un altro fazzoletto, il kebab che balla la samba. Ce la posso fare?

10/11/14

La sabbia di Interstellar

C'è la sabbia che avvolge un'umanità che rischia la fame, ci sono lo spazio e il tempo che si piegano oltre i limiti di quel che l'uomo riesca a capire, e poi ci sono un papà, un figlio, e soprattutto una figlia: Murph.

Papà, perché mi avete chiamato come una cosa brutta?
Non è vero.
La legge di Murphy... 
La legge di Murphy non significa che succederà una cosa brutta, ma che tutto quello che può accadere, accadrà.

Dire che Interstellar è un capolavoro è sbagliato, perché non lo è, così come è sbagliato dire che è una merda, che altrimenti io v'incendio l'auto dopo averci cagato sopra. E' un bel film però, un gran bel film, ma questo pare non bastare quando si parla di Christopher Nolan, forse perché ci si era abituati un gran bene con Memento, Inception, Il Cavaliere Oscuro... The Prestige. Sì, l'ho lasciato per ultimo perché lo adoro alla follia. Non sembra bastare poiché ci si diverte tanto a osannare o smerdare, e soprattutto perché si vive di aspettative che poi non si vogliono accettare quando deluse.
Io non sono deluso eh, chiariamo. E' che ce le avevo davvero altissime, e forse volevo un nuovo film da vedere e rivedere senza stancarmi mai, proprio come quel magnifico scontro tra prestigiatori, in cui convergono magia e scienza, del quale Nolan è l'illusionista supremo.

Interstellar però.
Se non lo avete visto di ragioni per farlo ce ne sono parecchie. Abbiamo un futuro pessimo da cui si parte, ambientazione inquietante che scuote le spalle allo spettatore dicendogli Stai attento, che questa Terra che calpesti con noncuranza non può sopportare la tua ingordigia per sempre. Contesto, motore del viaggio interstellare verso un nuovo mondo per sopravvivere, che si porta dietro primo tra tutti il problema del tempo. Il tempo scorre in maniera diversa quando viaggi a velocità prossime a quelle della luce, ed è ugualmente alterato da forze quali la gravità, e quindi capirete che vicino a un bel buco nero non può essere tutto rose e fiori.
Chi è nello spazio ci appare allora stabile, giacché si segue il suo punto di vista, mentre chi sta a casa, sulla Terra, invecchia molto, troppo rapidamente. Affetti che spariscono, figli che crescono, grandi cambiamenti che sono perduti a causa del tempo, in ogni senso. E poi ecco Hans Zimmer con la sua colonna sonora splendida, un insieme di organi che riempono il vuoto cosmico col loro soffio, come quello di un respiro umano, e a sfondo il ticchettio inesorabile a scandire il ritmo, il controllo sfuggente, il tempo più forte di tutto e tutti. Uau!

07/11/14

Effetto Kulesov

Mi è venuto in mente di un espediente cinematografico che funziona molto bene nelle realtà di ogni giorno, e che si attua nelle nostre teste.

Inizio il discorso presentandovi il signor Lev Kulesov, che è considerato una sorta di pioniere, un fondatore per quel che è il percorso cinematografico sovietico degli anni '20. Kulesov dirigeva la Scuola Statale di Cinematografia, ed è in quel contesto che compì alcuni importanti esperimenti riguardanti montaggio. 
Egli riteneva che partendo da un'inquadratura e accostando ad essa, di volta in volta, differenti immagini, la correlazione visiva che si creava mutava il senso del risultato finale, dava quindi nuovi significati.
Prese allora il volto di Mozzuchin, uno dei divi del cinema zarista, un tipo che gli stava abbastanza sulle balle, e gli fece susseguire le inquadrature di una minestra, poi di un bambino morto, infine di una donna sensuale. Il risultato fu appunto che l'espressione del divo, pur rimanendo sempre la stessa, allo spettatore pareva cambiasse nelle intenzioni.
Tale effetto prende il nome appunto di Effetto Kulesov.

Proviamo a vedere allora, come vi dicevo all'inizio, se l'effetto Kulesov funziona davvero anche nel nostro pensiero, nel modo che abbiamo di vedere la realtà e quindi di giudicarla. Ho scritto queste tre storie diverse. Dovete leggerle e dare un giudizio singolo per ognuna di esse.

04/11/14

Zerocalcare | Tempismo, rimorsi e ricordi. Intanto ridi.

