Risveglio violento
L'asfalto
bagnato scivolava via assieme alla notte. L'auto di Michael era
ancora piena della gioia del figlioletto, eccitato dai suoi eroi
preferiti appena visti in azione sul grande schermo. Lei posò delicatamente una mano sulla gamba del marito, lui la guardò negli occhi,
riscoprendosene ancora una volta perdutamente innamorato. Quegli
occhi scuri come il buio lì fuori, nascondevano un segreto che l'uomo
non riusciva pienamente a cogliere.
<<Ricordati amore, devi ricordare...>> iniziò a sussurrargli lei. Le risa del ragazzino si facevano più forti, più irritanti alle orecchie del padre. <<Michael, ti devi ricordare.>> aggiungeva, con una smorfia di dolore che man mano le si dipingeva sul viso, <<Ti prego... Così mi fai male.>>.
Lui continuava a guidare, chiedendosi dentro di sé cosa mai volessero dire le parole della sua donna, senza riuscire ad aprir bocca per porle quella sua domanda. Il bimbo, dietro di loro, ansimava più forte, tramutando le risa in grida, poi in gorgoglii soffocati, in lamenti insensati. <<Michael no! Fermati, fermati! Ci farai ammazzare!>>.
Continuava a non comprendere, osservando confuso la moglie disperata e in lacrime, vivendo quel viaggio, in quell'auto, come se non fosse realmente lui ad abitare il suo corpo, incapace di ragionare e di intendere davvero quel che stava accadendo. Le gomme fischiarono sul cemento sporco e consumato, perse il controllo del mezzo, e accadde... piombarono tutti e tre nelle maledette fauci di un dirupo, nella bocca oscura e contorta di uno spaventoso mostro sanguinario.
<<Ricordati amore, devi ricordare...>> iniziò a sussurrargli lei. Le risa del ragazzino si facevano più forti, più irritanti alle orecchie del padre. <<Michael, ti devi ricordare.>> aggiungeva, con una smorfia di dolore che man mano le si dipingeva sul viso, <<Ti prego... Così mi fai male.>>.
Lui continuava a guidare, chiedendosi dentro di sé cosa mai volessero dire le parole della sua donna, senza riuscire ad aprir bocca per porle quella sua domanda. Il bimbo, dietro di loro, ansimava più forte, tramutando le risa in grida, poi in gorgoglii soffocati, in lamenti insensati. <<Michael no! Fermati, fermati! Ci farai ammazzare!>>.
Continuava a non comprendere, osservando confuso la moglie disperata e in lacrime, vivendo quel viaggio, in quell'auto, come se non fosse realmente lui ad abitare il suo corpo, incapace di ragionare e di intendere davvero quel che stava accadendo. Le gomme fischiarono sul cemento sporco e consumato, perse il controllo del mezzo, e accadde... piombarono tutti e tre nelle maledette fauci di un dirupo, nella bocca oscura e contorta di uno spaventoso mostro sanguinario.
Quando
aprì gli occhi il mal di testa era forte, il dolore pulsava con insistenza alle tempie. Si guardò intorno, il cranio intero pareva rimbobare. Era steso, e
gambe, petto e braccia erano fissati al letto mediante spesse fasce
di cuoio nero. A vestirlo era una lunga camicia da notte ingiallita.
Tutt'attorno balenavano i visi dubbiosi di una manciata di
medici, muniti di mascherina verde, lunghi camici, e antiestetiche
cuffiette color panna sul capo. Lo osservavano preoccupati
parlottando tra loro, mentre rimbalzavano sui loro corpi slanciati le
luci ad intermittenza di qualche strano macchinario a lato di quella
che pareva essere una stanza d'ospedale.
<<Dove
sono? Che è successo?>> si agitò Michael tentando di
sollevare la testa dal cuscino.
<<Si
calmi professore.>> lo bloccò uno di questi, premendogli
fastidiosamente la fronte con una mano. << Richard, prendi il foglio nella
valigetta.>> disse poi rivolgendosi a un suo
collega più giovane. <<C'è di nuovo bisogno di
mostrarglielo>>.
Questi estrasse un piccolo pezzo di carta di cui si intravvedevano poche righe scritte a mano. Michael le notò appena con un'occhiata in lontananza, dopodiché la sua attenzione fu attirata dai diversi aghi installati sullo strano strumento che lo sovrastava, pronti a conficcarglisi nelle carni di avambracci e collo.
Questi estrasse un piccolo pezzo di carta di cui si intravvedevano poche righe scritte a mano. Michael le notò appena con un'occhiata in lontananza, dopodiché la sua attenzione fu attirata dai diversi aghi installati sullo strano strumento che lo sovrastava, pronti a conficcarglisi nelle carni di avambracci e collo.

<<Fermi,
fermi! Che cazzo volete da me?! Levatemi le mani di dosso!>>
urlò stavolta scuotendosi con più vigore.
<<Sono
solo tranquillanti professore, si calmi!>>.
