29/04/14

The Amazing Spiderman 2: il potere di creare villain di merda.

Il primo capitolo di questo nuovo reboot m'era parecchio piaciuto. Il taglio un po' più realistico e il tono leggermente più dark, conferivano a Spiderman una visione forse un po' più adulta rispetto a quanto Raimi ci aveva dato con la sua trilogia. Ciò che di buono era stato fatto in quel primo capitolo però, qui è stato mandato abbastanza all'aria, infrangendo le promesse fatte col pubblico e portandoci a provare un pastrocchio di emozioni contrastanti.

La punta di forza di questo secondo episodio sta tutta nelle relazioni tra i personaggi, Peter e zia May, ma soprattutto Peter e Gwen Stacy (che razza di figliola!). Con la zia/mamma si esplora ancora un po' il passato del giovane supereroe, riprendendo perfettamente il discorso da dove lo si era lasciato la scorsa volta, tornando alla sequenza di scene che in The Amazing Spiderman si soffermavano sul piccolo Peter che restava abbandonato, permettendoci stavolta di gettare luce sull'accaduto dei genitori. 
Con Gwen d'altra parte, si vive l'innamoramento sopra le righe di un ragazzo che è cotto a puntino (lo eravamo pure noi spettatori guardando quell'Emma Stone meravigliosa, figuriamoci lui) e che è preso a cazzotti da un sentimento come l'amore, che da un lato lo attira come una mosca alla bella morosa, dall'altra gli dice ''Guarda che qui per lei finisce male, tu sei Spiderman, se ti sgamano con sta figa stai sicuro che la metti nei casini e suo papà t'aveva pure avvisato!''. Un bel pretesto per approfondire la psicologia di un Uomoragno giovane, leggermente tormentato, e assolutamente pieno di sé, inebriato da superpoteri e supergnocca.

25/04/14

L'ultima (scarna) settimana al contrario.

Torni su e scrivi il post. Scrivi che loro due, gli amici, se ne stanno tornando a casa dopo averti portato una gallina di cioccolata perché erano andati a fare colazione senza di te perché te dormivi. E allora racconti, scrivi (terza ripetizione) degli ultimi giorni, ma facendolo al contrario.
La mattina ti sei svegliato appunto col messaggio dei due che ti fanno ''Siamo sotto casa tua apri merda o non sei più nostro amico'', il buongiorno proprio... la sera prima ti sei spento nel letto dopo aver fatto un giretto per una delle tre cittadine del Pisciatoio di Dio, notando con gioia che la primavera contrasta abbastanza bene l'impellenza urinaria di Colui che in questo pisciatoio è solito farla (tradotto per chi non capisce: sta piovendo meno del solito). Nel giretto per la città sei stato in questo posto che è tipo un chiosco in cima a una collinetta, uno di quei posti che appena due anni fa non se lo cagava quasi nessuno e che ieri sera, colpo di sceMa, era più pieno della mia panza a Pasquetta dopo che ho fatto la maialata che non dovevo fare (che poi vi racconterò).
''Ahhh i bei tempi in cui non c'era questa calca...'' sospira sconsolato l'amico aspettando la spinatura di una delle peggiori birre mai bevute nei secoli dei secoli amen.
''Ma vaaa chette frega, guarda quante femmine che ci sono!'' gli risponde un altro.
''Sì vabbè ma...'' 
e nulla, parte il classico discorso sulle bionde, sia birre sia donne.

Il tempo non era il massimo, ma la vista...
Quel giorno, prima di salire in questo postino, postino nel senso di posto, non di uomo che consegna la posta (battuta triste n.1), ero lì lì che giravo per un altro dei tre paesini del Pisciatoio a consegnar pizze, come la sera prima, e come la sera precedente ancora. La sera del lunedì invece, quella di Pasquetta per intenderci (che non so se necessiti della maiuscola ma famo finta di nulla) eravamo un attimo perduti in macchina cercando di orientarci per le stradine attorno al lago di GardaLand. 
Avevamo infatti deciso di passare il dì a casa di amici di amici, che non possedevano una casetta qualunque con vista sul lago, ma una vera e propria villetta cazzuta con tanto di giardino comprendente di uliveto e altre creature vegetali di varia sorte. Dato che ho nominato i vegetali dunque, è l'ora di fare la nostra piccola digressione sul racconto...

Piccola digressione sul racconto:
Praticamente ho deciso di mangiare molta ma molta meno carne. No, non lo faccio per uno strano spirito animalista o simili, quanto piuttosto per una motivazione salutare. Mi sono abbastanza convinto sul fatto che troppa carne non faccia poi sto gran bene. Partendo da questo, mi son detto ''Proviamo per un po' a toglierla completamente questa carne, e vediamo se davvero si vedono i grandiosi risultati che i vegetariani/vegani vanno tanto blaterando!''.

Tornando alla mia super interessante storia (battuta triste n.2), eravamo rimasti a me a Pasquetta (che ancora non so se vada con la maiuscola o meno, e potrei pure guardarlo su internet, lo so, che di certo ci metterei di meno che a scrivere sta parentesi lunga un chilometro, solo non ho voglia). Dicevo dunque, che eravamo in questa villettina, e noi... s'è fatta la carne ai ferri, e io... l'ho magnata in culo all'astinenza, ingurgitando tutto come un porco, sentendomi poi un po' come Joffrey Lannister/Baratheon al suo banchetto di nozze (occhiolino). Dopo più di una settimana di zero carne e dopo aver resistito a una precedente grigliata che vedeva un me tristissimo nutrirsi di insalata di riso alle verdurine, mentre gli amici si sbafano quelle costine belle come il sole e la padrona di casa bionda (sapete quanto adori le bionde) mi tentava coi piaceri della suddetta carne (battuta triste n.3), ho ceduto.
Ok, sono inciampato l'ho ammesso, ma ci riproviamo, giuri.
Belli come il sole!

Concludo con un ultimo salto temporale però di nuovo in avanti, mandando all'aria l'idea di fare sta cosa carina del racconto di peni miei all'inverso. Si torna perciò a... giovedì, al giorno in cui s'era nel posto pieno di gente, di birra e di donne. 
Agganciandomi alla parola ''donne'' citiamo allora la donna blogger, o meglio ''Fashion Blogger'', la carissima bellissima simpaticissima Giusy, che in vacanza in quel di Vicenza ha colto l'occasione per venir importunata da me medesimo e fare una colazione vicentina con spritz e kebab al gatto. Tra chiacchiere, risate e foto sfocate, è stato davvero un piacevolissimo incontro. Che belli che siete voi bloggersss... mi piacerebbe vedervi presto tutti, e vi parlerò presto della cosa che s'ha da fare a Roma, vedrete, ma per ora ve la butto lì così!

Ecco, ho finito col frullato di cazzi miei al (quasi) contrario di cui assolutamente non sentivate il bisogno. Buon fine settimana ;)

22/04/14

Le potenzialità nascoste dell'insulto.

La prima cosa che mi viene in mente sentendola sono io che guido di sera. Siamo a marzo 2010 e lo speaker alla radio dice che questa canzone è stata creata per raccogliere fondi per aiutare le vittime del terremoto ad Haiti, scatenatosi a gennaio sempre dello stesso anno. Cantano Jay-Z, Bono, The Edge, Rihanna... la trovo meravigliosa, forse anche aiutato dalle immagini orrende di quel disastro naturale che mi passano per la testa, rimbalzate da tutti i tg in tv. La aggiungo al lettore mp3, la riascolterò nei mesi successivi per diverso tempo.
Dato che siamo ad aprile coomunque, e questo è il MusicalMente di aprile appunto, torna utile questa stessa canzone, Standed (Haiti mon amour) perché mi ricorda anche dell'altro...