Quando mi appassiono a qualcosa mi verrebbe da urlare a tutti ''Cazzo, fatelo anche voi! Guardate che figata, provate!'' Oggi allora lo urlo qui e parlo di tre fumetti dello stesso autore, Michele Rech, in arte Zerocalcare, tre che sono poi quelli che mi sono piaciuti di più, e che secondo me lui stesso sente maggioramente. 
Perché il bisogno di costringervi a leggerlo? Perché sto ragazzo è bravo, è veramente ma veramente bravo. Ed è uno di noi, uno che ti racconta la sua storia normale e comune ma facendoti brillare gli occhi di meraviglia, facendoti ridere come un coglione da solo, facendoti provare anche uno e più colpi dritti al cuore.

La profezia dell'armadillo
Pelle d'oca
Iniziare da La profezia dell'armadillo è senz'altro il metodo migliore per approcciarsi a Zerocalcare. Ci sono più storie auto conclusive che si susseguono tenute assieme dal filo conduttore che è un lutto: il nostro protagonista perde una sua vecchia amica. Dico che è il modo migliore per avvicinarsi proprio perché c'è tutto il tempo di ambientarsi e conoscere il suo modo di scrivere e raccontare. Calcare disegna infatti la realtà alterandola, portandoti ad esempio a vedere la sua stessa coscienza che interagisce con lui sotto forma di armadillo gigante antropomorfo, o a chiacchierare coi suoi conoscenti rappresentati come cinghiali arrapati, anatre starnazzanti e chi più ne ha più ne metta. Una simbologia insomma che permette a lui di lasciarsi andare liberamente e a te di empatizzare subito con tutti, cogliendo le caratteristiche più evidenti di ognuno e ridendo come un imbecille per quanto comica sia la vena pulsante di Michele, persino se si parla di un lutto, sì.
Qui sta la magia che ha saputo conquistarmi la prima volta. Si ride tantissimo e intanto ci si fanno ragionamenti seri sul tempo che passa e scappa via, e soprattutto sul tempismo, che non riusciamo mai a trovare per la paura di fare figuracce, di non essere accettati e di uscire allo scoperto facendoci male. Lo trovate a qualche euro in meno su Amazon qui.

Un polpo alla gola
La sua seconda opera è forse la mia preferita. Un ampio respiro sull'infanzia di Calcare, un tuffo negli anni '80/ '90 che sono omaggiati sempre e comunque da milioni di citazioni e di richiami, sempre in tono ironico, chiaro. L'infanzia e i suoi drammi sono quindi i protagonisti, problemi piccoli, roba da bambini, che però sono ingigantiti proprio per il punto di vista formato ridotto di quel periodo.
E' geniale allora notare come il tema del rimorso sia rappresentato da un polpo alla gola, vedere come una figura tanto scema significhi qualcosa di tanto problematico nella vita di tutti quanti.
Ed è una bomba d'emozioni infine, vedere fino a dove riescano a spingersi certi polpi, e quanto facile sia in realtà scioglierne alcuni, e quanto invece difficile altri. Anche questo lo potete trovare qui.

Dimentica il mio nome
L'ultimo passo lo dovete muovere quindi verso Dimentica il mio nome, il suo lavoro più completo, maturo, e anche difficile. Si nota infatti che tutto l'universo di simbologie presente anche negli altri due capitoli è ora spinto al suo massimo. Ci sono momenti, mentre si legge, in cui non si capisce veramente cosa ci sia dietro a certe immagini, ma lo si intuisce soltanto, proprio come accaduto a Zero mentre le ha vissute.
Si parla principalmente di ricordi, di eredità e di famiglia, il tutto partendo dalla nonna di Calcare, che si è spenta. Una ricerca indietro nel tempo che parte per risolvere alcuni piccoli misteri che poi si fanno via via più grandi, divenendo un punto di domanda grande quanto una casa. Sfumature a tratti assurde e a tratti sinistre, impossibili da credere. E anche qui chiaramente tante risate ma anche tante riflessioni, una tra tutte quella circa la libertà, che non è mostrata con evidenza se non nelle ultime pagine, pur restando presente in maniera fortissima in tutto l'albo, ma nascosta, con gran stile e per un gran perché. Sempre su amazon è disponibile qui.

Tre fumetti quindi che se non li avete mai presi in mano beh, questo è il momento. Riderete tanto, penserete tanto, e vi emozionerete ancora di più. Se poi non avete i danari sotto mano, non siete convinti, o bramate di avere sotto il naso qualcosa di suo adesso e subito, qui trovate il suo blog.

03/11/14

Quanto sei bella...