Michael
non ne voleva sapere. Si chiedeva dove si trovasse e chi fossero quelle
persone. Non comprendeva perché fosse legato a quel modo e dovesse a subire una simile tortura. La storia dei tranquillanti non lo
convinse nemmeno per un secondo.
Lo scatto d'ira fu improvviso e brutale, tanto che tutti i presenti nella stanza reagirono prontamente scagliandosi su di lui per mantenerlo fermo. L'improbabile paziente ritenne quell'aggressività un ulteriore motivazione per diffidare degli sconosciuti. Non potevano essere dei semplici medici d'ospedale, questo era certo. Gli si riversarono addosso in quattro, e il professore, nonostante fosse legato e sopraffatto, non solo riuscì a strappare i lacci in cuoio che lo tenevano imprigionato al letto, ma sbalzò via anche i suoi aggressori con gli arti finalmente liberi. Volarono letteralmente per qualche metro in ogni direzione, sbattendo su tavoli, pareti e strumenti di lavoro sicuramente costosissimi. I due che non persero i sensi lo fissarono terrorizzati e impotenti, mentre aveva inizio la sua fuga tra i sinistri corridoi di quell'edificio.
Lo scatto d'ira fu improvviso e brutale, tanto che tutti i presenti nella stanza reagirono prontamente scagliandosi su di lui per mantenerlo fermo. L'improbabile paziente ritenne quell'aggressività un ulteriore motivazione per diffidare degli sconosciuti. Non potevano essere dei semplici medici d'ospedale, questo era certo. Gli si riversarono addosso in quattro, e il professore, nonostante fosse legato e sopraffatto, non solo riuscì a strappare i lacci in cuoio che lo tenevano imprigionato al letto, ma sbalzò via anche i suoi aggressori con gli arti finalmente liberi. Volarono letteralmente per qualche metro in ogni direzione, sbattendo su tavoli, pareti e strumenti di lavoro sicuramente costosissimi. I due che non persero i sensi lo fissarono terrorizzati e impotenti, mentre aveva inizio la sua fuga tra i sinistri corridoi di quell'edificio.
<<Dove
sono mia moglie e mio figlio!? Dove cazzo li avete messi? Dove cazzo
sono?>> urlava ora il fuggiasco, percorrendo un intricato
labirinto di passaggi e sale in mattonelle bianche e lucide, coperte
da un pavimento nero come il buio stesso. Tentò di ricordare ciò
che gli era successo pochi attimi prima, come fosse giunto in quel
luogo. Ripartì dal cinema, da quella serata con la sua famiglia.
Stava guidando, lo ricordava bene. E sua moglie e suo figlio si
comportavano in maniera insolita. Poi l'incidente. Com'era finito in
quel posto? Cos'era? Quell'ambiente era ben lontano dal tipico aspetto di
una struttura ospedaliera. Non c'erano persone, l'aria era fredda e
secca, e l'illuminazione irradiava gli occhi con irritanti riflessi
amplificati dalle pareti stesse. Infine toccò alle sirene, che risuonarono in tutto l'edificio.
Perse momentaneamente l'equilibrio, coprendosi le orecchie come per impedire a quel dolore di trapanargli i timpani. Sempre più preso dal panico, si rialzò e corse con tutte le sue forze in cerca di una via d'uscita, vagando a casaccio, fermandosi infine di colpo non appena vide lui: suo figlio. Era poco più avanti, a una decina di metri, sedato e intubato all'interno di un'enorme cubo in vetro. Non riprese nemmeno la sua corsa che improvvisamente, dal soffitto, sbucarono due spesse pareti mobili in metallo, sbarrandogli la strada sia davanti che dietro. Ora era in trappola.
Perse momentaneamente l'equilibrio, coprendosi le orecchie come per impedire a quel dolore di trapanargli i timpani. Sempre più preso dal panico, si rialzò e corse con tutte le sue forze in cerca di una via d'uscita, vagando a casaccio, fermandosi infine di colpo non appena vide lui: suo figlio. Era poco più avanti, a una decina di metri, sedato e intubato all'interno di un'enorme cubo in vetro. Non riprese nemmeno la sua corsa che improvvisamente, dal soffitto, sbucarono due spesse pareti mobili in metallo, sbarrandogli la strada sia davanti che dietro. Ora era in trappola.
<<Merda,
merda! Fatemi uscire! Che cosa volete da me?!>> si sfogò
tempestando di pugni i confini di quella prigione. In tutta risposta
del gas iniziò a sgorgare da alcuni fori sparsi sul pavimento. In
pochi minuti Michael si ritrovò completamente paralizzato, ma
cosciente. Il muro che gli aveva occultato la visione del figlio
tornò rapidamente nell'incavo nel soffitto, lasciando il passaggio ad alcune
figure snelle, che lo raggiunsero.
<<Direttore, lo abbiamo fermato.>> disse un nuovo medico parlando a una
minuscola ricetrasmittente stretta in mano.
<<Bene,
sedatelo e mostrategli il foglio che ha scritto.>> fu la
risposta che ne venne. <<Pregate Dio che anche stavolta funzioni. Io
sto per raggiungervi...>>.