Scendo dal bus affollato, siamo in gita, è primavera. Io sono in quarta superiore (la mia seconda quarta, che ho voluto approfondirla bene) e siamo in visita al Mart di Rovereto. Sto proprio bene, vado d'accordo coi compagni, è un gran bel periodo per me, sono tutti abbastanza simpatici, si scherza, io ho la strana abitudine di insultarli scherzosamente. Non sono il solo, spesso ci prendiamo tutti a parole, così per ridere, tanto che un giorno c'è scappata pure la giornata ufficiale dell'insulto. Una cosa tipo ''Buongiorno pezzo di merda! Come stai oggi?'', e l'altro rispondeva ''Proprio da Dio, schifosa faccia di culo!''.
Divertente eh? 
Ma proprio una cosa guarda...
Riprendendo il discorso, sto scendendo dal bus per prendere lo zaino nel bagagliaio. Davanti a me la mia amica E. intenta a cercare la sua borsa.
''Oh, dai muovi quel culone lardoso e prendimi lo zaino, dai dai dai forza!!!'' la incito io.
E. si gira verso di me e... realizzo di essermi sbagliato, quella che ho insultato è un'altra persona, una ragazza, dell'altra classe, e mi sta guardando malissimo.
''Oddio scusa ti ho scambiato per un'altra, scusa scusa scusa.'' le faccio io imbarazzatissimo, la vera E. alla mia sinistra che si sta già allontanando con la sua cazzo di borsa già presa.
La ragazza a cui ho ingiustamente dato della culona lardosa si allontana (forse) sorridendo, io prendo il mio zaino. Una volta raggiunta l'amica E., dopo un preambolo d'insulti, le racconto della figura di merda che m'ha fatto fare mentre ci avviamo verso il museo. Se la ridono tutti, dicono che sono un idiota, e in effetti lo sono abbastanza. Pure la tizia che ho insultato se la ride con le amiche e mi piglia in giro, o almeno è quel che penso vedendola confabulare con le sue compagne indicandomi.

La colpevole siede con nonchalance sulle mie spalle...
La giornata poi trascorre che è una pacchia, mi impressiono perfino guardando i dipinti di Monet l'impressionista, cosa che mai mi sarei aspettato dato che l'unico effetto accertato fino a quel momento nei musei era una sottospecie di sonnolenza molesta. Vedi mai che studiare da qualche vantaggio?
Dopo il museo si va in un parco lì vicino a magnà, si passa il pomeriggio nel verde, ci si fa due chiacchiere, si fanno quattro foto sceme, un po' di musica, e sul tardi si torna verso la fermata dopo una visitina a Rovereto. Di nuovo in bus e via verso casa, cuffie nelle orecchie (Haiti mon amoouuur...) e qualche sbirciata alla tipa della figura di merda, che noti è pure carina forte, e che poi conoscerai meglio e... beh, niente, questa sarebbe un'altra storia, piuttosto lunga, bella e inaspettata. L'insulto, comunque sia, è un bel modo per approcciare, garantito!

18/04/14

ACAB- All Cops Are Bastards: il potere che crea i mostri.

Lei pensa che spaccare la faccia alla gente sia una cosa che mi piace? Prima di decidere chi sono gli innocenti e i colpevoli, dovrebbe almeno chiedersi come funziona, il lavoro della celere. Ma in quei momenti hai il cuore che te batte forte, l'adrenalina che sale... a mille, la testa che te rimbomba che sembra che te va a scoppià dentro il casco non senti niente. Hai solo i tuoi fratelli accanto... solo su i tuoi fratelli puoi contare.

Cobra, Negro e Mazinga sono tre celerini e prima di tutto tre compagni, tre fratelli. Il loro lavoro, tuta antisommossa, casco e manganello, consiste nel mettere in sicurezza le situazioni più rischiose, quelle in cui l'ordine pubblico è compromesso e il caos rischia addirittura di farci scappare il morto. Li vediamo quindi la domenica a separare le tifoserie allo stadio, a sorvegliare i passaggi delicati nelle manifestazioni, a sfrattare chi occupa abusivamente una casa. 
La trama, in breve, si articola alternando scorci delle loro vite private con quelli delle operazioni sul campo, situazioni queste che nonostante dovrebbero essere separate le une dalle altre, spesso e volentieri si influenzano a vicenda, fino a mescolarsi, a uniformarsi. E' chiaro quindi che in un lavoro come quello svolto dalla celere l'insinuarsi della sfera privata ed emotiva non può che portare a dure conseguenze.
Il punto di vista che aiuta lo spettatore ad approcciarsi a questo mondo ci è fornito da Adriano Costantini, un giovane appena ''arruolato'' tra le fila degli agenti. Il ragazzo, prima integrandosi al gruppo e poi diventandone elemento su cui poter contare, incappa in quella serie di aspetti che evidenziano con forza come il lavoro di natura violento della celere, in realtà, non possa fare a meno di invischiarsi con l'emotività dei singoli agenti. Chi sta sotto quel casco, chi sta dietro a quel manganello, sono persone comuni.

Questo è forse il messaggio che ACAB vuole mostrare presentando di seguito violenza e quotidianità, cioè che sono la prima lo sfogo dei limiti della seconda. Si toccano quindi parecchi aspetti che hanno tutti un comune denominatore: l'impotenza del cittadino di fronte ai problemi che lo Stato dovrebbe risolvere, ma non fa.
La politica fatta di promesse ad esempio, che si esplica con la madre del giovane Adriano che non ha accesso all'abitazione che per legge le spetterebbe, perché occupata abusivamente da alcuni immigrati. Situazione di immobilità che viene quindi sfogata tramite il potere che l'uniforme porta con sé, magari minacciando quell'africano di persona, oppure punendo direttamente lo straniero che ha trattato male un nostro amico, che è venuto a dircelo. Oppure la situazione sociale degradata, che vede un grosso afflusso di stranieri nel nostro Paese con conseguente malumore nell'italiano onesto, che si ritrova i mendicanti a spillargli euro fuori dal supermercato. Circostanza che sfocia in rappresaglie a stampo neofascista da parte di chi professa il ''padroni a casa nostra''. Gli stessi che catalizzano il malcontento anche verso la celere, incapace, a loro avviso, di ripulire le strade dai veri portatori di sozzura in Italia.

Il nostro gruppo di celerini viene mostrato perciò combattuto su più fronti, portando alla logica conseguenza che il loro rapporto trae tanta più forza quanto più sono nella merda, arrivando così a coprirsi a vicenda nei momenti di sgarro, quelli in cui commettono qualche cazzata perché si agisce in barba al regolamento, di testa propria, di nascosto.
ACAB, a differenza di un film come Diaz che ci prende la pancia e ci fa star male, va dritto alla testa, e ci fa riflettere. Ci fa pensare al fatto che le persone si abituano alle situazioni, e in questo caso perciò, alla violenza. Quando essa ferisce un compagno caro o un amico, ecco la tendenza a farsi giustizia da sé, a ripercorrere ciò che lo status di celerino permette solo in situazioni ristrette: fa capolino l'abuso di potere, che risolve questioni del tutto personali, che si protegge da solo per coprire i propri fratelli, quegli angeli custodi che sono l'unica cosa su cui poter contare quando si è là a prendere le botte per... per chi?

Torno alla frase iniziale, pronunciata da Cobra, uno dei nostri celerini finito a processo per aver pestato un tifoso. 
Cobra, diversamente da come dice, ci gode a pestare, così come ci godono gli altri, ma non perché persone violente di natura, non perché gente cattiva. I ''cattivi'' non esistono, ci vuol dire quella frase, i cattivi sono roba da favole. Esistono invece le persone, quelle che vivono certe cose sulla propria pelle, che si adattano per combatterle e al contempo ne vengono sopraffatte intimamente, senza accorgersene. Cobra e gli altri godono ad avere potere, il potere di risolvere i problemi direttamente, senza l'intercessione di un'autorità o uno Stato che si sono dimostrati troppo inadeguati troppo a lungo. Ma il potere, come spesso accade, crea dei mostri, e il neo celerino Adriano, così come lo spettatore, questo lo capisce.

15/04/14

La metà del cuore che sta nell'ombra.

