31/10/23

I miei racconti horror per Halloween

Ho pensato, visto che questo blog è stato fermo per tanto tempo e che ci sono molti cervelli nuovi a leggerlo, di approfittare di Halloween per riproporvi qualcuno dei miei racconti più... tetri!
Anche perché dai, sarebbe un peccato lasciarli lì nel dimenticatoio.

Quindi facciamo che ve li elenco qui di seguito con un micro cenno di trama e distinguendoli, come faccio anche nella sezione Racconti, tra brevissimi e brevi. Scegliete voi a seconda di quel che vi sentite e Buon Halloween a tutti!

Racconti brevissimi
che proprio guarda in due o tre minuti li finisci

All'Isola che non c'è (2016)
La notte in cui Wendy e i suoi fratelli incontrarono Peter Pan accadde qualcosa che non tutti sanno.

L'ottantacinquesimo passaggio (2015)
La scienza, a quanto sembra, ce l'ha fatta: il teletrasporto esiste! Durante gli esperimenti però, qualcosa pare non andare per il verso giusto.

I racconti delle tre V. (2015)
1) Viola
2) Vanesia
3) Veleno
Tre micro storie dalle tinte oscure collegate tra loro da sentimenti di violenza, passione e vendetta!

L'occhio di Emily (2014)
Una bambina nella sua stanza e qualcosa che la osserva...

Un sorso di vita (2014)
Un racconto che, nel lontano 2014, pubblicai per un'antologia intitolata 365 racconti d'estate. Ci troverete una festa in spiaggia, sguardi infuocati e ovviamente le onde del mare.

Alexander Sawney Bean
 (2013)
Uno dei primissimi esperimenti col genere horror. La storia prende spunto da un personaggio realmente esistito, tal Alexander Sawney Bean, serial killer del XVI secolo vissuto in Scozia e condannato per omicidio e cannibalismo.

24/10/23

Speranza nella fine, speranza nella pace

Volevo scrivere un pezzo su Punto e a Copy che parlasse dei problemi del giornalismo e dell'informazione e... niente, non ce l'ho fatta!
Il motivo è che io, su Punto e a Copy, vorrei essere imparziale e chiaro, e quel che accade in questi giorni mi coinvolge troppo a livello emotivo, perciò bonanotte e tanti saluti.

Ho preferito leggere e condividere qualcosa qui. Quindi eccoci, cari cervelli!

Proprio mentre iniziavano gli anni da partigiano di Meneghello, di cui vi ho raccontato nel post precedente, una ragazzina ebrea, reclusa nel suo nascondiglio con altre sette persone, scriveva:

Ma no, era una splendida notizia, così belle non ne avevamo udite da mesi, forse mai in tutti gli anni di guerra. "Mussolini ha dato le dimissioni, il re d'Italia ha assunto il governo." Eravamo felici. Dopo tutti gli spaventi di ieri, finalmente qualcosa di buono e... una speranza. Speranza nella fine, speranza nella pace.

Il testo, come immaginerete, arriva dal Diario di Anna Frank, altro libro di cui avevo letto giusto qualche spezzone e che, per non so bene quale motivo, mi è capitato tra le mani.


La prima cosa che mi sento di sottolineare è l'importanza fondamentale delle testimonianze di chi ha vissuto certi orrori.
Questo perché, soprattutto grazie al potere delle storie, tanto più se personali (come per Anna Frank e Luigi Meneghello) si può empatizzare con qualcuno di profondamente lontano da noi (nel tempo, per esempio) facendone propri i pensieri, i sogni, le paure e le speranze. 

Credo fermamente che la capacità di metterci nei panni degli altri sia, oggi più che mai, merce molto rara. Al momento in cui scrivo è in corso il conflitto tra israeliani e palestinesi (oltre a quello già dimenticato Russia - Ucraina) e i termini ignobili che circolano tra opinionisti, giornalisti e politici sono: morti necessarie, guerra necessaria, danni collaterali, reazione forte, civili morti e soprattutto, armi.

Ciò che è lontano, come i freddi bollettini numerici sulle migliaia di vite distrutte, non ci fa provare compassione. Si perde il senso del "patire con", e nel mentre ne guadagna il cinismo, coi suoi freddi calcoli che identificano le persone come cose.

Ora, a me è parso tragicamente ironico leggere il terrore di Anna Frank sotto le bombe e di come non si spiegasse l'odio che il popolo tedesco aveva verso gli ebrei (e non solo).
Dico tragicamente ironico perché da anni, nella Giornata della Memoria, sopratutto noi occidentali  amiamo ripeterci Mai più, affinché certi orrori non si ripetano.