La mia testa a volte fa strane associazioni tra le cose. Talvolta non le capisco, e tento di darne un senso, di intuirne i perché.
Non so di preciso quando sia successo ma mi sono ritrovato diverse volte, negli ultimi anni, con un Sei bella tra le labbra, così di punto in bianco, incantandomi davanti a qualcuno o qualcosa. Un modo di vedere certe situazioni che ogni tanto le prende e le fa parlare. Ehi guardami, sono qui. Sono bella, non trovi? Riempiti gli occhi allora, ma fai in fretta; sono anche maledettamente fragile, sparisco in un attimo.

Qualche settimana fa, una domenica pomeriggio, stavo guidando per trovarmi a far due chiacchiere con degli amici. Mi chiama mia madre. Dice se posso andare a prendere mio fratello e portarlo a casa, che lei deve andare a salutare la nonnina, cioè la mia bisnonna, perché non sta bene e probabilmente lo potrà fare per l'ultima volta.
Sono un tipo fortunato devo dire. Uno con l'infanzia perfetta che ho avuto io sfido a trovarlo, davvero. Un misto tra famiglia, amici e circostanze che a confronto a chi mi stava attorno, tra i coetanei più vicini, botta de culo sarebbe una definizione riduttiva per descriverla. Io non me ne rendevo conto ma c'era chi affrontava litigi, spostamenti, separazioni e lutti, tutto mentre la delusione più grossa per me era la puntata di Dragonball che non potevo vedere perché dovevo fare i compiti. Io certi problemi non li avevo, non li ho mai avuti. E' andata così.
Un giorno però ho più o meno capito, ho apprezzato la bellezza di certe cose che magari si danno per scontante, e quando me ne sono reso conto, ho visto cosa fosse il vuoto che esse si portano dietro quando spariscono.
Non so perché mi sia venuto in mente, ma mentre guidavo e pensavo alla nonnina nel letto d'ospedale mi è passata per la testa una scena che ho vissuto con due amiche. Quella sera eravamo tutti a cenare insieme, era verso la fine di quest'estate. Ricordo perfettamente la musica in sottofondo e loro due che smettono per un attimo di parlarmi e canticchiano questa canzone guardandosi, guardandomi, e ballando. Pochi secondi. Ho pensato Wow, ma quanto sono belle?

Quando il giorno dopo l'ultimo saluto mi è stato detto che lei se n'era andata, ci sono rimasto per qualche secondo. Poi basta. Ho il pilota automatico per le brutte notizie, come non fossi io a recepirle.
Cervello: Hai capito cos'è successo, sì?
Bacato: Certo!
E intanto in testa mi parte lo screensaver col tubo 3d che c'era nei windows di dieci anni fa, che copre tutto lo sfondo nero. Quando accade qualcosa di brutto quindi non lo sento, è come fosse distante, come non fosse successo davvero, quasi dovesse ancora accadere. Tutto finché non mi si sbatte in faccia davvero la realtà...

Lei è lì e io guardo da un'altra parte. Il prete parla, ogni tanto lo ascolto, per il resto penso a tutt'altro. Mi vengono in mente le due amiche, di nuovo. Quella scena singola, quell'attimo rapidissimo, qualcosa che ho visto solo io e che ricorderò solo io, chissà per quanto tempo.
Penso a quanto abbia vissuto la nonnina, a quanto raro sia per qualcuno di 23 anni avere ancora una bisnonna. Penso a quante persone e vite ed esperienze abbia fatto, al mondo che è cambiato con lei e che verso la fine magari faticava addirittura a farsi riconoscere. Penso a quanto sia diventata diversa lei invece, dentro e fuori, a come la vecchiaia pian piano consumi le persone, facendole tornare fragili un po' come quando si era bambini, privandole di una certa bellezza, quella che si riesce a trasmettere soltanto nel pieno della giovinezza, e che poi si rimpiange per tutto il resto del tempo. Penso infine a Giovanni, il mio bisnonno, che mi ha conosciuto nei miei primi mesi, ma di cui non ricordo nulla.
Lo immagino lì, 70 anni fa, che guarda la nonnina, quella che ho visto io in una foto da giovane. Immagino sia fermo, imbambolato per un attimo, così senza che lei lo sappia, dicendo tra sé una frase che ormai si è dimenticata nei ricordi, un pensiero che dilatandosi nel tempo, in tante piccole onde, è poi diventato mia nonna, e poi mia mamma, e poi me.
Un pensiero che era: Diavolo... quanto sei bella....

30/10/14

Anna.