Se ne stava da sola in un angolo del bar, a fissare il suo ottavo montenegro tenendo a stento il vomito in pancia. Odiava quel sapore, sapeva quasi di medicina. Là dentro faceva schifo poi, ed era buio, le poche luci riflettevano bene l'unto dei suoi capelli. Era brutta Marta, terribilmente, e il bar, quel bar, era il posto ideale per una donna brutta come lei, una che voleva soltanto star sola.
Ingollò l'ultimo shot, fece fischiare la sedia al pavimento alzandosi per andare a pagare. Il barista, un diavolo illuminato di verde vicino alle spine di birra, stava pulendo il bancone e la guardava con una smorfia, una specie di sorriso disgustato. Questa, almeno, era la figura sfocata che le riusciva di scorgere.
Imboccò la via stretta sotto una pioggia leggera, scendendo e salendo dal marciapiedi coi tacchi che alzavano schizzi. Un cestino in metallo la fermò senza remore e lei vi si avvinghiò per non cadere, nessun pudore, ma ormai era troppo tardi: le calze, all'altezza delle ginocchia, si erano spaccate. Rimase lì un po', ferma, a bagnarsi in compagnia del fetore dell'immondizia. Pensò, amaramente, quasi di somigliarci all'immondizia, le mancava soltanto la puzza. Era tutta una merda quella vita, una vera merda.
Quando decise di rialzarsi e camminare la pioggia era un po' più forte. Costeggiava la riva del fiume zigzagando tra le pozzanghere brune. I tacchi, passo dopo passo, affondavano sempre più nel terreno molliccio, centimetro dopo centimetro, sempre peggio, nella melma. Perse una scarpa. Imprecò. Tentò di infilare il piede lercio ma non riusciva a centrare il buco. Le venne in mente quell'ultimo coglione che l'aveva scopata. Quale coraggio quell'uomo. Ricordò che anche lui non riusciva a centrare il buco, forse troppo ubriaco, forse troppo schifato. Se la rise di gusto Marta, le luci delle auto sul ponte lontano che ogni tanto incrociavano i suoi occhi umidi. Poi raccolse la scarpa da terra, urlò, e la lanciò in acqua. Lo stesso fece con la seconda, affogandola direttamente con un calcio.
Pianse su una panchina rivolta alla corrente, il suo mezzo cuore in mano. Se lo rigirava tra le dita infreddolite, era tiepido quell'inutile affare, e proprio rimuginando sull'inutilità che almeno la riscaldava un po', vide l'ombra rossastra, che avanzava da destra. Era un'ombra alta, slanciata, magra, teneva in una mano un ombrello, anch'esso di ombra, e nell'altra qualcosa di pulsante. Era un uomo, si accorse, uno giovane, e sembrava bello. Sembrava anche cercasse qualcosa. Spedito avanzava ora verso la riva del fiume e poi si bloccava. Tornava quindi sui suoi passi e di nuovo fermo, procedeva verso destra e stop, avanti sempre rapido e poi fermo di nuovo, guardandosi qua e là: fino a quando ecco, vide Marta.
Lei non sapeva che dire, che cosa pensare. L'uomo adesso le stava davanti coprendola col suo ombrello. A vederli da quel ponte, un passante, osservò per un attimo lo strano quadretto: acqua nera che scorreva inferocita da un lato, un pendio erboso che la separava dalla città addormentata nell'altro, e tra i due, loro, sulla riva sterrata, su una panchina, piccoli quanto una mano, i contorni rischiarati da un pulsare rossastro. Il passante tornò alle sue cose, era notte fonda d'altronde, se ne andò via.
Marta ammirava stupita il suo pezzo di cuore, che teneva sul palmo aperto. Stava pulsando, stava brillando come mai aveva fatto prima, ed era caldo. Anche l'uomo guardava il proprio mezzo cuore palpitare. I due, insieme, erano un cuore solo, perfetto, e se ne accorsero subito. Si sorrisero, e lei non pensò nemmeno per un attimo di essere la brutta persona che era, non le passò minimamente per la testa. D'impulso unirono i loro mezzi cuori e un fulmine scarlatto schiarì a giorno la panchina, il loro ombrello e tutto il resto. Poi Marta chiuse le mani e se lo tenne stretto, al sicuro, per non farselo scappare mai più. 
Era buio e c'era silenzio, e i loro corpi erano vicini. Sentiva il suo alito, profumava di buono, sapeva di fumo di pipa e di un qualcos'altro di rassicurante. Lui la abbracciò, la strinse a se, lei così mingherlina e con quel cuore bollente racchiuso tra le mani piccole. Era stupendo, era perfetto, si sentiva, finalmente, completa. Non poteva proprio perderla un'occasione del genere, mai nella vita Marta si era sentita così, mai, mai, mai...
Affondò la testa nella giacca di lui, trovò il suo petto. Sembravano cullarsi assieme quei due; sembravano, ma non era davvero così. Pochi passi, pochi sul serio, questo lei lo sapeva bene. Ne fece un paio con calma, e poi, al momento giusto, trovò una forza che sapeva bene di avere nascosta da qualche parte, una cosa rabbiosa e feroce, brutta, e accelerò, cuore in una mano sola, mentre l'altra lo spingeva giù nel fiume, nell'acqua gelida e infuriata. Lui, il giovane d'ombra, scomparve per sempre, sparì così com'era venuto.
Non si girò nemmeno indietro Marta, mai più avrebbe guardato dal basso all'alto un uomo, mai più si sarebbe fatta rubare pezzi di lei da quegli sciacalli senza scrupoli. Tornò verso casa sentendosi in pace, sentendosi bene. Dietro di lei restava solo una panchina vuota e un ombrello bagnato.
Era davvero, davvero bellissima Marta.

11/04/14

TrailerZ #4

Quarto appuntamento con TrailerZ, la rubrica che... niente, è figa e basta! Oggi una vasto frullato di trailer, dato che ne sono usciti un troiaio in queste settimane. Via che si parte...

Maleficent

Lo splendido sorriso di Angelina che aveva inaugurato questa rubrica oggi torna ancora più smagliante e sinistro. Un nuovo spot più lungo, più ricco, più fico. Mamma mia quant'èbbona!!! Il doppiaggio italiano però è un po'... boh.

Wish i was here

Eccolo qui, il J.D. di Scrubs come attore protagonista nonché sceneggiatore (assieme al fratello) di questa pellicola finanziata con kickstarter (come nel caso di Veronica Mars). Dal trailer vediamo anche il suo amicone Turk e Sheldon lo psicopatico di Big Bang Theory. Possiamo noi non andare a vederlo viste le premesse?

Edge of tomorrow

Tratto dalla graphic novel All you need is kill, di cui invece io ho leggiucchiato il manga, questo Edge of tomorrow ci porta in un simpatico mondo che si trova nella cacca assieme a Tom Cruise (non lo disprezzo solo perché è basso come me) e quel fiorellino di Emily Blunt... Ahhh l'amour!

09/04/14

Il gioco del titolo e nuove novità importanti.

Iniziamo tutto con un simpatico giochino!
Un po' di tempo fa ho scritto un racconto breve che pubblicherò la prossima settimana, e da questo racconto, letto in anteprima da Signorina Silvietta, ne è nato un disegno fatto appunto da lei:

Qui trovate altri suoi lavori

Bello vero? Ma perché mostrarvelo ora? Ve lo mostro per il giochino, come vi stavo dicendo. Ch'è non siete attenti quando vi parlo?!
Il giochino consiste in... rullo di canguri... dare un titolo al racconto! Praticamente, voi, ispirati dal disegno di Signorina Silvietta che s'è ispirata al mio racconto, dovrete trovare un titolo. Potete sparare qualunque cosa vi venga in mente, davvero, e quello che più mi piacerà diventerà il titolo ufficiale della storia. Scrivetelo pure qui sotto nei commenti o sui social o dove vi pare, da bravi ;)

Andiamo ora alle nuove novità importanti. Ce ne sono due. La prima è la nuova pagina completamente dedicata a MusicalMente, che trovate o cliccando lì sul link o là in alto appena sotto l'header. Perché dedicargli una pagina intera? Perché MusicalMente mi piace tanto. A voi no? Ecchemmefrega, sto posto è mio e ci faccio quel che mi pare.

Seconda nuova novità invece riguarda la pubblicazione. Come sapete sputo fuori i post il lunedì, il mercoledì e il venerdì. Ebbene ci sarà un cambiamento mica da poco. Dalla prossima settimana... beh... pubblicherò di meno. Non è mancanza d'idee, è solo che è più comodo così, believe in me. I nuovi giorni di pubblicazione saranno quindi martedì e venerdì, più un giorno a caso della settimana nel caso ci fosse qualcosa di particolare da mettere, come guest post, news particolari o altro che vedrò quando capiterà. 
E nulla, per oggi è tutto. Vi saluto e aspetto i vostri titoli ;) Martedì vedremo quale avrà vinto e potrete leggere il racconto. Ci si vede comunque venerdì con TrailerZ #4, che sarà una bomba! Ciau!

