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21/12/23

Il primo bacio

I suoi dicevano che lì dentro si praticasse la magia nera. Che gli spiriti maligni venissero invocati da loschi figuri che potevi sentire qualche volta di notte.

Quell'estate Marco, proprio lì dentro, diede il suo primo bacio a Celeste, la ragazza più bella che avesse mai visto. E allora rise, ripensando alle stupide storie dei grandi, che volevano soltanto tenerlo lontano da un luogo che associavano più a un bordello che alla casa del demonio, e rise ancora di più quando raccontò tutto anche a lei, che poi di ridere a un certo punto non la smetteva quasi più, tanto lo trovava divertente, e rideva, e rideva, rideva, in un crescendo di spasmi scomposti che le rimbombavano per tutto il corpo, deformandole il petto e trasformandone il torace, che si aprì in un fiotto grigiastro di tentacoli marini che lo afferrò per la faccia e lo inghiottì per dilettare il Male.

Caro Marco, e che cavolo, la prossima volta ascoltali i tuoi genitori!






12/12/23

La partita di Ugo

Piangeva dandogli le spalle, verso le ombre lunghe degli alberi, pensando che se ne poteva anche andare al diavolo lui e il suo Street Fighter.
Ugo era il bambino più odioso, maleducato, violento e maledetto che avesse mai incontrato, e stava giocando la sua partita con quella che era la sua mancia. Gliel'aveva rubata con una scusa stupida, un Famm' veré! che in teoria voleva dire Fammi vedere, ma detto con quell'accento del sud che le dava fastidio, perché era odioso, maleducato, violento e maledetto proprio come Ugo, e che significava Comando io, è casa mia!
Forse era cattiveria gratuita, o forse era invidia, perché di tenerle testa a quel tipo proprio non gli riusciva. Fatto sta che partita dopo partita non mancava di dargli una lezione e lui, per ripicca, la tormentava fino a farla piangere.
Quindici anni dopo, sotto le fronde degli stessi alberi, poco distante dalla sala giochi in disuso, era ancora intenta ad asciugarsi le lacrime, che stavolta erano di gioia.
Estate dopo estate quello era diventando un posto speciale, e soprattutto, era speciale lui, Ugo, col suo accento gentile, buffo, caldo e benedetto, che la conosceva come non aveva mai conosciuto nessuno.
Fu così che in ginocchio, rosso per l'agitazione e l'imbarazzo, le chiedeva di passare il resto della sua vita al proprio fianco. Un'ultima partita da giocare, ma stavolta assieme.






02/12/23

Tutta la tua Volontà

Desiderava così tanto lasciare quel posto che quando ne ebbe l'occasione gli mancò - per un pelo - il coraggio.
Prese il suo bolide e pedalò giù per il pendio, sempre più giù, tra i monti di sale viola che si imponevano come le guardie di una prigione.
Visualizzò le strade, i profumi, i suoni e i sapori di una terra lontana lontana. Poi si aprì al vuoto con tutta la sua Volontà e cominciò a proiettarsi all'altro capo del mondo.
Svanì prima la ruota, poi un pezzo di manubrio e allora capì che succedeva davvero. E se avesse sbagliato? Se non fosse pronto?
Bastò questo a tenerlo fermo. Rimase lì: solo in mezzo alla strada, ferito e sanguinante con la metà di una bicicletta. Il resto era andato, là nel suo luogo del cuore. Quello che non aveva avuto il coraggio di prendersi.





23/11/23

Il Temporale di Arquà Petrarca

Ha smesso di piovere e l’aria è fresca, ma Elvira non se ne accorge.
Deve correre, arrivare dall’altro lato di Arquà Petrarca. Deve dirlo agli altri e allora scivola tra i vicoli in salita senza fermarsi, col cuore e i polmoni che esplodono.
Ha smesso di piovere e l’aria è fresca, ma Elvira non se ne accorge perché sta bruciando.

Giulio si stiracchia al sole, sbadiglia e annusa i ricordi che il temporale gli ha portato.
Se la passa bene, davvero bene, e quasi quasi farebbe una pisciatina sulla siepe, se non fosse per la pazza che corre su e giù per il suo vicolo, si appoggia al cancello, lo fissa e poi... riparte.
Giulio sarà pure speciale, uno che vede lontano e capisce al volo, ma è anche un gatto irritatabile, perché con la vescica timida, a volte, anche un’occhiata storta ti manda al manicomio.

