16/03/17

Leggere un blog? Richiede troppo tempo

Oggi parliamo del legame tra social, blog, scrittura e lettura
Mmm sento già lo sfrigolio dei gomiti che cedono, intenti a sorreggervi la testa addormentata...
L'idea mi è arrivata da un paio di articoli letti in questi giorni. 

Il primo, pubblicato su PambiancoNews, parla di come si sia evoluto, negli ultimi anni, lo stile delle blogger più famose d'Italia, evidenziando quanto testi e aggiornamenti, nei loro siti, siano lentamente spariti, in favore di contenuti visivi e interventi massicci (e più brevi) sui social.
Il secondo, postato ieri sul blog Silverfish Imperetrix, focalizza invece l'attenzione sul pubblico, catturato dalla velocità folle del web e poco propenso a soffermarsi in letture che gli rubino più di 10 secondi di vita.
Due angolazioni per vedere il medesimo problema.

Che poi... qual è il problema?
Dove sta l'elemento fastidioso, antipatico, pericoloso, in questo quadro?

Da parte di chi scrive, e questo non vale solo per i blogger ma anche, l'avrete notato, per i giornalisti, s'incontra molta difficoltà nel trovare un pubblico di lettori che sia realmente attivo. Non si parla soltanto di quantità dunque, ma soprattutto di qualità nel rapporto con chi ci legge. Scrivere per un muro insomma non piace a nessuno, né a chi lo fa per passione, né a chi ci deve campare. 
Si insegue perciò il proprio pubblico assecondandone le tendenze, lavorando su: rapidità di pubblicazione, pervasività nel mondo social, visualità dei contenuti. In breve: intervengo sempre, dappertutto e con tante immagini.
Il problema, da questa parte del campo, è perciò una domanda molto semplice: come dovremmo comportarci?

Dall'altro lato poi, ci sono i lettori che supportano e alimentano il trend Vogliamo Tutto e lo vogliamo Subito! Qui, una delle possibili ragioni, almeno per quel che ho potuto imparare, può essere sì causata dalla nostra nuova forma mentis, praticamente plasmata ragionando sui social (quali sono i tre siti che visitate di più?), ma è condizionata pesantemente anche dagli smartphone, che hanno una responsabilità piuttosto importante.

Dovete sapere che quando si progetta un sito o un app, da alcuni anni, si tiene sempre più in considerazione l'elemento mobile, e cioè di come quel sito e quell'app saranno visualizzati nel telefono dell'utente. Non è una stupida moda quella degli smartphone, ma la realtà dei fatti, e si esprime così:
In Italia, nel 2015, la crescita del traffico da mobile è salita del 15% arrivando a un totale del 17%. Nel 2016 si sale a +29%, toccando il 21% degli utilizzatori. Quest'anno... beh, ci siamo capiti, no?
Sempre più persone stanno sul web da mobile, e lui si adatta per farsi consumare da una mano. 
Per questo servono semplicità e immediatezza, perché tutto dev'essere fatto con un dito. E proprio da qui parte anche la ricerca della gratificazione psicologica, quella data dalle applicazioni più famose che, irresistibili per il nostro cervello, ci spingono a un utilizzo compulsivo dei contenuti rimanendo lì, senza farci vagare per l'internet.

Non crediate che web designer e sviluppatori siano dei poveri polli. Prendete instagram, facebook, twitter, linkedin. Ogni elemento presente, dal più banale al più evidente, è studiato considerando i processi cognitivi che ci guidano. Se ci sembra di non riuscire a staccare gli occhi dallo schermo è perché hanno fatto un buon lavoro.

Senza perderci troppo in divagazioni però, torniamo al punto importante.
Tutto questo comporta che il mondo visual cresca mentre quello "testuale" ceda il passo. Da una parte non cogliamo stimoli che ci possono riavvicinare alla lettura, dall'altra è anche vero che è praticamente impossibile affrontare argomenti complessi da un telefonino. E il balzo, da lì al desktop del pc, non è poi troppo distante. 
Ci vuole troppo tempo per leggere un blog. Però sei bravo eh! è la frase che mi sento dire spesso. Da una possibile difficoltà si va alla pigrizia mentale.

Da questo lato perciò gli ostacoli sono svariati e credo giustifichino, o quantomeno possano dare un senso, al comportamento poco appassionato dei lettori verso i blog.

Per noi blogger comunque, qual è la prospettiva futura?
C'è chi si adatta. Ma c'è anche chi, a muso duro, va per la sua strada, incolpando un pubblico che non possiede di "non capire". 
In ogni caso, come accade già per l'informazione (ne ho parlato approfonditamente nella mia tesi di laurea, che trovate qui), e come suggerisce anche il primo degli articoli citati, non è detto che la saturazione dell'offerta possa invertire le tendenze, portando a preferire contenuti più corposi e approfonditi, che ti lasciano qualcosa, piuttosto che milioni di aggiornamenti spasmodici, che dopo una giornata ti lasciano gli occhi rossi e un senso di vuoto.

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