P.s Quasi dimenticavo, potete proporre tutti i titoli che volete, anche due, tre, quattromila... ;)

Qui i titoli proposti...
Incontri Onirici (Marco Grande Arbitro)
Rosso (Sailor Fede)
MagnifiBar (MikiMoz)
Fulmini nel cuore (Enza)
Brandelli di cuore (Signorina Silvietta)
InTransFormazione (Audrey Borderline)
Cardiocaos- Fulmine a cuor sereno- Dardo scarlatto- Coup de foudre- Folgore scarlatta- Cardio vincit- Cardio vincit omnia (Misantrophia)
Rossa è la marea all'ombra del santuario (Kety)
Chiedilo al cielo, lui lo sa (Elisal'indecisa)
L'amore incomprenso- Il viaggio astratto del cuore (Gloria Z.)
Angeli col tacco dodici (franco battaglia)
La metà del cuore che sta nell'ombra (Anna Pendin)
Desiderio Inespresso (Riccardo Sartori)
Il tuono del cuore ha svegliato il ciclope- Il boato del cuore ha svegliato il ciclope (Ivano Landi)
Un altro giro, liscio (Valeria)
Occhio all'amore (MyP)
Memorie scomposte (Wannabe Figa)
Ricordi indelebili e futuri sogni (Silvia Michelotti)

07/04/14

Di quando Maria Sharapova ci straprovava con me.

Inizia oggi la nuova rubrica chiamata: I sogni distorti, che come qualcuno ha notato presenta un (simpatico?) gioco di parole che va a braccetto col mio cognome. Siete pronti per la Sharapova? Via!

Faccio sogni strani, quasi sempre. Faccio pure sogni un po' porni, un po' meno spesso questi, però mi divertono un sacco. M'è rimasto impresso ad esempio il sogno di un po' di tempo fa anche se non è del tutto po'pporno. 
Sto camminando per il centro di Milano, e non chiedetemi come io possa sapere che quella è Milano pur non essendoci mai stato, perché non saprei rispondervi, e insomma camminando per il centro di Milano ci fermiamo in un bar. Il bar è più un pub, molto in stile londinese. Ricordo c'erano le inferriate alle finestre, non che i pub si differenzino dai bar per le inferriate, sia chiaro, era così per dire. Ora noi, cioè io e alcuni amici, e c'è anche mia nonna materna, abbiamo una mappa in mano. Non una mappa del tesoro, ma una mappa/cartina geografica della città. La stiamo guardando perché siamo a Londra. Sì lo so, prima vi ho detto Milano ma questo è un sogno, e in quel momento ero in un pub stile inglese e quindi di conseguenza mi trovavo a Londra, come confermava appunto la mappa. Mica decido io cosa sognare, vi pare?
Fatto sta che dentro al pub c'è un gruppone di persone intente a fare una caccia al tesoro o qualcosa di simile. Sono tutte vestite da boyscout, e io odio i boyscout e le loro divise. A proposito, lo sapevate che MikiMoz era un boyscout? Fermiamoci un attimo a deriderlo. Ahahah... ok fatto. Tornando a noi, i boyscout si incazzano non so per quale motivo e a mia nonna viene fretta. 
''Dai muoviamoci ragazzi!'' ci dice, ''E' halloween dobbiamo uscire da qui e andare fuori a fare dolcetto scherzetto.''. Al che noi usciamo e come dice nonna andiamo fuori a fare dolcetto scherzetto. Ci sono pure i boyscout per il centro di Milano ora, tutti a fare dolcetto scherzetto vestiti in maschera, niente caccia al tesoro, e tutti, come avete letto bene, nuovamente a Milano, in culo Londra. Fermiamo le persone che shoppingano per il centro, chiedendo dolcetto o scherzetto con la mia nonna in prima fila. L'atmosfera è parecchio natalizia, ci sono pure le lucette e i babbi natali e le stelle comete. Poi d'un tratto, fermiamo lei.
''Nonna, anzi no, tu amico, tieni il telefono e scattami una foto con lei poi ti spiego!'' dico all'amico lanciandogli il cellulare con la fotocamera attaccata.
''Excuse me, can i take a photo with you? I'm a your fan, you're fantastic, i love youuuuuuuhhh!'' ululo intanto a Maria Sharapova, la tennista biondissima che mi sorride e si concede a una sessione di foto con me, piccolo fan arrapatissimo. E qui il colpo di scena...
''Ehi, Cervello, che ne dici di uscire con me a cena? Offro io, dai andiamo a farci un giro.'' mi dice.
Resto a bocca aperta, mando a donnine allegre gli altri, saluto la nonna in maniera garbata, e me ne vado con Maria Sharapova a braccetto. Mi parla di lei, del tennis, di quanto odi Serena Williams, quella tennista che non è una tennista ma è un uomo vestito da donna che fa finta di essere una tennista. Le dico che piuttosto è un gorilla travestito da uomo travestito da donna che fa finta di essere una tennista, e lei ride di gusto, mi abbraccia. 
Ci fermiamo in un ristorante all'aperto, è una bella serata stellata. Lei dice di aver freddo, io mi tolgo la felpa e la avvolgo. 
''Vorrei tanto baciarti.'' mi confessa lei. ''Posso sedermi più vicino a te?''.
''Ma certo che si!'' rispondo io, mandrillone.
''E' che ho paura dei paparazzi, sai sono ovunque. Non so se riesco a confidarmi e ad aprirmi con te come vorrei.''.
Non capisco più nulla, sono ingrifato come una bestia, il cuore a tremila, quella è Maria Sharapova, cazzo devo dirlo ad Alessandro Girola che a quello gli piglia un colpo!
Maria si avvicina alla mia bocca, ma non mi bacia. L'ultimo passo, mi dico, devo farlo io. Allora mi avvicino, sento che sto per baciarla, è tutto perfetto e poi...
Luci ovunque, gente che si cala con delle funi dalle cime dei palazzi (ho una mente molto scenografica), cameramen ovunque, Gerry Scotti che arriva con la sua facciona cicciona sganasciando come un beota. Ci sono pure i miei amici e la nonna e i boyscout.
''Sei su Candid Cameraaaaaa!'' mi fa Maria ridendosela di gusto. 
Il mio cuore va in pezzi, io mi sveglio sconvolto, ho appena fatto il peggiore degli incubi. Merda, neanche in sogno posso bombarmi la Masha. Questa vita fa davvero schifo, e io non posso nemmeno vantarmi con tutti gli altri. Vaffanculo!... mannaggia a GerryScotty mannaggia!

04/04/14

Her: toccare l'amore.

Her, scritto e diretto da Spike Jonze, è il premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale, e si vede, diavolo se si vede. Non sono solito dare giudizi a inizio recensione ma qui lo dico subito e vaffancuore: questo film è meraviglioso!
La storia, in breve,  è ambientata in un futuro non troppo lontano dal nostro e racconta di Theodore Twombly, un uomo fondamentalmente solo che vive in un mondo di persone altrettanto sole ma continuamente iperconnesse tra loro. L'elemento futuristico è perciò dato principalmente dallo sviluppo abnorme della sfera della comunicazione, aspetto questo anche giustificato se vogliamo attenerci alla verosimiglianza coi nostri tempi. Nonni e genitori non immaginavano forse il nuovo millennio con le macchine volanti? Sì, ma si sono ritrovati coi social, gli iphone e whatsapp che sostituiscono le classiche quattro chiacchiere. Ecco allora in tutto il suo esagerato splendore il nostro domani: persone per strada che parlano ma facendolo da sole, videogiochi che interagiscono con l'ambiente in cui vengono avviati, chat vocali per bisognosi d'affetto e d'arrapamento, sistemi operativi che sono diventati Intelligenza Artificiale.

È proprio di Theodore e di Samantha che si racconta, il suo nuovo sistema operativo, la prima A.I del mondo, connessa a qualsiasi tipo di dispositivo e sempre a portata d'orecchio, soltanto con un click alla cuffia.  Samantha, da semplice voce intelligente, sarà via via qualcosa di più grande e profondo nella vita del triste Theodore.
Lascio chiaramente che vi godiate la storia in santa pace, non ve la racconto, tranquilli. Vi parlerò però dei numerosi temi che questo semplice e strano rapporto va ad approfondire, perché sono strettamente legati a quel che siamo noi oggi.

Il primo, chiaramente, riguarda l'asocialità dell'uomo in un mondo assurdamente social. Impossibile non pensare a quel che ci gira attorno tutt'ora e alle numerosissime piattaforme di condivisione dell'internetto. Tutto viene condiviso, sia da noi, sia da quell'umanità del futuro che vediamo nella pellicola; la questione però lì è esasperata all'ennesima potenza. Si ha la possibilità di comunicare ben oltre il semplice linguaggio parlato, sfondando le barriere non solo dello spazio ma anche del tempo, e nonostante questo ci si sente soli, maledettamente soli, perché incapaci di mettere a fuoco ciò che veramente è la base della condivisione con gli altri.
Legato a questo primo aspetto c'è quindi il rapporto nella vita reale tra le persone. I nuovi mezzi di comunicazione hanno influenzato quelli naturali, li hanno impoveriti, assottigliando perciò la maturità sentimentale degli individui. Tutto è velocissimo, come in rete, e quindi si va subito al sodo, dall'appuntamento al sesso, fino ad arrivare all'identificazione dello stato di coppia. Un po' come le nostre situazioni sentimentali in Facebook: impegnato, single, in una relazione complicata con il mio cervello, vedovo delle mie palle... Rapido è anche il conseguente distacco, e il giudizio che si da a chi ci sta davanti.
Tutti insieme tutti soli!