15/11/23

Il giardino segreto

C'era un giardino segreto dove certi pensieri danzavano riflessi leggeri sull'acqua.
Di primo mattino potevi incrociare forme incantante tra la bruma e i vapori.
Nel mezzo del giorno, sovrastata dal sole, l'immaginazione era così limpida che potevi scambiarla per una vita vera.
E poi, come quei sogni che si dimenticano tanto più li realizzi, la luce celava, tra note di sera, i più bei desideri agli occhi indiscreti.




10/11/23

Aggiornamento scrittura

Oggi post veloce, pratico, buono (quasi come i Ritter Sport) per fare il punto su racconti e su quel progetto più impegnativo che citavo giorni fa qui.

Partiamo dai racconti brevi.
Mi sono accorto che il recap di storie horror per Halloween l'avete trovato utile e la cosa mi fa molto piacere. In effetti più volte ho ragionato su come dar visibilità ai miei scritti, passati i giorni di pubblicazione. Vista la struttura del blog, finiscono in fretta nel dimenticatoio...

Motivo per cui ho aggiornato tutta la pagina racconti, che a menu si chiama "Scrivo Storie".
Seguendo l'idea del post di Halloween ho riordinato i titoli in ordine di pubblicazione, scrivendo per ognuno: il genere, se è breve o brevissimo (così vi gestite pure col tempo) e una piccola sinossi.

Tipo:

Pulp - Drammatico | Racconto brevissimo scritto nel 2016 ]
Una storia di vendetta (da leggere e ascoltare) che sperimenta un testo sempre più esagitato seguendo il ritmo crescente della musica. 

Pulp - Splatter - Assurdo | Racconto brevissimo scritto nel 2016 ]
George R.R. Martin, scrittore e sceneggiatore di Game of Thrones, subisce una sorte peggiore di quella riservata ai suoi personaggi.

Assurdo - Umoristico - Psicologico | Racconto brevissimo scritto nel 2016 ]
Che fare se l'apocalisse zombie mostra aspetti alquanto... allettanti?!

Inoltre, rispolverando vecchi appunti, è saltata fuori almeno una trentina inedita (qui sul blog) tra racconti e poesie, quindi per il prossimo futuro, ho un bel po' di roba fresca da pubblicare potendomi concentrare sull'altro progetto.

Ecco: circa il progetto più corposo, uno dei motivi per cui ero bloccato era dato dalla struttura.
La parte finale non mi era del tutto chiara, c'era solo un'idea più o meno vaga di come sarebbe dovuta essere e perciò niente... ho scritto e schematizzato tutto ciò che prima era nebuloso, e ora che esiste nero su bianco, andare avanti è più facile. Basta solo sapete cosa?! La COSTANZA!

E per oggi è tutto!
Ve l'avevo detto che era un post velocepraticobuono.
Vi lascio solo ricordandovi che se mai doveste leggere qualcuno dei racconti, un commento per sapere che ne pensate mi è sempre molto utile. 

Alla prossima cervelli!