La scorsa notte mi ha fatto visita Anna, ed era tanto, tantissimo tempo che non le parlavo. Un incontro spiacevole, che avrei voluto evitare, e di cui ti racconterò a breve. E' infatti il caso di soffermarci prima sull'insolita circostanza in cui le nostre strade si sono incrociate, il che ci fa tornare indietro di un bel po' d'anni, a quando ne avevo undici, e passavo i primi pomeriggi autunnali a esplorare i boschi del Montecio col mio amico Fabio.
Immagina allora una cittadina del nord Italia di modeste dimensioni, e una collina anch'essa modesta, che sorge nel bel mezzo di questa: il Montecio. La gente trova riparo dalla calura estiva sotto le fronde dei suoi alberi, si tiene in forma correndo i quasi due chilometri di circonferenza che le regala, e ancora, porta a passeggio i cani, fa due chiacchiere con gli amici, si racconta del tempo che fa e di quello che passa. Immagina ora due bambini che della collina adorano i suoi sentieri, tracciati tra i pungitopo e immersi nella vegetazione. Due che in quel bosco, un giorno, scoprono la presenza di alcune grotte, sparse qua e là, e che le esplorano armati di torce, curiosi di vedere dove vadano a finire e cosa ci sia dentro, nascosto in mezzo al buio. Immagina infine che i due marmocchi, passata qualche settimana e ormai disincantati da quegli anfratti prima misteriosi, trovino l'ingresso di un'ultima, strana, caverna.

''E' troppo bassa, dovremmo strisciare per entrarci. Dici che poi si alza dentro?''
''E che ne so, non abbiamo neanche le torce.''
''Beh, andiamo più vicino allora, magari si vede qualcosa dentro.''
Avanziamo facendoci largo tra gli arbusti. Ci abbassiamo guardando di sbieco l'interno della grotta. 
''Boh io non vedo niente.'' dice Fabio.
''Già... andiamo a prendere le pile?'' rispondo, aguzzando la vista. ''Un po' di luce in realtà c'è là in fondo, vedi?''
''Dove?''
''Là.'' dico entrando un po' con la testa. ''Verso destra c'è un po' di luce, e c'è... c'è come un... una... cazzo c'è una faccia!''
Mi tiro indietro, esco da quel buco nero.
''Come una faccia?'' chiede Fabio stupito.
''Sì sì ti giuro sembra una bambina guardala guardala, sembra la faccia di una bambina!''
Inizialmente titubanti decidiamo poi di correre a casa e prendere le torce. Dobbiamo sapere, dobbiamo vedere. Mezz'ora dopo abbandoniamo le bici nel prato di fronte la scuola elementare per poi risalire un sentiero della collina, tornando all'imboccatura della grotta. 
''Fai luce'' dice Fabio, squarciando l'oscurità con la sua. ''Mmm... io non vedo nessuna bambina, sai?'' fa ironico.
''Ti giuro che era lì, l'ho vista.'' rispondo cercando verso il fondo. 
''Entriamo?''
''Entriamo.''
La parete è abbastanza larga ma il soffitto molto basso, tanto da restare accucciati per i primi metri. Più avanziamo più è buio e freddo, l'uscita dietro di noi si fa sempre più lontana. Ci guardiamo intorno, scrutando le pareti umide, alzandoci poi in piedi quando finalmente lo spazio sopra le teste ci permette di non sbatterle. 
''Oh!'' urla Fabio guardandomi e indicando qualcosa sopra di me.
Mi giro e noto una foglia marrone scuro penzolare dall'alto, anzi un ramo, anzi un... ''Un pipistrello...'' sussurro togliendomi in fretta da lì con la pelle d'oca.
Incerti, non sappiamo se continuare o meno. E se ce ne sono altri di quei cosi? E se si svegliano e cominciano a volare? Un rumore ci distoglie da quei pensieri. Qualcosa che viene da più avanti, qualcosa che non riusciamo a vedere, qualcosa che quel giorno, ci traumatizzò tanto da farci dimenticare tutto in un istante, come fosse stato solo un brutto sogno: Anna.

28/10/14

Trovarsi al Lucca Comics 14

Buongiorno cervelli, come ve la passate? Ottobre sta finendo, halloween è alle porte e il Lucca Comics and Games è finalmente pronto a ospitarci con la sua infinita fiumana di gente. Voi ci sarete? Perché io, anche quest'anno, sì! Che dite dunque di trovarci? Ecco, un ritrovo, come ha detto ieri la blogger Misantrophia, l'abbiamo già organizzato, e ora quindi vengo a dirvi i dettagli in maniera dettagliata.