Un tema non troppo approfondito ma stuzzicante riguarda invece il potenziamento dell'operosità che le nuove tecnologie, e quindi pure l'A.I, forniscono all'uomo. Si lavora meglio, si produce meglio, si riesce pure a intravvedere il contesto economico e sociale che fa da sfondo all'intera vicenda. Non si notano disordini e tutto sembra funzionare al meglio, dai trasporti all'uso dell'energia, dai materiali del vestiario (la moda in fatto di outfits è qualcosa di orrendo, e sì, outfits è una parola che ho imparato dai fashion bloggers) all'incredibile ordine pubblico.

02/04/14

Boomstick Award 2014 olè olè!

Buongiorno regazzi, finalmente mi son beccato un Boomstick, anzi in realtà due, e per questo ringrazio Kate e Marco Grande Arbitro, soprattutto per le belle parole.
Ma arriviamo al dunque. Cos'è e come funziona sto premio creato dal cazzutissimo Germano di Bookandnegative?

''Il Boomstick è un premio per soli vincenti, per di più orgogliosi di esserlo. Tutto qua. Come si assegna il Boomstick? Non si assegna per meriti. I meriti non c’entrano, in queste storie. (cit.). Si assegna per pretesti. O scuse, se preferite. In ciò essendo identico a tutti quei desolanti premi ufficiali che s’illudono di valere qualcosa. Il Boomstick Award possiede, quindi, il valore che voi attribuite a esso. Nulla di più, nulla di meno.''

1 - i premiati sono 7. Non uno di più, non uno di meno. Non sono previste menzioni d’onore
2 – i post con cui viene presentato il premio non devono contenere giustificazioni di sorta da parte del premiante riservate agli esclusi a mo’ di consolazione
3 – i premi vanno motivati. Non occorre una tesi di laurea. È sufficiente addurre un pretesto
4 – è vietato riscrivere le regole. Dovete limitarvi a copiarle, così come io le ho concepite

E quindi, tornando a noi, i 7 blogger che si pigliano il mio Boomstick sono...

Misantrophia, perché ultimamente mi cita spesso nei suoi deliri e perché ormai lo sapete che fa parte di un certo triangolo amoroso tra blogger.
MikiMoz, perché è uno stronzo e non mi ha dato un Boomstick e vorrei tanto farlo sentire una merda per questo (sto scherzaaaando). 
Riccardo Sartori perché siamo quasi compaesani e ci si deve ancora fare la birretta insieme.
Signorina Silvietta perché leggerla è piacevole e rilassante, perché è la più grande suddita del Re Ivano, e perché m'ha fatto un disegno che... vedrete!

Giuseppe Radente perché è mio cuggino mio cuggino, di secondo grado, credo, e ho scoperto ha aperto un blog. E sto blog, tra l'altro, n'è mica male! Pur essendo imparentati ci contraddistingue il fatto che lui ha la barbara e io no.
Cyberluke perché ha la faccia da cattivo, ma proprio na cosa che se lo guardate pensate ''oddio questo mi scassa di pugni se lo guardo storto'' e perché sa fare quelle magie con le immagini che io non saprò fare mai.
Marco Goi perché se devo sapere in anticipo un parere su un film io mi fido di lui, pure se odia Tom Hanks, per dire...
Inutile ricordare che chi non rispetta le regole si piglia il premio portasfga intitolato...
Con questo è tutto, e voi altri che non conoscete questi simpatici blogger, beh... questa è l'occasione giusta per fare la loro conoscenza ;)

31/03/14

Suor Maria Palma al profumo di violette e zucchero.

Marzo, 1995, e un Cervello di ben quattro anni d'età. Come cazzo fai a ricordarti di quando avevi quattro anni? potreste chiedermi voi. No infatti, non è che me lo ricordo bene di quel marzo '95, ma dei due successivi, che si ripetevano identici, sì. 
Io e il nonno, nel giardino dietro casa sua, sotto l'abete. Da qualche parte per radio Zucchero si scatenava con Per colpa di Chi, particolare questo che ricordo bene perché una radio, accesa in quel da qualche parte, c'era sempre. Sì ma che ce stavamo a fà sotto l'abbete a marzo? Raccoglievamo violette per la nonna e la mamma, ovvio!
Ricordo che proprio sotto a quell'albero si presentava un tripudio di violette, e io ero intento a fare i mazzolini di fiori a mamma e nonna, le mie donzelle, perché a quel tempo in effetti ero libero dalla malefica influenza della giordana che negli anni successivi m'avrebbe condizionato la vita. E quindi io raccoglievo violette. Ok, l'ho già detto. E' che ora mi piacciono ancora tanto le violette. Doveste chiedermi qual è il mio fiore preferito? Le violette! Sì ma ai maschi di solito non si chiede qual è il fiore preferito, ch'è sei ghei?
O ma che cazzo volete? A me MI piacciono le violette, ok? Non si può? Morite! E poi mi piace parlarne, che sotto sotto, tutti noi, siamo fatti di ricordi...

Comunque, ricordo anche dell'altro oltre alle violette, ricordo dell'asilo e di Zucchero che cantava mentre tornavo a casa in macchina il pomeriggio. C'eravamo io e una compagna più grande in macchina, e le nostre mamme se la raccontavano mentre noi ci mangiavamo metà kinder bueno a testa, e intanto la primavera esplodeva fuori dal finestrino. Mi ricordo anche dell'asilo, di quel cortile assurdamente figo, immenso, col prato, la casa delle streghe e le altalene strane che perdevano olio nero. Poi arrivava suor Maria Palma, la suora dall'aspetto più terribile che abbia mai visto, e quella ti sgridava se ti sporcavi il grembiule. Ti sgridava pure se avevi il codino. Suor Maria Palma odiava i bambini col codino, perché il codino è cosa da bambine, mica da maschi. E quindi c'era lei, la suora spaventosa, che se ti sgamava sporco o col codino erano cazzi e mazzi. 
Mi viene in mente, e scusate se salto da un episodio all'altro con la leggerezza d'una rondine (perché è primavera, amo la primavera, faccio le similitudini con la primavera e una rondella non fa primavera, boh!), comunque mi viene in mente anche di quando la mamma mi disse: oggi devi restare all'asilo un po' di più, non tornare a casa in pulmino, stai lì che ho già avvertito la maestra e le suore e io arrivo un'oretta più tardi. Te ne ricordi?
avevo risposto io, pur non avendo ascoltato una parola. 
Dove sarà piccolo Cerv?

Arrivata l'ora di tornare io mi fiondai in pulmino e bonanotte, e alla fermata per scendere, tra le varie mamme, la mia non c'era. Ma che sorpresa! Toni Bomboni (soprannome dell'autista) a quel punto decise di riportarmi indietro, perché in effetti non è che poteva lasciare un bambino senza nessuno in mezzo a na strada. Tornato all'asilo quindi, disperato perché non capivo dove fosse la mamma, ecco arrivare in soccorso la suor Maria Palma, spaventevole, ed ecco me pensare che un pomeriggio peggio di quello non poteva proprio esserci. Tra tutte le suore proprio lei?!
Mi offrì un panino alla marmellata esagerato, fantastico, buonissimo. Fuori iniziava il classico acquazzone di marzo. Lei mi sorrideva mentre io smettevo di piangere e m'abbuffavo come un maiale. Non era più tanto spaventosa quella suora, era una vecchietta gentile e dolce. Pazzesco! Lei che per tutto quel tempo m'era sembrata il demonio, altro che la sposa di Gesù Cristo (strani gusti questo Gesù Cristo).
''Mi dai un pezzetto anche a me?'' mi chiese con gentilezza.
''No è mio!'' rispose quella facciadimerda che ero io da piccolo.
 E poi infine ecco la mamma, che chiaramente mi da dello scemo perché non ascolto mai, e mi riporta a casa.

Questi quindi i ricordi e la canzone di marzo. Suor Maria Palma, se tu sapessi quanto ci spaventavi... mannaggia a te mannaggia!

28/03/14

La grande bellezza: diamo alle tette il valore che meritano!