07/11/23

Qui e ora

Il Caffè si affacciava su uno dei tanti canali investiti dai turisti. Era da poco iniziato novembre e, anche se il weekend si avvicinava, il via vai di gente, a quell'ora del pomeriggio, sembrava tranquillo. 
Stefano, seduto a un tavolino, osservava là fuori i colori riflessi sulla superficie dell'acqua: gli scafi delle imbarcazioni color nero, verde e azzurro pastello, i rossi accesi e gli ori luminosi delle foglie degli alberi, le facciate così particolari degli edifici, che lo guardavano dalla sponda opposta. 
D'istinto prese il telefono per immortalare il momento. Lo avrebbe condiviso su una storia Instagram. Era anche meglio della foto del locale di poco prima. Forse ci sarebbe stata bene anche una frase d'accompagnamento, ma poi pensò No, non ne vale la pena. La scena si presentava tanto equilibrata e pulita che aggiungerci una scritta avrebbe rovinato l'incanto. Aveva appena deciso come ridimensionare e posizionare il tag di Amsterdam, ovvero appena sopra il ponte, che senza darsi una spiegazione ci si ritrovò sopra. 
Non capiva.
Mise il telefono nella tasca del giubbotto, che stranamente indossava, e fissò in lontananza la vetrina dietro la quale, fino a pochi istanti prima, stava bevendo il suo té. Ma com'è possibile? Pensò a un effetto collaterale dei funghi che aveva mangiato due giorni prima. Era l'unica spiegazione logica per un evento percettivo così singolare.
Ero lì un secondo fa e ora sono qui fuori. Non ho finito il té, non mi sono alzato, pagato nemmeno e uscito proprio no. 
Si toccò la testa esclamando Oh merda... poi, preoccupato, ragionò sull'eventualità di parlarne con un amico. Anche Hans li ha presi, avrà buchi di memoria come questo?
Si incamminò perciò verso la sponda su cui stava il Caffè di prima ma, Di nuovo?! eccolo al centro esatto del ponte. Un passante gli diede una spallata per sbaglio. Lo avrebbe volentieri fermato e preso a pugni tanto era il nervoso. Si appoggiò quindi al parapetto. Respira. Le mani sbiancate da quanto stringeva la ringhiera.
Stavolta, esclamò tra sé, mi sono fuso il cervello! 

31/10/23

I miei racconti horror per Halloween

Ho pensato, visto che questo blog è stato fermo per tanto tempo e che ci sono molti cervelli nuovi a leggerlo, di approfittare di Halloween per riproporvi qualcuno dei miei racconti più... tetri!
Anche perché dai, sarebbe un peccato lasciarli lì nel dimenticatoio.

Quindi facciamo che ve li elenco qui di seguito con un micro cenno di trama e distinguendoli, come faccio anche nella sezione Racconti, tra brevissimi e brevi. Scegliete voi a seconda di quel che vi sentite e Buon Halloween a tutti!

Racconti brevissimi
che proprio guarda in due o tre minuti li finisci

All'Isola che non c'è (2016)
La notte in cui Wendy e i suoi fratelli incontrarono Peter Pan accadde qualcosa che non tutti sanno.

L'ottantacinquesimo passaggio (2015)
La scienza, a quanto sembra, ce l'ha fatta: il teletrasporto esiste! Durante gli esperimenti però, qualcosa pare non andare per il verso giusto.

I racconti delle tre V. (2015)
1) Viola
2) Vanesia
3) Veleno
Tre micro storie dalle tinte oscure collegate tra loro da sentimenti di violenza, passione e vendetta!

L'occhio di Emily (2014)
Una bambina nella sua stanza e qualcosa che la osserva...

Un sorso di vita (2014)
Un racconto che, nel lontano 2014, pubblicai per un'antologia intitolata 365 racconti d'estate. Ci troverete una festa in spiaggia, sguardi infuocati e ovviamente le onde del mare.

Alexander Sawney Bean
 (2013)
Uno dei primissimi esperimenti col genere horror. La storia prende spunto da un personaggio realmente esistito, tal Alexander Sawney Bean, serial killer del XVI secolo vissuto in Scozia e condannato per omicidio e cannibalismo.

12/10/23

Bulbo umido

Tornò con la mente a quando rimasero al buio che era inverno. Sarà stato nel '98 o '99. Avevano cenato al lume di candela. Era stato magico. Faceva freddo, ma a parte un pizzicore al naso, non ne soffriva particolarmente, imbacuccata com'era dalla coperta in pile del divano. L'interruzione era durata fino a metà mattina del giorno dopo, poi l'Enel, tra mille scuse per l'errore, aveva riallacciato la corrente. Suo padre si era infuriato come un pazzo. E chissà che avrebbe pensato ora, vedendoli così, più di sessant'anni dopo.


Era gennaio inoltrato e tutto il vicinato, per la quinta volta da quando era iniziato il nuovo anno, si trovava alle prese con l'ennesima interruzione di energia. Le notizie dicevano che i blackout sarebbero durati, a intermittenza, per tutto il resto del mese, ma che non c'era da preoccuparsi: i lavori di efficientamento stavano per essere terminati. Vero o falso che fosse, ormai la gente pareva non preoccuparsene e questo la faceva arrabbiare. Sì, aveva ereditato il carattere del padre. Si domandava se avessero la memoria corta, o se fossero semplicemente incoscienti. Certo, era inverno ed era sera, le temperature, l'indomani, non avrebbero superato i 25 gradi, tutto sommato accettabile. Eppure non capiva come la preoccupazione per i mesi caldi non li sfiorasse nemmeno per sbaglio.
Lei, come tutti loro, non poteva permettersi un generatore d'emergenza, e se l'anno precedente i blackout erano stati solamente tre, e molti avevano potuto approfittare del centro commerciale, foraggiato da un fondo speciale dal governo, questo non garantiva che i problemi fossero risolti.