E però... sappiamo quel che sta avvenendo, addirittura col nostro (neanche troppo mascherato) assenso: Israele, il popolo ebraico, nell'intento di distruggere i propri nemici mette in scena una risposta totalmente fuori misura (e questa non è solo la mia opinione, anche le Nazioni Unite criticano duramente quanto sta avvenendo).

16/10/23

Per farmi un'idea di Luigi Meneghello

A Malo, paese in provincia di Vicenza in cui ho vissuto fino a praticamente ieri, è celeberrimo lo scrittore e partigiano Luigi Meneghello

Nonostante a scuola ci invitassero a leggerlo più e più volte, in particolare con Libera nos a Malo e I piccoli maestri, io non me lo filavo di striscio.
Un po' perché leggere mi faceva sinceramente noia, un po' perché, sfogliate quelle due o tre pagine, non riuscivo a seguire il senso dei suoi discorsi, rimanendo sempre con un E quindi?! che mi rimbombava per la testa.

Mi spiace non aver saputo cogliere il valore di una persona (e personaggio) del genere. Ma che posso dire? Ero preso da cose ben più importanti, tipo che ne so... l'adolescenza, le ragazze, i compiti per casa, l'xbox! Quanto poteva fregarmene di uno che aveva vissuto un'epoca in cui il mondo era ancora in bianco e nero?

Meno male sono cresciuto e cambiato e così, complice la mia passione per la lettura, unita a una bizzarra propensione all'adorazione di Malo (comune a tutti i maladensi, nonostante la trovino una cittadina piuttosto noiosa e priva di chissà che opportunità o forma di intrattenimento) sono finito col leggere, appunto, queste due sue opere: Libera nos a Malo e I piccoli maestri.

Era arrivato il momento giusto per farmi un'idea di questo famigerato compaesano!

12/10/23

Bulbo umido

Tornò con la mente a quando rimasero al buio che era inverno. Sarà stato nel '98 o '99. Avevano cenato al lume di candela. Era stato magico. Faceva freddo, ma a parte un pizzicore al naso, non ne soffriva particolarmente, imbacuccata com'era dalla coperta in pile del divano. L'interruzione era durata fino a metà mattina del giorno dopo, poi l'Enel, tra mille scuse per l'errore, aveva riallacciato la corrente. Suo padre si era infuriato come un pazzo. E chissà che avrebbe pensato ora, vedendoli così, più di sessant'anni dopo.


Era gennaio inoltrato e tutto il vicinato, per la quinta volta da quando era iniziato il nuovo anno, si trovava alle prese con l'ennesima interruzione di energia. Le notizie dicevano che i blackout sarebbero durati, a intermittenza, per tutto il resto del mese, ma che non c'era da preoccuparsi: i lavori di efficientamento stavano per essere terminati. Vero o falso che fosse, ormai la gente pareva non preoccuparsene e questo la faceva arrabbiare. Sì, aveva ereditato il carattere del padre. Si domandava se avessero la memoria corta, o se fossero semplicemente incoscienti. Certo, era inverno ed era sera, le temperature, l'indomani, non avrebbero superato i 25 gradi, tutto sommato accettabile. Eppure non capiva come la preoccupazione per i mesi caldi non li sfiorasse nemmeno per sbaglio.
Lei, come tutti loro, non poteva permettersi un generatore d'emergenza, e se l'anno precedente i blackout erano stati solamente tre, e molti avevano potuto approfittare del centro commerciale, foraggiato da un fondo speciale dal governo, questo non garantiva che i problemi fossero risolti.

09/10/23

Stupido come un dumb phone

Leggevo, alcuni mesi fa, di questo trend che vedrebbe i dumb phone tornare alla ribalta.
Che sono i dumb phone?

Sono telefoni fatti alla vecchia maniera. Ahhh i bei telefoni di una volta!
Praticamente, pur essendo nuovi di pacca, hanno tastiere fisiche, batterie pressoché inifinite e funzionalità ridottissime: niente app tuttofare ma solo chiamate e messaggi.
Toh, al massimo whatsapp!


So che molti potrebbero pensare che siano una stupidata colossale ma... tra questi molti non ci sono io.
Eh già, perché non nego di averne subito il fascino, e il motivo è che: sono stanco.

Come avrete immaginato, vendono perché promettono un digital detox.
Un detox soprattutto dagli smartphone normali, che ci tengono impegnati ore e ore e ore.
Certo, sti cosi fanno letteralmente tutto e ci risparmiano di utilizzare ventordici strumenti alternativi, ma credo che spesso, la storiella della comodità del tutto in uno, sia una favola che ci raccontiamo per auto assolverci da qualcosa di brutto che ci stiamo facendo:

stiamo riempendo le nostre vite di scrolling e di contenuti, scordandoci che la vita è fuori dallo schermo!

Me lo chiedo spesso a come si stava dagli anni 2000 in giù...