Sabato 1 Novembre potrete finalmente toccare i miei ricci porta sfortuna (nonché corteggiare le sexy Misa e amica) alle ore 17.00 in piazza San Michele (dove c'è lo stand della Warner per intenderci) e precisamente noi ci si incontra sotto all'unica statua presente in quella piazza. Capito? Questa qui:


Altri luoghi in cui potrete malauguratamente imbattervi in me medesimo? Non saprei, l'unica cosa certa è che alle 14.00 tenterò di essere allo stand G41, padiglione Carducci, che devo ancora capire 'ndo cazzo sia, per vedere il bluissimo Doc. Manhattan e quell'altro sclerato di Nebo di Bagni Proeliator. Sarò inoltre in giro a caso a caccia di Dimentica il mio nome di Zerocalcare (sperando nell'ennesimo autografo) e di Il blu è un colore caldo, consigliato dal deus ex machina di One Piece in persona, ovvero Sommobuta, che sto stronzo a Lucca non ci mette piede perché sta a L'Ondra lui... 

E niente, con questo è tutto. Se ci sarete ci si vede sabato!

24/10/14

TrailerZ #6

Eccoci di ritorno a TrailerZ, la rubrica che vi mostra i trailer più interessanti e vi spara qualche news un po' così alla cazzo di cane. Di seguito quindi ecco alcuni film la cui uscita è prossima e altri che invece potrete vedere mooolto più avanti.

La teoria del tutto

Tratto dalla biografia scritta dalla sua ex moglie Jane, arriva sul grande schermo la vita del celebre fisico Stephen Hawking, un film ovviamente drammatico e che non vedo l'ora di vedere.

Boyhood

Un film che è stato in lavorazione per ben 12 anni e che racconta e mostra la crescita di un ragazzino dal 2002 al 2013. Una finestra temporale enorme su una fase di crescita importantissima nella vita di ogni persona. Un esperimento geniale, un risultato sicuramente curioso!

Avengers: Age of Ultron

Fresco di uscita non poteva mancare il primo teaser trailer del prossimo film degli Avengers, la squadra di supereroi Marvel più badass dell'universo. Che dire? Ultron è figo.

21/10/14

Potere dei catalizzatori sociali, vieni a me!

Per voi, e lo chiedo così giusto per curiosità, è facile approcciare con persone che non conoscete bene? Ce la fate, quando v'interessa scambiare due parole con qualcuno, ad andare lì e attaccare bottone, con la speranza di far partire una chiacchierata, un'amicizia, un ammore rose e cuoricini o una trombata che Sergej Nakarjakov ma levati proprio?!

Non voglio iniziare il classico discorso sul confronto bei vecchi tempi vs nuove generazioni. Quello che: una volta le cose funzionavano meglio e adesso siamo tutti mezzi asociali, che sti telefoni, sti whatsapp, sti facebook e cazzi e mazzi ci levano il sangue dal cervello un po' come succede a Gasparri in mezzo a un gaypride. Voglio invece sparare due stronzate parole sui catalizzatori sociali, quei mezzucci più o meno furbi che ci consentono di fare il classico salto verso l'altro e vaffanculo alla timidezza, proprio perché siamo diventati degli ameboidi del cazzo nel relazionarci con lo sconosciuto (e talvolta pure con chi conosciamo... tipo quando si incontra uno per strada e magari questo tira dritto fingendo di non vederci, stammerda!).

Il calcio è il catalizzatore sociale maschile per eccellenza. Se sei un uomo, se devi iniziare a conoscere i tuoi nuovi colleghi, i compagni di classe o se vuoi farti fare lo sconto da quel tizio che ti deve vendere la djroga, parlare dell'ultima partita è sempre una mossa vincente. E io lo so bene perché... perché me ne sto ogni volta in un angolino a rigirarmi i pollici quando sboccia l'intesa maschile, quando nasce questo vero e autentico sentimento di fratellanza che io non comprendo poiché calcisticamente ignorante.
Poi oh, io ci provo a entrare a gamba tesa col tennis, ma vengo segregato in uno stanzino con un cazzottone, che a pallone non ci so manco giocare e per me il portiere dell'Italia è Pagliuc... ah no giusto, Buffon. 
Funziona molto meglio il bere invece, soprattutto nella patria mondiale dell'alcolismo preadolescenziale, aka regione Veneto, che espone con orgoglio incerti equilibristi intenti a discutere dei massimi sistemi tanto più si è sballati, o che smonta quell'aura di finta e glaciale compostezza e purezza che certe femmine si portano appresso. Quale magia! E quale occasione! Già perché parlare di figa è uno dei catalizzatori sociali più potenti, specie sorseggiando una bionda mentre si fissa la bionda in questione, quella con le gambe lunghe insaccate in jeans skinny vintage a vita ascellare.