04/10/23

Il diavolo nell'orecchio

Il diavolo gli scivolò dentro all'orecchio e da lì non si schiodò più.
Gli sussurrava come comportarsi, dove andare, cosa dire, e questo gli garantì un rapidissimo successo in ogni genere di affari. Il patto tra loro era abbastanza semplice: il diavolo aveva potere sulle sue principali azioni, e in cambio gli restituiva la garanzia di riuscita in qualunque impresa avesse voluto cimentarsi. Iniziò togliendosi piccole soddisfazioni, come le vittorie sul campo da tennis o la ragione nei futili conflitti di ogni giorno, passando presto alle promozioni lavorative e a quelle scommesse tanto azzardate che in precedenza anche il solo tentarle sarebbe stato difficile. E ancora: se desiderava una donna si comportava sempre nel modo più appropriato, se voleva sovrastare mentalmente o anche fisicamente qualcuno, trovava sempre la maniera di dominarlo.
A un certo punto gli aveva chiesto come tutto questo fosse possibile e il diavolo rispose che era proprio la sua essenza diabolica a trasformare le intenzioni in realtà. Al che lui domandò come riuscisse a indirizzare le azioni altrui proprio dove intendeva, e cioè a suo favore, e il diavolo gli spiegò di come il trucco stesse tutto nella fragilità della volontà della gente.
Gli raccontò che nel corso della storia, le persone, avevano gradatamente perduto il potere dell'intenzione. Non credevano più davvero al senso e allo scopo profondo di ciò che le muoveva ogni giorno, e questa epidemia di sfiducia, verso sé e verso il mondo, le rendeva prede perfette di chi invece aveva le idee chiare. Erano persuasione e chiarezza, disse il diavolo, niente di più. Ma l'uomo, dubbioso, azzardò che forse quella era piuttosto violenza. Violenza per un'intenzionale volontà di prevaricazione, aggravata dalla consapevolezza di una riuscita garantita. Il diavolo allora sorrise e svelò il suo trucco. La garanzia, disse, è il potere stesso dell'intenzione: lo senti e quindi esiste, ma non è davvero assicurato, e infatti quando te ne accorgi, eccolo sfumare assieme all'intenzionalità.
Colpa dell'incertezza dunque, ragionò lui.  E il diavolo precisò che non era tanto dell'incertezza, ma della tranquillità, perché è la tranquillità di chi non vuole sobbarcarsi il peso dei propri desideri ad assicurargli un biglietto per la sottomissione dell'animo. Ed era lì che la le loro azioni si concretizzavano.

27/09/23

L'insopportabile paura di non avermi più

Vorrei potermi svegliare in uno di quei momenti buoni, e poi restarci. Vorrei guardarmi intorno, e gustarmi lentamente persone, parole, posti, come quando dopo un inverno intero assapori il primo cucchiaino del tuo gelato preferito. Con tutta calma perché hai appena pagato e ce n'è ancora. 
Eppure non te ne accorgi mai. Mai di quanto sia facile perdere l'equilibrio e cadere, appena oltre il velo dell'indifferenza, e infine smarrirsi nella nebbia.
La prima volta che ho capito che qualcosa, in me, non funzionasse, è stata quando il medico, fuori da camera mia, si mise a parlare con mia madre spiegandole che stesse succedendo. Difficile che la sua voce catturasse la mia attenzione, ma poi, alla parola depressione, un frammento di vetro mi finì dritto in un timpano, pungendomi la coscienza fino a quel momento ignara. Non fu risolutivo, ma è così che cominciò.