La grande bellezza è un bel film ma non m'è piaciuto. La grande bellezza sono le tette di una ragazzina.

Ne ho sentito parlare tantissimo perché ha vinto l'Oscar, perché è l'orgoglio dell'Italia nostra, perché l'hanno trasmesso su canale 5 in prima tv assoluta e ommioddio ve lo dovete vedere perché è una cosa che guarda proprio io ci sono rimasto e bellissimoooooo. Dopo tutti questi perché l'ho visto, in ritardo rispetto al mondo, pure io. E? E mi son detto: ma facciamo finta che i perché di cui sopra non ci siano, che tutto questo sgallinare non esista, ecco, facciamo finta; tu Cervello, cosa ne penseresti de La grande bellezza se non ci fossero tutti questi perché che ti fanno partire prevenuto e ti condizionano il giudizio?
Penserei... che è triste.

Jep Gambardella è il re delle feste, uno scrittore che ha scritto un solo romanzo, un intellettuale, uno che vive nella Roma della gente che conta, della Roma chic, quella dell'arte e dello spettacolo. Lo conosciamo alla festa dei suoi 65 anni, una cosa enorme in cui il meglio del meglio da il meglio di sé in pista, tra alcool, droga e musica. Ed è proprio qui che notiamo la prima delle espressioni tra il cinico e lo svogliato che Jep ci riserva: lui in questi posti ci vede il niente.
E' del niente infatti che parla La grande bellezza, un intero film che parla del vuoto e della frivolezza, del blablabla superficiale in cui questi riccastri si crogiolano per dare un valore aggiunto alla propria vita. L'arte è in particolare la passione comune che lega tutti loro: il piacere per i grandi della letteratura che vengono puntualmente citati a casaccio, per le esibizioni esagerate e tanto grottesche da risultare soltanto ridicole, ma accompagnate da uno scroscio d'applausi, perché l'arte non è che si deve per forza capire, bisogna sentirla, o no? No, un gran par di cazzi, ci dice Jep Gambardella proprio intervistando una che per l'arte quasi si spacca la testa, una che lo fa perché sente le vibrazioni. E che cosa sono queste vibrazioni?, chiede Jep all'artista complessata, e questa non sa rispondere, non ne è proprio capace, e gli mostra tutta la sua superficialità, la sua studiata e complessa finzione. 
Col niente Jep si scontra per tutta la vita, e ne è parte di quel niente pur essendone vittima. Anche lui è pura immagine e apparenza, un personaggio costruito per compiacere gli altri, per adattarsi allo stile di vita che gli altri si aspettano da lui, per conquistarli tutti, per essere non quello che viene invitato alle feste, ma quello col ''potere di rovinare le feste''.
Ci si muove sempre nel nulla quindi, per tutta la pellicola, per tutto il tempo. Una camminata in questo stralcio di vita di Jep, che pure lui cammina, complice lo sconforto per la notizia della morte della sua storica fidanzatina. Ed è la struttura stessa del film a sembrare una camminata. Noiosa se si vuol dire la verità, lenta, che non sa bene dove vuole andare a finire. Perché è proprio questo uno degli aspetti di queste vite che ci vengono mostrate, si lasciano vivere senza un vero senso, senza qualcosa di profondo. E tu spettatore, sei lì che ti chiedi dove diavolo si voglia andare a parare, cosa succederà dopo, qual è il senso di tutto questo e dove cazzo sta questa grande bellezza.

La grande bellezza la si vede in tutto ciò che contiene questi disgraziati portatori sani di stupidità. La si vede in Roma, nell'arte vera rimasta immutata nel tempo che, silenziosa e pure lei schifata (c'è un bel gioco d'ombre in una certa scena che rende l'idea), è segregata a lontano ricordo, a sfondo immobile che fa da spettatore allo spettacolo vuoto dei suoi abitanti. La grande bellezza è quella che forse tutti vorrebbero trovare, ma non ci riescono, perché si sono persi e lasciati trasportare, distrarre dal niente.
E non sono solo questi aspiranti artisti, scrittori, pittori e imbrattatori di muri a rappresentare il nulla, ma sono anche gli esponenti della Chiesa. Suore al botulino, sacerdoti ai ristoranti che la povertà non sanno nemmeno cosa sia, preti chef che la spiritualità l'hanno lasciata sotto le scarpe e che rimbambiti dalla mondanità dimostrano di non capir nulla del posto in cui vivono (l'Italia ha davvero bisogno di scrittori! ci dice uno di questi). Anche loro puntualmente intrappolati nel vortice dell'apparenza. Emblematica, davvero, la scena in cui l'unica persona di chiesa, ovvero un'anzianissima suora considerata Santa, viene lasciata immobile in mezzo al giardino nell'attesa che ogni gruppo religioso si possa fare la foto con lei. Un circo!

La grande bellezza, più di tutto questo, sono le tette, come dicevo all'inizio. Non guardatemi male, vi prego, sono serio eh! Sono le tette di una ragazzina, della fidanzatina di Jep, ora scomparsa dopo più di quarant'anni. Jep ha un ricordo speciale per lei, per quel momento con lei, e lo notiamo ogni volta che lui si stende a letto e, solo, osserva il soffitto vedendo il mare. Si ricorda di quando era un ragazzo, in vacanza sull'isola del Giglio, di quella sera in cui la ragazza che l'ha fulminato, poco più grande di lui, gli sta di fronte, in una notte splendida sotto al faro. E si stanno per baciare, ma lei si sposta, fa due passi indietro...
La grande bellezza è un ragazzo con una cotta, e una voglia curiosa e mostruosa che è pura libido, e che finalmente viene soddisfatta. La grande bellezza è la volgarità sincera con cui questa ragazza si mostra a questo ragazzo. Non frivola, ma piena di significato, perché infondo è di questi momenti inaspettati, voluti e veri che la vita prende valore. Valore che il mondo della pura immagine e dell'arte vuota che non è arte, invece, tenta stupidamente di emulare.
Questo c'è di triste ne La grande bellezza. Che parla anche di noi, perché non sono solo quei cacasoldi della Roma bene ad essere così. Non ci credete? Non siete d'accordo? Uscite la sera, guardatevi intorno, guardatevi allo specchio. Poi fatevi un selfie e scrivete uno stato profondo, magari su quanto questo film vi faccia cacare e non meriti l'Oscar.

25/03/14

Tanti auguri CervelloBacato! Ma... CervelloBacato chi?

Ci siamo, è il momento. La verità è che questo post l'ho scritto e cancellato un certo numero di volte. N'è mica facile sapete? Uno se ne sta due anni tutto nascosto nel suo anonimato bello al calduccio e poi arriva il momento che si deve sputtanare davanti a tutto il mondo. Sia chiaro, ho usato il termine sputtanare perché suona aggressivo e minaccioso, così mi do un po' di carica fornendo appunto un'immagine di me aggressiva e minacciosa. State bene attenti, o voi che leggete, sono aggressivo e minaccioso!
Come mi avete visto in
questi 2 anni.
''Dici che funziona?''
''Mmhh non lo so proprio Cerv, non lo so...''
Dunque questo è un post che va a parlare a due tipi di pubblico, cioè voi che mi leggete da tanto e non sapete che faccia io abbia, e gli altri che conoscono la mia faccia e mi leggono praticamente da mai. Siete una bella coppia voi due pubblici, davvero. Mi state facendo venire un cancro ai marroni con questa storia del cercare di capire cosa scrivere per presentarmi. Che poi dovrò pur trovare un certo equilibrio d'ora in poi, vi pare? Mica posso scrivere ogni cacata mi viene in mente, no? Mmah...

Oddio, poche righe e sento già la pesantezza. Ricominciamo. Ciao, pubblici carissimi. Io sono CervelloBacato, e sono pure Davide, molto piacere. Sono un giovine ragazzo di ventiehmehm anni (anzi ora si può anche dire, di ventitré anni) che vive nel pisciatoio di Dio, ovvero Malo Thiene Schio, ma precisamente soltanto Malo, solo dovevo fare la rima carina e quindi ho tirato fuori tutta la filastrocca del pisciatoio di Dio. Gli altri due paeselli comunque, per voi altri debosciati che non sapete, sono appunto due paeselli situati nel nord est del caro italico stivale. Malo, dei tre, è il più piccolo, ma in compenso le dotazioni dei suoi abitanti maschi sono robe che... e questo è quanto. Donne, se volete fare una capatina da queste parti noi tutti vi diciamo grazie. Io v'aspetto eh! Il posto, giusto spiegare, si chiama pisciatoio di Dio perché ci piove sempre, e su questo non ci piove, a meno che chiaramente non nevichi, ma quest'anno ad esempio di neve non se n'è vista per niente, fa troppo caldo. Pensate che pare primavera da un sacco, c'ho i campi e i prati e giardini vicino casa che si sono tutti rincoglioniti già da febbraio e sputavano fuori fiori come fossero antani.