14/10/14

Il doppelganger del cigno bianco.

Nina è una ballerina estremamente talentuosa e dotata, dedita anima e corpo all'esercizio per eccellere e brillare nel mondo della danza classica. Vive con la madre, mediocre ex ballerina, che ritrova il proprio sogno infranto curandosi di lei e incatenandola in una situazione sottile che oscilla tra complicità e antagonismo. Vuole il meglio per Nina, lei non può fallire.
Un giorno Leroy, direttore artistico della compagnia di cui la ragazza fa parte, decide che il prossimo spettacolo di apertura stagionale sarà una nuova versione de Il lago dei cigni, e dopo alcune incertezze sceglie proprio Nina come protagonista. Il dubbio di Leroy rimane però più o meno fermo sino al momento della messa in scena, in quanto l'animo della dolce Nina è troppo quieto e preciso, perfetto per interpretare il cigno bianco, ma non abbastanza sfrontato e passionale per quello del suo doppelganger, il cigno nero, che in quanto tale dev'essere eseguito dalla medesima persona.

La figura del doppelganger, del doppio psichico o reale, del gemello malvagio, della versione alternativa e sinistra di sé, ne Il cigno nero di Darren Aronofsky è tenuta in primo piano per tutta la durata del film, ma nonostante questo riesce a celarsi all'occhio dello spettatore proprio per la natura distorta e ambigua che possiede. 
La vita di Nina è stata plasmata dalla madre sin dalla nascita, è inquadrata in un serratissimo costrutto di regole, rituali e obiettivi che la ragazza accetta sia per l'utilità che ne ricava, sia per l'auto imposizione che col tempo impara a darsi. Un accumulo di pressioni che segregano i suoi istinti più ribelli in qualche luogo oscuro del cuore. Stessi istinti che Lily, nuova ballerina entrata in compagnia, non ha paura di mostrare, e coi quali attira tutti come un magnete, tanto Leroy quanto Nina stessa, innescando una rivalità che si mischia di ammirazione e attrazione, sfumandola.
In tutto ciò, sul piano del ballo, la perfetta prestazione della parte del cigno bianco non trova uguale riscontro per il cigno nero, che non può restare incastrato nei soliti schemi, che non può vivere senza il libero sfogo degli impulsi più profondi. Nina allora si vede violare nella sfera personale, nella sua mania di precisione, prima da un Leroy che spinge sul lato sessuale per darle un impulso, poi da Lily che punta anch'essa ai pruriti dell'ingenua ragazza, ma che aggiunge quel divertimento e quella follia, quella parte di sbagliato che nella vita lei si è sempre negata. Al cigno bianco questo non piace, ma il cigno nero invece inizia a dischiudere le ali.

09/10/14

A caccia di alieni con le sfere di Dyson.

Se siamo soli o meno, in questo universo, è una di quelle domande che l'uomo si pone da sempre. La risposta chiaramente non si ha tutt'oggi, e le speculazioni scientifiche, logiche, filosofiche, religiose e chi più ne ha più ne metta, non si sono sicuramente sprecate nel dare una propria opinione. 
Certo è che non di sole pippe mentali possiamo campare. Ed è proprio per questo che, volendo mettere nero su bianco dati certi che si avvicinassero sempre più a una qualche soluzione, la ricerca di vita extraterrestre ha iniziato a muovere passi sempre più sicuri verso quel Qualcun Altro che stiamo cercando.

La corsa allo spazio tra Usa e URSS nel XX secolo è stata di certo la prima concreta scintilla che ha acceso un barlume nel buio del nostro sistema solare. Marte fu il primo e il più gettonato, tra i pianeti presi in considerazione, a venir violato dalla curiosità dell'occhio umano, e questo in virtù degli studi e dei dibattiti che tra la fine del '800 e l'inizio del '900 infervorarono il mondo scientifico e non. 
Importanti in questo senso furono gli studi di Giovanni Schiaparelli, le cui pubblicazioni, a partire dal 1893, portarono a conoscenza di alcuni canali presenti sulla superficie del pianeta rosso.  Erano state infatti osservate delle linee rette lunghe migliaia di chilometri che lo percorrevano, linee che furono interpretate, ad esempio dal collega Percival Lowell, come segno di un'opera ingegneristica intelligente. 
Si scoprì poi molto più tardi, con l'invio delle prime sonde per il nostro Sistema, che le condizioni adatte alla vita sono esclusiva del bel pianeta azzurro in cui noi stiamo qui a gingillarci, e che la loro origine era tutt'altro che artificiale. 
Più complesso e ambizioso fu allora la ricerca di forme di vita intelligente al di fuori del nostro sistema solare facendo uso di onde radio, pensando sia all'invio di messaggi tanto quanto alla loro ricezione. Non si può non citare quindi l'astronomo e astrofisico Frank Drake, la cui celebre equazione, pur comportando parecchie semplificazioni e diversi gradi di approssimazione, è utilizzata per stimare la quantità di possibili forme di vita aliene intelligenti in grado di comunicare con la nostra galassia. 
Il progetto SETI, proposto da Drake nel '60 fu la messa in pratica di queste nuove tecniche e portò non pochi risultati, anche (e soprattutto) nella comprensione del funzionamento del cosmo. Un paio di passi importanti? Nel '74 fu inviato dal radiotelescopio di Arecibo un messaggio contenente informazioni sulla nostra civiltà verso l'ammasso globulare M13, mentre è del '77 la ricezione del celebre Segnale Wow!, che si ritenne non provenire né dalla Terra né dal nostro stesso Sistema Solare.

