Super A&O in un paese di provincia, ha l'insegna stampata di rosso su sfondo bianco, bianco su tutte le pareti, bianca la facciata, sporca di pioggia che si è asciugata ed è ripiovuta e via così per tante di quelle volte, per tanti di quei pomeriggi grigi d'autunno, che ora è così e solo così può essere, e lui, il super, ti apre le sue porte automatiche, ti accoglie a braccia aperte, sei sceso di corsa dalla macchina per gettarti nella sua stretta sicura e gentile, amen mamma con l'ombrello, è lenta, tanto poi arriva e tu, già dentro, bagni piastrelle che hanno tutta l'aria di essere lì da secoli, lucide di pioggia in tonalità sabbia e sporche di suole di scarpe, almeno all'inizio, poi sono opache e riflettono appena le luci al neon del negozio, e ci sono scaffali, scaffali in fila di cose che ignori, perché sai che sono solo due quelli giusti: caramelle, cioccolata, cioccolata in barrette, milka riso soffiato, galak bianco, forse, sicuro cioccolato bianco però, la marca poco importa, e sorprese di Pocahontas, almeno in quel periodo; e poi l'altro, per ultimo, coi giocattoli che vorresti, il trattore in metallo giallo per esempio, piccolino che non fa male a nessuno, a nessun portafogli di sicuro, o il camion dell'immondizia, quello è più grande, viene di più, ma sarebbe bello averlo per capire come funziona quando tira su i bidoni pieni, che se li mangia quando lo vedi davanti casa, per ridarli svuotati, alleggeriti, nuovi anche se dentro, quando pesti la maniglia e si alza il coperchio ci senti una puzza dolciastra e calda da far lacrimare.
Ti chiama, tua madre, e la segui nel suo meditabondare di prezzi, prodotti, cose da cucinare, surgelati, il macellaio col neo strano sulla guancia, l'ammorbidente coccolino, hai il pupazzo a casa, cereali, e ti immagini le musichette delle pubblicità, e aspetti e aspetti e intanto godi, non sai cosa, forse il dopo che verrà, i tuoi scaffali come promesse che ti fai, come preghiere nel pomeriggio buio di pioggia sottile, come coperte che ti isolano, ora, da fuori dalle vetrate, dal parcheggio gelido, poi tanto c'è tempo ancora, ed è questo il bello, che quando tornerai a casa, c'è tempo per finire gli ultimi compiti, italiano facile, e sarà ancora pomeriggio per vederti qualcosa alla tv o magari giocare alla Nintendo, ed è ovvio che in questo Super A&O del millenovecentonovantaequalcosa ci stai, d'autunno, bello come una foglia, felpa sopra e tuta lunga sotto, al sicuro in questo momento qui, che fuori c'è l'ira di Dio dice tua madre, e non capisci se sia l'ira o lire, di Dio, perché a volte lo dice per il meteo, a volte per il gioco che vorresti, tipo "No sei matto? Costa lire di Dio!" Oppure l'ira? Avrebbe più senso il primo ma ti pare che finisca con la A piuttosto che con la E, perciò parla di Dio incazzato e potrebbe essere sia perché si sfoga di pioggia sia perché si spende troppo. Decidi che vanno bene uguale. Poi comunque, nel dubbio, il cioccolato bianco va, perché è golosa pure lei, tua madre, ira o lire di Dio che siano. Ma soprattutto va il momento, va via dal supermercato, dal millenovecentonovantaequalcosa, dal pomeriggio d'autunno, via nel tempo ma non, non dalla mia testa, e che stupidata dico io! Che ha di speciale un ricordo così? Un momento, o una serie di attimi simili, di questa situazione banale, che rimane a sedimentarie e a ereggere una specie di tempio in cui tornare a riposare la mente, a rallentare i pensieri veloci, a dipanare cortocircuiti paranoici, aprendo i miei vicoli ciechi in pratici scaffali con alla fine le vetrate, sempre lì col parcheggio in vista mentre piove, un tempio in cui sentirmi al sicuro, mentre spero che non sia soltanto una bugia, un auto inganno anche questo, mentre chiedo a me stesso se sia successa davvero, questa mia quiete in piena.
Non so dirlo. Ma a volte mi sembra di intravvederla ancora, specie se ci passo davanti. Oggi è diverso, certo. Un Iper Famila nuovo tirato a lucido. Da Super e Iper la differenza si vede, che i nomi, pare, non si danno a caso, e infatti più spazio, più corsie, più oggetti, più banconi per i prodotti freschi, più casse e cassieri e cassiere e pure le automatiche, e mentre ci passo vicino, al parcheggio, al negozio, sfiorandolo in macchina, specie in autunno, è come mi facesse un bisbiglio, come mi aspettasse, ancora, a porte aperte. Vieni, vieni, guarda che brutto tempo là fuori. Magari una volta mi ci fermo, ma ora no, vado di fretta, troppe cose a cui pensare, e poi devo rispettarlo il mio tempio, e così, dovessi entrare, non so, sarebbe come profanarlo, e non vorrei.
16/09/25
Super tempio
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