Ora vivo in bilico tra l'esserci e il non esserci. Tanti episodi. Tanti periodi più o meno lunghi.
Avevo sedici anni quando ci fu il primo. Oggi ne ho quarantasette, ho una famiglia mia, due figlie, una moglie, un gatto e un buon lavoro. Sono una persona nella media, con piccole ambizioni, come la competizione al mio circolo di padel o la buona organizzazione della sagra di paese. E credo di essere un tipo corretto. Qualche vizio, come il fumo e il buon cibo, e una tendenza forse non troppo sana a preferire il divano rispetto all'attività fisica. Escluso, certo, le giornate con la racchetta in mano.
Questo sono io. Ma anche il resto. A volte troppo, il resto. Si è scoperto poi la questione era più complessa, ma così, per dirla facile, potrei ridurla a un principio basico: ci sono i momenti top e ci sono i momenti down.
Succede sul serio che mi pare che il mondo s'inclini proprio sotto ai miei piedi. Mi aiuta a prendere la rincorsa, certo, solo dritta lungo un pendio pericoloso. In quegli istanti, velocissimi, mi sento perdere, e un'insopportabile paura di non avermi più mi fa tremare tutte le ossa. Poi, scesi in fondo, il tremore passa e i muscoli colano. Non dico i muscoli del corpo, ma proprio quelli del ragionamento e della volontà: non esserci.
Laggiù non si sta male. Laggiù non si sta bene. Difficile dare un parere se non hai il senso dei significati. Per questo vorrei smarrirmi ma solo tra i giorni buoni. La riemersione, l'ossigeno nei polmoni, la luce negli occhi e la voce che dice Sentiti, ascoltati, oggi ci sei! Come sarebbe bello restare. Sapere che rimarrai lì. Il primo gelato dopo un lungo inverno, col sole caldo di aprile, e tu, che hai tutto il tempo del mondo.


Vi ricordo che questo racconto, assieme a tutti gli altri, lo potete trovare nella sezione Racconti del blog!

19/09/23

Se Bellissima di Annalisa fosse un racconto

Idea: perché non prendere le canzoni che ci martellano il cervello passando per radio un gozzilione di volte e usarle per scriverci un racconto?

Detto fatto! Comincio col tormentone più molesto dello scorso anno: Bellissima di Annalisa.

Bellissima

Tante volte ho immaginato che potesse dirmi che ci saremmo stati solo noi. L'ho sperato mentre mi baciava davanti casa, all'improvviso in piena notte, chiedendomi di entrare perché non sopportava di starmi lontano un minuto di più. L'ho voluto quando ridavamo aggrovigliati sul divano, prendendoci in giro mentre un film andava per conto proprio, un'altra storia vista a metà. E l'ho sognato quando mi confessava che per lei, ormai, non provava più niente.
Intanto l'ennesimo pianto. L'ennesima stupida me con i muscoli in fiamme dopo un allenamento furioso, piegata in due dal male dei muscoli e del cuore, piena di rabbia, piena delle sue promesse nelle orecchie, con la testa affondata tra le coperte per non sentirle mai più.
È triste essere abbastanza per le sue follie d'amore, ma mai sufficiente per un impegno vero. Quante notti ho passato sentendomi sbagliata. Eppure, mi dicevo, non potevo pretendere oltre. C'erano i figli piccoli, la famiglia. E quanto è squallido distruggere l'infanzia di qualcuno per uno stupido capriccio. Dovevo essere più adulta ed elastica. Una donna contemporanea, capace di vivere e godere la spontaneità di tanta passione senza rovinare tutto con le mie pretese antiquate. Perché lo sapevo fin dall'inizio in cosa mi stavo cacciando. L'avevo scelto, cercato e accettato io stessa. Allora perché pretendere una relazione alla luce del sole? Perché avvelenarsi di un'ideale ereditato dai canoni imposti dalla società? Non era forse vero che quando stavamo insieme era tutto perfetto così?
Ma che cosa vuoi? Fattelo bastare, stupida! Non tormentarlo.
Intanto ancora un'altra notte. L'ennesima fuga dalla sua famiglia e io che aspetto fissando il citofono. Dio, quanto lo voglio. Se tutto questo cercarsi non è amore, allora cos'è? Non il grigiore del suo matrimonio. Non una moglie che non si fa toccare. Non la quotidianità soffocante in attesa di un respiro di pace. Il telefono vibra. Mi alzo per aprirgli il portone. Sarà come essere spiata quando, fermo sull'uscio, sorpreso da ciò che non indosso, mi regalerà ancora qualche secondo prima di ritrovarmi. Assaporo il momento. Immagino le sue mani lungo la schiena. Il suono caldo della sua voce. Aspetto. Aspetto. Ma poi... sblocco lo schermo. Un suo messaggio. No. Non è più serata. Un'emergenza a casa. 
Te ne vai via. Via da me. È la storia di un'amante raccontata mille e più volte. Una storia che tocca a me, che me ne sto in piedi, bellissima per nessuno, col telefono in mano.