Un vecchio saggio una volta mi disse che quando si parla del meteo qualcosa non va. Io sto parlandovi del meteo e dovrei invece parlarvi di me.
Dicevo dunque che io sono nato e vissuto in questo posto. Di me posso dirvi che ho molte passioni, molte delle quali tutte lasciate a metà, alcune pure a metà della metà, tipo il clarinetto, passione coltivata a metà, che poi è diventato un sax, passione coltivata metà della metà, che fa un quarto. Cari ragazzi a cui do ripetizioni, impariamo ste frazioni eh! C'è stata poi anche la parentesi tastiera/pianoforte. ma lasciamola stare.
Riflessioni d'un certo tono a parte, ho anche qualche piccola passione che invece riesco a trascinarmi avanti. Film, serie tv, musica, lettura penso non valgano, troppo mainstream no? Allora c'è il Tennis, grande amore sportivo, in cui sono una sega patentata perché perdo sempre ma che in fin fine non mi vede malaccio perché mentre gioco ''sono bello da vedere''. Almeno questo è quel che mi dicono gli altri, e per altri intendo me medesimo e la mia mamma. Gentile la mamma. Un saluto alla mamma che sta leggendo, ciao mamma!
Oltre al tennis abbiamo la passione per le femmine, si esatto, le femmine, lo dico così proprio con nonchalance perché insomma non c'è niente di male nel parlare di femmine e di quanto mi piacciano. E' la natura. A voi che femmine piacciono? A me queste qui, le mie Gnocche con la G maiuscola, un elenco creato e spammato in lungo e in largo nel web per aumentare le visite al sito perché come sapete il pelo di figa tira che è una meraviglia, più dei buoi, lo dice pure Elio.
Ultima piccola passione infine, dopo tennis e femmine e altre cazzate che ho omesso, nominate non in ordine di importanza, è la scrittura.

21/03/14

L'ultimo (non troppo gentile) post di CervelloBacato: il culopesismo della blogosfera.

Ebbene sì, questo è l'ultimo post di CervelloBacato, perché poi, pur mantenendo il soprannome e pur scrivendo i miei consueti schizzi da doppia personalità, ci sarà pure il vero tizio dietro a tutto questo a metterci faccia e nome. 
Bacato: Ma perché, perché caro Cerv hai deciso di fare questa svolta?
Cervello: Perché mi sono un po' rotto le balle di come funziona la blogosfera, un po' rotto di alcuni comportamenti di altri blogger.
Bacato: Bene, ci stiamo per inimicare i follower?
Cervello: No, stiamo per dire la sacrosanta verità!

In quasi due anni, e c'ho smanettato su parecchio per farlo, ho raggiunto più di 120mila visite, più di 240 lettori fissi, ho scritto più di 400 merdate post, sono stati pubblicati più di 7500 commenti. Questi numeri, che sembrano grossi, e in effetti lo sono abbastanza, li ho raggiunti con ben poco aiuto. Cosa intendo dire (a parte che mi sto vantando un pochino)?
Molti lamentano del culopesismo degli italioti, quel limite che hanno nel promuovere le cose per cui provano passione, nel mettere la manina in tasca per offrire un cazzo di caffè simbolico e pagare. Pagare magari per un ebook, magari per un servizio online, magari per supportare quel ''lavoro'' di scrittura e ricerca, fatto con passione sì ma anche con fatica. Ecco, molti si lamentano di questo. La mia posizione, sui soldi e sul blogging, già la sapete. Se uno vuole pagare lo fa, se non vuole è liberissimo di non farlo. Ho trovato perciò superfluo non tanto il lamentarsi per il fatto che gli italiani qui non abbiano voglia di donare soldi, quanto più quello di dir loro (più o meno velatamente) che sono sostanzialmente degli idioti a non farlo.

Ma perché sto tirando fuori il discorso soldi? Dove voglio andare a parare? 
Voglio lamentarmi del fatto che c'è più culopesismo qui nella blogosfera che là fuori quando si tratta di pagare, che qui nella blogosfera c'è la vera essenza dell'essere italioti. Questo perché quando si tratta di donare, di tirar fuori i soldi per supportare, si va incontro ovviamente a un ostacolo successivo. Mettere le mani in tasca e tirar fuori l'euro lo sapete bene che non è una cosa molto automatica da queste parti, è proprio un fattore di abitudine, ci vuole tempo a metabolizzare. E trattare appunto l'argomento dando dell'idiota a chi non percepisce il bisogno di pagare qualcosa che già di per sé trova gratuito, secondo me è un po' stupido ed è in sostanza come se si avesse un paraocchi addosso, non ci si accorge di quel che si ha intorno.
Che senso ha sostenere la tesi della donazione e nel contempo ignorare bellamente il passo appena precedente, non accorgersi che il grosso del problema sta qui? La blogosfera, parola di uno che da anonimo ha dovuto scontrarsi di testa con questa tendenza, funziona quasi esclusivamente per favori, non per spirito di condivisione e supporto.

17/03/14

Starsi in culo da soli.

Come sapete al quando toglierò l'anonimo, il 25 marzozzone, manca poco. In questi giorni sto rivedendo tutto ciò che ho pubblicato nel blog dall'inizio alla fine. Una rottura di palle, devo dirvi la verità. Ci sono momenti in cui rileggo e mi diverto assai, alcune cose le avevo quasi rimosse, alcune battute le trovo brillanti. Sì, sto dicendo mi trovo simpatico da solo. Altri articoli però li leggo e... babba bia, che merda! 
La prima cosa che mi è saltata all'occhio è l'abitudine, ormai quasi del tutto sparita, di ''virgolettare'' le parole che non esistono. Ero ''piuttostamente'' precisino a quanto pare, eccessivamente preoccupato che voi non avreste capito che io, in realtà, scrivevo male apposta. Altro orrore che mi sono ritrovato sono le frasi sceme con precisazioni tra parentesi subito dopo la loro fine (anche qui con l'intento di specificare il tutto, di nuovo temendo che voi non poteste capirmi). La peggiore merda in cui mi sono imbattuto però, porcocaxxo, è l'autocensura del linguaggio scurrile: caxxo, son cose che ti turbano nel profondo, davvero. E non parliamo dei punti esclamativi! Non fatemene parlare! Mai! Per cartiàdiddio! Perché pure quelli erano ovunque!!! Ma vi giuro, una cosa assurda!!!!
Accoppati Cerv!
Tralasciando il fatto che certi post racchiudono in sé una sorta di pesantezza sintattica esasperante, pesante quasi quanto la pesantezza del discorso che ho iniziato con questa nuova frase, io mi chiedo se forse non sono io ad essere troppo pignolo. Infondo è proprio da quei bruttipost che mi sono fatto conoscere, e insomma, a giudicare dai commenti non è che erano poi così brutti! Auto criticarmi mi prende davvero male... 
Il punto è che mi da fastidio dovermi correggere, ancor più fastidio accorgermi di dovermi correggere, e quest'ultimo aspetto mi punzecchia soprattutto nei racconti. A rileggerli a distanza di tempo, spesso e volentieri, trovo delle brutture davvero raccapriccianti. Come diamine ho fatto a non notare quelle virgole tutte sballate, quell'aggettivazione che stremerebbe persino il catafratto e sibaritico Dipré, e quelle frasi uscite fuori da chissà quale mente deviata?! Se fanno schifo a me, come posso sperare possano piacere a voi? 

Passo a voi la questione quindi: vi è mai capitato di rileggere i vostri vecchi post e, nel caso, i vostri vecchi racconti e sentire l'impellente necessità di cambiarli? E vi 'è mai capitato di starvi in coolo da soli? Vi giuro, un paio di volte mi sarei pigliato a cinquine da solo...

Bacato: ''Guarda che anche ora sei parecchio insopportabile...''
Cervello: ''Tu stazzitto tu!''

12/03/14

Il Marvellous Hotel e il Fun Cool 9: 2 concorsi molto fiqui che se non ci provate siete pirli.