L'uomo
si avvicinò al professore, lo sistemò appoggiandolo con la schiena
alla parete assieme a un compagno, e gli fissò la testa
penzolante in modo da fornirgli uno sguardo su di loro. <<E' per il suo bene professore,
non si preoccupi, sul serio!>> gli sussurò quasi dolcemente il
più giovane dei due, iniettandogli una sostanza trasparente
direttamente sul collo. Poi si tolse una pagina di quaderno piegata
dalla tasca, la stessa già estratta pochi minuti prima della fuga, e
la fece leggere al disgraziato, ormai quasi vuoto da qualsiasi
pulsione.
<<Vede?
Questo l'ha scritto lei professore. La scrittura è la sua, lo
legga!>>.
Non
c'è più alcuna speranza, la malattia avanza, la mia mente è sempre
più annebbiata. L'aggravarsi della sindrome di Korsakoff crea ricordi erronei, si insinua nella mia coscienza facendomi credere a falsità
e menzogne di ogni genere. Lui non le accetta, Lui le affronta. Sto
diventando un pericolo per tutti. Betty e Michael hanno perso la vita
a causa mia pochi giorni fa. Rileggendo questo più e più volte
spero di convincermi in futuro della realtà dei fatti, e di
accettare senza riserve la mia scelta: essere rinchiuso qui, sotto
massima sorveglianza, per non poter più recare del male in preda alla
follia. Posso fidarmi solo di me, di me adesso, di me in queste poche
righe. E Lui non lo accetterà mai.
Ora
il professore ricordava. Michael, il nome che andava ripetendosi
ossessivamente nella testa come una cantilena, non era il suo, ma
quello del figlio, frutto dell'amore tra lui e Betty, sua moglie. Li
aveva uccisi entrambi molti anni prima, stritolandoli fra le sue
mani. Era malato, gravamente e ben lontano da una cura efficacie.
Prima c'erano stati i vuoti di memoria, poi le false visioni, sino a
che non gli era succeduta una percezione della realtà completamente distorta e alterata da quella percepita da chiunque altro.
<<Ben
arrivato direttore!>> esclamò il medico con ancora la
ricetrasmittente stretta in mano.
<<Portatelo
nella sua stanza. Questa situazione è sempre più penosa...>>
ordinò sconsolato l'uomo.
Il
professore ebbe uno scossone improvviso. Fissò il direttore con
tutto il suo odio, dritto nell'unico occhio non coperto da quella
benda sgualcita. Iniziò a digrignare i denti, maturando un'ira
profonda e irragionevole che gli si scatenava dalle più profonde
viscere della sua anima.
<<Presto
allontanatevi, chiamate la squadra di contenimento!>> gridò
Fury in preda al panico.
Le
iridi del loro paziente in fuga si tinsero di un brillante verde
smeraldo.
<<Datevi
una mossa diamine! Banner è fuori controllo!>>.
Un urlo brutale e potente riecheggiò tra le mura dello Shield.
Un urlo brutale e potente riecheggiò tra le mura dello Shield.
mea culpa mea culpa mea grandissima culpa.
RispondiEliminaammetto di non aver letto la prima stesura... ma questa è forte assai assaissimo!
Si? Grazie :) Comunque la prima stesura è sempre lì :) Più bruttina e più corta, almeno secondo me.
EliminaNiente male, ragazzo!! :-)
RispondiEliminaTi ringrazio ;)
EliminaComplimenti bel racconto!
RispondiEliminaGrazie, mi fa piacere :)
EliminaBanner? Shield? Wow! Una versione romanzata del ciccio verde, praticamente, giusto? Mi piace! :D grande!
RispondiEliminaProprio così:) Solo che poveeino, non ci sta piú con la testa xD
EliminaNon avevo letto la prima stesura, questa non è male, anche se avrebbe bisogno di una veloce passata da parte di un editor... Non mi odiare! ;-)
RispondiEliminaComunque l'idea è buona, soprattutto il fatto di non denunciarlo immediatamente come fanfiction. Bravo, bravo.
Il Moro
Figurati, il tuo poi era un commento che speravo arrivasse a dir la veritá! Cerco spesso di mettere in pratica le volte successive i consigli.. Comunque si ne avrei bisogno, oltre un certo limite non riesco piú ad "estraniarmi" e giudicare obiettivamente quel che scrivo! Grazie comunque;)
EliminaMeglio di una pellicola caro Cervello Bacato...
RispondiEliminaResti inchiodata alle righe , sperando sempre che non sia l'ultima...
Semplicememnte avvincente!
Bravissimo!
Grazie mille, davvero :)
EliminaAssolutamente una FANFICTION questo racconto breve... ma poi non è così breve! :)
RispondiEliminaCome non è breve? 3 minuti e lo si legge :P Tra l'altro mi sono accorto di parecchi errorini.. Devo sistemarlo un po'... Domani domani
EliminaPeccato solo che si interrompa lì...
RispondiEliminaEh non è pensato per andare avanti, mi dispiace.. Che poi di fumetti marvel so poco e niente io
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