E questo, era Bellissima di Annalisa.
Se avete commenti o altre canzoni da suggerire, sparate!

Vi ricordo che questo racconto, assieme a tutti gli altri, lo potete trovare nella sezione Racconti del blog!


25/03/22

Bambola

Ballavano, ridevano, si muovevano bene, a ritmo. E lui era fuori tempo. Era a disagio. Senza ossigeno.
Gli spettri dell'adolescenza, capitolo ormai passato, sfogliavano con facilità i suoi caratteri peggiori.
Nessuno balla, si diceva. Nessuno ride. Non sei al liceo. E non sei ridicolo, debole, al centro della vergogna. Non farti fregare. Sei un uomo, ora. Una persona per bene, seria, che ha studiato, che lavora, che porta risultati utili a una vita indipendente. Non sei sbagliato, si ripeteva, ma intanto non poteva uscire in nessun modo dalla sua auto, perché mettere la mano sulla maniglia e aprire la portiera, anche se l'aveva fatto ogni mattina per più di due anni filati, era un gesto rivoluzionario, inaspettatamente scomodo come i sovvertimenti più riusciti.
Che ti succede? si domandava, mentre il cuore scalciava in gola e le gambe si incollavano al sedile. Ma la sapeva la risposta, si conosceva benissimo. E invece di respirare, piuttosto che notare la solidità del parcheggio o l'imponenza della sede aziendale di cui era un prestigioso manager, sentiva i bassi nel petto, assieme ai corpi e le mani e i respiri e il sudore di centinaia di sconosciuti che gli rubavano spazio. Le luci si spegnevano. Il sole brilla, non vedi? La musica gli assordava i timpani. Una mattina silenziosa, silenziosa, silenziosa! E gli sguardi superiori di chi sapeva quanto fosse ridicolo erano riflettori accessi sulla sua inadeguatezza, segreti alla portata di tutti.
No. Solo due colleghi. Ti conoscono ma... non farti vedere. Salutali. Ignorali. Scappa. Nasconditi.
Era come una bambola di plastica a cui premi la pancia con le mani. Spingi in dentro e l'aria esce. Allenti la presa e l'aria entra. Ma la bambola è vuota, non respira mai davvero, e così i suoi polmoni. Esci dall'auto, tenta il sé manager, Organizza l'impulso che sposterà il braccio verso sinistra, team building con le dita e stringi, tira verso di te, obiettivo portiera aperta, muovi prima una e poi l'altra gamba, ruota il bacino, chiedi aiuto ai piedi e all'altro braccio, poi la testa, fai uscire la testa, cerca l'aria, trova l'aria, respira l'aria. Ma ogni muscolo è ormai infiammato, paralizzato dopo il più intenso degli sforzi, fiammante di acido lattico, contorto dai crampi della sua mente che lo imprigionano dentro a una scatola di lamiere.
Cade a terra in mezzo alla pista. Cade a terra tra le gambe perfette delle ragazze e le camicie stirate dei ragazzi. Cadono a terra i suoi occhi, bianchi dello spavento di chi vorrebbe solo ballare e di chi vorrebbe andare a lavorare. Di chi soccorre un collega, un leader, un uomo tutto d'un pezzo, che ora cade a pezzi e non risponde più a nessuno.

18/06/21

Meladizione!