Buongiorno a tutti! Arrivo molto in ritardo con le segnalazioni ma nonostante ciò sono ancora in tempo, o meglio, siete ancora in tempo, per partecipare e provarci, ma ve dovete dà na mossa pure voi però. Oggi vi parlo di due concorsi di scrittura, uno ideato da Paolo Ungheri detto il Narratore, che se volete conoscere un po' meglio è pure stato intervistato bacatamente dal sottoscritto, mentre l'altro dal pazzo Gelo Stellato, il cui vero nome in realtà non conosco.
Ma andiamo con ordine. Marvellous Hotel è l'idea del caro Narratore, e trovate il bando qui, sul blog Midnight Corner. Rubo le parole proprio scritte da lui per mostrarvi la particolarità che questo strano progetto si porta appresso: 

Il Marvellous Hotel è un luogo che non esiste nel piano fisico, non come lo intendiamo noi. È un luogo dove le persone trovano un riparo, un misterioso inseguitore, l’amore o la morte. Quello sta a voi deciderlo.
Il vostro compito sarà quello di raccontare una storia, una storia che dovrà essere ambientata in una stanza del Marvellous Hotel. Il come è a vostra discrezione.

Non ci sono limiti di genere, pornografia a parte, quindi nella vostra stanza potrà accadere di tutto.
I racconti dovranno essere di una lunghezza tra le 1500 parole minimo e 6500 massimo, il termine di scadenza per inviarli è il 30 aprile 2014, quindi ce la si può fare tranquillamente (io stesso ho l'idea ma devo ancora scriverla, maremma majala) e, cosa che sicuramente vi attirerà come mosche, si vincono premi molto succulenti: 50 euri al primo, 35 al secondo, 15 euro di buono Amazon al terzo, e ulteriori ed eventuali chicche per i successivi. Non vi resta che andare nel bando ufficiale a sbirciare!

Il secondo concorso si chiama Fun Cool 9, sfida serratissima questa che è alla sua nona edizione. La cosa curiosa di questo strambo giuoco è che si partecipa scrivendo un racconto composto soltanto da una frase. Sì, avete capito bene, un racconto intero, ma in una sola frase. Se volete un esempio di come diamine debbano essere questi racconti striminziti potete andare a sbirciare qui, nei racconti della passata edizione, e potete ammirare pure i miei due bambini. La scadenza per partecipare comunque qui è molto più vicina, si va infatti di domenica 19 marzo, ma essendo che sostanzialmente dovete scrivere una sola cacchio di frase vi basterà cogliere il momento d'ispirazione e buttarla giù. 
Il bando lo trovate QUI, i premi in palio sono succulenti libri ed ebook da sgranocchiare con gusto.

Che aspettate insomma? Avete voglia di scrivere? Andate e (pro)create!

P.s dato che è l'ultimo giorno ricordo che se vi va potete votarmi nella categoria umorismo degli IGBA. Potete farlo Qui, e io ve ne sarò grato forevah!

10/03/14

Nel paese delle creature selvagge: perché tornare bambini non è proprio facile.

Diretto da Spike Jonze e adattato dal romanzo illustrato Nel paese dei mostri selvaggi di Maurice Sendak, il film Nel paese delle creature selvagge (Where the wild things are) è un delicato (e abbastanza strambo) inno alla fanciullezza.
La storia infatti racconta di Max, un bambino dalla fervida immaginazione che vive con mamma e sorella maggiore, che si ritrova a dover affrontare un'età per lui difficile, fatta di solitudine, incomprensioni e contrasti quasi impossibili da gestire. La sua indole selvaggia e genuina viene talvolta anche assecondata, ma questo non è abbastanza, e all'ennesimo momento di sfogo in cui la rabbia in lui ha il sopravvento, Max scappa di casa, e addentrandosi in un bosco comincia la sua avventura in queste terre selvagge. Ciò accade con un passaggio tra realtà e fantasia che quasi non si nota, in un protendersi verso il meraviglioso che è naturale come lo sarebbe appunto per qualsiasi bambino nell'intento di giocare. Niente spiegazioni, niente tagli netti tra una realtà e l'altra, è così e basta. Max approda in un luogo incontaminato, abitato da enormi mostri antropomorfi col dono della parola, e che presentano personalità fortissime ed estremizzate differenti in ognuno di loro. Inizia così un bizzarro percorso di auto formazione tra divertimento sfrenato e situazioni imprevedibili.

Questo è un film strano, davvero. Nei primi minuti c'è un certo senso di incredulità nell'ascoltare i dialoghi assurdamente superficiali che questi mostri fanno col bambino. In un certo senso sono bambini pure loro, essendo appunto frutto della sua fantasia. Mi chiedevo se sarei riuscito a reggere una pellicola intera visti i toni così infantili. La risposta è che sì, ci si riesce alla grande.

Visivamente è tutto meraviglioso, a partire dalle creature selvagge, che sfoggiano un misto di cgi e pupazzoni pelosoni fantastico, fino ad arrivare ai paesaggi, costituiti da una natura vasta, potente e viva. Ciliegina sulla torta poi è lo splendido comparto musicale, che offre canzoni sia allegre e spensierate sia sinistre e un pelo inquietanti, spose perfette quindi di una fotografia pulita e un'atmosfera generale piuttosto onirica. Buio, alba, tramonto, cieli azzurri, petali di ciliegio che si cullano nel vento. E ancora neve, onde schiumose in tumulto e raffiche di sabbia in deserti bollenti... wow! E' tutto tremendamente suggestivo, una festa per gli occhi; sembra di stare davvero dentro a una fiaba.
Ma tralasciando ciò che si vede e ascolta, cosa ci resta di questa trama strambona?

Ci resta un forte senso di semplicità e spontaneità, lo stesso che provano i bambini, quello che chi è grande ha dimenticato e fatica a capire, praticamente quello che anche lo spettatore fatica a capire. C'è il rischio di annoiarsi un po', devo dirvi la verità. E' che tutte le situazioni che si vanno a sviluppare sono frutto di interazioni proprie di un bambino, e agli adulti, o almeno a me, i bambini dopo un po' rompono i maroni. Andiamo, non diciamoci balle. E' divertente giocare e stare ad ascoltare le storie strampalate dei pischelli, ma per cinque, dieci minuti, perché poi ti cascano i jambawamba. Lo stesso cascamento di jambawamba che rischia di arrivarti pure qui. Questo perché? Tutta colpa, a mio avviso, di un eccesso di tempi morti, oppure, addolcendo un po' la critica, di un ritmo troppo poco incisivo.
Ho detto però che si rischia la caduta di maroni, non che accade. Se lo si guarda bene infatti, si possono notare ''piccoli'' segni che fanno di questo film un bel film. Ogni mostro, dicevo, ha una personalità forte ed estremizzata. Ogni mostro difatti è un aspetto delle tante personalità così di Max come di qualsiasi altro bambino. C'è il mostro muto e un po' in disparte ma che obbedisce sempre e che poi ringrazia, che può rappresentare il senso di gratitudine che nei bambini non è molto semplice da tirar fuori. C'è invece, contrapposto a lui, il mostro critica, quello che ha sempre da mettere lo zampino (o lo zampone in questo caso) dappertutto, che deve dire la sua sempre, che semina zizzania, che è in disaccordo, che rompe i coglioni puntualmente. Vanità e presunzione mi vengono in mente. Oppure, ancora, quello che non viene mai ascoltato da nessuno, che è piccoletto, timido, un po' smorto ma che si lascia comunque trasportare dagli altri. Timidezza, insicurezza, gran desiderio di rivalsa. E così via tutti gli altri...
Tutto è all'estremo, tutto è selvaggio, anche l'amore.

Ok, non sto ad elencarveli, altrimenti poi che palle mettersi a guardare. Però vi invito a notare il modo che avrà Max di approcciarsi a loro e il modo in cui, conoscendoli, si accorgerà che ogni aspetto delle varie personalità ha i suoi pro e i suoi contro all'interno delle relazioni. Pro che vi faranno sorridere e sentire ''coccolati'', e contro che vi metteranno addosso ansia e perché no, anche un po' di paura.
Perché è di relazioni qui che si parla, e della difficoltà che un bambino in crescita può avere nel comprenderle, affrontarle, e magari pure risolverle.
In conclusione questo è un film un po' particolare, che sicuramente non può piacere a tutti. E' un bel film secondo me, non esente da difetti, ma che se apprezzato lascia a fine visione molto più che un sorriso sulle labbra, e soprattutto una certa nostalgia per quando si era bambini e anche noi si conoscevano ''le cose selvagge''. Quelle stesse cose che spesso, da grandi, dimentichiamo perché ormai addomesticati.