06/10/14

PASSaparola

Come ve la passate in questi giorni giovani cervelli? Non siate timidi, ditemelo!!! Qui va tutto a gonfie vele, settembre è iniziato e finito, l'università ha ripreso il suo corso (nuovo), e le foglie iniziano a cadere volteggiando con pacchia nell'aere. Ok, le due righe introduttive le ho scritte.
 
Dunque oggi volevo fare una cosa molto veloce, volevo fare un post segnalazione. Che vi devo segnalare quindi? Vi segnalo Pass Magazine, che è la rivista dell'università in cui studio, quella di Verona. Ve la segnalo perché ha anche un sito internet, che trovate QUI, che contiene esattamente gli stessi articoli presenti su carta, che escono una volta al mese. 

Ma cosa c'entri tu, caro Cervello, con sta Pass Magazine? Ebbene c'entro perché ho iniziato a scriverci dentro, e potete infatti leggere il mio primo articolo in ambito cinematografò e che riguarda il film Her... sì, di nuovo quel film lì. E che ci posso fare, mi è piaciuto e mi ha dato da pensare. Non si può?
Non preoccupatevi comunque, che non è l'unica roba fica da leggere. Sì mi faccio i complimenti da solo, sono una merda. Ci sono infatti un bel po' di post davvero, davvero ma davvero interessanti, ve lo ggiuro proprio, e non lo dico per tirare acqua al mio mulino, in fondo lo sapete che sono timido e sincero, come JohnnyèQuasiMagia, quindi fidatevi.
 
E nulla. Se vi va di farmi sto piacere, o meglio, di farlo a voi, perché vi piacerà di certo, seguite PassMagazine sul sito, su facebook, sul twitter, sull'enigmatico GooglePiù, sulla rivista vera e propria se frequentate l'università di Verona, e condividete e parlatene con chi vi pare. 
Saluti e ci si vede in settimana, con un post... culturale e Wow!

02/10/14

Distopia portami via: The Giver allo sterco contro Divergent alla maionese.

Le opere distopiche generalmente mi attirano come una mosca. Scoprire cosa si sono inventati per creare una società apparentemente perfetta ma in realtà costruita su solide fondamenta di merda è sempre un gran piacere. Oggi allora si parla di due film distopici visti di recente. Il primo è The Giver- Il mondo di Jonas, che trovate nei cinemi in questi giorni, mentre il secondo è Divergent, ennesimo primo capitolo di una trilogia best seller che tenta di affermarsi seguendo le orme di roba come Twilight e Hunger Games.
Mettendoli a paragone viene fuori un risultato curioso. 
The Giver parte con ottime idee di base e si sviluppa in un incredibile gioco di scorregge in grado di smontare ogni tua minima curiosità a riguardo. Divergent invece, inizia da spunti più banali, dai soliti cliché e da trovate già viste e riviste in più e più storie, per poi sollevarsi pian piano e portarti a dire che non è proprio malaccio sto film con protagonista Shailene Woodley, la Mary Jane Watson mancata. 