 Scatta la mela, scatta in avanti in un flash e...⁣

"Andata!"⁣⁣

Sbatto il mento sul tavolo e cado a terra privo di sensi. ⁣⁣
Credo.⁣⁣
Non posso parlare. ⁣⁣
Non mi riesce proprio. ⁣⁣
⁣La sensazione è di osservare a  360° come certe fotocamere.⁣
Devo aver battuto forte perché vedo tutto, tutto... ⁣

Non so spiegarmelo ma vedo il tavolo, vedo me, vedo me che mi rialzo, me da fuori. DA FUORI! E barcollo, centro in pieno la colonna portante qui di fronte prima di urlare "Ci sono, ci sono riuscito, ci sono riuscito sul serio!"⁣

⁣Il mio corpo, la mia faccia, mi fissa e se la ride. Se la ride di gusto. La mia mano mi afferra, mi solleva dal tavolo e i miei denti mi staccano un pezzo con un morso netto.⁣

⁣Un brivido di follia mi percorre tutto il torsolo facendomi venire la grinze alla buccia. Riesco solo a pensare "MELADIZIONE!!!"



17/03/21

Jack Sock, personaggio difficile

Jack Sock? Personaggio difficile. Americano del Texas, altezza uno e ottantasette, capello biondo sbiadito e stempiatura avanzata, è il classico statunitense sulla cinquantina che un italiano si immagina seduto al pub, in un tardo pomeriggio domenicale, a bere birra in bottiglia mentre lui guarda il vuoto e tutti gli altri la partita. Non è importante sapere di che partita si tratti, né tantomeno di quale sport. Conta solo l'immaginario, lo stereotipo, quella scena vista e rivista in decine di film che indugiano anche solo per un momento sul padre ruvido e superficiale, impegnato a evitare i classici impegni del padre decente.



Questo Jack Sock ora smette di bere e si rende conto di qualcosa. Realizza, non si sa come, di essere nient'altro che una successione di istanti. Sì. Capisce di essere una serie di momenti presenti, di adesso, di adesso, di adesso, che si perdono in un passato che fatica a ricordare. C'è così poco, di ciò che è, che quasi gli sembra di non essere una persona vera. Quindi riprende a bere, Jack Sock, coi fischi e gli insulti del pub rivolti all'arbitro incorniciato alla tv. Le imprecazioni gli rimbalzano in testa, ora cadente e appesantita dall'alcol. Quindi giunge a una consapevolezza: questo momento, questo mio momento, non esiste perché nemmeno io esisto. Non sul serio.
Jack Sock ne è devastato.

25/10/20

Inisieme soli

Invecchiare insieme fa schifo, è una palude in cui affoghi sempre. Preferirei⁣ essere al suo posto. A volte mi chiama Scheggia. Lo sai da quanto non mi chiamava così? Non⁣ l’hai nemmeno sentito, tu. Era il ‘63, il tempo di nascere e come una ladra ti sei rubata il suo⁣ affetto, così, e io sparita. Senti questa. A un certo punto mi chiama Scheggia e dice di amarmi,⁣ come quel giorno, sulla panchina al Kensington Park.⁣⁣Quel vecchio babbeo passa il tempo a sbavare senza ricordarsi come tenere in mano il⁣ cucchiaio, e poi d’un tratto si fa serio, mi prende le mani e dice Schieggia, ecco io, vedi, c’è una cosa che⁣ vorrei dirti da un po’ e… e si sistema la cravatta e si ingella i capelli che non ha, e io intanto ho⁣ come una locomotiva sparata a mille per tutte le vene, il cuore in testa che esplode e lui che dice⁣ Mi vuoi sposare. ⁣⁣Capito? Mi vuoi sposare, mi dice, con quel suo stupido, stupido sorriso di⁣ vecchio senza denti e la mela frullata che gli sporca il mento. Dio. E poi niente. Se ne torna via.⁣ Sparisce per sempre lasciandomi sola con lui, sola sulla nostra panchina, sola per il resto della⁣ nostra vita insieme.⁣



24/10/20

Farsi sentire

Trascinato sull'asfalto da scarpe da ginnastica e stivali di gomma, nei bagliori rosso fumogeno di una città che vuole gridare. Due ore prima sul sedile di un auto, sul feed di Instagram, la testa tra le foto della tipa che gli piace. Ora il manganello sulla tempia, craniata sul cemento, fischi come ai concerti e adrenalina che dice corri. Avanza faccia a terra prima di chiudere gli occhi. E chi ci pensa a come finisce? Era solo casino, di quelli che a volte servono a farti capire che non va più bene così come sta andando. Luca, poi? Magari Andrea? Corrono via. Ciro li passa a muso duro, controcorrente, mazza in mano. Farsi sentire, urla. Con noi. E Non va bene è una marea rovente sui lampeggianti che vagano incerti.
E il corpo è sempre in mezzo alla strada, sui titoli di domani, nome comune di martire pronto a gridare nelle bocche degli altri. Lui che lì c'era quasi per caso, come i suoi amici, e voleva cambiare, capire, scappare.



01/06/17

Ti prego

Era freddo là sotto. Tremendamente. Non fosse stato per il buio avrebbe visto la condensa del proprio respiro. Era seduto, immobile, braccia strette attorno alle ginocchia, bocca nascosta sotto ai vestiti, soffiando aria calda per trovare un po' di sollievo. Da che cosa, poi, non lo sapeva. Il tempo si era perso e così la fame che tanto gli aveva morso lo stomaco. Due giorni? Tre? Quante volte il sole era sorto e calato? Ma soprattutto: esisteva ancora, là fuori, il sole?
Un rombo sordo. Nuova scossa. Si coprì la testa. Si fece piccolo. Voleva scomparire nell'angolo della parete. Annullarsi. Non sentire. Durò poco. Alcuni secondi. E furono silenziosi e immensi e spessi, aggrappati a un attimo che non arrivò, un attimo in cui un blocco di cemento grande quanto un auto lo avrebbe ridotto a un niente nel buio.
Tossì per l'aria carica di polveri finché la sporcizia non si depositò a terra. L'altro si mosse un poco, lamentandosi. Poi tornò muto. Era vivo. Per ora. Almeno, non era solo.

31/10/16

I colori di un padre

"Ma non possiamo provarci lo stesso?"
"Io ho visto le maschere. Erano fantasmi! Quelli là di prima, là sul ponte lo facevano eh! Daaaiii papàaaa..."
Bruce iniziava a non poterne più di quei mocciosi fastidiosi che si era trovato fra i piedi. E non sopportava di essere chiamato papà. Certo non ci si poteva aspettare altrimenti dal piccolo Jack. Era un po' complicato a dire di molti, ma per lui, più semplicemente, era ritardato, perché non ascoltava e non capiva. Ed era brutto, sì, un bambino proprio brutto!
"Facciamo così." spiegò acidamente. "Io entro a dare un'occhiata e intanto voi potete provare in quelle case là dietro."
"Yeeeh!"
"Ou ou ouu!" i ragazzini si zittirono un istante. "Non più lontano di dove ho detto, capito? Fate il giro e tornate." Annuirono e presero a correre verso il ponte. "E chissà che vostro padre sia dia una cazzo di mossa... sennò cazzo se non gli prosciugo il conto!"

17/06/16

Fiamme Turchesi | Il mio racconto per il concorso europeo e-Darts

Buongiorno cervelli!
Oggi un post molto breve per segnalarvi qualcosa di bello che mi è capitato durante questa prima parte dell'anno. E sì, anche per chiedervi di votarmi (cliccando Qui e mettendo da 1 a 5 stelline)

Iniziamo da e-Darts, che è un concorso a livello europeo a cui ho preso parte scrivendo Fiamme Turchesi, una storia attorno ai 40mila caratteri che nel mese di febbraio è stata selezionata da una giuria assieme a un'altra decina di lavori per il primo step di valutazioni. Ne è seguita la traduzione in lingua inglese e una pubblicazione certa su un ebook che credo sarà disponibile tra non molto.
Il secondo passo sarebbe stato quello di nominare i tre vincitori da questa decina di racconti e... niente, sfortunatamente non sono stato scelto. Così va la vita! Ma... non tutto è finito, perché c'è un secondo premio in palio per il racconto che otterrà più voti dal pubblico dell'internet. Che sareste voi.

Questa cosa dei vincitori nominati dalla rete in realtà non mi è mai piaciuta un granché. Solitamente la vittoria va a chi ha la possibilità di smuovere il maggior numero di persone, non tanto a il migliore in gara. Però, dato che siamo in ballo, allora balliamo, e visto che non si vota completamente alla cieca, vi invito ovviamente a leggere gratuitamente Fiamme Turchesi (se vi va anche in inglese) andando a questo link, in cui poi potrete anche votare direttamente mettendo una o più stelline.