Vabè parliamone.
La società di The Giver, coi suoi abitanti privi di emozioni, di libertà di scelta e soprattutto, di storia passata, stuzzica parecchio. La prima parte della narrazione, mostrata quasi totalmente in bianco e nero, è di per sé un'idea geniale. Oddio, no, geniale no, ma intelligente di certo, che il geniale lo lasciamo a Pleasantville, meraviglioso film a cui ho subito pensato notando l'assenza di colore. Sfruttandola infatti si agganciano perfettamente le caratteristiche di insensibilità della massa, ridotta a un perfetto e organizzato meccanismo di gentilezza, sincerità, non violenza ed efficienza. 
Che succede però in questa splendida utopia forzata? Che ha al suo interno una mina vagante. Vi sono infatti ruoli ben specifici per ogni persona, ruoli decisi dal sistema stesso, che tiene costantemente e da sempre sotto controllo i suoi componenti, i quali giunti a un età prestabilita ne vengono incaricati per tutta la vita. Hanno uno scopo, un senso. La mina vagante è proprio uno di questi ruoli: il donatore, che non è altro che colui il quale eredita tutta la storia passata, la conoscenza, le emozioni e le possibilità che il mondo ha deciso di privarsi in favore dell'armonia meccanizzata. Cavolo, ora si può dire... è geniale!
Da qui però parte la picchiata. Jonas, il protagonista, il nuovo donatore, assorbe gli insegnamenti del suo ormai anzianotto predecessore. Come? Tramite uno strano processo di telepatia ed empatia, caratteristica innata esclusivamente in individui destinati a diventare donatori. Sì, bello, wow, interessante, ma... perché?! Che ce lo dicano dopo magari? Forse... forse no, intanto vediamoci il resto. Il resto quindi è Jonas che scopre i colori, che scopre la pulsione sessuale, che scopre milioni di emozioni, da quelle splendide a quelle orrende, e che sente la necessità di condividerle coi suoi apatici conoscenti. Ovviamente non può farlo e da qui nascono i problemi, quindi lo sviluppo della vicenda, cioè la merda assoluta. Le risposte alle domande che ci si pone vengono buttate nel cesso, le scene d'azione sono ai limiti del ridicolo, la conclusione è qualcosa di totalmente campato per aria ma che in uno slancio acrobatico di nonsense viene fatto funzionare a forza, e il finale... un WTF grande come il buco nell'acqua che ha fatto The Giver. Uff, che palla... di sterco gigante!

Divergent invece funziona. Non lo si direbbe dalle premesse, perché qui si è immersi in una società post bellica (come al solito) ideata sì sulla suddivisione in classi, ma riportando tali categorie in maniera molto semplicistica. Una cosa alla casate di Harry Potter, o ad orde di Ender's Game, o a squadriglie del Campo Malo. Per forza di cose ti parte il sopracciglio alzato per i primi minuti di spiegone, così come per l'ambientazione in cui tutto si svolge, che è illogica oltre ogni limite. Sheliene Woodley poi non ti dice niente, complice il ruolo da classico protagonista inizialmente sfigato che pensi subito madonnacheppalle. Altro aspetto importante è che sto film pare una tamarrata bestiale sia per titolo che per locandina.
Il punto però è che succede l'imprevisto. Nel prevedibile percorso della trama, ci si giocano bene tutte le prevedibili carte, e questo alla fine ripaga. Come a dire ''Ma perché dover per forza stupire? Proviamo a proporre la solita minestra, ma facciamolo aggiungendoci la maionese dentro, che si sa che ogni cosa è più buona con la maionese!''. E hai allora la formazione dell'eroe, che da sfigato diventa capace ma lo fa con verosimiglianza, che da emarginato conquista pian piano chi gli è contro ma con fatica, che da SheileneMammaCheNoia diventa Quasi quasi ho voglia che ti riprendano come prossima Mary Jane in Spiderman.
Succede poi dell'altro ancora. Dalla minestra alla maionese si tenta di dare un colpo di reni per sollevare le aspettative bassine del pubblico, e allora via di giochi politici, di rapporti incasinati, di test psicologici sottili e furbi, e soprattutto di introspezione. Sì perché nello sviluppo della vicenda la protagonista non è la solita fredda macchina che esegue e non si fa mai due domande, no, qui se le fa e finalmente reagisce come un qualunque stracazzo di povero Cristo farebbe: crolla. Che meraviglia! E poi via, con azione, che ok non è un gran che ma guardatevi The Giver e poi ne riparliamo, con ritmo e con... un finale a nonsense, di nuovo, merda... stavi andando così bene Divergent, perché, perché mi fai questo?!

Insomma due film distopici uno da buttare proprio e uno che invece (lasciando passare certe cazzate) è molto piacevole e sa il fatto suo, tranne negli ultimi minuti, in cui si perde forse a causa di spiegazioni che troveremo nel sequel, o forse per motivi misteriosi che mai sapremo. Quindi The Giver bocciato, Divergent promosso, e distopia sempre e comunque, nel bene o nel male, maledettamente interessante.